Vivement Ardant!
@ Lucia Tempestini, 13 ottobre 2025

Fanny Ardant è la dimostrazione vivente dell’assioma goethiano “l’eterno femminino ci porterà verso l’alto”. Le falcate leggere e impetuosamente felici che introducono “Vivement dimanche!” (1983), ultimo film di Truffaut prima della morte prematura, ci innalzano fino all’empireo, alla “luce intellettual piena d’amore” che fa battere il cuore a precipizio di ineffabile grazia e di speranza.

Nel suo caso è un eterno femminino connotato da un’intelligenza vivace e curiosa, raziocinante, capace d’inusitate intuizioni, come di individuare e annodare fili pressoché invisibili. C’è una luminosità ironica, voltairiana negli occhi di Barbara/Fanny, un allegro bagliore, lo scarmigliato riverbero di chi è consapevole del nostro comune abitare un mondo che, sebbene deturpato da una gran quantità e varietà di difetti, è il migliore dei mondi possibili. E dunque? E dunque le viene spontaneo affrontare i dardi, piccoli o grandi, dell’avverso destino come se deviarne il corso fosse un meraviglioso gioco teatrale di appostamenti, fughe e camuffamenti. Compreso quello assai dark da prostituta, o quello da paggio – la sera interpreta il ruolo di Blanche in una versione umoristica di Le roi s’amuse di Hugo -, o ancora da detective hard boiled grazie all’impermeabile alla Bogart. Tutto questo per scagionare da un’accusa di omicidio, anzi due, l’opaco e imbronciato Julien Vercel, titolare di un’angusta agenzia immobiliare a Mureaux, cittadina del Sud della Francia.

Nei confronti di Vercel, di cui è segretaria, Barbara nutre un sentimento d’amore inespresso che mimetizzandosi con gli abiti del sarcasmo riporta in vita le situazioni bizzarre, l’antagonismo iniziale dei protagonisti e i dialoghi dal ritmo incalzante della screwball comedy americana. In più, Truffaut cita l’amato Hitchcock nella perlustrazione avvolgente e metodica degli interni e nelle azioni riprese dall’esterno (come non pensare a “La finestra sul cortile”?).

Regia di François Truffaut
con Jean-Louis Trintignant, Fanny Ardant, Philippe Lauden, Jean-Pierre Kalfon
Francia, 1983, 111’

