La destinazione è Oscillazioni, al tempo stesso cornice, chiave e meta dell’intero progetto, che propone al Teatro India dal 16 al 22 dicembre una programmazione serrata di spettacoli, performance, congegni scenici, incontri.
Oscillazioni – un claim lungo un triennio – indica il disequilibrio in cui vengono messe le convenzionali posizioni degli spettatori da una parte e degli attori dall’altra, della sala e della scena. L’architettura progettuale, generata da tale obiettivo, si è concretizzata nel far deragliare la creazione restituendola non più soltanto come opera ma anche in una costellazione di eventi minuti, gesti artistici, dispositivi scenici paralleli e difformi che evidenziano e fanno emergere i molteplici livelli della creazione, ponendoli in dialogo con i contesti, sia nelle tematiche che nelle modalità di produzione, includendo i cittadini come produttori di contenuti e attori degli atti performativi, documentando i processi poetici, aprendo al confronto con teorici e studiosi. Il dialogo tra curatela e artisti ha creato le condizioni per “esporre il processo”, ma l’obiettivo non è mostrare qualcosa di incompleto o aprire il back stage, piuttosto creare le condizioni per mettere gli spettatori a contatto con il centro, con quella zona instabile che realmente “muove” la scena.
Paola Bianchi, Qui e Ora, Chiara Frigo, Bartolini/Baronio, Menoventi, Alessandra Cristiani, Teatro Akropolis, Teatro Rebis, Riccardo Guratti, Giovanna Velardi, Carlo Massari/C&C, Giuseppe Vincent Giampino, Massimo Donati, Opera Bianco sono gli artisti invitati alla 13^ edizione.
La tensione verso il reale, la rilettura di fonti, fatti di cronaca, immagini storiche, nodi e crisi della nostra cultura. Dalle immagini dell’archivio retinico di Energheia di Paola Bianchi, alla rilettura di gesti eclatanti che hanno fatto fare un balzo alla storia di Bartolini/Baronio; dallo studio dell’icona di #TRE di Qui e Ora, all’incarnazione in scena del mito di Demetra di Teatro Akropolis, fino alla trasparenza tra i Negri di Genet e i fatti di Macerata di Teatro Rebis; dalla rilettura della morte di Majakovskij e il rapporto tra pensiero scientifico e pensiero umanistico ne L’incidente è chiuso dei Menoventi all’anatomia del corpo esposto, interrogato, al centro di sistemi relazionali delle coreografie della Alessandra Cristiani, di Riccardo Guratti e Giuseppe Vincent Giampino; dal passaggio dalla figurazione all’astrazione della ricerca tra to act, to do e to perform di Opera Bianco, al Dialogo sul monologo L’Alieno di Massimo Donati (NDN), per arrivare a piccoli affreschi di un tempo divenuto crudele come in Carlo Massari/C&C o inceppato, fragile, come in Giovanna Velardi. Questi sono solo alcuni dei temi che emergono e si destrutturano nella tredicesima edizione di Teatri di Vetro all’interno di un impianto progettuale che espone il processo di creazione come valore, il più alto e sensibile, a partire dal quale costruire una nuova relazione con lo spettatore.
Il 14 e 15 dicembre precede la sezione Composizioni che realizza al Teatro del Lido progetti che chiedono il coinvolgimento dei non professionisti e, a seguito di percorsi laboratoriali aprono gli esiti al pubblico. I cittadini sono chiamati a partecipare, a con-porre insieme agli artisti, portando all’interno delle performance non solo il proprio corpo e la propria presenza ma anche temi, segni, parole di cui sono essi stessi autori e che confluiscono all’interno di dispositivi relazionali che gli artisti hanno predisposto per loro. Esti, azione coreografica per danzanti non professionisti di Paola Bianchi, sperimentata in diversi contesti con giovani danzatori, ragazzi del liceo, persone affette da Parkinson, non vedenti, Ballroom di Chiara Frigo, esperienza collettiva in cui persone appartenenti a diverse generazioni si riuniscono per vivere un momento danzante, #Tre iconalab del collettivo Qui e Ora, per la regia di Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, sono tre progetti in cui le artiste, attraverso laboratori, coinvolgono cittadini, non professionisti, giovani, bambini all’interno della propria ricerca. I materiali generati dall’incontro con le persone nutrono dall’interno il processo di creazione, lo spostano, lo aprono a tematiche inaspettate, lo connettono con il reale, con il quotidiano, con le biografie.
Dare spazio all’inoperosità, far emergere elementi, residui della creazione artistica che il singolo spettacolo non esaurisce; prevedere la presentazione al pubblico di piani sommersi affidati a congegni scenici ibridi; far oscillare i ruoli degli attori e degli spettatori, metterli in un equilibrio instabile attraverso formati scenici che includono i cittadini come parte del gesto artistico e prevedono l’interazione con gli spettatori durante le fasi di creazione; invitare lo sguardo e l’elaborazione teorica di studiosi e osservatori; alimentare il dialogo con i contesti territoriali – spazi, strutture, tessuto sociale. Questi i gesti del progetto.
Dalle pratiche – il tempo trascorso nell’osservazione, nell’analisi, nello scambio e rilancio a contatto con gli artisti e con le loro creazioni – è nata l’esigenza di predisporre un luogo che potesse essere generativo e al tempo stesso ricettivo, esso stesso fatto della stessa materia dei suoi oggetti: un’architettura progettuale viaggiante nella direzione dettata dai suoi oggetti e – nella reciprocità – oggetti artistici viaggianti nella direzione di un’architettura progettuale.
Un’azione congiunta per superare l’unicità della nozione di opera, affiancarla con quell’operatività dell’artista e quell’operazione del fare scena considerando i singoli gesti come il proprio primo materiale.
Nell’atto, nel fare, nel gesto c’è un fremito, uno scarto, un fallimento. Sopravvive l’irrisolto, il dubbio, l’incerto. Marca la differenza con chi esibisce forza, potenza, certezze. Manca quell’appuntamento e così ci riguarda, tocca il nostro vivere nel presente. In ogni presente.
Coltivo. Nella fiducia che alla radice di ciò che chiamiamo contemporaneo possiamo rintracciare un atto originario, capace di farsi fondativo e salvifico rispetto alla dispersione fenomenologica e che questo atto fondativo debba avere le caratteristiche della sottrazione, del dolore, della resistenza interna tale da porre l’opera nell’ordine del mai finito e parte di un crocevia in cui accanto alla sintesi poetica continuano a manifestarsi i suoi resti, residui, macerie e che solo così, con l’affermazione della sua stessa fragilità, parzialità, del suo fallimento, la scena che siamo possa farsi epifanica per gli uomini e le donne del nostro tempo e possa andare avanti, in un moto continuo, verso la propria origine, verso l’unicità del proprio balzo nella Storia.
Roberta Nicolai
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Teatri di Vetro, il festival di arti sceniche contemporanee, giunge alla 13^ edizione grazie al sostegno di MIBAC, della Regione Lazio e in collaborazione con il Teatro di Roma. La sezione Oscillazioni è parte del programma di Contemporaneamente Roma 2019 promosso e sostenuto da Roma Capitale-Assessorato alla Crescita culturale, realizzato in collaborazione con SIAE.
In collaborazione inoltre con Teatro del Lido, Fondazione Carivit, ATCL Lazio, Comune di Tuscania, Accademia Nazionale di Danza, AnticorpiXL, Vera Stasi, Twain, DAF Dance Arts Faculty, Spellbound Contemporary Ballet, NdN Network drammaturgia Nuova, PinDoc, 369gradi, Tuscania d’Arte, 20 Chiavi Teatro, QdA, Centro Jobel, Plunge, Tempo Reale, RAM/radioartemobile e con Caffè Letterario, Libreria Tomo, Giufà.
Media partner Roma Tre Radio – Università degli Studi di Roma Tre, Liminateatri, Teatro e Critica, Art a part of Culture, Krapp’s Last Post.