Sauro BORELLI- Moderato cantabile (“Una canzone per Marion”, un film di Paul A. Williams)

 

Il mestiere del critico


MODERATO CANTABILE

Locandina Una canzone per Marion

 

Il film di Paul Andrew Williams “Una canzone per Marion”

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Forse non c’entra granché il titolo Moderato cantabile, vecchio film di Peter Brook tratto dall’omonimo quanto ermetico testo di Marguerite Duras, con il lungometraggio di Paul Andrew Williams Una canzone per Marion. Ma quello stesso accattivante titolo s’attaglia in modo suadente con la vicenda patetica che sorregge, appunto, l’operina inglese ora ricordata. C’è una storia variamente sottesa tra un gruppo di persone anziane d’una tipica enclave piccolo borghese che, “un po’ per celia e un po’ per non morir”, come si dice, si danno di quando in quando convegno in un centro sociale, per organizzare, pilotate da una volonterosa ragazza esperta di musica, la partecipazione ad un prestigioso concorso per cori di tutto il Paese.

Questo, in certo modo, l’enunciato iniziale. Nel gruppo in questione emergono per particolare attitudine al canto attempate signore e uomini di varia estrazione sociale; e, tra questi primeggia singolarmente la cordiale Marion, ridotta in carrozzella da un male inesorabile eppur sempre sorridente e desiderosa di cantare, mentre suo marito Arthur, è giusto il contrario della moglie, renitente alle prove del coro e perpetuamente in dissidio persino con il figlio. Torno torno a queste presenze risaltano poi gli attempati coristi, costantemente in vena di prendere la vita con garbata bonomia. Ovvio che in simile clima, Arthur, angosciato dalle condizioni della sua sposa ormai prossima alla morte, tenda a isolarsi da tutto e da tutti, giungendo anche a deludere la sofferente compagna della sua vita.

Poi, giunge repentino il triste giorno della scomparsa di Marion e Arthur si trova ancor più solo ed esasperato dalla sua condizione di scontroso misantropo. Ma qualcosa, passo passo, si fa strada nella sua pur desolata esistenza. Grazie alla soccorrevole solidarietà della ragazza musicofila del centro sociale, si ricrede delle sue ostinate idee fisse contro la musica e la frequentazione degli anziani del coro. Fino a rendersi conto, anche sorretto dal culto devoto per la moglie scomparsa, che partecipando anch’egli alle attività dei coetanei potrebbe perlomeno dare prova delle sue fino allora taciute risorse canore.

E andrà a finire proprio nel modo più edificante e prevedibile: approdati all’appuntamento del concorso corale gli arzilli cantori conquistano sorprendentemente un ambito terzo posto della competizione, grazie soprattutto alla raffinata prestazione canora dello scontroso Arthur intonando la commovente “canzone per Marion”.

Dette così sobriamente le particolarità narrative di Una canzone per Marion, non resta che precisare che si tratta d’un film eminentemente inglese sia per l’eleganza formale della misura espressiva, sia per il disegno garbato, sensibile di uno scorcio sociale, psicologico quasi rituale. Tutte cose, si dirà, non essenziali per allestire film dal taglio originale e un po’ innovativo, ma che mischiate ai contributi superlativi di attori di magistrale sapienza quali la eternamente brava Vanessa Redgrave e il ben ritrovato Terence Stamp, nei ruoli maggiori, approdano nel complesso a uno spettacolo di matura e compiuta intensità.

C’è peraltro da mettere in evidenza che non di rado in questa storia dipanata con corretta maestria l’elemento patetico rischia spesso di prevaricare l’intiero assunto del racconto. Cosa questa che se talvolta annebbia o sminuisce vicende e personaggi in un convenzionale quadro d’ambiente, al di là di tutto la perizia stilistica, lo smalto della rappresentazione contribuiscono a mantenere l’insieme in una prova tutto sommato positivamente apprezzabile. Anzi, moderatamente cantabile.

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