Sauro BORELLI- “Stangata” all’americanicana (“American Hustle”, un film di D.O. Russell)

 

 

 

Il mestiere del critico

 

“STANGATA”  ALL’AMERICANA

Locandina American Hustle - L'apparenza inganna

 

Il nuovo film di David O. Russell “American Hustle”

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Nel ricordo di molti cinefili il film migliore incentrato su vicende truffaldine resta innegabilmente La stangata di George Roy Hill (1973) col “duo di grazia” Paul Newman e Robert Redford. Ora, a quarant’anni esatti di distanza, un altro cineasta, dotato come il menzionato Hill di un estro creativo ugualmente originale (suoi sono i pregevoli The fighter e Il lato positivo), s’è dato la briga di imbastire, sulla base di fatti realmente accaduti, un canovaccio dall’intreccio tortuoso (in originale American Hustle; in italiano L’apparenza inganna) ove alcuni malintenzionati opportunamente appaiati da seducenti signore s’industriano ad architettare e a mandare ad effetto una lucrosa truffa.

Intento immediato del malaffare è, ovviamente, “mettere in mezzo”, come si dice, un esponente amministrativo del New Jersey  che, in combutta con non specchiati parlamentari federali, dovrebbero propiziare (persino con l’aiuto della mafia italoamericana) la rinascita e il conseguente rilancio della già disastrata Atlantic City. La preventivata realizzazione di simile piano, ovviamente, ipotizza che affinché le cose vadano per il verso voluto niente si concretizzi realmente, ma che anzi la “stangata” vada ad effetto soltanto nel senso di rimpinguare le tasche dei malfattori e, al contempo, di mettere alla berlina politici corrotti e ambiziosi arrampicatori di scarsa moralità.

Per dare corpo e senso a tanta e tale sceneggiata, lo scafato David O. Russell ha precettato, per l’occasione, gli assidui complici dei suoi precedenti film – gli attori Christian Bale, Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, – e finanche un Robert De Niro in incognito nel ruolo di uno spietato “padrino” e muovendo e orchestrando “per linee interne” consolida di inquadratura in inquadratura, con primi piani insistiti e dialoghi precipitosi, una storia che via via risucchia, coinvolge in un’altalena drammatica-sarcastica emozioni, sentimenti destinati ad approdare, al di là di ogni apparenza, ad un’esemplare catastrofe.

Protagonisti e deuteragonisti dell’intorcinato racconto risultano, a conti fatti, l’imbolsito Irving Rosenfeld (Christian Bale), il finto malfattore e autentico agente dell’FBI Richie Di Maso (Bradley Cooper), il sindaco populista Carmine Polito (Jeremy Renner) e le “pupe” dei congiurati Sidney Prosser (Amy Adams) e Rosalyn Rosenfeld (Jennifer Lawrence): il tutto furiosamente mischiato tra colpi di scena e ribaltamenti di fronte continui in un caleidoscopio che prospetta di volta in volta verità e menzogne ininterrotte. Tanto da toccare l’approdo fin dall’inizio perseguito da David O. Russell e da tutti i suoi abili collaboratori – a cominciare dagli interpreti tutti, un ensemble davvero di virtuosi mossi da un ritmo pressoché perfetto –: “Il mio compito era quello di riuscire a far piacere al pubblico alcuni truffatori a dispetto di tutti i peccati perpetrati nel film”. Come, appunto, volevasi dimostrare: obiettivo centrato.

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