Fantasmatici lutti e matricidi con la straziante Elettra planano sul teatro greco di Siracusa
@Anna Di Mauro, 12 maggio 2025
L’impeccabile e raffinata regia di Roberto Andò dell’Elettra di Sofocle apre magnificamente la 60^ stagione delle rappresentazioni classiche a Siracusa. Un’operazione curata in ogni particolare, ricca di suggestioni scenografiche, musicali, coreografiche, in cui si incastona, pietra preziosa, l’interpretazione eccellente di Sonia Bergamasco nei panni logori di Elettra, corredata da un cast di ottimo livello. La stirpe degli Atridi, in scena in questa truce tragedia di Sofocle (420-410 a.C.), reca con sè il suo carico tremendo di atrocità, che pesano sulla progenie di Atreo con un destino schiacciante e inesorabile.
Oreste ed Elettra, figli di Agamennone, re di Argo, ucciso al ritorno dalla guerra di Troia per mano della moglie Clitemnestra e del suo amante Egisto, scontano la loro pena: lui allontanato infante dalla patria per salvarlo da morte certa, lei schiava in casa sua, riottosa e ribelle. Elettra il dolore. Elettra il lutto. Elettra la vendetta. Elettra la solitudine. Elettra l’attesa. Elettra la speranza: il ritorno del fratello lontano, l’unico della famiglia che possa vendicare l’ingiusta morte del padre. Lo scenario della bianca facciata reclinata della reggia, su cui si aprono finestre-sacelli, cimitero dell’anima, risuona dei lamenti strazianti della vergine infelice, schiavizzata e maltrattata perchè rifiuta di accettare l’assassinio del padre e lo strapotere dei due amanti.
Seminuda, coperta di stracci, sporca, lacera, indomabile, trascina il suo dolore da una pietra all’altra, traendo a tratti dolenti note da un dissestato pianoforte. Tutto è in rovina. La poltrona, il letto. Segni inconfondibili di un degrado inarrestabile. Confortata dalla compassione delle donne, le corifee in eleganti tuniche e il coro, loro suggestiva eco, in dimessi abiti contemporanei, che la attorniano e sostengono in puntuali ed efficaci movimenti coreografici, la misera urla incessantemente il suo dolore e l’ingiustizia di cui è vittima, sorte che non si rassegna ad accettare. Di diverso avviso è la mite sorella Crisotemi, elegantemente vestita e acconciata, che per il quieto vivere ha scelto il silenzio e l’acquiescenza. Bisogna inchinarsi al potere, perché una donna non può e non deve ribellarsi. Il conflitto aperto tra madre e figlia e tra le due sorelle è aperto e insanabile. Ragione e torto si attorcigliano intorno alle tre donne, creando figure ambiguamente vaganti in una fitta inquietudine.
Le tre eroine greche qui incarnano magistralmente la natura conflittuale di una scarna condizione femminile che finisce per esplodere nel gesto estremo del matricidio. Oreste intanto si prepara al sospirato ritorno, ispirato da Apollo. Ordisce un piano per sorprendere i due assassini. Fa annunziare alla madre la sua finta morte dal pedagogo, a cui a suo tempo venne affidato da Elettra, che lo ha accompagnato nel viaggio insieme all’amico Pilade. La notizia rimbomba nelle orecchie e nei cuori della reggia distruggendo la sorella, dando fiato e speranza di vita alla madre, timorosa del suo vindice ritorno minacciato e vagheggiato dalla vindice figlia.
Il sollievo snaturato di Clitemnestra fa da contrappunto alla disperazione assoluta di Elettra che piange amaramente la morte dell’amato fratello e depone ogni speranza. Colpo di scena, il ritorno di Oreste creduto morto, la toccante agnizione dei due fratelli, la rivelazione alla madre della falsa morte e le raccapriccianti urla di dolore di Clitemnestra che prorompono dai sacelli in una scena di grande effetto, esaltata da un pulsare ritmico di luci e suoni che scandiscono sinistramente l’orrendo matricidio perpetrato da Oreste, rigorosamente fuori di scena. Al sopraggiunto Egisto tocca la stessa sorte. Sul duplice delitto scende la calma desolazione del finale che risuona monito alle efferate azioni dell’uomo in preda alla tempesta delle passioni, capaci di scatenare dolore e morte in una terribile catena di lutti senza fine. La guerra familiare a cui abbiamo assistito non ha vincitori, né vinti. Così il dramma catartico si chiude sommessamente lasciando negli spettatori uno strascico di tristezza.
L’acuta e accurata regia di Andò ha dato vita a uno spettacolo all’insegna della qualità, dalle musiche di Giovanni Sollima alle scene e disegno luci di Gianni Carluccio, ai costumi di Daniela Cernigliaro, alle significative prestazioni attoriali, dalla esacerbata Elettra della Bergamasco, alla spigolosa Clitemnestra della Bonaiuto, alla mite Crisotemi di Silvia Aielli, alla nettezza delle figure maschili, dal pacato Oreste di Roberto Latini, al caloroso pedagogo di Danilo Nigrelli, al vacuo e tronfio Egisto di Roberto Trifirò, alle vibranti corifee di Paola De Crescenzo, Giada Lo Russo, Bruna Rossi. Tutti i personaggi si avvalgono di una recitazione asciutta e contenuta, all’insegna di un’intensa sobrietà, in palese contrasto con la tellurica esuberanza del personaggio di Elettra, che si agita scompostamente sul sottile filo di una velata follia, frutto di una sofferenza e determinazione senza sconti, in una incessante e frenetica celebrazione del lutto, intrecciata alla reiterata implorazione di una giustizia che è affilata lama generatrice di dolore e pianto.
ELETTRA
Opera di Sofocle
Regia | Roberto Andò
Traduzione | Giorgio Ieranò
Scene e disegno Luci | Gianni Carluccio
Costumi | Daniela Cernigliaro
Musiche | Giovanni Sollima
Suono | Hubert Westkemper
Movimenti | Luna Cenere
Assistente alla regia | Luca Bargagna
Assistente scenografo | Sebastiana Di Gesù
Assistente costumista | Pina Sorrentino
PEDAGOGO | Danilo Nigrelli
ORESTE | Roberto Latini
ELETTRA | Sonia Bergamasco
CORIFEE| Paola De Crescenzo, Giada Lorusso, Bruna Rossi
CRISOTEMI| Silvia Ajelli
CLITEMNESTRA | Anna Bonaiuto
EGISTO | Roberto Trifirò
PILADE | Rosario Tedesco
Capo Coro | Simonetta Cartia
Le immagini sono di Franca Centaro
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