Palermo: Volker Schlödorff e Peter Greenaway protagonisti giovedi e venerdi all’Efebo d’Oro

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Palermo: Volker Schlödorff e Peter Greenaway protagonisti giovedi e venerdi all’Efebo d’Oro

Al Cinema De Seta dei Cantieri culturali alla Zisa proseguono gli incontri con gli autori e le proiezioni dei film in programma per la 40^ edizione del Premio Efebo d’oro. Giovedì 8 novembre alle 20.00 Franco Marineo coordina una conversazione con il grande regista tedesco Volker Schlödorff, quest’anno componente della Giuria che assegnerà il 40° Premio Efebo d’oro per il miglior film tratto da un’opera letteraria.

Alle 20.00 di venerdì 9 novembre Peter Greenaway incontrerà il pubblico prima della proiezione del film The Greenaway Alphabet, diretto da Saskia Boddeke, moglie del regista, presente all’incontro insieme alla figlia Zoe co-protagonista del documentario in cui il suo universo umano e poetico viene percorso e sviscerato lungo le lettere dell’alfabeto.

I film in programma nei prossimi due giorni:

giovedì 8 novembre

alle 16.30 WE THE COYOTES di Marco La Via e Hanna Ladoul, prima visione per la sezione Esordi, ingresso € 4,00

alle 18,30, preceduto da un incontro con la regista, THE WAY STATION di Hong Anh, prima visione per la sezione Film in concorso ingresso € 4,00

alle 20.00, preceduto da una conversazione con il regista coordinata da Franco Marineo, THE HANDMAID’S TALE di Volker Schlödorff per la sezione Incontri, ingresso € 4,00; alle 22.30, preceduto da un incontro con la regista, LE SEMEUR di Marine Francen, prima visione per la sezione Film in concorso ingresso € 4,00

venerdì 9 novembre

alle 18.30, preceduto da un incontro con il regista, DIVA! di Francesco Patierno, prima visione per la sezione Film in concorso ingresso € 4,00; alle 20.00, preceduto da una conversazione con il regista Peter Greenaway, per la sezione Nuovi linguaggi a INGRESSO LIBERO Windows e The Greenaway Alphabet

We the Coyotes di Marco La Via, Hanna Ladoul (Francia-USA 2018 – 87’) in lingua originale con sottotitoli in italiano

Sceneggiatura: Marco La Via, Hanna Ladoul. Con: Morgan Saylor, McCaul Lombardi, Betsy Brandt, Khleo Thomas, Lorelei Linklater. Produzione: Noodles California, Studio Orlando, Vanishing Angle

Amanda e Jake sono una coppia di ventenni desiderosi di iniziare una nuova vita insieme a Los Angeles. Senza un piano ben preciso e con pochi soldi in tasca, i due intraprendono un viaggio verso quel West da molti bramato, l’ovest dei pionieri, luogo geografico e dell’anima dal quale bisogna sempre ripartire se si ha intenzione di capire l’America. Seguiti durante le loro prime 24 ore randagie, Amanda e Jake si scontreranno con una realtà brutale, vera e propria macchina produttrice di illusioni e di aspettative latrici, in fin dei conti, di infelicità. Non si tratta allora di mettere da parte i propri sogni di emancipazione e di gloria, quanto di imparare ad apprezzare ogni istante, senza l’angoscia di doverne riconoscere a tutti i costi l’utilità e il vantaggio. È assecondando la deriva, forse, che può trovarsi il conforto, così come, nella vastità sublime della natura, potrebbe scorgersi un rifugio. We the Coyotes si rivela non soltanto un omaggio appassionato al cinema indipendente americano, ma anche un’opera autentica, in cui la fragilità diviene promessa di malleabilità, grazie alla quale si possono eludere ogni più vieto cliché e ogni retorica didascalica.

MARCO LA VIA, HANNA LADOUL, Regia e Sceneggiatura

Nati in continenti diversi, hanno entrambi 27 anni. Marco La Via è nato in California da padre americano e madre francese. Si è poi trasferito nel sud della Francia all’età di 6 anni. Hanna Ladoul è nata in Germania da padre algerino e madre tedesca. È cresciuta tra Parigi e la Normandia. Completati in Europa gli studi di giornalismo, cinema e storia, vivono e lavorano a Los Angeles da quattro anni. Nel 2012, durante gli anni universitari, hanno co-diretto, insieme al collega Matthieu Cabanes, un mediometraggio documentario dal titolo The Female Face of Populism. Il film, coprodotto da TV5 Monde e LCP, è incentrato sull’ascesa delle leader femminili dell’estrema destra europea. Nel 2016 hanno diretto il loro primo cortometraggio di finzione, Diane from the Moon, interpretato da Mya Taylor, vincitrice dello Spirit Award come Migliore attrice non protagonista in Tangerine di Sean Baker. We the Coyotes, loro esordio al lungometraggio, è stato presentato in anteprima assoluta nel 2018 nella sezione ACID del Festival di Cannes.

The Way Station (Đảo của dân ngụ cư) di Hong Anh (Vietnam 2017 – 92’) in lingua originale con sottotitoli in italiano Sceneggiatura: Nguyen Quang Lep Con: Pham Hong Phuoc, Ngoc Thanh Tam, Nhan Phuc Vinh, Hoang Phuc, Ngoc Hiep Produzione: Blue Productions, Live Media

Dopo avere a lungo vagato, Phuoc decide di fermarsi presso il ristorante “Notte bianca”, nella speranza di trovare un lavoro che gli permetta, almeno temporaneamente, di godersi un po’ di tranquillità. In poco tempo scoprirà però l’ordine perturbante instaurato dal proprietario del ristorante nonché padre padrone di Chu, l’unica anima splendente dietro le quinte fatiscenti entro le quali sono confinati i lavoratori. Attraverso uno stile rarefatto e notturno e una palette cromatica lussureggiante – ombrosa anche se a tratti inondata da squarci sfavillanti – si dipana una storia imbevuta di passione e gelosia, volontà di riscatto e violenza, ricerca d’indipendenza e stabilità dei sentimenti; una sosta in un luogo di passaggio – come quello suggerito dal titolo – al contempo concreto e metaforico, nel quale ci s’imbatte per caso, vagolando nelle tenebre di una notte bianca in cui la realtà è indistinguibile dal proprio mondo interiore.

HONG ANH, Regia

Classe 1976: prima di laurearsi in sceneggiatura, ha studiato presso l’Accademia di danza di Ho Chi Minh City. Ha iniziato la sua carriera come attrice per la televisione il cinema, vincendo numerosi premi, tra cui quello come migliore attrice Dubai International Film Festival ricevuto quest’anno. Adattamento di un romanzo dello scrittore Do Phuoc Tien, The Way Station costituisce il suo fortunato debutto alla regia. Tra i numerosi premi, il film si è aggiudicato il premio per il miglior film all’ASEAN International Film Festival nel 2017.

Le semeur di Marine Francen (Francia 2017 – 94’) in lingua originale con sottotitoli in italiano Sceneggiatura: Marine Francen, Jacqueline Surchat, Jacques Fieschi, adattata da “L’homme semence” di Violette Ailhaud Con: Pauline Burlet, Géraldine Pailhas, Alban Lenoir, Iliana Zabeth, Françoise Lebrun Produzione: Les Films du Worso

1852: l’esercito di Luigi Napoleone Bonaparte schiaccia la resistenza dei repubblicani. Nel suo villaggio di montagna, Violette assiste al rastrellamento di tutti gli uomini che lo popolano. Trascorsi alcuni mesi nell’isolamento più totale, Violette e le altre donne si giurano che, se un giorno dovesse comparire un uomo, sarà necessario condividerlo. Attraverso la ricostruzione di un contesto storico soltanto all’apparenza distante da quello contemporaneo, si scandagliano le profondità onnicangianti del desiderio femminile. Il clima oniroide di attesa, abilmente costruito dalla giovane regista, rende visibili i più minuti cambiamenti nella quotidianità di un microcosmo muliebre che, pur essendo chiuso nella sua particolarità più irriducibile, non diventa luogo di confinamento ma rampa di lancio verso la ricerca della libertà. Una ricerca che si profila universale soltanto quando diviene un progetto rispettoso di ogni individuo. Un film in costume, un percorso che conduce verso un mondo d’altri tempi, ma che svela al contempo una visione moderna della società e dell’essere donna.

MARINE FRANCEN, Regia e sceneggiatura

Dopo un’infanzia trascorsa in campagna, si trasferisce a Parigi per studiare letteratura e storia. Intraprende la sua carriera all’interno dell’industria cinematografica dapprima nell’ambito della produzione presso la società di James Ivory e Ismail Merchant e, in seguito, tra il 1999 e il 2012, lavorando come assistente alla regia di cineasti del calibro di Michael Haneke e Olivier Assayas. Ha scritto e diretto quattro cortometraggi, uno dei quali documentario. Le semeur, vincitore nel 2017 del Premio per la migliore opera prima al Festival internazionale del cinema di San Sebastián, segna il suo debutto al lungometraggio.

Diva! di Francesco Patierno (Italia 2017 – 75’) Sceneggiatura: Francesco Patierno, dal romanzo autobiografico Quanti sono i domani passati di Valentina Cortese, edito da Mondadori nel 2012 Con: Barbora Bobulova, Anita Caprioli, Carolina Crescentini, Isabella Ferrari, Anna Foglietta Produzione: Casta Diva Pictures, DO Production & Consulting, Fenix, Viva Production. Distribuzione Italia: Officine Ubu

Otto grandi attrici ripercorrono la vita di Valentina Cortese, interpretando le sue stesse parole tratte dall’autobiografia pubblicata in occasione dei suoi 90 anni. Un viaggio attraverso i suoi ricordi e le sue interpretazioni. Attraverso un montaggio avvolgente, Patierno realizza un documentario dall’approccio anticonvenzionale, più intimo che celebrativo, in equilibrio tra cinefilia e ricreazione drammatica, che ha il merito di riportare alla ribalta un personaggio femminile iconico del cinema italiano e internazionale

FRANCESCO PATIERNO, Regia e Sceneggiatura

Nato a Napoli nel 1964, studia architettura prima di diventare direttore creativo per un’agenzia pubblicitaria. Dopo aver realizzato servizi televisivi per la RAI, firma il suo primo cortometraggio Quel giorno (1996), proiettato alla 53ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Il suo primo lungometraggio Pater Familias, in concorso al Festival di Berlino 2003, vince 12 premi per il miglior esordio ed è selezionato in più di 40 festival internazionali. Nel 2008 esce nelle sale Il mattino ha l’oro in bocca, selezionato in concorso al Karlovy Vary Film Festival. Nello stesso anno dirige quattro episodi della serie tv Donne Assassine, che conquista il premio per la migliore regia al Roma Fiction Festival. Nel 2011, il suo terzo film, Cose dell’altro mondo, partecipa alla Mostra di Venezia ed è in concorso al Festival di Tokyo. Nel 2012, La guerra dei vulcani, documentario sul triangolo amoroso tra Rossellini, Magnani e Bergman, è presentato con successo ai festival di Venezia, Toronto, Londra, New York. Nel 2012 pubblica anche il suo primo romanzo, Il giostraio (Caracò Editore). Nel 2014 esce nelle sale il suo quarto lungometraggio La gente che sta bene interpretato da Claudio Bisio, Margherita Buy e Diego Abatantuono. Naples ’44, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2016, e Diva!, selezionato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2017, sono entrambi lavori dallo stile ibrido tra fiction e documentario. Al Festival di Venezia 2018 ha presentato Camorra, un documentario prodotto da Rai Cinema e realizzato con materiale d’archivio delle teche Rai.

Windows di Peter Greenaway (Regno Unito 1974 – 4’) Sceneggiatura: Peter Greenaway Produzione: British Film Institute

Attraverso il filtro dell’umorismo nero, Windows è un “resoconto statistico” sul fenomeno della defenestrazione, il tentativo di comprendere i motivi per cui un gruppo di persone che ha vissuto in un’idillica casa di campagna abbia trovato la morte gettandosi dalle finestre.

The Greenaway Alphabet di Saskia Boddeke (Olanda / 2017 / 68’) in lingua originale con sottotitoli in italiano Con: Peter Greenaway, Zoëm Greenaway, Saskia Boddeke. Produzione: Beeld in co–produzione con NTR e con il supporto di MediafondsKrzisnik

Il fascino del filmmaker Peter Greenaway, il cui motto è “art is life and life is art,” è catturato are captured come si trattasse di farfalle e organizzato secondo un alfabeto: una forma che si addice perfettamente a un artista “enciclopedista”. In un’intima conversazione con la sensibile e intuitiva figlia sedicenne Zoë, siamo portato a scoprire il chi, il cosa e il quando di Peter Greenaway. Cominciano con la A, che sta per Amsterdam, ma può anche stare per autismo, come suggerisce Zoë. L’infinita creatività di Greenaway fluisce di parole e passione per gli elenchi e per le collezioni di cui ammette essere un orgoglioso estimatore. La scherzosa conversazione non rifugge da temi più angosciosi: così apprendiamo che Greenaway non vede due altri suoi figli da anni. E più tardi, sciolta in lacrime, Zoë gli chiede se almeno una volta può smettere di parlare come un commentatore. La spontanea domanda di Zoë colpisce Greenaway, permettendo a sua moglie, l’artista multimediale Saskia Boddeke, di realizzare un ritratto profondamente personale non solo dell’artista, ma anche di Greenaway padre in lotta contro il tempo.

Author: Redazionale

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