TORINO DANZA FESTIVAL 2018
NOETIC
coreografia Sidi Larbi Cherkaoui
interpreti 19 danzatori
musiche originali Szymon Brzóska
scene Antony Gormley
costumi Les Hommes
drammaturgia Adolphe Binder
luci David Stokholm
coreografi assistenti James O’Hara, Elias Lazaridis, Helder Seabra
musica dal vivo con strumenti tradizionali giapponesi: flauto, viola e percussioni Kazunari Abe
canto Miriam Andersén
direzione artistica GöteborgsOperans Danskompani Katrín Hall
produzione: GöteborgsOperans Danskompani
ICON
coreografia Sidi Larbi Cherkaoui
interpreti 18 danzatori (13 da GöteborgsOperans Danskompani, 5 da Eastman)
scene Antony Gormley
costumi Jan-Jan Van Essche
luci David Stokholm
suono Joachim Bohäll
drammaturgia Antonio Cuenca Ruiz
assistente alla coreografia Jason Kittelberger
maestri per l’argilla Matilda Haggärde, Joel Stuart-Beck
musiche dal vivo: canto e strumenti tradizionali a corde giapponesi (sanshin) Anna Sato, canto e arpa Patrizia Bovi, chitarra, percussioni e pianoforte Gabriele Miracle, strumenti tradizionali giapponesi flauto (shinobue) e percussioni (taiko) Kazunari Abe, strumenti tradizionali coreani a corda (geomungo e yanggeum e tatégoto) Woojae Park
direzione artistica GöteborgsOperans Danskompani Katrín Hall
coproduzione: GöteborgsOperans Danskompani/Eastman
Torino, Teatro Regio, 10 settembre 2018 – Prima Nazionale
L’edizione 2018 di Torino danza si è aperta al Teatro Regio di Torino con due creazioni del coreografo fiammingo Sidi Larbi Cherkaoui, Noetic e Icon, nate dal sodalizio artistico con la Göteborg Operans Danskompani, la compagnia di danza del Teatro dell’Opera di Göteborg, città sulla costa occidentale svedese. CherKaoui, vincitore di due Laurence Olivier Award for Best New Dance Production, tre Ballet Tanz Awards come miglior coreografo (2008, 2011, 2017) e del Kairos Prize (2009), nel prossimo triennio contribuirà, come artista associato, con una propria produzione al Festival, sotto la nuova direzione di Anna Cremonini.
Noetic (2014) è una coreografia costruita sul tema dell’interazione sociale, interpersonale e intrapersonale: una radiografia dinamica della ricerca dell’altro, del bisogno di contatto, ma anche della necessità di fuga e distacco: una mise en dance della fitta rete di collegamenti e interconnessioni che caratterizza la società del nostro tempo. Per rappresentare questa complessità il coreografo belga, insieme all’artista britannico Antony Gormley, suo storico collaboratore, ha inserito nella partitura coreografica lunghe aste flessibili in fibra di carbonio, cui i danzatori imprimono movimento e direzione, creando architetture aeree, filiformi e cangianti, in una incessante dinamica di interazione tra i corpi e lo spazio: linee, cerchi, figure spiraliformi e forme elicoidali veicolano la poliedricità della condizione umana, soggetta a ripetute trasformazioni e trasfigurazioni.
Nei passi a due, negli assolo, negli insiemi, i diciannove danzatori giungono da ogni direzione come frammenti di un puzzle che si compone per poi frantumarsi, generando forme diverse e sdoppiate, come accade nella geometria molecolare, da cui Cherkaoui dichiara di essersi ispirato: ”Le nostre cellule si sdoppiano (…) le scale musicali si sdoppiano, il codice binario per il computer è uno sdoppiamento, le reazioni nucleari, i quadrati e le radici quadrate, tutto è uno sdoppiamento (…)”.
L’austerità della danza è resa più ieratica dalla musica di Symon Brzóska, contaminazione di sonorità orientali e occidentali, con la presenza in scena del flauto tradizionale giapponese e le percussioni.
Con Icon si assiste al passaggio dalla Noesi, la facoltà di intuire l’essenza della realtà, alla Poiesi, la capacità di produzione, che ha accompagnato la storia dell’Homo Faber fin dai suoi albori. Qui l’interesse di Cherkaoui verte – come spiega lui stesso – sul bisogno dell’uomo di costruire idoli, investendoli di forza e potere, per poi distruggerli e crearne di nuovi.
Ci si sposta dunque dall’intuizione noetica alla produzione mitopoietica, all’immagine sacra, scolpita nella terra. Icon è la rappresentazione di questo processo di costruzione e decostruzione degli idoli, oggetto di venerazione e profanazione. Come le proteiformi listelle in carbonio di Noetic, in Icon è l’argilla l’elemento materico – scenografico, le cui concrezioni danno luogo a corpi – sculture in movimento, oggetti totemici, enormi organi genitali. E’ una danza che incessantemente crea e distrugge, plasma e deforma, in un incrocio di stili diversi come l’hip-hop, la danza balinese, la danza contemporanea. Anche in Icon , come già in Noetic, la filigrana coreografica è puntellata da inserti recitati di carattere poetico o scientifico, di forte impatto visivo e sonoro. L’ambiente desertico del palcoscenico, nei toni dell’ocra, è solenne ed evoca antichi rituali di celebrazioni bibliche. Ricca e variegata la partitura musicale, che comprende canti e suoni tipici della tradizione italiana – abruzzese, siciliana, calabrese – e di quella francese e giapponese.