Nel cantiere delle Grazie

@ Antonio Castronuovo, 16 giugno 2025

Ecco la mia esperienza di ‘bellezza’: situazione emotiva da cui devo distogliere lo sguardo, affinché non si trasformi in dolore. Un panorama stupendo mi causa dolore, stessa cosa per la perfetta armonia di una figura: devo distrarmi, guardare altrove.

Bellissimo fu anche, a conclusione del lavoro, il gruppo scultoreo delle tre Grazie di Canova.

Non so se anche Foscolo percepisse il dolore della bellezza, e in ogni caso sapeva trasformarlo in stimolo creativo: volle infatti dedicare al gruppo marmoreo, mentre Canova lavorava, l’Inno alle Grazie, incompiuto carme di cui mi resta il ricordo studentesco della preghiera d’apertura: siete talmente belle, caste fanciulle divine, da rendere difficile parlare di voi, e chiedo dunque a voi di suggerire quell’armonia dei versi che possa infine dipingere degnamente la vostra bellezza.

Un obbligo chiedere ispirazione: come venirne fuori altrimenti? Perché anche un inno, un lungo carme tripartito sulle figure di Venere, Vesta e Pallade, non può toccare la perfezione, l’armonia del verso, se non giunge dal cielo un aiutino. Il testo dell’inno – vale la pena ricordare – si struttura come la messa in scena di un rito nel quale il poeta-sacerdote Foscolo e varie altre figure intonano un canto alle Grazie, divinità del vero, del giusto e del bello. E in un gioco di immagini e riflessi la poesia sulle Grazie mira infine a ispirare agli uomini la grazia.

Ma ora chiediamoci: come può destare interesse un volume esegetico che analizza le fasi compositive dell’opera, tra frammenti e successive sistemazioni, calandoci nei suoi più segreti meandri? Se alle spalle di un lavoro c’è un autore incontentabile – come Foscolo – è inevitabile che un’opera dipani la propria vicenda lungo un percorso tortuoso di perenne raffinamento formale e resti, infine, incompiuta. Il saggio studia dunque la genesi del testo, prima ancora che fosse suddiviso in tre inni, gli embrioni e gli sviluppi dei quadri poetici che in quel percorso si avvicendarono.

Esprimo un’idea personale, che non chiarisce la complessità del lavoro, e che tuttavia lo rende interessante anche per il lettore non specialista: un’opera è un organismo vivo, che si muove, si contorce, si sviluppa, cambia aspetto, e tutto si compie nell’oscurità del suo metabolismo. «Dare voce al silenzio» è compito del critico e dell’esegeta, assunto da Daniela Shalom Vagata nel riportare alla luce gli spazi e i moti misteriosi di questi inni. Un saggio minuzioso, prova di un fatto letterario essenziale: di un’opera possiamo visitare l’edificio compiuto oppure lo strepitante cantiere. L’autrice ha vissuto per anni nel cantiere, e ne ha tratto un bel saggio, coltissimo e – questo sì – definitivo.

Daniela Shalom Vagata, L’Inno alle Grazie di Ugo Foscolo, Firenze, Olschki, 2023.