Alan Lucien Øyen chiude il Festival Torinodanza

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Alan Lucien Øyen chiude il Festival Torinodanza

@Cristina Dalla Corte, 01 novembre 2022

Alan Lucien Øyen è una perla rara, un artista totale: scrittore, regista, danzatore, studia costantemente e con umiltà una narrazione ibrida, ricercando un’espressione sincera e umana.
Ci vuole curiosità, coraggio e pazienza per esplorare un linguaggio integrato, ricco di sfumature e contenuti così profondi e vibranti, una spinta emotiva e drammatica per portare a compimento opere complesse e tecnicamente impegnative.
Øyen è un artista norvegese originario di Bergen, presso la Norwegian National Opera and Ballet di Oslo ha sede la sua Compagnia Winter Guests fondata nel 2006. Diplomatosi in danza alla School of Art di Oslo, nel 2009 inizia la sua collaborazione con il regista e drammaturgo britannico Andrew Wale, nel 2020 inizia ad esplorare il cinema con la realizzazione di “The Hamlet Complex” ed è stato il primo coreografo ad essere chiamato presso il Tanztheater Wuppertal dopo la morte di Pina Bausch.
Le sue opere si basano su esperienze di vita reali, incorporando le storie personali sue e degli artisti e danzatori coinvolti nella creazione, con quelle di estranei, dove la storia individuale diventa collettiva.

Story, Story, die, ha una drammaturgia intensa, fatta di monologhi, dialoghi e riflessioni ad alta voce dove i sette interpreti recitano e danzano, e il testo si stempera con il movimento creando nuovi colori e sfumature in una tavolozza variegata di sofferenze umane.
Guardami, desiderami, abbracciami, feriscimi, odiami, baciami, uccidimi, prendimi, ricordati di me, ingannami, ammirami, trovami, scopami, fermami, fidati di me, aiutami, amami, amami, amami… sono qui, sono le parole che lacerano e colpiscono il pubblico.
L’interdipendenza tra la bugia e l’amore, il desiderio spasmodico di essere visti, la finzione manipolatoria messa in scena per piacere all’altro, per essere scelti, voluti, per compiacere le aspettative che l’altro ha di noi, sono il tema di questa narrazione.
Mentiamo a noi stessi e mettiamo in scena il nostro ”personaggio”, mutando la nostra essenza nel tentativo di creare un’idea di noi desiderabile, sia quando ci incontriamo che attraverso i social media, alla ricerca incessante di approvazione, di attenzione, di uno sguardo veloce, leggero, fugace da cui dipende la nostra felicità e il nostro successo.
La costruzione, ormai abituale, di rapporti di dipendenza affettiva, non ci scuote; per l’altro e per la sua approvazione cambiamo pelle, idea, forma, peso, colore, idee! Se non riesco a farmi guardare con favore, urlo, aggredisco, picchio, mi faccio detestare ed odiare, pur di avere attenzione, ora e subito! Il dramma messo in scena colpisce e lascia un senso di vuoto e solitudine enorme, non solo rivolto alle nuove generazioni, dove sarebbe facile relegarlo, ma anche nel mondo adulto. Nei dialoghi tra la le coppie si ritrova l’amore maturo: Questi non siamo noi… io non volevo essere così… tu mi hai fatto diventare questo… questa non sei tu...
Nelle sue varie presentazioni, questo spettacolo viene proposto come “spaccato generazionale”, ma non sono d’accordo, questo spettacolo ha uno sguardo sociale e umano, collettivo e contemporaneo, fatto della somma di infinite solitudini.
La coreografia è precisa e incessante, calzata sulle parole, creando un tutt’uno che lascia spazio al solo corpo quando il lavoro di gruppo lo richiede per l’intreccio dei contatti e delle azioni; la qualità del movimento varia da un’espressione armoniosa e fluida, a linee più nette, contratte, taglienti, con virtuosismi, a seconda del dialogo, della parola e della scena. Il progetto sonoro di Terje Wessel Øverland e Gunnar Innvær è una rincorsa di ostinati, ricorrenti e crescenti, che riportano alle colonne sonore di René Aubry per gli spettacoli di Carolyn Carlson, dove il pianoforte crea un suono ipnotico delicato e travolgente. La frase che percorre tutta l’opera è mi piaci… come non pensare ai milioni di like lasciati in un attimo, mentre scorriamo FB o Instagram, dove troviamo proiezioni distorte di persone che non conosciamo, ma a cui tributiamo attimi di piacere nel leggere la nostra approvazione? L’opera di Alan Lucien Øyen affonda in profondità, è un lavoro straordinario di fusione che aprirà nuove porte nella ricerca del linguaggio contemporaneo, un plauso ad Anna Cremonini per questo ospite e questo Festival di Torinodanza ’22 con un cartellone che stupisce a allarga lo sguardo.

Festival Torinodanza
25 ottobre 2022
Story,Story, die.
Alan Lucien Oyen
Fonderie Teatrali Limone

coreografia e testo Alan Lucien Øyen
interpreti Robson Ledesma, Yi-Chi Lee, Ana Maria Lucaciu, Kluane Peabody, Evan Sagadencky, Or Schraiber, Cheng An Wu.
scenografia Martin Flack
progettazione Illuminotecnica Torkel Skjærven
progetto sonoro Terje Wessel Øverland, Gunnar Innvær
costumi Stine Sjộgren
disegno Luci Torkel Skjerven
direzione Prove Ana Maria Lucaciu
direttore Di Scena Danny Hones
tour manager Isaïe Richard
tecnico del suono Svein Sandvold
tecnico luci Christopher Sanders
agente Menno Plukker Theatre Agency, Inc.
fotografia Mats Bäcker Mats Bäcker

Author: Cristina Dalla Corte

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