Francesco NICOLOSI FAZIO- L’Infinito (“Finisterre”, un libro di Orazio Caruso)

 

Scaffale


L’INFINITO

“Finisterre”  di Orazio Caruso. Zampognaro e Lupi edizioni

 

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Ulisse, il mitologico Ulisse, segna il tragitto esistenziale di tanti uomini del Mediterraneo. Particolarmente di noi siciliani, che, anche se per poco, siamo stati nella nostra vita migranti, forse solo con il desiderio, certamente per la necessità. Il “nostos” ci coglie sempre, anche sulla soglia di case mai lasciate. Anche di case di cui ci sentiamo prigionieri.

La splendida scrittura di Orazio Caruso ci riconduce sempre ai borghi natii, al villaggio della nostra prima vita, fatto di tragitti mai percorsi e di spettacoli mai esitati. Alla sua terza brillante prova il nostro scrittore ci conforta con i temi a lui cari, le vite smarrite, i sogni infranti, i ritorni e le fughe. In ogni opera fa da sfondo la splendida natura del Mediterraneo, la Grecia de “La sezione Aurea”, il selvoso e “marino” Etna dei “Comici randagi”, l’estremo lembo della Sicilia nell’ultimo libro “Finisterre”, che accomuna la punta estrema dell’occidente europeo a quello meridionale citato da Dante nella Commedia.

Come ci confessa Orazio, implicitamente con le citazioni in premessa del libro, i suoi romanzi sono solo l’occasione per poter rappresentare spettacoli poetici, unificando nella prosa le passioni di Caruso per il teatro e la poesia. La spettacolarità della sua scrittura si corrobora ad una efficace musicalità metrica, lanciata come segnale mediante i riferimenti alla musica, in questo libro rappresentata dal violoncello che attraversa l’Italia intera, per evocare un passato smarrito ed un mancato futuro mediante un Tango che “riempie i vuoti  del loro pentagramma esistenziale”.

Molti i simboli lanciati, ma sempre con discrezione ed abilità, uno per  tutti il finale che coincide con la vigilia del Natale, simbolo di rinascita per antonomasia. In questo romanzo Orazio si sposta metaforicamente e non cronologicamente in varie epoche, quasi tutte appartenenti allo scorso millennio, con slanci che ci spingono al nostro incerto futuro odierno. In fondo una vera opera d’arte deve proprio essere così: lasciare un retrogusto di “buona annata” ma mostrando ogni possibile previsione per il futuro, nostro e del resto del mondo.

Ci spingiamo verso un sentiero che appartiene più allo storico che al lettore attento. Ma ci pare che questo “Finisterre” non sia effettivamente l’ultimo romanzo. Un giorno gli storici della  letteratura potranno magari chiarire se la  traccia del romanzo era addirittura antecedente ai primi due pubblicati (non oso chiedere all’autore!), ed oggi, raggiunta la piena maturità artistica, Caruso lo ha liberato dalla grezza materia che lo includeva, un po’ come diceva di fare il Buonarroti.

Prima si citava Dante, adesso Michelangelo. Non pensiate sia un caso, nessun poeta italiano può prescindere dall’Alighieri, ed Orazio è poeta, un poeta solido che scolpisce le sue parole con saggezza e decisione.

Non c’è dubbio che ci troviamo dinanzi ad un’opera d’arte.

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