Sauro BORELLI- Che favola, la vita! (“Quando meno te lo aspetti”, un film di A. Jaoui)

 

Il mestiere del critico


CHE FAVOLA, LA VITA!

Locandina Quando meno te lo aspetti

 

Il nuovo film di Agnès Jaoui “Quando meno te lo aspetti”

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Non azzardiamo alcunché se diciamo che Agnès Jaoui – ebrea tunisina trapiantata in Francia da tempo – dev’essere un’attenta lettrice di Balzac. Infatti, dopo un esordio nella regia (al fianco dell’assiduo sceneggiatore-interprete Jean Pierre Bacri) col riuscito, celebratissimo Il gusto degli altri e proseguito poi, coi sempre originali Così fan tutti e Parlez-moi de la pluie, la sua personale ricerca di un cinema fuori dalle convenzioni e da qualsiasi altro modello di riferimento, si cimenta ora col nuovissimo lavoro Quando meno te lo aspetti, tirata un po’ intricata tra realtà e finzione, soprattutto farcita di intrusioni fiabesche insistentemente parafrasate da classiche reminescenze infantili. Anzi, direttamente poste in primo piano con una prolungata preparazione di una favola recitata come ininterrotto filo rosso di vicende autentiche o tutte inventate di una storia quotidiana e contingente.

Perché, dunque, tirare in ballo Balzac a proposito di questo agro-ilare canovaccio dal titolo infido Quando meno te lo aspetti (in francese, quello originale suona più significativamente Au bout du conte, letteralmente In fin dei conti e, più esplicitamente, “alla fine della favola”)? Semplice: perché un certo estro balzachiano impronta per intero questa nuova fatica della Jaoui (per l’occasione anche interprete del suo film nel ruolo della “fata” Marianne) e, ancor più, per il fatto che a suo tempo Balzac ebbe a scrivere, tra la profluvie di cose immaginate dalla sua sterminata fantasia, parole eloquenti proprio sul senso e il destino di tante accensioni fantastiche: “Tutte le cose vere somigliano a favole, tanto più che al nostro tempo le favole fanno l’impossibile per somigliare alla verità”.

Più chiaro di così… sembra, questa, la frase più esauriente per spiegare, appunto, l’intento di Agnès Jaoui di orchestrare una commedia tutta disinibita sui casi un po’ eccentrici di una congrega disorganica d’individui sbalestrati dall’azzardo del caso e dall’imprevedibilità dell’esistenza in una giostra di eventi, di sentimenti, di risentimenti di volta in volta destinati a sublimarsi in felici incontri o in desolanti fallimenti.

Dunque, in un prologo che dovrebbe dare l’imprinting all’intero racconto una ragazza sogna antiche e obsolete fantasie tra principi azzurri, angeli, streghe e fate prospettando, al risveglio, analoghe o sintomatiche vicende favolistiche. Così entrano in campo Marianne, attrice disoccupata e frattanto dedita a spettacoli per e con i bambini; la stessa ragazza dell’inizio, Laura, e un suo ipotetico (quanto improbabile) principe azzurro, Sandro compositore frustrato e balbuziente di musiche post-dodecafoniche; e via via altri “tipi da spiaggia”, come si dice: un irresoluto gestore di autoscuola scontento di sé e di tutto; una signora attempata camuffata da inalterabile giovane donna a forza di espedienti di supporto; un tale indeciso a tutto che vorrebbe riaccasarsi ma non sa quando e come; e una piccola folla di ragazzini reclutati per rappresentare, ancora e sempre, la “favola della vita”; e “vissero felici e contenti… tradendosi l’un l’altro molto e molto”.

Si capisce bene da questa farragine, da questa compulsione di personaggi, di vicende mischiati furiosamente gli uni agli altri che l’esito non può risultare brillante, disinvolto come nel menzionato Il gusto degli altri. Qui, in effetti, pur facendo ricorso da una parte a scorci ironici felici e dall’altro a un’orchestrazione delle varie interpretazioni del tutto sapiente, Agnès Jaoui si arena di quando in quando in un caotico agitarsi dei personaggi e delle ingerenze fantastiche con un gusto soverchiante della bizzarria e del patetico. Tanto che, se è vero che tutte le favole privilegiano, di norma, l’epilogo edificante, in Quando meno te lo aspetti vanifica nella generica mozione degli affetti qualsiasi approdo davvero originale. E per una favola o una commedia ambiziosamente “nuova”, questo risulta certo deludente. Almeno in parte.

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