Maria LOMBARDO – L’arte della commedia (note su “Il nome del figlio”, un film di Francesca Archibugi)


Il mestiere del critico*



L’ARTE DELLA COMMEDIA

Il nome del figlio

Note su “Il nome del figlio”, un film di Francesca Arcibugi

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Scommettiamo che“Il nome del figlio” di Francesca Archibugi sarà riconosciuto migliore film italiano della stagione? Certamente come commedia. Finalmente diversa, non banale. Da  tempo non accadeva di assistere a un film così ben scritto, dialoghi incisivi, serrata dialettica tra personaggi tutti ben definiti, splendidamente interpretati da cinque attori di vaglia: Alessandro Gassman, Micaela Ramazzotti,  Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo.

Merito della storia, non originale, ma ispirata a “Le prénom” (in Italia “Cena tra amici”) di Alexandre de la Patellièree Mathieu Delaporte, grande successo al cinema in Francia, ispirato alla pièce teatrale che ha vinto  Oltralpe ben 6 premi Molière.

“Il nome del figlio” ruota intorno all’attesa del bebè di Simona (Ramazzotti) e Paolo (Gassman). La coppia,a cena da Betta (sorella di Paolo) e suo marito Sandro (Lo Cascio) in compagnia anche di Claudio, amico di famiglia (Papaleo) decide di far indovinare il nome del nascituro. Questo diventa occasione di un confronto serrato fra i cinque che, con l’esclusione di Simona, si conoscono da ragazzi.

Una sorta di rifiuto-accettazione di modelli genitoriali, che sono anche culturali e politici (il padre dei due fratelli era un parlamentare comunista) dà luogo a un impietoso ritratto del perbenismo borghese, al quale sfugge Simona, di origini popolane, una che si è fatta da sé, autrice di successo di un romanzo “scomodo”.

La Ramazzotti è una perfetta falsa svampita, la Golino convincente come moglie trascurata dal marito intellettuale e madre amorosa di due bambini, Lo Cascio è un professore universitario di sinistra che prende pesantemente in giro il cognato yuppie, qualunquista,di destra e che vuole sdoganare il nome Benito suscitando la sua ira verso “questo cazzo di revisionismo storico”. Dal canto suo il professore sfoga tweettando la sua incapacità di dialogare con la moglie.

Benito Pontecorvo (questo sarebbe il nome del nascituro con ‘citazione’ cinefila) rappresenta per il futuro zio un corto circuito morale e culturale. Gassman ha un ruolo superbrillante in cui supera davvero se stesso. Claudio (Papaleo) diventerà protagonista di un colpo di scenache vedrà tutti l’uno contro l’altro.  Film notevole sul piano estetico per la cura delle inquadrature e l’eccellente fotografia che sfuma dal bianco e nero al colore. Scena madre quella in cui tutti cantano “Telefonami tra 20 anni” di Dalla. Unico neo i flashback: eccessivie non tutti funzionali. (*lasicilia.it 30\1\2015)

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