Zeffirellizzarsi in musica

Zeffirellizzarsi in musica

Antonio Castronuovo, 2 luglio 2025

Esce un libro di Mattioli? Per chi ama la musica – nello specifico l’opera – è una festa: per la sua scrittura limpida e ironica, per la brevità dei pezzi (nati per giornali), per l’ampiezza antologica di articoli originati da un centinaio dei duemila accessi dell’autore a spettacoli lirici (vedi sotto), per i contenuti infine: un bel ventaglio di riflessioni/relazioni su allestimenti, regie, direttori, cantanti, interpreti e compositori, dai grandissimi (il quintetto italiano dei Bellini, Rossini, Verdi, Donizetti, Puccini e la scala tedesca Mozart-Wagner), alle pause su grandi soltanto. Soprattutto: una costellazione di spettacoli descritti con rapida efficacia, e con divertimento assicurato quando l’autore punge alcuni allestimenti che non gli sono andati giù, rammentando subito «ai grulli nostrani» che le regie non vanno schedate in «tradizionali» e «moderne», ma più efficacemente in «belle e brutte».

Forti tutti noi di questa basilare nozione, che piacere leggere le concise stroncature: fa parte del gioco, nessuno deve prendersela. Alcuni esempi (e non cito i registi, così il curioso si compera il libro): quando nell’aprile 2024 Mattioli va a sentire una Sonnambula di Bellini, rileva che la regia è peggio che brutta, «approda all’orrendo», e fa anche ridere quando la sonnambula entra in scena con due cuscini legati alla nuca: fischi e improperi finali per le scene, trionfo per la musica (se ben diretto, Bellini è Bellini).

Vado a spigolare altrove, ed ecco un rossiniano Maometto Secondo del novembre 2023, per il quale il regista «ha proprio sbagliato tutto e male», con un sultano che nel duetto con Anna – figlia del provveditore veneziano – «si sbottona la patta e mette la di lei eburnea mano proprio lì». Viva la finesse, conclude Mattioli; a me invece viene la pelle d’oca a pensare che la prima Anna fu Isabella Colbran, soprano di intensa passione e di lì a poco moglie di Rossini: cosa avrebbe pensato il grande ammiratore Stendhal se la manina sul pacco del conquistatore ottomano fosse stata richiesta dal direttore di scena del 1820?

Questi sono i peperoncini; se uno vuole gustare un intenso aroma di polemica può direttamente recarsi nell’ampia sezione battezzata così; se uno invece – in questo appetitoso banchetto – mira subito agli amati dolcetti, un indice delle opere lo porta diritto alla meta. Resta il giudizio che il volume è una raccolta di cose intelligenti, dette da uno che però si autodefinisce «cretino esperto», vale a dire un critico non professionale, ma che – da robusto cultore – di recite ne ha viste 2.160 e passa, e continua ad assommarne per piacere estetico e intellettuale. Intelligente anche nel lessico, di cui rilevo un solo neo-verbo: «zeffirellizzarsi». È a pagina 317 ed è talmente chiaro da non reclamare spiegazione alcuna: basta sapere che in musica, ogni tanto, è bene farlo.

Alberto Mattioli, Il loggionista impenitente: duemila sere all’opera, Milano, Garzanti, 2025, pp. 364, euro 19