Un fuoco leggero sotto la pelle

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Nonostante tutto, il caro vecchio Natale…consigli di lettura per le festività

Un fuoco leggero sotto la pelle

@ Lucia Tempestini, 03-12-2022

New York 1952, vigilia di Natale. Ruby Robichek, simile a uno scarafaggio informe e stralunato, barcolla giù per le scale dei grandi magazzini Frankenberg, lentamente, appoggiandosi al largo corrimano di marmo. Le grava addosso tutta la fatica di una sconfitta sociale irreversibile. Tre anni umilianti passati nel megastore organizzato come una prigione, dopo essere stata una delle modiste più apprezzate della città. Così Therese, commessa “temporanea”, vede l’anziana donna: un viluppo di stracci scuri nella luce cruda delle scale, priva di ombre, iperrealista; un grumo umano destinato ad acuire lo spaesamento della ragazza, il presagio di un possibile fallimento esistenziale.

La incontrerà di nuovo nella sterminata sala mensa, restando attonita davanti alle mani invecchiate, ai resti di smalto rosso, allo sporco che invade i solchi delle nocche, alle dita gonfie che spezzano un panino per inzupparlo nel sugo marrone del roast-beef.

Una sera, nell’appartamento di Ruby, sudicio e disordinato buco dostoevskijano dall’odore di stantio e medicine, la ragazza sprofonda in un violento malessere dissociativo. La collisione mentale fra la speranza di intraprendere l’arte scenotecnica e la possibile catastrofe di un inabissamento definitivo nel reparto giocattoli di Frankenberg provoca nella psiche di Therese una serie di smottamenti interiori sempre più veloci ed erosivi, di crepe dolorose di momento in momento più profonde.

Patricia Highsmith

La vita di Therese procede con difficoltà, con le ruote bloccate si direbbe. Il rapporto con il quasi fidanzato Richard appare controverso, solcato di dubbi, insoddisfacente (l’eros è una tortura vera e propria e viene quasi subito abbandonato): una bolla di vetro soffocante attraverso la quale la ragazza vede il mondo e i propri desideri, senza in realtà poterli toccare. Si ha la sensazione che Therese viva con le mani angosciosamente appoggiate alla superficie interna del vetro, guardando fuori in attesa di qualcosa. O qualcuno.

Qualcuno arriva da Frankenberg due giorni prima di Natale per acquistare una bambola da regalare alla figlia. E’ Carol, donna elegantissima e affascinante (capelli chiari, occhi grigi animati da una luce viva, indefinibile), appartenente alla high society newyorchese e prossima al divorzio. Per Therese è “come vento su monte/che irrompe entro le querce;/e scioglie le membra e le agita,/dolce amara indomabile belva” *.

Un flusso di atomi e ioni comincia a formarsi entro fili di impercettibile sostanza, sospesi nell’aria fra l’una e l’altra (“un fuoco leggero sotto la pelle mi corre” *). Rallenta, sembra interrompersi tanto si allunga, riprende, accelera, si quieta. Vibra nella sua tenace fragilità, crea tenui fasci luminosi, rifrange o cancella i suoni.

Carol si allontana dal banco battendo i guanti sul palmo di una mano, si ferma, torna a parlare con Therese, sceglie un altro oggetto, lascia l’indirizzo per la consegna a domicilio.

Nei giorni successivi uno scambio di biglietti e telefonate prepara il primo di molti incontri.

Patricia Highsmith

La conoscenza reciproca progredisce fra mille cautele, ciascuna delle due lascia piccole tracce di sé e nello stesso tempo elude l’indagine dell’altra, si confida e si ritrae (siamo negli anni ’50 e un amore fra donne è considerato devianza ctonia, malattia, alimenta sensi di colpa e inadeguatezza e diventa troppo di frequente anelito rimosso); i sentimenti, il desiderio crescente, sono costantemente presenti ma pronti a slittare altrove. I movimenti interiori di Carol e Therese, appena accennati, circospetti, controllati, ellittici, nei quali si intrecciano suggestione e omissione, ricordano le antenne d’insetto mentre sondano gli spazi aperti, colmi di oggetti sconosciuti e sorprendenti, possibili insidie, delusioni, rivelazioni decisive.

Solo durante un viaggio, nella camera di un motel, quando l’alba è ancora un quadrato biancastro oltre i vetri della finestra, Carol guiderà Therese in un’immersione iniziatica.

I sensi della ragazza si aprono come ninfee bianche nell’acqua, e aprendosi si disfano in luce liquida e increspata che aumenta di intensità allargandosi in cerchi concentrici. Questa luce diventa freccia che si eleva in altra luce cilestrina, come appena nata, senza potersi fermare, senza poter allentare la terrificante tensione ed ebbrezza della salita e dell’incontrollato rapimento. Ricade infine sulla terra tremando con violenza, bagnata di luce e trasfigurata, ancora aggrappata a Carol, ritrovando negli occhi grigi e nella bocca della donna (e nelle parole che le arrivano in sussurri “angelo mio, venuto dallo spazio”) la stessa calma illimitatamente accogliente di quella luce metafisica e carnale attraversata per un istante infinito.

* Saffo

“Carol” di Patricia Highsmith, La nave di Teseo, 17 euro.

 

Author: Lucia Tempestini

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