Cristiana MARCHETTI- Un incontro catartico (Gianni De Feo in “La bambola spezzata” Teatro dei Conciatori, Roma)

 

Lo spettatore accorto



UN INCONTRO CATARTICO

“La bambola spezzata” Uno spettacolo di Gianni De Feo, scritto da Emilia di Rienzo. Con Gianni De Feo, Manuela Massarenti. Costumi di Roberto Rinaldi. Al violoncello: Paola Torsi  Teatro dei Conciatori di Roma e Teatro Gobetti di Torino

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Un velo che copre una figura nascosta,  simbolo di una tragedia talmente immane da risultare quasi difficile da  far venire alla luce.

Una donna  attende con ansia un incontro.   L’incontro.

Quello  risolutore,chiarificatore con il passato,con un sospeso che non da’ pace.

Dopo l’attesa inquieta e nervosa ecco che come in una lugubre inaugurazione cio’ che era sotto ,lateralmente al palco si manifesta.

La donna afferra il telo che ha avuto fino ad allora  accanto,immobile,sinistro sul palco ,tirandolo,violentemente.

Ne emerge una figura grottesca,un viso senza tempo,una donna avvoltoio.(Splendido il costume di scena;,palto’ informe trapuntato di piume,collane di perle ridondanti,stivali evocanti marce militari).

Dalle prime battute sara’ evidente che quella donna,uomo,di sesso e eta’ indefinita ed indefinibile rappresenta l’incarnazione di inquietanti deliri venuti da molto lontano,ritornata da un passato che piu’ si cerca di rimuovere e piu’ riemerge.

La mamma avvoltoio.

La figlia abbandonata ed incapace di accettare la perdita  e ancor piu’ le motivazioni.

Una mamma che non solo non si pentira’ di aver partecipato in qualita’ di kapo’ nazista ad azioni scellerate,ne’ di aver per tale motivazione  abbandonato una bimba in  tenera eta’ per spargere sangue innocente ,vessillo intramontabile di ingiustizie secolari, ma sara’ li’ quasi incapace di qualunque ammissione di colpevolezza.

Il piano di comunicazione si spostera’ e rimbalzera’ continuamente dal personale conflitto umano a quello piu’ vasto di natura etica e morale.

La domanda che ripetutamente si affaccera’ e’ quella di comprendere che dietro la storia che appare lontana, informe e impersonale ci sono milioni di vite,di quotidiani vissuti in alcuni casi come questo in un folle delirio.

Richieste di spiegazioni,di motivazioni  da parte di una figlia dolorante.Risposte surreali e  palesemente  infarcite di ipocrisie e giustificazioni improbabili.

“Chiamami Mutti.Perche’ non vuoi chiamarmi Mutti?”

Una splendida interpretazione di un Gianni de Feo sempre versatile,dal perfetto controllo corporeo ,dall’espressivita’ che ipnotizza,dall’interpretazione di un difficilissimo ruolo che pero’ egregiamente emerge.in tutte le sue incongruenze.

E’ impeccabile De Feo quando colora di accenti esasperati la figura di quella mamma nazista,e quando invece la fa divenire ormai piccola,indifesa,schiacciata da sensi di colpa tanto grandi,quanto impossibili da ammettere soprattutto con se stessi.

Lo sguardo intenso,ipnotizzante,a tratti dolorante

Ne gustiamo ogni sfumatura,ogni conflitto interiore anche quando ammette candidamente che la bambola

donata prima di partire alla propria creatura inconsapevole apparteneva ad una bimba ebrea ,la cui storia

terminera’ in un triste epilogo tra  finte docce e follia.

Quella bambola,tra le mani di una Manuela Massarenti intensa e attonita,ottima interprete ,sempre in ascolto ed espressivamente conflittuale,teneramente  manovrata da quella figlia dolorante  ne sara’ insieme il trait d’union  tra il

passato ed il presente,tra il male ed il bene.,tra ll’odore acre della morte  e il tepore  della vita,tra la maternita’ ed il rifuto di questa,.

Come in una cerimonia liturgica la bambola verra’ lavata,quasi un battesimo ,una nuova rinascita,una rappresentazione in cui il diabolico viene spazzato dal sacrale.

Al termine la figlia sembrera’ risollevata da un evento tanto atteso,temuto e finalmente consumato che nel sorriso finale si apre al perdono ed al superamento del trauma.

Regia coinvolgente,attori emozionanti,un lungo applauso.

Si applaude oltre agli eccezionali attori ,anche al sentimento attonito di quanto male interiore,fisico,ci si infligga spesso seguendo strade improbabili.

Chiedendosi ancora una volta se sia giusto che le labbra si schiudano in una smorfia  di perdono per se stessi e per chi ci ha feriti in modo cosi profondo,se si potra’ mai davvero dimenticare tanto dolore personale ed universale.

Author: admin

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