I giganti della montagna: uno spettacolo figlio del Caos alla Pergola di Firenze

I giganti della montagna: uno spettacolo figlio del Caos alla Pergola di Firenze

@ Mattia Aloi (30-10-2019)

Firenze – Da una parte la platea e i loggioni del Teatro della Pergola, dall’altra un teatro in rovina, diroccato, che riprende la stessa architettura, gli stessi motivi e intarsi dell’altro. Dove un tempo risiedeva la quarta parete, polverizzata e scacciata anche dalla memoria, ora risiede un telo invisibile – si concretizzerà in scena soltanto al principio del secondo atto – che divide il sogno dalla fredda realtà che inaridisce e secca la magia dell’arte. Se “I giganti della montagna” è un meraviglioso inno al teatro nella sua forma più pura e autosufficiente, la versione propostaci da Lavia ne è la perfetta esecuzione; questo inno ci ammalia trascinando suo malgrado lo spettatore nel mondo onirico creato dal demiurgo agrigentino incarnato da Lavia nella figura del mago Cotrone; in questo mondo può accadere qualunque cosa, sul palco così come in platea: apparizioni spettrali, fantocci animati che si contorcono, fino ad un momento di rara bellezza in cui la musica stessa viene verso di noi avvolgendoci.

Il sublime Caos generato dalla cacofonia di attori e musica chiede un sacrificio: e allora alcune battute si sovrappongono o vengono soffocate dalla musica crescente, per cui a uno spettatore interessato alla comprensione della trama converrà conoscere i tratti essenziali della vicenda, rimasta incompiuta. Una compagnia di attori sul lastrico chiamata “La Compagnia della Contessa” finisce per trovare riparo nella villa “La Scalogna” e fa la conoscenza degli scalognati, guidati da Cotrone detto il mago. Gli attori sono in rovina perché la Contessa si ostina a voler portare in scena per senso di colpa “la novella del figlio cambiato” scritta per lei da un poeta suo spasimate che non ha retto il rifiuto e si è tolto la vita. Cotrone suggerisce alla compagnia di rappresentare la pièce per il matrimonio che verrà celebrato fra i “giganti della montagna”, cosa che non avverrà mai a causa della morte di Pirandello avvenuta 1936.

Uno spettacolo recitato per l’opera stessa, potente e caotico, in cui ovviamente nulla è lasciato al caso. Gabriele Lavia orchestra alla perfezione l’eccellente cast di attori, sbalorditiva anche la pulizia tecnica e la precisione nei movimenti dei fantocci, tutto incorniciato da musiche suggestive. Una parola va spesa per i costumi, caratteristici e evocativi, sottolineano il carattere di ogni personaggio e colorano la scena.

Gli scalognati si nutrono solo di arte, poiché questa è il cibo dell’anima e loro sono questo: pura anima senza corpo se non quello preso in prestito dagli attori. Assistendo allo spettacolo rimarremo senz’altro sazi: difficile non restare sbalorditi come bambini di fronte alla magia del teatro, in grado di realizzare ciò che si immagina, come ci dice lo stesso Lavia/Cotrone/Pirandello: i bambini vivono ciò che immaginano, e poiché ognuno di noi è stato bambino può sempre tornare a esserlo. E di fronte a tanta meraviglia non si può che guardare con gli occhi nuovi di un bambino.

I GIGANTI DELLA MONTAGNA

di Luigi Pirandello

la Compagnia della Contessa Federica Di Martino, Clemente Pernarella, Giovanna Guida, Mauro Mandolini, Lorenzo Terenzi, Gianni De Lellis, Federico Le Pera, Luca Massaro

Cotrone detto il Mago Gabriele Lavia

gli Scalognati Nellina Laganà, Ludovica Apollonj Ghetti, Michele Demaria, Simone Toni, Marìka Pugliatti, Beatrice Ceccherini

i Fantocci (personaggi della Favola del figlio cambiato) Luca Pedron, Laura Pinato, Francesco Grossi, Davide Diamanti, Debora Rita Iannotta, Sara Pallini, Roberta Catanese, Eleonora Tiberia

scene Alessandro Camera

costumi Andrea Viotti

musiche Antonio Di Pofi

luci Michelangelo Vitullo

maschere Elena Bianchini

coreografie Adriana Borriello

assistenti alla regia Bruno Maurizio Prestigio, Lorenzo Volpe – iNuovi

regia Gabriele Lavia

produzione Fondazione Teatro della Toscana

in coproduzione con Teatro Stabile di Torino, Teatro Biondo di Palermo

foto di scena Tommaso Le Pera, Filippo Manzini

durata 2 ore e 25 minuti circa, intervallo compreso