Giancarlo Cauteruccio ne ‘L’ultimo nastro di Krapp’ al Niccolini di Firenze dal 7 al 9 dicembre

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Il Teatro Niccolini di Firenze

dal 7 al 9 dicembre 2021 ore 19.30

presenta

Teatro Studio Krypton

L’ULTIMO NASTRO DI KRAPP

di Samuel Beckett

traduzione di Carlo Fruttero

diretto e interpretato da Giancarlo Cauteruccio

assistente alla regia e costumi Massimo Bevilacqua

In accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di The Estate of Samuel Beckett e Curtis Brown Group Limited

Con L’ultimo nastro di Krapp Giancarlo Cauteruccio torna a Samuel Beckett, il suo autore guida  e ad uno dei suoi testi più amati, in veste sia di interprete  che di regista.

La pièce, già messa in scena con successo in precedenti edizioni, gli ha valso la presenza nella terna finale del Premio UBU come miglior attore protagonista nel 2004 e poi, perno nello spettacolo TRITTICO BECKETTIANO, ha visto Cauteruccio ricevere il Premio alla regia dell’Associazione Critici di Teatro nel 2006 al Teatro Argentina.

Instancabile frequentatore della drammaturgia, della poesia, della narrativa beckettiana, Cauteruccio ha al suo attivo nove regie su testi dell’autore irlandese; ha ideato inoltre, con Franco Quadri, due grandi manifestazioni dedicate a Beckett intitolate “Beckett 90 anni” e “Beckett 100 anni”  ha pubblicato nel gennaio del 2018 il libro Samuel Beckett Nel buio di un teatro accecante con Edizioni Clichy.

Dal programma di sala, estratto del testo di Laura Visconti su L’ultimo nastro di Krapp

Scritto nel 1957 e rappresentato a Londra, questo atto unico mette in scena un solo personaggio, un grande frequentatore dei luoghi della memoria.

Il vecchio Krapp, rintanato nella sua stanza in compagnia di un registratore e un numero cospicuo di scatole ben ordinate, sperimenta un viaggio in un altrove temporale, il suo passato.

E’ concentrato sul mezzo meccanico che può permettergli tale fuga a ritroso: ha infatti conservato e catalogato con cura e meticolosità tanti nastri da lui stesso registrati ogni compleanno, per tramandare brandelli significativi di vita e di esperienza, condensate in un racconto sintetico, benché “ispirato”. Ma nemmeno questo raffinato strumento della memoria può funzionare.

Il tentativo escogitato da Krapp per recuperare quella creatura di un tempo, il sé stesso giovane, si fa sempre più inefficiente e non bastano ormai quegli ancoraggi e appigli che aveva inventato tanto tempo prima. Egli ascolta la sua stessa voce emergere dal passato, interrompendo proprio quella continuità, che rende la frase dotata di senso, con commenti derisori, oppure ripete segmenti di ciò che ascolta con ironia, rivelando tutta la sua disillusione. Il nastro rimanda infatti una voce che narra eventi ormai incomprensibili, mentre i relativi libri-indici-registri, risultano altrettanto privi di valore e di significato. La distanza tra il vecchio e il sé stesso giovane è diventata definitiva. La continuità tra presente e passato è irrimediabilmente distrutta.

Alla fine Krapp rinuncia ad ascoltare sé stesso: la voce si scioglie in silenzio, il movimento si raggela in immobilità.

Con Krapp Beckett ci offre uno dei suoi personaggi tipo, e una situazione a lui consueta.

Da sempre, in veste di raffinata, estenuata letterarietà figure tradizionalmente popolari come il comico del cinema muto e del cabaret, o il clown, con il gusto per lo spirito e le gags del circo: un personaggio triste e ridanciano insieme, ironico e autoironico, spesso con venature patetiche, sentimentali, struggenti. E insieme rappresenta la situazione di scacco, di disfatta alla quale il personaggio si adegua consapevole: un personaggio che man mano si svincola da gesti, azioni insensate dettate solo dall’abitudine. Ma nel quadro paradossale che Beckett riesce sempre a creare, la disfatta potrebbe anche rivelarsi come la rivincita del personaggio liberato dall’abitudine e dalla memoria volontaria, a favore forse della memoria involontaria, l’”illuminazione” di marca proustiana, l’unica che Beckett aveva definito degna di essere sperimentata.

Lo scacco del personaggio è anche lo scacco e il fallimento al quale l’artista deve sottostare, come Beckett aveva teorizzato tanto tempo prima: l’arte è fallimento e l’unica possibilità per l’arte è la rappresentazione del fallimento.

Author: Redazionale

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