Francesco NICOLOSI FAZIO- Anime come noi (Mostraspettacolo a cura di Laura Giordani. Teatro del Canovaccio, Catania)

 

Lo spettatore accorto


 

ANIME COME NOI

Anime Rinchiuse: Fotografia e teatro in omaggio a Alda Merini

 

 

“Anime rinchiuse” Mostra/spettacolo teatrale. Fotografie, ideazione ed installazione di Laura Petralia, Barbara Fasano e Daniela Urso. Testo e Regia di Laura Giordani, in omaggio ad Alda Merini. Con Laura Giordani.

Al Teatro del Canovaccio di Catania

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In questi anni di ricrescente intolleranza verso gli “altri”, i diversi di ogni razza e colore, si riaffaccia il problema dei malati psichici. Mentre gli ultimi luoghi di detenzione psichiatrica vengono chiusi dal Ministero di Grazia e Giustizia, rimonta in alcuni settori dell’opinione pubblica la voglia di riaprire i manicomi. Magari soltanto per qualche caso più pericoloso, tanto per non lasciare in giro i matti. Per fortuna, ad oltre trent’anni dalla loro chiusura, alcuni ex manicomi sono rimasti come nell’attimo dell’abbandono. Quasi come i campi di sterminio che sono ancora lì a futura memoria. Nel caso degli “ospedali psichiatrci” si è trattato invece e soltanto di incapacità burocratica. Intanto restano ancora lì. Inutilizzati.

L’associazione “Officina delle visioni” ha tirato fuori dagli ex manicomi di Colorno, Mombello, Sassari e Volterra alcune immagini fotografiche che segnano, come fosse oggi, la violenza della reclusione, la violenza di condanne senza giudici e senza appello. La mostra è stata allestita all’interno del foyer del Teatro del Canovaccio,diventando la prima parte di uno spettacolo multimediale. Il pubblico è stato così accompagnato in sala con il preambolo delle immagini, verso lo spettacolo di parole e suoni.

A piedi scalzi sulle tavole del teatro, Laura Giordani ha ingabbiato il pubblico nell’eterno dolore della indifferenza, della mancanza di amore, vera origine e motivazione di ogni forma di sofferenza psicologica. Quella che un tempo veniva sbrigativamente classificata come “pazzia”. Prendendo spunto da vicende vere, anche della vita di Alda Merini, l’attrice ha mostrato il senso di sconforto e di sconfitta di quelle donne e di quegli uomini che una società retriva un tempo (?) rinchiudeva negli “ospedali psichiatrici”. Luoghi dove si faceva credere di prendersi “cura” dei bisognosi di attenzioni, che venivano invece sottoposti ad ogni tipo di tortura: la camicia di forza, le catene, l’elettroshock, a volte anche la lobotomia.

L’intensità della recitazione, la forza del linguaggio e la dolorosa presenza di scena hanno letteralmente sconvolto il pubblico, che resta incollato alle poltrone, a volte piangendo. Lunghissimi minuti di profondo silenzio alla fine, sintomo di vera immedesimazione, nel dolore, nel rifiuto di anime semplici e sofferenti, anime come noi.

Un pugno allo stomaco, che è durato tanto, anche nel rifiuto del buffet che, come ormai è tradizione del teatro, inutilmente tentava il pubblico.

Lo spettacolo è parso breve, ma forse non tutti avremmo potuto reggere oltre, la verità dolorosa mostrata.

Raro esempio di mostra/spettacolo vero ed utile, fatto di fotografia di denuncia e di teatro civile; ancora si può essere veri e concreti, anche nel mondo, altrimenti dorato, delle immagini e dello spettacolo.

Brave!

Author: admin

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