Ci lascia Carlo Quartucci, uno dei massimi protagonisti dell’avanguardia teatrale italiana

  

 

La scomparsa di Carlo Quartucci

Fra i “grandi” dell’avanguardia teatrale

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Addio a un protagonista dell’avanguardia teatrale anni Sessanta italiana. Carlo Quartucci è morto il 31 dicembre all’Ospedale San Giovanni di Roma dove era ricoverato da circa un mese. I funerali si svolgono venerdì 3 gennaio alle 12 alla chiesa della Natività, in via Gallia a Roma e per volontà della compagna di vita e di scena Carla Tatò vuole essere un “buon viaggio a Carlo” con amici, familiari e compagni d’arte e di vita scenica.

Carlo Quartucci, nato nel 1938, siciliano, studi di architettura, attore, regista sperimentatore era della generazione e della stessa energia artistica di Carmelo Bene, Claudio Remondi, Rino Sudano, Leo de Berardinis. Ha collaborato con Giuliano Scabia e Lele Luzzati e a lungo con Jannis Kounellis. Questo il ricordo che gli amici hanno diffuso, ricordando il lavoro dell’attore e regista.
“Carlo Quartucci ha attraversato intensamente gli anni di avvio del Nuovo teatro italiano, in una continua interrogazione sul suo significato, sperimentando forme e mettendo in discussione radicale ruoli, luoghi e l’intero apparato teatrale”.

Quando poi nel 1971 compra un Camion e lo dipinge di bianco e inizia il suo percorso
in giro per l’Italia, inizia un nuovo viaggio. Camion “carica” e “scarica teatro”. Non realizza spettacoli, opere chiuse: compie azioni. E l’azione può consistere nel trasloco di materiali, nel caricare e scaricare oggetti, persone, pezzi di teatro da una piazza all’altra delle periferie urbane o dei paesi di campagna: un barbiere, un attore, un teatro di pupazzi, Casa di bambola… Sul Camion dal 1973 c’è anche Carla Tatò. E tantissimi altri artisti, compagni, amici, in giro per l’Italia, nelle periferie delle città, in un movimento perpetuo.

A partire dagli anni Ottanta, il teatro di Carlo Quartucci e Carla Tatò è sempre più un teatro che si realizza come comunità di artisti, di persone, di spazi: a Genazzano nel 1981, il progetto La Zattera di Babele mette in dialogo per mille giorni famiglie di artisti, spazi, culture, linguaggi, pittori, artisti visivi, musicisti, scrittori, poeti, critici, direttori, curatori, cineasti: Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Roberto Lerici, Germano Celant, Rudi Fuchs, Daniel Buren, Henning Christiansen, Bob Ashley, Andres Neuman, Ritzaert ten Cate, Lawrence Wiener, Giovanna Marini, Luigi Cinque…

È un “pensiero artistico, è teatro internazionale: La Zattera di Babele e si muove da Genazzano e poi da Erice. È ospitata e “abita” nei musei, nelle gallerie e nei teatri e negli spazi dell’archeologia artistica e culturale del mondo a Vienna, Parigi, Erice, Sydney, Edimburgo, Kassel, Berlino… È un teatro interdisciplinare, come era stato fin dagli anni Sessanta: l’obbiettivo di sperimentare, scoprire e costruire fattivamente una nuova lingua della scena attraverso le interferenze di pratiche artistiche a confronto è la linfa che nutre i diversi progetti realizzati nel corso degli anni.
È la “Drammaturgia delle Arti & degli Artisti”. Sono “I Paesaggi Drammaturgici”. Anche “in pupitudine antica”.
È un teatro che pone al centro l’attore. Anche una luce è un attore, lo è un colore, lo è un musicista. Lo è il regista.
È un laboratorio permanente.

È un teatro che lavora sulla memoria con i giovani. L’impegno per un’eredità culturale dal vivo ha condotto Quartucci e Tatò portare avanti per anni un discorso di formazione dei giovani, in collaborazione con enti e istituzioni (dai Musei alle Università).
È sempre un viaggio per raggiungere nuove mete mai definitive. E per rilanciarle “oltre”. (an.ban.)

*post.larepubblica (che ringraziamo)

Author: Redazionale

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