Orfeo senza Euridice che farà? Il cantante? Il mitico cantore in un esitante melodico
di Anna Di Mauro 05-09-2019
CATANIA – Orfeo e la sua struggente discesa agli Inferi ritornano in uno spettacolo dal titolo “Orfeo” che inaugura al Castello Ursino di Catania la minirassegna di Mitoff, breve excursus nella mitologia classica, rivisitato da Salvatore Guglielmino, che lo ha sceneggiato, diretto, nonché interpretato.
Il mito di Orfeo ed Euridice racconta del tentativo disperato dell’ammaliante cantore greco di scendere nell’Ade, violandone le leggi, per riportare alla vita la sua sposa, l’amata ninfa Euridice, avvelenata da un serpente mentre cercava di sfuggire alle brame di Aristeo. La clemenza della regina Persefone concede l’eccezione, ma ha però un veto. Orfeo che camminerà davanti alla sposa non dovrà mai voltarsi indietro a guardare Euridice mentre la conduce via dal Regno dei morti. Nella versione classica Orfeo, uscito finalmente dal buio dell’oltretomba, non resisterà alla tentazione. Voltandosi troppo presto perderà per sempre la sua amata, inghiottita inesorabilmente e per sempre dalle ombre dell’Ade. Una storia straziante, struggente, delicata e poetica che nella rivisitazione di Guglielmino, dove Orfeo si volta cedendo ai lamenti e ai rimbrotti di Euridice che si sente trascurata, risulta uno spettacolo drammaturgicamente debole, lento, dove l’incanto del mito rilutta e si appanna subito dopo la prima scena. Infatti “Orfeo” ha un incipit dignitoso, sostenuto dalla coinvolgente affabulatrice interpretata da Alice Ferlito. L’atmosfera però si sgrana presto, per tracimare in un tentativo di musical e volare basso. Il mito del cantore, qui affetto peraltro da inguaribile narcisismo e poco attento alla sua sposa, al punto da voltarsi per poter cantare del suo amore irrimediabilmente perduto, si appanna e scivola lentamente ma inesorabilmente nella melensaggine, fino al consolatorio… e vissero felici e contenti (nell’Ade). Una sorta di Paolo e Francesca di modeste proporzioni. Da sottolineare le regali ire di Proserpina, la sempre convincente Alice Ferlito.
Tra l’incredulità e lo stupore sorge spontanea una domanda: perché? Più misericordiose furono le Baccanti, in preda a furore parossistico, nel ridurlo a brandelli, senza intaccarne la sostanza che riluce e dispiega le sue ali nelle immortali “Metamorfosi” di Ovidio, laddove poesia e mito trovano la loro magica convergenza. Si può certo riproporre il racconto di Orfeo in forme variegate, ma sempre rispettando il senso della metafora del mito, la linea misteriosa che conduce al limitare tra il divino e l’umano, la grandezza epica di un sogno che sfiora e travalica le leggi che governano la vita e la morte, la nobile materia delicata e impalpabile che finisce per appiattirsi in questa edizione più attenta ai sentimentalismi. La Grecia classica, fantasma in qualche modo evocato nei vestimenti, appare sugli spalti del castello dove si è rifugiata per poi dileguarsi nei cieli di una Catania settembrina, come l’estate che ci lascia con questa ultima tranche di spettacoli. La rassegna, patrocinata dal Comune, prosegue il 14 Settembre con “Fedra” di Seneca e il 28 Settembre con “Agamennone” di Eschilo, nella fastosa corte del Castello Ursino.
ORFEO
Adattamenti, liriche, musiche e regia di Salvatore Guglielmino ispirato ai poemi di Virgilio e Ovidio
Con Alice Ferlito, Salvatore Guglielmino, Martina Minissale
Produzione MediaManager Events
Al Castello Ursino di Catania