E. Mar. *- Expo Milano: Buona la prima? (ad un primo colpo d’occhio)

 

Expo Milano*

 

BUONA LA PRIMA?

Matteo Renzi ringrazia Letizia Moratti per l’esposizione universale, ma trascura Giuliano Pisapia e dimentica di citare i meriti dell’Ulivo di Prodi. Quanto basta per scatenare la polemica a margine della prima giornata che si consuma tra retorica patriottarda e cibarie in vetrina. Tutt’intorno un colpo d’occhio scenografico tra padiglioni soprendenti e altri piuttosto deludenti

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l primo leg­gero bri­vido di entu­sia­smo tra i visi­ta­tori arriva quando parte la musica, insieme ai gio­chi d’acqua nel Lake Arena e alla bolle di sapone spa­rate verso il cielo gri­gio attorno all’Albero della Vita, ultimo atto della ceri­mo­nia uffi­ciale di aper­tura dell’Expo, una ceri­mo­nia fin lì con­su­mata in un clima quasi sot­to­tono, senza le folle che forse ci si sar­rebbe aspet­tati (i dati uffi­ciali par­lano di 100 mila visi­ta­tori in mat­ti­nata, comun­que invi­si­bili in un sito di quasi un milione di metri qua­dri e nel dedalo di vie che attor­niano gli 80 padiglioni).

«Que­sto è l’ombelico del mondo», canta Jova­notti e qual­cuno accenna per­fino a un passo di danza. Il pre­mier Renzi ha da poco con­cluso il suo discorso inau­gu­rale, incas­sando un suc­cesso che è ancora tutto da dimo­strare e lasciando a metà i rin­gra­zia­menti. C’è già stato il taglio del nastro, il col­le­ga­mento video con Papa Fran­ce­sco, il sel­fie col coro di bam­bini che ha rivi­si­tato in senso “pro-life” l’inno di Mameli, e il sor­volo delle Frecce Tricolori .

«Que­sto è l’ombelico del mondo», ripete il refrain pro­prio men­tre il pre­si­dente del con­si­glio, il com­mis­sa­rio di Expo Giu­seppe Sala e i mini­stri Mar­tina e Del­rio var­cano la soglia del Padi­glione Ita­lia attor­niati da una pic­cola folla den­tro la quale si fa largo il gover­na­tore Maroni che tenta di rag­giun­gere le altre auto­rità. «Que­sto è l’ombelico del mondo, dove le regole non esi­stono, esi­stono solo le eccezioni».

Le strade di Milano sono ancora tran­quille, quando, poco dopo mez­zog­giorno, Renzi rin­gra­zia tutti coloro che hanno reso pos­si­bile l’apertura dell’Esposizione uni­ver­sale, un evento a cui «in tanti non cre­de­vano». «L’Italia s’è desta, siam pronti alla vita», è la frase ad effetto ini­ziale pro­nun­ciata nell’Open Air Thea­ter davanti ad un largo par­terre di auto­rità ita­liane e stra­niere, tra le quali gli ex pre­mier Romano Prodi, Mas­simo D’Alema e Mario Monti. «Siamo un grande Paese – aggiunge il pre­si­dente del con­si­glio — Pro­viamo a cam­biare il mondo par­tendo dalla con­sa­pe­vo­lezza che abbiamo una grande forza, un grande ruolo».

Il gra­zie più sen­tito lo rivolge «a due per­sone in par­ti­co­lare». Ma chi si aspetta il nome del sin­daco di Milano, Giu­liano Pisa­pia — che pure quando prende la parola si infer­vora con un «Ce l’abbiamo fatta» — rimane deluso. «Gra­zie al sin­daco Leti­zia Moratti che ha avuto l’intuizione di que­sto evento e il desi­de­rio di sce­gliere que­sti temi – dice Renzi — E gra­zie per l’attenzione costante a tutte le auto­rità che a Roma hanno svolto un ruolo di dia­logo. In que­sti anni la soli­dità isti­tu­zio­nale è stata garan­tita da tanti ma in par­ti­co­lare dallo sguardo tenace, deciso, affet­tuoso di Gior­gio Napo­li­tano su que­sto evento e sulla città».

Al segre­ta­rio del Pd, però, la pole­mica scop­pia in casa, con gli ex uli­vi­sti. Parte Rosi Bindi: «A volte Renzi dimen­tica qual­che nome – attacca la pro­diana di ferro a fine ceri­mo­nia — Come si fa a citare Moratti e non quel governo, di cui ero parte, dal quale è ini­ziato tutto? Prodi passò ore e notti intere in con­tatti e oggi lo hanno rin­gra­ziato in molti per que­sto». La segue il capo­gruppo dei sena­tori Pd, Luigi Zanda. Ma da Palazzo Chigi si tenta di minimizzare,bollando il tutto come «stru­men­ta­liz­za­zioni incomprensibili».

Sono le 15,30 quando Renzi, con moglie e figlia, entra nel padi­glione del Nepal per ren­dere omag­gio alle vit­time del ter­ri­bile ter­re­moto, prima di lasciare la cit­ta­della di Rho diretto in cen­tro, dove in serata pren­derà parte alla “prima” della Scala per assi­stere alla Turan­dot. Gli eli­cot­teri già sor­vo­lano Milano, che nel frat­tempo si riem­pie di mani­fe­stanti, e il sito dell’Expo, dove i padi­glioni dei vari Paesi ini­ziano a pren­dere forma e vita. Un cor­teo di bande musi­cali orga­niz­zato dagli “alter­na­tivi” della Cascina Triulza – la rete di asso­cia­zioni cri­ti­che con l’impostazione data all’Esposizione di Milano, che però vi par­te­cipa — sfila lungo il Decu­mano cen­trale: uno spez­zone colo­rato per ogni con­ti­nente e pic­cole opere di arti­sti inter­na­zio­nali a mo’ di carro alle­go­rico. Sono loro a por­tare tra i visi­ta­tori — che già un po’ si dira­dano per colpa della piog­gia che si infit­ti­sce — uno dei pochi rife­ri­menti ad un’economia soste­ni­bile che non affami il mondo e rispetti il pianeta.

In serata si con­te­ranno comun­que circa 200 mila ingressi, secondo i dati uffi­ciali. Tutt’intorno solo una grande vetrina – diver­tente, per­fino arti­stica o emo­zio­nante, a tratti – delle bel­lezze del mondo. Quando tutti hanno finito di abbuf­farsi, però, dif­fi­cile, salvo rare ecce­zioni, uscirne arric­chiti da una con­sa­pe­vo­lezza in più, da una qual­che idea di cosa voglia dire «Nutrire il pia­neta, ener­gia per la vita». (*ilmanifesto.it)

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