Quando il fantastico precipita nel grottesco. ‘Border’ di Ali Abbasi
Film interessante che non sempre convince, impegnato sui temi della diversità ma con sviluppi spesso un po’ troppo grotteschi; oltretutto, l’assenza di effetti speciali preclude in parte la possibilità di dare respiro al lato fantastico della vicenda. Le invenzioni visive utilizzate per rendere plausibili le creature che sembrano neonati ma tali non sono, rivestono il film di tensione e di una macabra bellezza, ma appaiono nello stesso tempo insufficienti a dare forma al côté magico che dovrebbe avere un’opera con aspirazioni visionarie come questa. L’optimum lo hanno raggiunto i sempre bravissimi Göran Lundström e Pamela Goldammer, realizzatori di protesi perfette in grado di dare vita a volti di inquietante intensità.
Autore del racconto da cui è tratto il film è il cinquantenne svedese John Ajvide Lindqvist, considerato da gran parte della critica internazionale lo Stephen King scandinavo (e sembra che King lo ritenga l’ideale prosecutore di questo filone narrativo). Anche altre opere di Lindqvist hanno ispirato lavori cinematografici quali l’horror pervaso di malinconia Lasciami entrare (Låt den rätte komma in, 2008) di Tomas Alfredson, uno dei migliori in assoluto degli ultimi anni, e Hanteringen av odöda (2019), nonché varie serie televisive.
Basandosi sulle poche pagine del testo originale, il regista, anche cosceneggiatore assieme allo scrittore, ha costruito una struttura che si rivela a tratti fragile, privilegiando più l’aspetto fisico dei nostri eroi che non la loro psiche, la sofferta interiorità. Poco si comprende del dramma dell’uomo che convive con la propria diversità, del rapporto conflittuale con la società che lo emargina per la sua ‘bruttezza’, costringendolo ad abitare i margini della vita perché non c’è spazio per lui nel mondo cosiddetto civile. E’ violento, incapace di pietà, amorale; ma questo viene più detto che non rappresentato attraverso immagini, dialoghi e situazioni che analizzino il suo comportamento.
Qui al suo secondo film dopo il mediocre horror Shelley (2016), mai giunto sui nostri schermi, Ali Abbasi dimostra una maggiore dimestichezza con il mezzo filmico, pur conservando gravi carenze di scrittura. Oltre a Vore, anche Tina, la doganiera dal fiuto incomparabile, viene descritta in modo epiteliale, marcando le linee esteriori della deformità senza prendere in esame la sua essenza, e lasciando così prevalere la tonalità grottesca. L’amore carnale tra i due poteva dare origine a scene in cui l‘attrazione pressoché animalesca superasse gli ordinari limiti umani del trasporto erotico, invece il regista decide di mostrarceli nudi mentre corrono in un bosco anonimo, senza alcun elementi drammatico o perturbante: un’occasione perduta per dare maggiore spessore ai protagonisti.
Di origini iraniane e di cultura tangibilmente orientale – si è trasferito da pochi anni in Scandinavia senza mai dimenticare il substrato del suo Paese – Abbasi potrà magari diventare un regista interessante, un giorno, ma per il momento premi internazionali quali Un Certain regard all’ultimo Cannes forse gli sono stati assegnati più per i trascorsi in un paese difficile che per meriti reali. Bravissimi Eva Melander ed Eero Milonoff, che sotto maschere impegnative anche da indossare hanno trovato il modo di non farci sentire del tutto estranei personaggi in fondo di grande umanità, seppure non politicamente corretti (soprattutto Vore, con i suoi cadaveri nell’armadio).
La vera protagonista di Border può essere considerata Tina, figura bizzarra e originale. Il suo olfatto inusitato le permette di scoprire alcool e droga ma anche di individuare il senso di colpa, la paura, la vergogna di chi le passa davanti. L’esistenza procede in maniera lineare fino a quando non incontra un uomo, Vore, che le assomiglia moltissimo fisicamente. Sente che lui nasconde qualcosa ma, per la prima volta nella sua vita, non riesce a scoprire nulla. Irresistibilmente attratta intreccia una storia d’amore che le farà scoprire la sua vera identità. Con l’uomo infatti condivide una natura segreta. Scopre di non essere figlia di quello che riteneva suo padre e viene a conoscenza della ragione di una cicatrice che ha sulla schiena. A questa si aggiungono altre terribili verità…
Un ibrido di generi che la cui riflessione sui temi dell’alterità rimane in sospeso.
Titolo Border – Creature di confine
Titolo originale Gräns
Genere Drammatico, thriller
Regia Ali Abbasi
Paese/Anno Francia, Belgio – 2018
Sceneggiatura: Ali Abbasi, Isabella Eklöf, John Ajvide Lindqvist tratto dal racconto breve Gräns di John Ajvide Lindqvist
Fotografia Nadim Carlsen
Montaggio Olivia Neergaard-Holm, Anders Skov
Scenografia Frida Hoas
Costumi Elsa Fischer
Effetti speciali Peter Hjorth
Musica Christoffer Berg, Martin Dirkov
Interpreti Eva Melander, Eero Milonoff, Jörgen Thorsson, Ann Petrén, Sten Ljunggren, Kjell Wilhelmsen, Rakel Wärmländer, Andreas Kundler, Matti Boustedt, Viktor Åkerblom, Joakim Olsson
Distribuzione Wanted, Pfa Films, Valmyn
Durata: 104 minuti
Genere Dramma, Fantasy, Sentimentale, Thriller
Data uscita: 28/03/2019
cura redazionale della recensione: Anna Di Mauro e Lucia Tempestini