Monica SCHIRRU- Indagine su Testori (a Moncalieri, Valter Molosti propone “I segreti di Milano”)

 

La sera della prima

 

INDAGINE SU TESTORI

“I segreti di Milano (L’Arialda e la Maria Brasca )”

Uno spettacolo di Valter Malosti

con Matteo Baiardi, Liliana Benini, Vittorio Camarota, Elena Cascino, Giulio Cavallini, Marta Cortellazzo Wiel, Gloria Cuminetti, Christian Di Filippo, Barbara Mattavelli, Camilla Nigro, Arianna Primavera, Luigi Pusceddu, Gloria Restuccia, Marcello Nicolò Spinetta, Beatrice Vecchione, Isacco Venturini, Matilde Vigna    Regia Valter Malosti

Cura del movimento Alessio Maria Romano   musiche originali Bruno De Franceschi   luci Francesco dell’Elba   Moncalieri Fonderie Limone  

****

Giravo per le strade, per i marciapiedi, nei giardinetti tra la Stazione Nord e il Castello. Parlavo con i poveri disperati, le prostitute, gli omosessuali che vagabondavano lì attorno. Sentivo i loro discorsi, poi andavo al bar, e li mettevo giù su un quadernetto. Anche Pasolini faceva la stessa cosa, prendeva il materiale dalla gente disperata. Lui però annotava tutto su un taccuino, mentre loro parlavano. Io mai. Io stavo lì con loro. La scrittura veniva dopo, quando li avevo lasciati [ … ] Andavo nelle palestre di boxe. Seguivo le corse ciclistiche. Mi innamoravo, vivevo con i miei personaggi”.

Giovanni Testori (nella foto in alto), racconta così – in un’intervista pubblicata il 19 giugno 1989 su Epoca –  l’incontro con i protagonisti  de “ I segreti di Milano”. Testo che  Valter Malosti ha scelto per il saggio finale della scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino. Il regista torinese si è soffermato  soprattutto su “L’Arialda “ e “ La Maria Brasca” (1960):   insieme ai racconti del “Ponte della Ghisolfa” (1958)  e della “Gilda del Mac Mahon” (1959) – oltre al romanzo “ Il Fabbricone” (1961) – costituiscono il grande ciclo narrativo dello scrittore di Novate.

Pagine intense in cui Testori tratteggia un mondo di periferia urbana e umana,  di miseria, passioni violente, ricatti, meschinità. Pagine in cui, scavando nella realtà, esplora condizioni di emarginazione, solitudine e disperazione, sullo sfondo  spoglio e ferrigno  della banlieu milanese degli anni Sessanta, tra casoni grigi e ponti costruiti sulle ferrovie. Anni del boom economico, di speranza e delusione, che per molti hanno rappresentato la faticosa  ricerca di una collocazione sociale dignitosa.

Lo spettacolo di Malosti si focalizza su due figure femminili: l’Arialda e la Maria Brasca.

La prima soffre per l’amore infelice con il Candidezza, ambito e ricco vedovo alla ricerca di una moglie che si prenda cura di lui e dei suoi due figli un po’ scapestrati, Gino e Stefano. E’ ossessionata dalla memoria del marito defunto,  Luigi detto il Marcione che, come spesso lamenta,   le “smangia l’anima”.  Ha un  fratello, Eros,  che vive un amore omosessuale col Lino, mettendo in crisi la rispettabilità dell’intera famiglia. Il Candidezza la lascerà per Gaetana, la  “meridionale” ( “ quella porca di quell’abissina là”  la apostroferà Arialda, in uno dei tanti momenti d’ira che talvolta, nella scrittura di Testori, acquistano una irresistibile connotazione comica). Gaetana vive con la giovane figlia Rosangela, invaghitasi del Gino. Alla fine l’Arialda, per vendicarsi, farà sedurre il Candidezza dalla giovane prostituta Mina e Gaetana si  toglierà la vita.

Maria Brasca è invece la proprietaria di una tintoria, una donna matura innamorata del giovane Romeo Camisasca, irrimediabile “tombeur de femme. Una figura femminile che sembra forte ma in realtà maschera profonde fragilità.

La struttura dello spettacolo – abilmente congegnata da Malosti – è  articolata in sequenze che compongono la storia per gradi, tratteggiando il profilo dei vari personaggi in una messa a fuoco introspettiva sempre più nitida, rivelandone debolezze e punti di forza.

La scenografia è spoglia, sobria e mantiene una funzione evocativa forte, funzionale al testo, mettendo in risalto la psicologia dei personaggi e il loro senso di vuoto esistenziale.

Intensa nel complesso l’interpretazione dei giovani attori neodiplomati alla Scuola del Teatro Stabile di Torino –  anche se per ragioni anagrafiche ancora immatura – in cui emergono (nell’unica versione che abbiamo visto), l’Arialda volitiva  e tenace di  Beatrice Vecchione,  l’Amilcare Candidezza di Vittorio Camarota, dalle spiccate doti di caratterista, la Maria Brasca sanguigna  e carismatica di Barbara Mattavelli ,  Isacco Venturini nel doppio ruolo di Romeo Camisasca  e Luigi detto il Marcione, “il morto” dell’Arialda.

Author: admin

Share This Post On