Un Teatro capace di ‘animare’ l’uomo. La Stagione 2018-19 del Teatro della Toscana
78 spettacoli, 26 tra produzioni e coproduzioni, 13 prime nazionali.
La stagione 2018/2019 della Fondazione Teatro della Toscana si offre allo spettatore in tutta la sua multiforme varietà.
Tradizione, innovazione, Maestri, giovani, lavoro, Europa: sono le parole chiave del Teatro Nazionale, che presenta un’articolata programmazione, espressione del meglio del panorama teatrale italiano e internazionale, tra lo storico Teatro della Pergola, il Teatro Niccolini di Firenze guidato in maniera stabile da iNuovi, la nuova identità del Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, il Teatro Era di Pontedera, che festeggia nel 2018 i primi 10 anni di vita, e un rinnovato impegno internazionale che punta verso la Francia, con lo storico accordo di partenariato con il Théâtre de la Ville di Parigi.
Già tre anni sono trascorsi, i primi tre anni come Teatro Nazionale della Fondazione Teatro della Toscana. Un altro triennio comincia con la notizia della conferma dello status di Nazionale. Molta strada è stata percorsa, la carta geografica si è arricchita di dettagli. Abbiamo incontrato numerosi artisti, e tanti, tantissimi spettatori. Il bagaglio delle parole chiave si è accresciuto: tradizione, innovazione, Maestri, giovani, lavoro, Europa. Abbiamo visto gli allievi della Scuola ‘Orazio Costa’ diplomarsi, partecipare a importanti produzioni e oggi gestire (caso unico in Europa) in autonomia il Teatro Niccolini di Firenze. Abbiamo visto crescere la valenza internazionale della Fondazione, con il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards che agisce in tutti gli angoli del globo, con i rapporti storici intessuti da Pontedera con i Paesi dell’Est e dal 2019 con nuovi ponti che il Teatro della Toscana getta verso Parigi, Barcellona e Tirana, per una visione realmente europea dell’espressione teatrale. A livello nazionale, si è consolidata una rete di rapporti che pone in connessione attiva e costante il Teatro della Toscana con Roma (Ambra Jovinelli, Nuovo Teatro, Compagnia Mauri Sturno), Milano (Teatro Franco Parenti), Torino (Teatro Stabile di Torino), Emilia Romagna (ERT), Napoli (Ipocriti, Elledieffe), Sicilia (Teatro Stabile di Palermo), Verona (Teatro Stabile di Verona), e su Firenze con Virgilio Sieni.
Fin dal primo giorno siamo andati alla ricerca di un teatro che animasse l’uomo, ancor prima che lo spettatore, che tornasse a renderlo protagonista, parte di una comunità, di un corpo sociale. Fin dal primo giorno abbiamo cercato di rinnovare, con pazienza, la relazione tra l’uomo e la scena, nella certezza che teatro e uomo siano la stessa cosa. Da oggi comincia un nuovo percorso, per raggiungere con queste ineludibili premesse obiettivi ancora più ambiziosi sulla fondamentale base metodologica del rapporto Giovani-Maestri, che si realizza in modo particolare nell’esperienza del Niccolini grazie all’apporto di Marco Baliani, Gianfelice Imparato, Andrée Ruth Shammah, Glauco Mauri e Beppe Navello, in quella dell’Oltrarno, guidata da Pierfrancesco Favino, e nel Laboratorio di Costumi e Scene della Fondazione che, oltre al lavoro realizzativo sulle produzioni, proseguirà l’attività formativa con l’attivazione dell’ormai consueto programma di corsi.
Le stagioni della Pergola e del Teatro Era si offrono allo spettatore in tutte le loro multiformi valenze, come dialogo costante tra tradizione e innovazione rappresentate dai riferimenti artistici Gabriele Lavia e Roberto Bacci, impegnati quest’anno in due nuove produzioni: I giganti della montagna per Lavia (arriverà alla Pergola nella stagione ventura) e Svegliami per Bacci, con il testo di Michele Santeramo. Ventuno spettacoli per la Sala Grande della Pergola, molti dei quali in coproduzione, come sempre espressione del meglio del panorama nazionale: basta scorrere più avanti la teoria dei nomi per rendersene conto. Una programmazione articolata tra innovazione e tradizione per il Teatro Era, che festeggia nella prima parte anche i suoi dieci anni di vita.
Al Niccolini prende le mosse in maniera stabile la gestione de iNuovi, il gruppo dei diplomati della Scuola ‘Orazio Costa’ cui è stato consegnato il teatro di via Ricasoli, e le cui fila sono aumentate di altri giovani selezionati tramite bando tra i diplomati delle altre scuole italiane. Dopo una prima parte in cui si alterneranno lo spettacolo a seguito del laboratorio su Eduardo e la programmazione del Festival d’Autunno, da gennaio partirà un vero e proprio palinsesto stabile, destinato a ripetersi settimana dopo settimana per offrire un punto di riferimento allo spettatore: lunedì il lavoro con i ragazzi delle scuole, mercoledì i laboratori aperti sull’espressività, giovedì le prove aperte, venerdì le serate letterarie, sabato e domenica gli spettacoli con un preludio dedicato ai bambini (di martedì si riposa). Si tratta di una piccola rivoluzione nella visione della programmazione di uno spazio teatrale, volta a creare il senso fidelizzante di un appuntamento: si va al Niccolini perché si sa che c’è qualcosa. Importante è lo spazio dato alle serate letterarie, dedicate parimenti ai romanzi e alla poesia. Si tratta di un genere che la prima parte dell’attività del Niccolini ha mostrato molto gradito al pubblico.
La Fondazione gestirà ancora il Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci. Lo spazio ha assunto nel corso del primo periodo di gestione una sua fisionomia ben definita, sia nell’assetto interno della Fondazione che nel contesto territoriale. Da una parte, può definirsi una sorta di hub della redistribuzione dell’offerta metropolitana, luogo in cui i progetti d’area transitano per raggiungere l’area geografica circostante, anche nell’ottica di quel concetto di ‘riequilibrio’ che è parte dei criteri ministeriali: in questo senso sarà l’epicentro del Festival metropolitano d’Autunno. Dall’altra, è sede di una creazione non canonica, affidata al tema delle brevi residenze (sulle quali si aprirà un bando di selezione per individuare i progetti da programmare per il periodo gennaio-dicembre 2019, la cui curatela è affidata a Natalia Di Iorio) come di una formazione che sperimenta inediti intrecci (l’Accademia dell’Uomo, punto d’incontro tra scienze e discipline umane e il metodo di Orazio Costa). Dall’altra ancora ha a cuore il tema ‘giovani e lavoro’, soprattutto da un punto di vista formativo: qui si innesta la partnership con il Campus della Musica, il soggetto che negli ultimi anni ha lavorato intensamente sull’avvio dei giovani alle professioni musicali, e che troverà al Teatro Studio un’altra sede operativa e di lavoro per sviluppare i propri progetti.
Come son vive le città/Festival d’Autunno è il progetto metropolitano che caratterizzerà molta della prima parte della stagione del Teatro della Toscana, sede dei rapporti con le istituzioni culturali del territorio, con epicentro a Scandicci e prolungamenti anche a Campi Bisenzio e in altri luoghi metropolitani, oltre che alla Pergola e al Niccolini. Un programma che vuole riflettere sulla circolazione della proposta spettacolare in un territorio vasto e anche sul suo cambiamento, come dimostra il progetto sul tram curato dal Teatro di Rifredi.
Maestri, giovani, lavoro. Tornano le parole chiave della Fondazione nella disamina di due progetti. Tenax Theatre, curato da Giancarlo Cauteruccio, aggiunge alle voci precedenti il lemma ‘periferie’, portando i linguaggi della contemporaneità dentro la storica sede dell’underground fiorentino, creando un ponte tra centro e periferia, tra innovazione e tradizione, grazie anche a giovani performer alla loro prima esperienza teatrale e alla partecipazione straordinaria di Gabriele Lavia. In questo ambito si inserisce anche la relazione con Todomodo, che dopo Spring Awakening e Musica ribelle inseguirà l’idea di mettere a confronto i mondi di Pier Paolo Pasolini e Fabrizio De André.
Continua il lavoro della Fondazione su quel variegato mondo, ricco di umanità, che include le scuole, le associazioni, le realtà di volontariato, l’universo della disabilità. In questo contesto si inserisce il progetto di Giulia Minoli Dieci storie proprio così, a cui spetta l’onere e l’onore di declinare il termine ‘legalità’, raccontando su palcoscenico vicende esemplari di reazione alla criminalità delle mafie, in un lavoro che profondamente coinvolge anche le scuole in una serie di laboratori dedicati.
Continua parimenti anche l’azione di The Other Theater, l’innovativo ramo d’azienda creato per essere sostegno finanziario alla Fondazione tramite una variegata gamma di azioni di fundraising, che ha appena terminato l’organizzazione di FestiValdera, nuova manifestazione spettacolare diffusa tra Pontedera, Peccioli e il suggestivo borgo di Castelfalfi.
Rinnovato impulso hanno le attività internazionali, cui più avanti è dedicato uno specifico approfondimento. Alle storiche relazioni di Pontedera con l’Est europeo, che trovano in questa stagione nuovi sviluppi, e alla multiforme e globale attività del Workcenter si aggiungono altri rapporti che partono da Firenze, in modo speciale quello con il Théâtre de la Ville di Parigi con il quale si avvia un rapporto di partenariato articolato in coproduzioni di spettacoli, reciprocità di presenze performative fra Firenze e Parigi, partecipazione a cantieri di lavoro che coinvolgano i giovani italiani e francesi e quelli di diverse nazionalità europee, spazi e percorsi progettuali dinamici in chiave di apertura e di superamento di ogni alterità o diversità. In evidenza, tra gli altri progetti, la coproduzione internazionale di due spettacoli di Bob Wilson, il primo dei quali Mary Said What She Said avrà come protagonista Isabelle Huppert e inaugurerà la stagione Pergola 2019/2020, mentre il secondo Jungle Book – Il libro della giungla nascerà nel maggio 2019 a Parigi e sarà alla Pergola nel 2020, la presenza del Workcenter a Parigi nel luglio 2019, la presenza delle creazioni di Emmanuel Demarcy-Mota a Firenze fra 2019 e 2020, e una riflessione sul posto che nel mondo occupano quanti sono nati nel ventunesimo secolo tramite la qualità del progetto Avere vent’anni nel 2020, ideato e promosso dal Théâtre de la Ville nel quadro dei propri Chantiers d’Europe. Il partenariato con il Théâtre de la Ville di Parigi amplia l’orizzonte delle collaborazioni al potenziale di relazioni con altri ‘Teatri della Città’ di altri Paesi, in Portogallo, in Olanda, e in ogni altro luogo in cui si possa costruire una relazione coerente con l’idea di un Teatro che si fondo sui principi condivisi. Su questa linea si inserisce il lavoro di Beppe Navello; da una parte il prezioso progetto sulla drammaturgia italiana inquadrata in un contesto europeo, e sul vero ruolo di un Teatro Nazionale; dall’altra, in vista delle celebrazioni per il quinto centenario della morte, il coordinamento di una serie di manifestazioni dedicate a Leonardo da Vinci tra Francia e Italia.
Il corpus del comunicato, con i calendari e la disamina spettacolo per spettacolo, darà ragione della complessità della proposta del Teatro della Toscana. Allo spettatore il compito di essere protagonista, di sfidare i presagi, di usare il palcoscenico come un proprio spazio di riflessione, di crescita, di vita.
Noi sfidiamo i presagi. C’è una speciale provvidenza nella caduta di un passero. Se è ora, non è a venire. Se non è a venire, sarà ora; se non è ora pure è a venire. Essere pronti è tutto. Poiché nessun uomo sa nulla di ciò che lascia, che è lasciare prima del tempo? Sia come sia.
Amleto, Atto V Scena 2
PRODUZIONI E COPRODUZIONI DEL TEATRO DELLA TOSCANA IN STAGIONE
Gianfelice Imparato ha tenuto un laboratorio con iNuovi, i giovani diplomati della Scuola per Attori ‘Orazio Costa’ del Teatro della Toscana, per tramandare ai giovani i meccanismi del comico. L’autore che ha fornito il materiale di studio è Eduardo De Filippo, il Maestro che ha traghettato la sapienza della drammaturgia dall’inizio del secolo scorso a quello corrente. Eduardo per iNuovi viene messo in scena in prima nazionale al Teatro Niccolini di Firenze (2 – 7 ottobre 2018 per il Festival d’Autunno) anche con trasposizione del dialetto, per rendere chiaro che quei meccanismi comici sono universali. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo.
Leviedelfool presentano il nuovo spettacolo Yorick – Un Amleto dal sottosuolo in prima nazionale al Teatro Era (11 – 14 ottobre 2018 per i 10 anni Teatro Era) e poi al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci (10 – 11 novembre 2018). Svegliato dal ‘lungo sonno’, interpellato dal dramma, Yorick assiste dal sottosuolo al dramma che si svolge proprio sopra di lui e intanto ci racconta il sottosuolo, il non visibile, ciò che si nasconde alla ragione umana, ciò che di solito riemerge nei sogni. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Gli Scarti, Leviedelfool, con il sostegno di NTC – Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno e Aldes.
Michele Santeramo debutta in prima nazionale al Teatro Era (13 – 14 ottobre 2018 per i 10 anni Teatro Era) con Storia d’amore e di calcio. Nel primo campionato mondiale di calcio clandestino si legano storie di calcio e amore di paese. I protagonisti sono persone di cui mai si sentirà parlare. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Oltre 300 repliche e più di 20.000 spettatori per la storica visita spettacolo al Teatro della Pergola: In sua movenza è fermo con La Compagnia delle Seggiole continua a svelare personaggi e segreti del più antico teatro all’italiana (14 ottobre, 4 novembre, 2 dicembre 2018, 13 gennaio, 10 febbraio, 10 marzo, 14 aprile 2019). Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole.
Roberto Bacci dirige Giovanna Daddi e Dario Marconcini in Quasi una vita – Scene dal Chissàdove al Teatro Era (16 – 21 ottobre 2018 per i 10 anni Teatro Era 2018). Una coppia nella vita, nell’intimità delle mura domestiche, così come nell’arte. Un’esistenza insieme dedicata a una passione vera: il teatro. Immaginare, con e grazie al teatro, di poter convivere per qualche minuto, sulla scena, con chi ci precede nel viaggio.
Virgilio Sieni dirige i danzatori della sua Compagnia nel Prélude à l’après-midi d’un faune (Preludio al pomeriggio di un fauno) di Claude Debussy in prima nazionale al Teatro della Pergola (20 – 21 ottobre 2018 per il Festival d’Autunno). Un ciclo di danze sulla diversità del corpo nel suo evolversi selvaggio. Gli interpreti sono smisuratamente diversi l’uno dall’altro, nell’età e nelle capacità fisiche e amano ritrovarsi in questo cammino. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Compagnia Virgilio Sieni.
Vittorio Continelli dirige e interpreta Nel Labirinto – Discorso sul mito in prima nazionale al Teatro Era (20 – 21 ottobre 2018 per i 10 anni Teatro Era) e poi al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci (14 – 15 dicembre 2018). Un racconto fatto di storie, storie antiche che ancora ci parlano attraverso simboli e nomi che conosciamo tutti: i nomi degli dèi e degli eroi della Grecia, i simboli della civiltà europea e mediterranea. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Filippo Timi debutta in prima nazionale al Teatro della Pergola (23 – 28 ottobre 2018) con la sua nuova linea di ricerca del teatro, Un cuore di vetro in inverno, la “storia di un cavaliere umbro che parte per combattere un drago”. Raccontato per stazioni come in una sorta di via crucis o di sacra rappresentazione, lo spettacolo semplice e giullaresco a guisa di rappresentazione medievale, è anche in parte un omaggio a un certo cinema di Pasolini e alle sue atmosfere. Una produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana.
Roberto Bacci dirige Il Nullafacente di e con Michele Santeramo al Teatro Niccolini di Firenze (24 – 28 ottobre 2018). In un tempo che richiede presenza, prestanza, efficienza, lavoro, programmazione, qui il protagonista è uno che non fa niente. E non è facile perché anche il far niente ha bisogno di metodo, applicazione, pazienza, determinazione. Uno spettacolo che è un paradosso sulla ricerca della felicità. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Moving Stories 2018 Festival di danza e letteratura ha l’obiettivo di diffondere il linguaggio della danza nella sua valenza di mezzo comunicativo universale e di stimolare l’interesse e l’amore per la letteratura. Non solo spettacoli in matinée e serali con le compagnie Arearea (Udine), Artemis Danza (Parma), Simona Bucci (Firenze), Adarte (Siena), ma anche incontri di formazione del pubblico al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci per il Festival d’Autunno (25 – 27 ottobre 2018). Una produzione Adarte, Fondazione Teatro della Toscana.
Viaggio nel Cocomero è un viaggio guidato e spettacolarizzato da iNuovi che ci porta a scoprire un luogo nato per raccontare storie: il Teatro Niccolini di Firenze (27 ottobre, 24 novembre, 29 dicembre 2018). Una sala che è pronta a raccontarsi attraverso le storie che lo hanno animato, i personaggi che hanno fatto sentire la propria voce, i segreti di un edificio storico. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Mezzanotte a teatro con Edgar Allan Poe con La Compagnia delle Seggiole è un percorso affascinante nei meandri del teatro e del mistero. Nella parte più nascosta e notturna del Teatro della Pergola rivivono le ossessioni, i tormenti e gli incubi dell’animo umano (I racconti del terrore 8 – 10 / 22 – 24 novembre, 13 – 15 dicembre 2018; I gialli di Poe in prima nazionale 10 – 12 / 24 – 26 gennaio, 7 – 9 / 21 – 23 febbraio, 7 – 9 / 21 – 23 marzo, 4 – 6 aprile 2019). Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Luca Zingaretti dirige Luisa Ranieri in The Deep Blue Sea, capolavoro di Terence Rattigan, uno dei più popolari drammaturghi inglesi del XX secolo, al Teatro della Pergola (9 – 18 novembre 2018). Una straordinaria storia d’amore e di passione con uno dei più grandi ruoli femminili mai scritti nella drammaturgia contemporanea; una riflessione su cosa un uomo o una donna sono capaci di fare per inseguire l’oggetto del loro amore. Una produzione Zocotoco, Teatro di Roma, Fondazione Teatro della Toscana.
Marco Sciaccaluga dirige Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino, in John Gabriel Borkman di Ibsen al Teatro della Pergola (20 – 25 novembre 2018). Un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche concretamente feroce e tragicomica del destino che fa di ognuno un prevaricatore, un umiliato e offeso, che fa di ogni affermazione vitale anche un gesto di violenza. Una produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Teatro della Toscana.
Paolo Valerio dirige Massimo Venturiello in Misura per misura di William Shakespeare al Teatro della Pergola (4 – 9 dicembre 2018). Una commedia cupa e attuale, immersa nell’attrazione del male e nella fascinazione dell’ambiguo. In scena un mondo fuori di sesto, contagiato da un virus segreto che ammalia e ammorba la società e i rapporti. Una produzione Teatro Stabile di Verona, Fondazione Teatro della Toscana, Estate Teatrale Veronese.
L’acqua cheta di Augusto Novelli nell’interpretazione della Compagnia delle Seggiole al Teatro Niccolini (27 dicembre 2018 – 6 gennaio 2019) è un lavoro che rappresenta per fiorentini e non quella Firenze che esisteva prima dei turisti, dell’alluvione, prima di ciò che le ha cambiato i connotati per sempre. È senza dubbio la commedia più conosciuta e più rappresentata nei teatri di tutta l’Italia del vernacolo fiorentino. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole.
Matteo Tarasco dirige Glauco Mauri e Roberto Sturno ne I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij in prima nazionale al Teatro Era (19 – 20 gennaio 2019) e poi al Teatro della Pergola (29 gennaio – 3 febbraio 2019). Un inferno dantesco, una ‘Comédie humaine’ alla russa, dove bestie umane si agitano sulla scena del mondo, dove il denaro, il fango e il sangue scorrono insieme. Un capolavoro che ci restituisce il coraggio di essere nuovamente eloquenti e profondamente umani. Una produzione Compagnia Mauri Sturno, Fondazione Teatro della Toscana.
Sergio Rubini dirige e affronta con Luigi Lo Cascio Dracula di Bram Stoker, l’ultimo grande romanzo gotico, in prima nazionale al Teatro della Pergola (5 – 10 marzo 2019). Una strada notturna verso l’ignoto, che ci offre l’opportunità di scoperchiare il mostro che si cela in ognuno di noi, mettendoci a confronto con i nostri più profondi e ancestrali misteri. Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana.
Andrée Ruth Shammah dirige Luca Lazzareschi, Laura Marinoni e iNuovi ne I Promessi Sposi alla prova di Giovanni Testori in prima nazionale al Teatro Era (9 – 10 marzo 2019) e poi al Teatro della Pergola (12 – 17 marzo 2019). Sei personaggi-cardine, messi di fronte alle loro scelte fondamentali, guidati liberamente dal maestro, per mostrare il “sugo della storia”. Un magnifico esempio di rilettura. Una produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana.
Alessio Boni è Don Chisciotte e Serra Yılmaz è Sancho Panza nel Don Chisciotte adattato da Francesco Niccolini dal romanzo di Cervantes e diretto da Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer su drammaturgia di Boni, Aldorasi, Prayer e Niccolini (19 – 24 marzo 2019, Teatro della Pergola; 26 – 27 marzo 2019, Teatro Era). Il dissolvimento dell’antico mondo e la contraddittorietà del presente come materia di trasformazione parodistico-fantastica. Una produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana.
Maurizio Scaparro dirige Pino Micol in Marco Polo – La straordinaria avventura del Milione in prima nazionale al Teatro della Pergola (26 – 31 marzo 2019). Cronaca, tra fantasia e realtà, del grande viaggio compiuto da Polo dalla leggendaria Via della Seta – migliaia di chilometri tra l’Impero romano e quello cinese attraverso l’Armenia, la Persia, l’Afghanistan, la valle del Palmir, il deserto dei Gobi – fino alle grandiose città nella Cina di Kublai Khan, nipote di Gengis Khan, nel XIII secolo. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, ErreTiTeatro30.
Roberto Bacci dirige Svegliami di Michele Santeramo in prima nazionale al Teatro Era (10 – 14 aprile 2019), una riflessione su un mestiere prezioso, il teatro, che ci offre l’occasione di sembrare vivi, e poi di provare ad esserlo davvero. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards, le cui attività costituiscono parte integrante dell’attività istituzionale della Fondazione Teatro della Toscana, propone al Teatro Era (date ancora da definire) The Underground: a Response to Dostoevsky, L’Heure Fugitive, The Hidden Sayings e The Open Choir, Katie’s Tales.
In The Underground: a Response to Dostoevsky, diretto da Thomas Richards con i componenti del Focused Research Team in Art as Vehicle, la ricerca del Workcenter sulle arti performative si confronta con l’analisi di Dostoevskij della psiche umana.
L’Heure Fugitive è un lavoro pensato e interpretato da Cécile Richards (Focused Research Team in Art as Vehicle), è la storia di una donna di fronte alla dismisura della sua rivoluzione.
The Hidden Sayings e The Open Choir coordinati da Mario Biagini con i componenti dell’Open Program del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards sono un’esplorazione creativa sull’interazione fra canti del Sud degli Stati Uniti appartenenti alla tradizione afro-americana, e testi legati all’origine della Cristianità.
Katie’s Tales è il nuovo lavoro con Agnieszka Kazimierska dell’Open Program. Racconta di un desiderio senza nome, dell’attesa di un ritorno. È la storia di un viaggio: dopo un fatto terribile, qualcuno è partito, e forse farà ritorno. E colei che aspetta è lei stessa in viaggio.
OSPITALITÀ AL TEATRO DELLA PERGOLA
Roberto Andò dirige Bella Figura di Yasmina Reza con Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Anna Ferzetti, David Sebasti, Simona Marchini (30 ottobre – 4 novembre 2018). L’autrice ha scritto il testo per il regista Thomas Osthermeier e la compagnia del teatro Schaubühne di Berlino. Una produzione Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Giampiero Solari dirige Gabriella Pession e Lino Guanciale in After Miss Julie di Patrick Marber (27 novembre – 2 dicembre 2018). Trasposizione moderna, drammatica e sexy del classico di Strindberg La signorina Julie. Una produzione Teatro Franco Parenti.
Declan Donnellan dirige La tragedia del vendicatore di Thomas Middleton nella versione italiana di Stefano Massini (11 – 16 dicembre 2018). Dramma di vendetta, ha forti componenti di derivazione medievale nel senso della morte e della corruttibilità della carne, l’affascinato orrore per il peccato, l’uso di personaggi chiaramente simbolici. Una produzione Piccolo Teatro di Milano.
Gioele Dix dirige Emilio Solfrizzi e Paola Minaccioni in A testa in giù di Florian Zeller (27 dicembre 2018 – 2 gennaio 2019). L’interesse è meno su ciò che viene detto che su ciò che non lo è. Perché qui non esistono più le apparenze, le maschere cadono, l’individuo si trova faccia a faccia con la complessità del suo essere. Una produzione ErreTiTeatro30.
Geppy Gleijeses dirige Lucia Poli, Milena Vukotic, Marilù Prati, in Sorelle Materassi (4 – 6 gennaio 2019). È il capolavoro di Aldo Palazzeschi del 1934 con l’adattamento originale di Ugo Chiti. Un dramma familiare a tinte ironiche, che rappresenta i temi cari all’autore: la parodia dello stile di vita e della visione del mondo borghese, il fascino per il nonsense e i giochi di parole, il gusto per l’irrisione dei formalismi. Una produzione Gitiesse Artisti Riuniti in collaborazione con Festival Teatrale di Borgio Verezzi.
Torna in scena Copenaghen di Michael Frayn con Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Giuliana Lojodice, nella storica regia di Mauro Avogadro (8 – 13 gennaio 2019). Un “processo privato” a porte chiuse, che di continuo si aprono proiettando i personaggi verso azioni e luoghi mentali, forse, ma per noi tutti reali: la bomba atomica, il genocidio, la funzione positiva, e al tempo stesso pericolosa, della scienza. Una produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma, in coproduzione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.
Pierpaolo Sepe dirige Maria Amelia Monti in Miss Marple: Giochi di prestigio, la più famosa detective di Agatha Christie, per la prima volta su un palcoscenico in Italia (15 – 20 gennaio 2019). Adattando il romanzo, Edoardo Erba riesce a creare una commedia contemporanea, che la regia di Sepe valorizza con originalità, senza intaccare l’inconfondibile spirito di Agatha Christie. Una produzione Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Luca Barbareschi dirige e interpreta Il penitente di David Mamet con Lunetta Savino e Massimo Reale (22 – 27 gennaio 2019). Una tragedia moderna, un dilemma morale. Un uomo buono, la gogna mediatica e giudiziaria. Otto scene, otto atti di confronto tra marito e moglie, con la pubblica accusa e con il proprio avvocato. Fino al colpo di scena finale. Una produzione Teatro Eliseo, Fondazione Campania Dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia.
Piero Maccarinelli dirige Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere ne Il Padre di Florian Zeller (5 – 10 febbraio 2019). La forza di questa pièce consiste nel saper raccontare con ironia, delicatezza e intelligenza, lo spaesamento di un uomo affetto da Alzheimer, la cui memoria inizia a vacillare e a confondere tempi, luoghi e persone. Una produzione Goldenart Production.
Lorenzo Gioielli dirige Pierfrancesco Favino ne La notte poco prima delle foreste di Bernard-Marie Koltès (12 – 17 febbraio 2019). I temi assoluti di questo autore prematuramente scomparso a quarant’anni affiorano in un poema per voce sola che sconta i problemi dell’identità, della moralità, dell’isolamento, dell’amore non facile. Poco prima del punto di non ritorno della nostra umanità. Una produzione Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Io e Pirandello è un recital interpretato e voluto fortemente da Sebastiano Lo Monaco (19 – 24 febbraio 2019). La vita dell’attore siciliano e quella dello scrittore Luigi Pirandello si incontrano, si contaminano, si intrecciano. Spiritualmente insieme sul palcoscenico per raccontarci di un teatro vissuto visceralmente. Una produzione SiciliaTeatro.
Marcello Cotugno dirige Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, nell’adattamento teatrale di Regalo di Natale di Pupi Avati (2 – 7 aprile 2018). La celebre notte di poker tra quattro amici racconta il trionfo del singolo sul collettivo, la metafora del successo di uno conquistato a spese di tutti, il simbolo di una teatralità doppia e meschina. Amara è la riflessione su come stiamo diventando o su come forse siamo già diventati. Una produzione La Pirandelliana.
Giancarlo Sepe dirige gli attori della Compagnia del Teatro La Comunità in Barry Lyndon tratto dal romanzo di William Makepeace Thackeray (9 – 14 aprile 2019). Il lavoro prende le sue emozioni dal grande film di Kubrick. Il romanzo è servito a delineare caratteri, situazioni, indicare paesaggi e storie lontane, ma forti e indimenticabili. In scena ci si vuole avvicinare ancora di più alla favola nera che racconta la vita avventurosa, tra amori e guerre, del signor Redmond Barry di Barry du Barry. Una produzione Associazione Teatro La Comunità 1972, Teatro di Roma.
OSPITALITÀ AL TEATRO ERA
Con La resa dei conti, testo di Michele Santeramo diretto da Peppino Mazzotta e interpretato da Daniele Russo e Andrea Di Casa, l’autore cerca di dare risposta a una serie di interrogativi senza tempo (27 – 28 ottobre 2018 per i 10 anni Teatro Era). Come si relaziona l’uomo con se stesso e con gli altri? Cos’è la fiducia e, in definitiva, chi è l’uomo? In scena i protagonisti si confrontano sulla loro condizione di essere umano cercando di trovare un modo per affrontarla. Una produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia.
Il TRI(O)KÀLA è il trio jazz formato da Rita Marcotulli al pianoforte, Ares Tavolazzi al contrabbasso e Alfredo Golino alla batteria (31 ottobre 2018 per i 10 anni Teatro Era). Una creazione originale che con grande sensibilità ha riunito tre artisti d’eccellenza. La musica si mischia all’amicizia, le note si intrecciano con i sentimenti.
Focus sull’opera di Enzo Moscato con Compleanno dedicato alla memoria di Annibale Rucello (31 ottobre 2018 per i 10 anni Teatro Era), una commistione di assenza e delirio, una stanza scarna, con un tavolo, due sedie, un attaccapanni verticale; Ritornanti (2 novembre 2018 per i 10 anni Teatro Era) che mette in luce gli aspetti più significativi del teatro di Moscato, una contaminazione di linguaggi, una lingua originale, al tempo stesso arcaica e moderna. Chiude il focus un incontro con il pubblico. Una produzione Compagnia Teatrale di Enzo Moscato/Casa del Contemporaneo
Africa, a Kinshasa, autunno del ’74, match di boxe del millennio per il titolo mondiale dei massimi tra lo sfidante Muhammad Ali e il detentore George Foreman. Da qui parte A night in Kinshasa di Federico Buffa, giornalista sportivo che si è imposto all’attenzione del pubblico per la capacità di trasmettere le storie dei campioni e degli eventi sportivi. All’interno della cornice visionaria della regista Maria Elisabetta Marelli, in scena, oltre a Buffa, ci sono Alessandro Nidi al pianoforte e Sebastiano Nidi alle percussioni (23 novembre 2018 per i 10 anni Teatro Era). Una produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano e un progetto Mismaonda.
Francesco Cortoni dirige Giulia Gallone, Glora Carovana, Giacomo Masoni, Marco Fiorentini, Saverio Ottino in Scene di libertà di Jan Friedrich (1 – 2 dicembre 2018 per i 10 anni Teatro Era). Cinque giovani berlinesi, protagonisti del dramma, hanno piena libertà sia nel muoversi che nel fare esperienze anche sessualmente estreme, ma non riescono ad amare e ad amarsi. Una produzione Compagnia Pilar Ternera – Nuovo Teatro delle Commedie.
Clyde Chabot dirige e interpreta Sicilia (8 – 9 dicembre 2018 per i 10 anni Teatro Era). La protagonista francese intraprende un viaggio fisico, con la figlia, alla ricerca dei luoghi della Sicilia di cui erano originari i suoi nonni, alla scoperta di una lingua che non si perdona di non saper parlare e delle tradizioni delle quali, in un impasto di modernità e arcaismo, conserva delle tracce. Una produzione La Communauté inavouable.
Lorenzo Gioielli dirige Pierfrancesco Favino ne La notte poco prima delle foreste di Bernard-Marie Koltès (date da definire).
Salvatore Tramacere dirige La ragione del terrore di Michele Santeramo, con Michele Cipriani e Anna Chiara Ingrosso (11 – 12 gennaio 2019). L’ambiente è un paesaggio fatto di grotte abitate da persone e non nella preistoria, ma nell’Italia di pochi decenni fa. In uno di quei posti in cui i sogni sembrano veri. Una storia sull’apparente inevitabilità di certe conseguenze. Una produzione Cantieri Teatrali Koreja.
Mario Martone riallestisce lo storico spettacolo Tango Glaciale, che ha debuttato nel 1982 al Teatro Nuovo di Napoli; in scena c’erano Andrea Renzi, Tomas Arana e Licia Maglietta, tutti esponenti di Falso Movimento, il collettivo di artisti che in quegli anni cambiava la storia della sperimentazione teatrale italiana (26 gennaio 2019). L’operazione di rimettere in scena il lavoro compiuta oggi a distanza di trentacinque anni conferma il carattere assolutamente rivoluzionario del progetto. Una produzione Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Bellini, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto.
Virgilio Sieni rilegge Petruška di Igor Stravinskij, balletto ispirato alla tradizione popolare russa della marionetta, per creare un lavoro in cui riprende il rapporto tra la marionetta e tragedia (2 febbraio 2019). Si trascende l’esistenza stessa dell’uomo per identificarsi con il gesto liberatorio e le sue molte anime si moltiplicano dando vita all’interpretazione dei sei danzatori. Petruška è anticipato e introdotto da Chukrum. Una produzione Compagnia Virgilio Sieni.
Davide Enia con il gesto, il canto, il cunto, nel nuovo lavoro L’Abisso affronta il mosaico di questo tempo presente, la crisi, e racconta ciò che sta accadendo a Lampedusa, punto di incontro tra geografie e culture differenti (16 febbraio 2019). Lampedusa appare come metafora di un naufragio, personale e collettivo. Una produzione Teatro di Roma, Teatro Biondo Stabile di Palermo, Accademia Perduta/Romagna Teatri.
L’uomo seme è un inno alla vita, un racconto ideato, diretto e interpretato da Sonia Bergamasco (23 febbraio 2019). Uno spettacolo corale ideato in forma di ballata, in cui racconto, canto e azione scenica cercano un punto di equilibrio essenziale. Una storia sconvolgente, verosimile, narrata con una lingua così concreta e sapiente da farci dubitare dell’identità dell’autrice e dell’autenticità del ‘manoscritto’. Una produzione Teatro Franco Parenti, Sonia Bergamasco.
Emma Dante dirige La scortecata, una favola senza tempo, grottesca e affascinante, rivisitazione della celebre novella della raccolta Lo cunto de li cunti di Giovambattista Basile (2 marzo 2019). È la storia di due ‘vecchie’, interpretate da due uomini, Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola e di un re che s’innamora della voce di una delle due e la invita a passare la notte con lui. Il sovrano appena si accorge dell’inganno, la butta giù dalla finestra, ma un incantesimo muterà le sorti dei protagonisti. Una produzione Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo Stabile di Palermo.
Le relazioni pericolose è la nuova elaborazione drammaturgica di Elena Bucci e Marco Sgrosso (16 marzo 2019). Lo spettacolo è tratto dall’omonimo romanzo epistolare di Pierre-François Choderlos de Laclos, autore settecentesco a suo tempo celebre per lo scandalo generato dalla pubblicazione di questo romanzo, oggi considerato un classico della letteratura grazie alle sue riflessioni argute e amare sulla natura dei rapporti di potere, sulla volontà di potenza che si rivela alla fine fallimentare, producendo morte e follia. Una produzione CTB Centro Teatrale Bresciano con la collaborazione artistica Le Belle Bandiere.
Macbettu, vincitore del premio UBU 2017 come miglior spettacolo dell’anno, prende spunto da un lato dal Macbeth di William Shakespeare, dalla sua universalità e la pienezza di sentimenti, dall’altro dall’ispirazione del regista Alessandro Serra di fronte ai carnevali della Barbagia (6 aprile 2018). Un lavoro, recitato in sardo, con una forza arcaica e con l’interpretazione solo maschile di Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino. Una produzione Sardegna Teatro.
Lorenzo Collalti, giovane regista e drammaturgo, scompone e attualizza Amleto per diventare un ingranaggio teatrale con Luca Carbone, Flavio Francucci, Cosimo Frascella, Lorenzo Parrotto (3 – 4 maggio 2019). Reparto Amleto traspone la celebre vicenda ai giorni nostri, ambientandola in un ospedale dove il Principe di Danimarca si è recato in preda ad un attacco isterico vaneggiando e sostenendo di aver visto il fantasma del padre. Una produzione CTB Centro Teatrale Bresciano con la collaborazione artistica Le Belle Bandiere.
COME SON VIVE LE CITTÀ – La Fondazione Teatro della Toscana per la Città Metropolitana
Il Festival d’Autunno è una manifestazione che si pone come nucleo temporale del processo di redistribuzione dell’offerta tra Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, Teatro Niccolini di Firenze, Teatro di Rifredi, Tenax.
In uno scenario metropolitano in via di trasformazione a seguito dei nuovi percorsi delle tranvie, anche una semplice innovazione nella viabilità può incentivare nuove sinergie tra poli culturali impegnati da tempo nella promozione di progetti educativi e della creatività contemporanea, grazie al riconosciuto lavoro già svolto su Rifredi da Pupi e Fresedde e su Scandicci dalla Fondazione Teatro della Toscana.
Questo primo tassello di una convergenza che potrebbe svilupparsi in ulteriori e più articolate forme, prevede la creazione in prima assoluta per l’Italia di un evento teatrale simbolico, innovativo e di respiro internazionale, Walking therapie, performance itinerante e interattiva dei belgi Nicolas Buysse, Fabrice Murgia e Fabio Zenoni che inizia a Rifredi, si muove grazie al percorso della linea 3 della tramvia e si conclude per le strade di Scandicci (23 luglio – 4 agosto).
Andrea Bruno Savelli dirige una mise en éspace de Il barone rampante di Italo Calvino (6 – 7 ottobre 2018 Teatro Studio). Una produzione Teatrodante Carlo Monni nel più ampio progetto Il barone rampante della Fondazione Accademia dei Perseveranti, Fondazione Teatro della Toscana, sostenuto da Città Metropolitana di Firenze, in collaborazione con Comune di Scandicci e Comune di Campi Bisenzio. L’iniziativa coglie dunque le suggestioni e i tratti stilistici della poetica calviniana e li rielabora generando due iniziative che agiscono sul piano civile e culturale, basate su ciò che per Calvino era fondamentale: la ricerca continua di un proprio posto nel mondo.
Nudità è l’incontro tra due mondi e due visioni. In scena insieme, Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni instaurano forme di relazione tra corpo e pupo, ascolto e tattilità (11 – 13 ottobre 2018 Teatro Niccolini). Il corpo del danzatore e della marionetta sono messi in dialogo in un incontro su elementi fondamentali dello stare al mondo: camminare, sedersi, cadere, voltarsi, toccare. Una produzione Compagnia Virgilio Sieni, Associazione Figli d’arte Cuticchio, con la collaborazione di Fondazione Romaeuropa.
Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso di Kepler-452 nasce dall’incontro tra i componenti della compagnia bolognese (Nicola Borghesi, Paola Aiello ed Enrico Baraldi) con due personaggi “immaginari” realmente esistenti, Giuliano e Annalisa Bianchi, ossia Ljuba e Gaev dell’omonimo dramma di Čhecov (13 – 14 novembre 2018 Teatro Niccolini). Un modo per interrogarsi su che cosa significhi perdere un luogo dell’anima per ragioni economiche. Una produzione ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione.
Pupi e Fresedde/Teatro di Rifredi riallestisce al Teatro di Rifredi (15 – 25 novembre), in collaborazione con il Teatro della Toscana, La bastarda di Istanbul con Serra Yilmaz e Valentina Chico, Riccardo Naldini, Monica Bauco, Marcella Ermini, Fiorella Sciarretta, Diletta Oculisti, Elisa Vitiello, diretti da Angelo Savelli. Spettacolo e protagonista hanno vinto il Premio Persefone 2016. Un’affascinante saga familiare multietnica, popolata da meravigliosi personaggi femminili, da storie brucianti e da segreti indicibili che legano Istanbul all’America e la Turchia all’Armenia. Elif Shafak, indiscussa protagonista della letteratura turca, grande conoscitrice del passato e profonda osservatrice del presente del suo Paese; Serra Yilmaz, attrice amatissima e fascinosa affabulatrice nonchè testimone vivente della fecondità del dialogo interculturale; Angelo Savelli autore di un’audace riduzione del complesso romanzo e saldo timoniere di un cast attoriale di grande spessore; tutti insieme affrontano questo viaggio teatrale nella cattiva coscienza di una famiglia e di un popolo, navigando tra gli scogli della tragedia e le onde dell’ironia, mentre all’orizzonte scorrono le mobili e colorate video-scenografie di Giuseppe Ragazzini.
Gogmagog presenta Giovanni per campare digiunava (prima nazionale 24 – 28 novembre 2018 Teatro Studio). Lo spettacolo si alimenta degli esiti di un laboratorio lungo un anno con oltre 90 adolescenti di due istituti superiori di Scandicci. La scintilla scatenante è stata la lettura de Il digiunatore di Franz Kafka, nonché la conoscenza ravvicinata di uno dei più affermati digiunatori di fine ‘800, Giovanni Succi da Cesenatico, scomparso 100 anni fa a Scandicci. Una produzione Gogmagog.
Lorenzo Gleijeses mette in scena la vicenda di un immaginario danzatore omonimo del protagonista de La Metamorfosi: Gregorio Samsa (6 dicembre 2018 Teatro Studio). Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa è un progetto di creazione che mette in crisi il ruolo monocratico dell’artista demiurgo, procedendo per tappe che portano sopra di sé i “segni” evidenti dell’incontro stesso con particolari compagni di viaggio. Una produzione Fondazione TPE, Nordisk TeaterLaboratorium, Gitiesse Artisti Riuniti, in collaborazione con Centro Coreografico Korper.
Angelo Savelli dirige Samuele Picchi e Fabio Magnani ne La matematica in cucina dall’omonimo libro di Enrico Giusti (18 – 19 dicembre 2018 Teatro Studio). Lo spettacolo altro non è che un cabaret matematico-culinario. Come dire: Pitagora sul palco di Zelig. Una produzione Pupi e Fresedde/Teatro di Rifredi, Il Giardino di Archimede.
Angelo Savelli dirige Andrea Bruno Savelli, Francesco Franzosi, Nicola Pecci e Marzia Risaliti nella conferenza/spettacolo Uno, nessuno e centomila… Pirandello (19 – 20 febbraio 2019 Teatro Studio). Si affronta la teoria dell’umorismo di Luigi Pirandello – elaborata in un suo celebre saggio e incarnata in quasi tutte le sue opere – inserendola nel più generale contesto culturale europeo dell’inizio del nostro secolo, nel quale l’umorismo diventa un grimaldello per leggere una realtà completamente rivoluzionata nelle sue fondamenta. Una produzione Pupi e Fresedde/Teatro di Rifredi.
mum&gypsy, la compagnia teatrale fondata nel 2007 da Takahiro Fujita, uno dei più brillanti e prolifici registi del teatro contemporaneo giapponese e della nuova generazione di registi e drammaturghi, propone, in collaborazione con Fondazione Fabbrica Europa, Il mio tempo con Aya Ogiwara, Ayumi Narita, Satoshi Hasatani, Yuriko Kawasaki, Andrea Falcone, Giacomo Bogani, Sara Fallani, Camilla Bonacchi (8 – 10 marzo 2019 Teatro Studio). Una produzione mum&gypsy con il sostegno di The Saison Foundation, Agency for Cultural Affairs, Arts Council Tokyo&gypsy.
E ancora Krypton, Giancarlo Cauteruccio e il Tenax Theatre, nell’intreccio tra linguaggi diversi che va a situarsi al centro della periferia, nella non deputata e celeberrima sede della discoteca Tenax, con i coinvolgimento di giovani performer alla loro prima esperienza teatrale.
Attraverso l’attività dell’Accademia dell’Uomo della Fondazione Teatro della Toscana, come già lo scorso anno, si tornerà a indagare sulla capacità del teatro di incidere nella vita delle città. La tematica principale è legata proprio allo sbarco del tram in nuovi quartieri di Firenze, e al rapporto tra il tram e il territorio vasto di Firenze.
PROGETTI INTERNAZIONALI
La Fondazione è assegnataria in partenariato di 2 progetti europei ed è capofila del progetto europeo Epic in Motion che coinvolge altri 7 teatri nazionali europei che partirà entro il 2018.
Il Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards, vero e proprio messaggero internazionale del Teatro, tocca fra 2018 e 2019 luoghi e realtà diversissimi: l’Open Program di Mario Biagini sarà a New York nel settembre 2019 per un lavoro con la comunità del Bronx, mentre The Focused Research Team in Art as Vehicle di Thomas Richards prenderà parte al Festival Hong Kong New Vision Arts Festival subito dopo essere passato dalla Corea del Sud. Inoltre, per il tradizionale Workshop estivo alle Vallicelle arriveranno 32 iscritti da tutte le parti del mondo (Colombia, Messico, Brasile, Cina, Australia, Stati Uniti, Singapore). Solo tre degli iscritti sono italiani. Come si dirà tra breve, entrambi i gruppi uniti saranno a Parigi nel corso della prima settimana di luglio del 2019.
Il Workcenter è poi assegnatario di un progetto internazionale bandito da un’importante organizzazione filantropica che collabora con partner in tutto il mondo per promuovere la dignità umana, la giustizia sociale e la sostenibilità.
Il finanziamento riguarda un progetto d’inclusione attraverso il teatro di rifugiati e categorie protette.
> Italia – Francia
Fondazione Teatro della Toscana e Théâtre de la Ville di Parigi, il Teatro della Città di Parigi, avviano dal 2018 un rapporto di partenariato articolato in coproduzioni di spettacoli, reciprocità di presenze performative fra Firenze e Parigi, partecipazione a cantieri di lavoro che coinvolgano i giovani italiani e francesi e quelli di diverse nazionalità europee, spazi e percorsi progettuali dinamici in chiave di apertura e di superamento di ogni alterità o diversità.
L’intesa prende le mosse dalla condivisione dei valori di fondo che animano le due istituzioni, soprattutto per quanto riguarda il ruolo dei giovani, la pluridisciplinarietà, la diffusione del teatro nelle scuole, nelle zone del disagio, nei centri sociali, nelle associazioni, per la visione di un teatro civile che sia realmente di tutti e per tutti e aperto.
In evidenza, tra gli altri progetti, la coproduzione internazionale di due spettacoli di Bob Wilson, il primo dei quali Mary Said What She Said avrà come protagonista Isabelle Huppert e inaugurerà la stagione Pergola 2019/2020, mentre il secondo Jungle Book – Il libro della giungla nascerà nel maggio 2019 a Parigi e sarà alla Pergola nel 2020, la presenza del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards a Parigi nel luglio 2019, la presenza delle creazioni di Emmanuel Demarcy-Mota a Firenze fra 2019 e 2020, e una riflessione sul posto che nel mondo occupano quanti sono nati nel ventunesimo secolo tramite la qualità del progetto ‘avere vent’anni nel 2020’ ideato e promosso dal Théâtre de la Ville nel quadro dei propri Chantiers d’Europe.
Il partenariato con il Theatre de la Ville di Parigi amplia l’orizzonte delle collaborazioni al potenziale di relazioni con altri ‘Teatri della Città’ di altri Paesi, in Portogallo, in Olanda, e in ogni altro luogo in cui si possa costruire una relazione coerente con l’idea di un Teatro che si fonda sui principi condivisi.
In questo quadro di rapporti con la Francia rientrano anche il progetto di Beppe Navello su Leonardo da Vinci e il collegamento ideale con il Festival d’Autunno parigino.
> Tirana
Altro rapporto internazionale rilevante quello con Tirana, un progetto di collaborazione con il Teatro Kombetar Eksperimental che si concretizzerà in una coproduzione internazionale per la realizzazione della Lena di Ariosto, classico italiano del Cinquecento pre-controriforma assai poco rappresentato, per la regia di Carlo Sciaccaluga e la partecipazione artistica di un cast indicativamente per metà composto da artisti albanesi e per metà italiani.
Il progetto prevede di mettere in scena lo spettacolo in lingua italiana, provando e debuttando a Tirana negli ultimi giorni di aprile 2019, per poi portarlo a Firenze al Teatro Niccolini alla fine di ottobre 2019.
> Unity In Diversity
In occasione dell’annuale consesso dei Sindaci delle Città del Mondo la Fondazione Teatro della Toscana è impegnata in una serie di attività che vedono coinvolti l’Oltrarno, il Teatro Liure di Barcellona e altre istituzioni internazionali.
> Est Europa
Il Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale della Fondazione Teatro della Toscana, nell’ambito di un progetto che prevede occasioni di incontro con maestri della scena internazionale contemporanea per il triennio 2018/2020, organizza un workshop di alta formazione rivolto ad attori professionisti della durata di 8 giorni, dal 18 al 26 luglio 2018, tenuto dal regista e pedagogo Yuri Kordonsky presso il Teatro Era, che sarà realizzato in sinergia con il settore The Other Theater e le realtà culturali ed economiche del territorio.
Yuri Kordonsky è regista, performer, scrittore e docente di regia alla Yale School of Drama, con una consolidata esperienza pedagogica oltre che in qualità di regista e vincitore di numerosi premi e riconoscimenti internazionali, come specificato nella biografia allegata. Il workshop Acting As Listening: In Search Of Truth On Stage approfondirà il lavoro a partire da due testi teatrali: Zio Vanja di Anton Čechov e Love and Information di Caryl Churchill.
Il workshop è rivolto a un massimo di 12 attori che saranno selezionati sulla base del curriculum vitae e di una lettera motivazionale. È prevista la possibilità di accettare degli uditori nel numero massimo di 5. Gli attori reciteranno in italiano, mentre le discussioni e i feedback saranno in lingua inglese; sarà comunque presente un traduttore. Il workshop si svolgerà presso il Teatro Era con orario 11-18 e un giorno di riposo la domenica 22 luglio.
Andriy Zholdak tiene il Laboratorio di creazione per attori al Teatro Era (18 – 27 ottobre 2018) con la Sessione di lavoro aperta al pubblico (28 ottobre 2018) per i 10 anni Teatro Era. Nato nel 1962, Zholdak, regista ucraino, è stato allievo di Anatolij Vasiliev a Mosca. Ha un interesse per il cinema (Fellini, Bergman, Paradžhanov, Tarkovskij) e l’arte pittorica; arti che hanno avuto un impatto significativo sul suo stile registico. Svolge regolarmente corsi di perfezionamento in diversi paesi d’Europa.
Proseguendo il percorso di ricerca già intrapreso con Amleto e i Bassifondi, il noto regista lituano Oskaras Koršunovas presenta al Teatro Era (3 – 4 novembre 2018 per i 10 anni Teatro Era) Il gabbiano di Anton Čechov per diagnosticare le malattie del nostro tempo, la gotta della nostra anima. Con questo lavoro Koršunovas vuole recuperare la passione, l’amore, la gelosia e l’odio presente nelle opere di Čechov con l’obiettivo di cogliere il cuore dell’opera, che spesso è nascosto sotto costumi, decori, scenografie sontuose e intonazioni trascinanti. In questo processo creativo, lo spettatore diventa parte integrante dell’opera stessa. Una produzione OKT – Oskaras Koršunovas Theatre.
PROGETTI PER LE NUOVE GENERAZIONI
Giunge a compimento il primo triennio della Scuola di Formazione del Mestiere dell’Attore l’Oltrarno con la direzione artistica di Pierfrancesco Favino. Sara Bosi, Lorenzo Carcasci, Cecilia Casini, Giacomo Coen, Maria Costanza Dolce, Camille Dugay, Maziar Firouzi, Giulia Lanzilotto, Luca Massaro, Stefano Parrinello, Giovanni Toscano, saranno in scena al Teatro Goldoni di Firenze (19 – 28 giugno) con Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare con la regia di Serdar Bilis. Uno spettacolo che parla della gioventù, dei suoi desideri e sogni, ma anche delle frustrazioni che sperimenta nello scontro con le generazioni precedenti e con le vecchie tradizioni, con l’educazione e le regole della Città. L’oppressione politica, culturale e sessuale, cerca e trova una sua espressione in questo testo di Shakespeare.
Aperte le iscrizioni al nuovo triennio 2018/2020 http://loltrarno.teatrodellatoscana.it/content/bando-2018.
Parte rilevante del progetto di alternanza scuola-lavoro al Teatro della Pergola I mestieri dello spettacolo è stata la traduzione dal greco antico de Le Troiane di Euripide, progetto nel quale si sono cimentati circa 65 studenti provenienti da 5 licei dell’area metropolitana fiorentina. Il lavoro, iniziato nel dicembre scorso, ha accostato al lavoro in classe incontri seminariali con Gabriele Lavia e una lezione di approfondimento sull’arte di Euripide condotta dal Prof. Sergio Givone. La traduzione, elaborata dagli studenti, sarà il copione del reading Lavia legge Le Troiane che avrà come tema conduttore le donne sconfitte in guerra (21 settembre).
Dieci storie proprio così è una ‘ragionata’ provocazione contro quella rete mafiosa, trasversale e onnipresente, che vorrebbe sconfitta la coscienza collettiva, la capacità di capire e reagire (19 – 20 marzo Teatro Niccolini). Scritto da Emanuela Giordano e Giulia Minoli e diretto dalla stessa Giordano, è lo svelamento dei complessi legami che si intrecciano tra economia “legale” ed economia “criminale”, legami che uccidono il libero mercato e minacciano gravemente il nostro futuro. Una produzione Teatro di Roma, Teatro Stabile di Napoli, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus, in collaborazione con Teatro Stabile di Torino e The Co2 Crisis Opportunity Onlus.
Non più l’accesso di nuove compagnie nell’ambito della tradizione, ma un passo in avanti nella ‘carne del contemporaneo’ è l’azione di Giancarlo Cauteruccio e di Krypton al Tenax Theatre, con la creazione di un vero e proprio ponte fra la periferia e il centro, fra la tradizione e l’innovazione, fra la drammaturgia classica e la dirompenza musicale contemporanea, azione che vede anche la partecipazione di Gabriele Lavia con una lettura dei quattro monologhi di Amleto, in collaborazione con la Fondazione Teatro della Toscana. Un travaso di generazioni dal passato al futuro, dalla tradizione al nuovo, esaltando gli specifici linguaggi, ma con l’intento di crearne uno nuovo fondato sulla complicità dei generi espressivi. Per un teatro effettivamente partecipato, per un teatro che accoglie i giovani attraverso le loro esperienze, le loro relazioni con la cultura attiva. Tanto che il djset dell’elettronica irrompe nello spazio della tradizione al Teatro della Pergola con progetti appositamente creati.
PRODUZIONI E COPRODUZIONI DEL TEATRO DELLA TOSCANA IN TOURNÉE
Roberto Bacci dirige Il nullafacente a Livorno (6 novembre 2018, Nuovo Teatro delle Commedie; in corso di definizione un progetto per il 2019 in collaborazione con gli Istituti Italiani di Cultura all’Estero) e Quasi una vita a Roma (15 – 20 gennaio 2019, Teatro India). Entrambe produzioni della Fondazione Teatro della Toscana.
Le storie, raccontandole, da vere diventano inventate e da inventate, vere. Leonardo Da Vinci. L’opera nascosta è una storia inventata completamente perché, come scrive Michele Santeramo, che ne è l’autore e l’interprete: “troppo spesso scambiamo le storie vere con quelle credibili” (14 settembre 2018, Teatro Paolo Grassi, Festival Tramedautore, Milano; 19 – 24 marzo 2019, Teatro Bellini, Napoli; 15 – 16 marzo 2019, Cantieri Teatrali Koreja, Lecce). Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Leviedelfool portano in tournée Yorick – Un Amleto dal sottosuolo (8 novembre 2018, Nuovo Teatro delle Commedie, Livorno; 14 – 15 dicembre 2018, Dialma Ruggiero, La Spezia; 18 dicembre 2018, Teatro India, Teatri di Vetro, Roma) e Made in China – Postcards from Van Gogh (4 – 9 dicembre 2018, Teatro Bellini, Napoli), un lavoro attoriale a due, con Simone Perinelli e Claudia Marsicano, su una drammaturgia originale fortemente condizionata dall’opera del pittore olandese, non solo dalla produzione pittorica, ma anche da quella letteraria. Una produzione quest’ultima Fondazione Teatro della Toscana.
Gabriele Lavia e Federica Di Martino sono impegnati ne I giganti della montagna di Luigi Pirandello (prima nazionale 23 – 24 febbraio 2019 Teatro dell’Unione di Viterbo; 27 febbraio – 10 marzo 2019 al Tetro Strehler di Milano; 13 – 31 marzo 2019 al Teatro Eliseo di Roma). La vita è vento, la vita è mare, la vita è fuoco. Non la terra che s’incrosta e assume forma. Ogni forma è la morte. Il finale non scritto dell’opera, nelle intenzioni di Lavia, è una speranza, meglio, una certezza laica, che la poesia non può morire Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Stabile di Torino, Teatro Biondo Stabile di Palermo.
Gabriele Lavia torna in scena con il recital da Jacques Prévert I ragazzi che si amano (2 – 14 aprile 2019 Teatro Carignano di Torino, 15 – 17 aprile 2019 Teatro Chiabrera di Savona, 7 – 12 maggio 2019 Teatro dell’Elfo di Milano). Un lavoro sull’amore giovanile e il rapporto degli innamorati con la realtà. Giovani che, estraniati dal mondo e dimentichi di tutto, non tengono conto della chiusura morale della gente verso la loro dolcezza. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Il risveglio degli automi
Il manichino di legno possiede pressappoco le sembianze dell’essere umano, ma senza movimento, senza vita. Non ha occhi, respiro, sentimento. Il manichino rappresenta dunque l’uomo senz’anima, senza carattere. Rappresenta la difficoltà, l’inadeguatezza umana rispetto al mondo circostante, alla sua storia. Impareggiabile metafora del tempo presente.
Una figura emblematica, spesso protagonista delle opere di De Chirico o di Savinio (l’uomo senza volto) grandi maestri della metafisica. L’ho immaginato nel buio al centro di una scena, in mezzo al palcoscenico. Nel luogo in cui, attraverso la scrittura e la parola, aneliamo esattamente al suo contrario, vale a dire alla finzione della vita pulsante. Nell’appassionata ricerca della sua essenza più vera, più profonda. Esattamente oltre (meta) la realtà tangibile (physika), ossia al di là ma prima ancora di ciò che la natura mette in mostra a beneficio dei nostri sensi.
La sua immobilità, la sua inespressività, la sua mancanza di vita appariva, in quella collocazione, ancora più odiosa. Ma se ci soffermiamo in un teatro vuoto, senza attori, pubblico, scene e ci abbandoniamo ad osservare, a ricordare, a riflettere nel silenzio della penombra, vedremo il suo corpo (il corpo del teatro), il ventre della balena, cominciare a muoversi. Si ha la sensazione che dagli angoli misteriosi, nei passaggi segreti, tra i possenti ingranaggi appaiano personaggi, colori, luci. Si iniziano a udire voci, rumori. Richiami. La sensazione cioè di una vita fremente, sotterranea, ma pronta a misurare le vicende umane col racconto della messa in scena.
Ho immaginato allora che il luogo stesso fosse il deus ex machina, portando riscatto e vitalità a tanta inadeguatezza e dolorosa fissità. Il teatro, mosso a pietà, si è calato sull’uomo privo di vita per soccorrerlo, vestirlo, per infondere calore a quelle membra rigide nell’assenza di intelletto e di spirito.
Si accende una luce, un argano si mette in funzione, una porta si socchiude dietro le quinte, dalla graticcia cala una fune, un tessuto… l’essere inanimato se ne accorge, si lascia accarezzare da quel fascio di luce, da quella stoffa. Alza lo sguardo. È incredulo? Gli piace? Cerca di evitarla? Così, immergendosi e specchiandosi in ciascuno dei luoghi, lasciandosi investire dalle storie che in essi aleggiano e si possono palpare, ogni automa, pian piano, si desta dal sonno, ricomincia a sorridere, a stupirsi, a schernirsi, a soffrire. Ognuno conquista o riconquista la propria attitudine di essere sensibile. Il meccanismo interiore lentamente si rimette in movimento. Poi, via via, in maniera sempre più vigorosa, l’uomo diventa teatro, il teatro uomo.
Il burattino, ancora una volta e ogni volta, si risveglia trasformandosi in un essere umano del tutto nuovo. Non più automi ma esseri consapevoli che partecipano al vivere comune. In accordo o in contraddizione, ma comunque operando una scelta: quel giudizio critico sollecitato dall’opera teatrale che, come ricorda Strehler, “aiuterà a decidere nella vita individuale e sociale”.
Il teatro risveglia alla vita. Il teatro è vita.
Walter Sardonini, Responsabile dell’Identità Visiva della Fondazione Teatro della Toscana
PRODUZIONI E COPRODUZIONI DEL TEATRO DELLA TOSCANA
2 – 7 ottobre 2018 | Teatro Niccolini di Firenze Prima Nazionale
Fondazione Teatro della Toscana, Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
iNuovi
EDUARDO PER INUOVI
regia Gianfelice Imparato
Gianfelice Imparato dirige iNuovi, i giovani diplomati della Scuola per Attori ‘Orazio Costa’ della Fondazione Teatro della Toscana, in Eduardo per iNuovi. Il repertorio comico di De Filippo, viene messo in scena anche con trasposizione del dialetto, per rendere chiaro che i meccanismi della drammaturgia comica, di cui Eduardo aveva grande conoscenza, sono universali.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Elledieffe – La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo.
“Felicissimo del lavoro fatto finora con i talentuosi giovani diplomati alla Scuola ‘Orazio Costa’ della Fondazione Teatro della Toscana, detti iNuovi. Impaziente di ricominciare e portare a termine il progetto della messa in scena di tre atti unici di Eduardo. Poche righe per illustrare questo lavoro che si sta facendo sulla drammaturgia comica.
Tempo fa, osservando alcuni programmi televisivi dedicati alla comicità, consideravo che questo genere, nobilissimo nelle sue radici, si era degradato fino ad essere riconosciuto quasi esclusivamente nella declinazione che ne danno i sedicenti comici, i quali riducono il tutto a battutine e barzellette tenute insieme da un pretestuoso fil rouge. L’esecuzione di questo misero repertorio è condita da smorfie ridicole, voci assurde, costumi improbabili, urla e quant’altro serva per suscitare un immediato quanto vuoto divertimento. Anche il cinema è stato contaminato da questo sub-genere e il nome di commedia viene dato a molti film che commedie non sono.
Consideravo, in sintesi, che la comicità derivante da una drammaturgia è sempre meno praticata e, ai più giovani, sempre più sconosciuta. Ritenevo che ci fosse bisogno di divulgare, tra i giovani che si avvicinano all’arte del Teatro, la comicità che nasce da una sapiente drammaturgia. Di far conoscere la ‘grammatica’ di questo genere, i suoi meccanismi, e, perché no, la sua poesia.
Quando quest’idea è arrivata ‘all’orecchio’ del Teatro della Toscana e della sua Scuola, i suoi dirigenti hanno ritenuto opportuno sperimentare tale lavoro con i giovani allievi appena diplomati e mi hanno dato l’onore di curare con loro la messa in scena di tre atti unici esemplari della drammaturgia comica.
Il mio lavoro è consistito e consisterà nel far conoscere a questi giovani quella ‘grammatica’ di cui parlavo, i tempi ‘musicali’ che la percorrono, la necessaria sobrietà che la esalta.
La messa in scena sarà deliberatamente scarna a voler sottolineare che la buona drammaturgia, anche quella comica, non ha bisogno di molti orpelli. Voglio che lo spazio sia occupato principalmente dagli attori, dalle loro essenziali movenze. Voglio che risuoni delle sapienti battute dette da loro con la maestria che stanno, avidi e divertiti, conquistando in questo genere. Viva il Teatro della Toscana. Viva iNuovi”.
Gianfelice Imparato
11 – 14 ottobre 2018 | Teatro Era, 10 anni Teatro Era Prima nazionale
> 10 – 11 novembre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
Fondazione Teatro della Toscana, Gli Scarti, Leviedelfool
con il sostegno di NTC – Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno e ALDES
Leviedelfool
YORICK
Un Amleto dal sottosuolo
drammaturgia e regia Simone Perinelli
con Simone Perinelli
aiuto regia e organizzazione Isabella Rotolo
musiche originali Massimiliano Setti
musiche al violoncello Luca Tilli
disegno luci e scene Fabio Giommarelli
collaborazione artistica Roberta Nicolai
costumi Labàrt Design
foto di scena e progetto grafico Manuela Giusto
grafica e illustrazioni Federico Bassi
Leviedelfool presenta il nuovo spettacolo Yorick – Un Amleto dal sottosuolo. Amleto, atto V, scena I. Scavando la fossa per Ofelia viene ritrovato il teschio che un tempo fu Yorick, il buffone di corte di re Amleto. Svegliato dal “lungo sonno”, interpellato dal dramma, Yorick assiste dal sottosuolo al dramma che si svolge proprio sopra di lui e intanto ci racconta il sottosuolo, il non visibile, ciò che si nasconde alla ragione umana, ciò che di solito riemerge nei sogni.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Gli Scarti, Leviedelfool, con il sostegno di NTC – Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno e Aldes.
C’è una linea che divide il cervello in due emisferi. Una linea che separa il bene dal male, il sano dal malato, ciò che è consentito dire e ciò che è meglio tacere. C’è una linea che è confine e divide le onde del mare: una linea che è frontiera. C’è una linea che separa il presente dal ricordo e c’è un confine in ognuno di noi che separa l’abisso dell’irrazionale dalle fortezze costruite dalla ragione. C’è una linea che separa i vivi dai morti.
Il sottosuolo di Yorick è uno spazio abitato dall’immaginazione, da un pensiero che è obliquo più che retto, da quei poeti definiti pazzi dall’altra versione dei fatti. Il sottosuolo si nutre dello scorrere eterno del dramma in superficie. Non è più il luogo della morte, ma quello della follia, dello sguardo sull’abisso. C’è una linea.
Il tempo passa e i significati aldilà delle linee cambiano: quello che per un greco antico era un “invasato dal dio”, per un medievale un “posseduto dal demonio”, per la scienza psichiatrica diventa un “malato”. Il tempo passa e i matti che una volta venivano allontanati via mare e affidati all’acqua, vengono rinchiusi. Il mare, metafora dell’instabile e dell’inquietante, diviene pozzanghera della terra e le sue onde divise in acque territoriali per delimitare anche sull’instabile le proprietà dell’uomo. L’inconscio, eterna creazione di forme, diviene landa deserta da conquistare e civilizzare e la follia, figura cosmica, trasformata in difetto della ragione.
Così in questo orizzonte reso piatto e arido dalla psicoanalisi e dalla psichiatria con il loro vano tentativo di codificare l’anima attraverso un balbettìo di schemi, sintomi ed elenchi, ci sono ancora poche imbarcazioni che hanno l’ardire di salpare oltrepassando confini come se questi non esistessero realmente.
Sono matti, poeti o semplicemente immigrati clandestini. Sono navi che trasportano anime pericolose perché a comandarle è una voce interiore che esce da un altoparlante di bordo. La voce di un teschio che si dice che un tempo fosse in grado di farci vedere dentro a quel fondo inesplorato e capace di scherzare su tutto, persino sulla morte.
13 – 14 ottobre 2018 | Teatro Era, 10 anni Teatro Era Prima Nazionale
Michele Santeramo
STORIA D’AMORE E DI CALCIO
di Michele Santeramo
regia documentario Vito Palmieri
Michele Santeramo presenta un nuovo allestimento di Storia D’Amore e di calcio, con il documentario di Vito Palmieri. Nel primo campionato mondiale di calcio clandestino si legano stoire di calcio e amore di paese.
I protagonisti sono persone di cui mai si sentirà parlare. La piazza della quale si racconta non sarà mai sui giornali, eppure contiene ogni sera il pulsare profondo delle vite di quelle poche persone che spendono il tempo a inseguire sogni, perderli, innamorarsi, perdere.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Qui si racconta del primo campionato mondiale di calcio clandestino della storia. Si gioca in un paese, tra squadre composte da immigrati. Chi vincerà il mondiale governerà sulla malavita per un anno. Fino al prossimo campionato del mondo clandestino.
I posti e, di conseguenza, le storie, conservano il gusto di una Italia diversa da quella ogni giorno raccontata dalle troppe informazioni di cui si è vittime.
Attraverso il calcio di paese, e i suoi personaggi – come quella di un democristiano che senza capire di pallone, sotto elezioni, si fece eleggere nel consiglio di amministrazione della squadra locale, e alla prima riunione, quando fu posto il problema di comprare i guanti per il portiere, si alzò e disse: non cominciamo, se dobbiamo comprare i guanti, li dobbiamo comprare a tutti -, attraverso questi personaggi si tenta di raccontare un mondo fatto di sentimenti semplici, come quelli di due occhi d’indiana che sanno affogarti.
Non è uno spettacolo che racconta l’attualità del pallone italiano, né le pure eccezionali imprese delle grandi squadre e dei campioni. Piuttosto assomiglia a certe serate immaginate in compagnia di Brera e Rocco, davanti alla tovaglia a quadretti di una trattoria, a bere vino, parlar di donne e solo di sfuggita riflettere sul calcio. Sono storie in cui tra giocatori e sparuto pubblico di amici, parenti e innamorate segrete, si instaura lo stesso rapporto di ascolto e di partecipazione che si spera di riuscire ogni sera a ricostruire a teatro.
14 ottobre, 4 novembre, 2 dicembre 2018, 13 gennaio, 10 febbraio, 10 marzo, 14 aprile 2019 | Teatro della Pergola
Fondazione Teatro della Toscana
in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole
IN SUA MOVENZA È FERMO
da un’idea di Riccardo Ventrella
testi e regia Giovanni Micoli
con (in ordine di apparizione) Massimo Manconi, Luca Cartocci, Natalia Strozzi, Fabio Baronti, Sabrina Tinalli, Marcello Allegrini
Oltre 300 repliche e più di 20.000 spettatori per la storica visita spettacolo al Teatro della Pergola: In sua movenza è fermo continua a svelare personaggi e segreti del più antico teatro all’italiana.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole.
In sua movenza è fermo è l’inedita formula di visita spettacolo che dopo tanti anni di repliche continua ad affascinare gli spettatori confermando l’ormai tradizionale appuntamento una domenica al mese con la storia della Pergola. Oltre diecimila presenze per oltre 300 repliche sono i numeri che hanno fino ad oggi premiato un progetto che è diventato un modello per molti altri spazi museali e luoghi storici segnati dalla cifra stilistica della Compagnia delle Seggiole che li racconta e li attraversa insieme ai protagonisti che ne hanno tracciato la storia.
La grande magia di un teatro non abita solo sul palcoscenico, nell’istante esatto in cui uno spettacolo si dà per il pubblico. Come un corpo biologico, il teatro vive in ogni momento soprattutto nei suoi spazi ‘segreti’ e inaccessibili agli spettatori: nei laboratori, nei pressi della macchina scenica, nei sotterranei e nei depositi. Là dove ancora risuonano le voci dei tanti che hanno dedicato la loro vita a questa bruciante passione. Senza apparire sulle locandine, senza lasciar traccia di sé nei libri di storia.
16 – 21 ottobre 2018 | Teatro Era, 10 anni Teatro Era
Fondazione Teatro della Toscana
QUASI UNA VITA
Scene dal Chissàdove
drammaturgia Stefano Geraci, Roberto Bacci
regia, scene e costumi Roberto Bacci
con Giovanna Daddi, Dario Marconcini, Elisa Cuppini, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Tazio Torrini
interventi sonori a cura di Ares Tavolazzi
luci Valeria Foti
aiuto regia Silvia Tufano
assistente costumi Chiara Fontanella
allestimento Sergio Zagaglia, Stefano Franzoni, Fabio Giommarelli
scenografa pittrice Chiara Occhini
foto Roberto Palermo
realizzazione costumi SabrinAtelier
si ringraziano Augusto Timperanza, Associazione Teatro di Buti, Marilù Mazzanti, Daria Castellacci
Roberto Bacci dirige Giovanna Daddi e Dario Marconcini in Quasi una vita – Scene dal Chissàdove scritto con Stefano Geraci. Lo spettacolo prende spunto dai ricordi di Marconcini e Daddi, coppia nella vita, nell’intimità delle mura domestiche, così come nell’arte. Un’esistenza insieme dedicata a una passione vera: il teatro. Quasi una vita è immaginare, con e grazie al teatro, di poter convivere per qualche minuto, sulla scena, con chi ci precede nel viaggio.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
“Questa opera è una menzogna.
Perché la vita, malgrado i nostri sforzi e la buona volontà, è una menzogna a cui non sappiamo o possiamo opporre una verità.
Dopo mesi di domande e di confessioni raccolte dalla vita di Dario e Giovanna, abbiamo tentato di osservare, attraverso il riflesso della loro esistenza, noi stessi.
Il risultato è l’opera: Quasi una vita.
Dario e Giovanna si sono offerti, come amici e come colleghi per guidarci in questo viaggio che è una riflessione sull’amore, il teatro, la malattia, la vecchiaia e l’attesa della definitiva partenza per il Chissàdove.
Tradurre un bagaglio così ricco e pesante per renderlo in teatro è stato un insegnamento su come la scena può essere “filosofia in atti”.
Quasi una vita è un titolo che richiama una mancanza di pienezza perché una pienezza è impossibile senza la consapevolezza di un senso e di un significato.
Eppure in questa mancanza di pienezza, in questo ‘quasi’ che tutti avvertiamo si nasconde un senso, un mistero da ricercare e svelare. Ed è la ricerca di questo mistero che ci rende vivi.
Qualcuno ha detto:
“Ho trascorso tutta la mia esistenza in compagnia di qualcuno che non conoscevo”.
Risvegliare questo qualcuno, incontrarlo, interrogarlo, diventarne finalmente amico è uno dei compiti del teatro in cui mi riconosco.
Così accade nelle prove, così può accadere sulla scena quando incontriamo lo spettatore”.
Roberto Bacci
20 – 21 ottobre 2018 | Teatro della Pergola, Festival d’Autunno Prima Nazionale
Fondazione Teatro della Toscana, Compagnia Virgilio Sieni
Compagnia Virgilio Sieni
PRÉLUDE À L’APRÈS-MIDI D’UN FAUNE
Autobiografia fisica
di Virgilio Sieni
musica Claude Debussy
Virgilio Sieni dirige i danzatori della sua Compagnia nel Prélude à l’après-midi d’un faune (Preludio al pomeriggio di un fauno) di Claude Debussy. Un ciclo di danze sulla diversità del corpo nel suo evolversi selvaggio. Gli interpreti sono smisuratamente diversi l’uno dall’altro, nell’età e nelle capacità fisiche e amano ritrovarsi in questo cammino.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Compagnia Virgilio Sieni.
Il desiderio di danzare è, come scrive Giorgio Agamben a proposito dello ‘scrivere’, un pretesto, certamente per conoscersi di più. L’idea del fauno scorre adiacente a risonanze agresti dell’infanzia, fatte di scarti, momenti di sosta e d’appostamento: rivelazioni che hanno la logica di percuotere ancora, come una profonda meditazione, il corpo. A ben pensare questa esistenza (il fauno) posta sulla soglia penetra il mondo e il mistero di esistere. Le sostanze della luce (la luce) e con essa la natura del corpo custode dei greggi composti di figure bisognose di soccorso (l’umano e l’animale), ci guidano in un cammino ripartendo dal primo passo. Il fauno c’introduce a due viaggi che risuonano l’uno nell’altro, uno più visibile e l’altro nascosto: non il prima e il dopo dell’azione, ma l’esserci del corpo nel nascosto dell’anima, il gesto che si forma e la natura dell’energia che lo crea. Il fauno è bravo a cogliere la natura scomparsa alla vista raccogliendola accucciata tra una giuntura e un respiro, corteggiando pazientemente l’uomo in attesa del risveglio. Il Fauno, dio della campagna, dell’agricoltura, Satiro, nell’Eneide, sposo di Marica, divinità delle acque, forza generatrice tra l’uomo e l’animale, abita in noi e continuamente ci sfugge e la sua potenza scatenante e posata sta nel primo luogo dell’amore, nel darsi alla conoscenza.
20 – 21 ottobre 2018 | Teatro Era, 10 anni Teatro Era Prima Nazionale
> 14 – 15 dicembre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
Fondazione Teatro della Toscana
Vittorio Continelli
NEL LABIRINTO. DISCORSO SUL MITO
di Vittorio Continelli
musiche Ares Tavolazzi
Vittorio Continelli dirige e interpreta Nel Labirinto. Discorso sul mito, un racconto fatto di storie, storie antiche che ancora ci parlano attraverso simboli e nomi che conosciamo tutti: i nomi degli dèi e degli eroi della Grecia, i simboli della civiltà europea e mediterranea. Narrare storie è la ragione per cui si sale sul palco, ascoltare storie, guardare le immagini che evocano e riconoscersi in esse è quella per cui ci sediamo in platea.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Un dio, il più grande di tutti, assume la forma di toro per rapire una principessa mediorientale, la porta con sé da Oriente a Occidente, la rapisce su una spiaggia della Fenicia e la nasconde sull’isola di Creta, al centro del Mare Nostro. Lì i due si amano e dànno origine a una stirpe. Il dio è Zeus, la principessa si chiama Europa.
Da questo primo furto d’amore nascono la civiltà cretese e minoica, poi quella ateniese, infine quella europea. Dall’amore del re degli dèi per una principessa orientale scaturisce la prima scintilla del pensiero occidentale. Dopo questi eventi verranno regni maestosi, altri amori, conflitti e invenzioni ardite come il Labirinto di Creta, all’interno del quale vivrà per molti anni Asterione, il Minotauro.
In quel labirinto sta la cattiva coscienza di Minosse, re dell’isola, in quel labirinto abitano ancora oggi storie terribili e luminose. Nel Labirinto stanno l’ingegno e la violenza, l’amore e il coraggio. Nel labirinto si dipanano storie che ci appartengono sempre malgrado il tempo trascorso. Anche il mostro è destinato a venire sconfitto, verrà ucciso da un eroe, Teseo. L’eroe che porta nel nome il segno del dio che ha dato origine alla storia: Zeus, Teseus.
Teseo libererà il continente che porta il nome di Europa dalla schiavitù che l’assoggetta a un’isola. Riuscirà grazie all’amore di Arianna per lui, grazie a un filo magico che gli permette di attraversare il dedalo e di compiere l’impresa. È l’origine di un nuovo mondo, il nostro.
Storie legate tra loro eppure autonome, storie di partenze, di approdi e di cambiamento, come da migliaia di anni accade nel Mediterraneo. Le tiene insieme un attore che si muove nel racconto svolgendo e riannodando il filo che le collega a noi e al nostro immaginario. Storie che ci rammentano che la parola Europa arriva dall’estremità orientale del mare nostro, che Europa era una principessa dalla pelle scura, che le terre e le città sono approdo.
Il mare è sempre stato strada praticata dagli uomini, dalle loro storie e dai loro dèi. E queste storie ci parlano ancora, ci accompagnano da migliaia di anni, ci portano per mano. Inconsapevolmente noi portiamo esse per mano ampliandone i confini, modificandole, servendocene come mappa o guida o entrambe le cose.
23 – 28 ottobre 2018 | Teatro della Pergola Prima Nazionale
Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana
Filippo Timi
UN CUORE DI VETRO IN INVERNO
di Filippo Timi
collaborazione artistica Fabio Cherstich
con Marina Rocco, Elena Lietti, Andrea Soffiantini, Michele Capuano
luci Camilla Piccioni
Un cuore di vetro in inverno è la nuova linea di ricerca del teatro di Filippo Timi, la “storia di un cavaliere umbro che parte per combattere un drago”.
Raccontato per stazioni come in una sorta di via crucis o di sacra rappresentazione, lo spettacolo semplice e giullaresco a guisa di rappresentazione medievale, è anche in parte un omaggio a un certo cinema di Pasolini e alle sue atmosfere.
Una produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana.
Scritto nel personalissimo e inconfondibile stile che lo contraddistingue, a tratti anche dialettale, il nuovo testo di Filippo Timi è un testo fortemente poetico.
Come in un romanzo cortese, racconta la storia di un cavaliere che deve lasciare il proprio amore ad aspettarlo, andare in battaglia e affrontare il drago delle sue paure. Uno scudiero e un menestrello, una prostituta e l’angelo custode compongono la piccola corte di personaggi che fa da contorno alla figura di Timi/cavaliere in questo carosello tragicomico.
I prossimi 25-26-27 giugno sarà distribuito nei cinema italiani Favola, il film di Sebastiano Mauri con Filippo Timi nel ruolo di un’elegante borghese transessuale. È la versione cinematografica dell’omonimo spettacolo teatrale applaudito alla Pergola nella stagione 2014/2015.
24 – 28 ottobre 2018 | Teatro Niccolini di Firenze, Festival d’Autunno
Fondazione Teatro della Toscana
IL NULLAFACENTE
di Michele Santeramo
regia e spazio scenico Roberto Bacci
con Vittorio Continelli, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini
musiche Ares Tavolazzi
luci Valeria Foti, Stefano Franzoni
assistente alla regia Silvia Tufano
assistente ai costumi Benedetta Orsoli
allestimento Sergio Zagaglia, Leonardo Bonechi
immagine Cristina Gardumi
foto di scena Guido Mencari
Roberto Bacci dirige Il Nullafacente di Michele Santeramo. In un tempo che richiede presenza, prestanza, efficienza, lavoro, programmazione, qui il protagonista è uno che non fa niente. E non è facile perché anche il far niente ha bisogno di metodo, applicazione, pazienza, determinazione. Uno spettacolo che è un paradosso sulla ricerca della felicità.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
“NULLA: un esperimento.
Questo lavoro è una menzogna, ma il mentire, a volte, se osservato bene, ci avvicina alla verità.
Ieri, oggi o un domani, la vita di due esseri umani qualsiasi ci interroga sul Nulla.
Prende corpo una scelta paradossale al di fuori dell’esistere secondo le esigenze del “mondo” così come lo pratichiamo.
Questa scelta ci ferma e ci interroga sul senso stesso di questo “fermarsi”.
E’ una scelta crudele? Violenta? Immorale?
Il desiderio, addestrato dalla nostra vita quotidiana, ci chiederebbe di non guardare, di non ascoltare, di non “farlo”.
Il Nullafacente però agisce e ci impone un confronto, ci richiama al Nulla di esseri umani senza risposte a domande che non ci facciamo.
Essere consapevoli di questo Nulla è un altro modo per sentirci vivi? Forse.
Ma la domanda resta ed il pensiero che nasce dalle nostre care abitudini non basta più”.
Roberto Bacci
25 – 27 ottobre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci, Festival d’Autunno
Adarte, Fondazione Teatro della Toscana
MOVING STORIES 2018
Festival di danza e letteratura
direzione artistica Paola Vezzosi
direzione tecnica Luca Chelucci
direzione organizzativa Ilaria Baldo
segreteria Giada Volpi
compagnie ospiti Arearea, Artemis Danza, Simona Bucci, Adarte
Moving Stories ha l’obiettivo di diffondere il linguaggio della danza nella sua valenza di mezzo comunicativo universale e di stimolare l’interesse e l’amore per la letteratura.
Con tale scopo il Festival ha più appuntamenti: non solo spettacoli in matinée e serali con le compagnie Arearea (Udine), Artemis Danza (Parma), Simona Bucci (Firenze), Adarte (Siena), ma anche incontri di formazione del pubblico.
Il Festival diretto da Paola Vezzosi, giunto alla III edizione, è a cura di Adarte in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana.
Prestigiose compagnie di danza italiane come Arearea (Udine), Artemis Danza (Parma), Simona Bucci (Firenze), Adarte (Siena), si avvicenderanno a Moving Stories 2018 con coreografie ispirate a testi, autori o personaggi letterari, in una sorta di dialogo creativo tra letteratura e arte del movimento.
Il Festival dedica una matinée (26 ottobre) alle classi di scuole secondarie inferiori e superiori di Firenze, con l’obiettivo di offrire un’occasione di approfondimento culturale. Si vuole, infatti, avvicinare i ragazzi in età preadolescente e adolescente alla rappresentazione teatrale, proponendo spettacoli che, grazie al linguaggio immediato e diretto del movimento, possano coinvolgerli emotivamente e intellettualmente. La natura composita ed eclettica della matinée prevede più coreografie di artisti di estrazione diversa. In tal modo si raggiunge il duplice vantaggio di incontrare in modo trasversale i gusti di un pubblico variegato e quello di adeguarsi, con più spettacoli brevi uniti dal fil rouge della matrice letteraria, alle esigenze di un pubblico giovane, abituato alla velocità della comunicazione, all’uso di linguaggi sintetici ed efficaci. Completa l’esperienza l’incontro dei coreografi col giovane pubblico alla fine della visione delle performance, che ha la funzione di stimolare un’analisi critica di ciò che si è visto e sopperire ad eventuali difficoltà di “lettura” dei linguaggi coreutici, il tutto in vista di una formazione del pubblico di oggi e di domani.
Le repliche serali (25 e 27 ottobre) saranno invece rivolte, con doppio programma, a un pubblico allargato a cui si offre, attraverso i lavori di quattro compagnie di danza, una sintesi del panorama dei linguaggi coreutici emergenti.
La letteratura grazie a questa iniziativa viene associata non solo ad un’elaborazione mentale e analitica, ma anche al corpo in movimento, con il risultato di ottenere, per il pubblico, una sintesi di esperienze di linguaggi verbali e motorio-gestuali, che incrementi l’interesse per la danza e per la letteratura stessa.
27 ottobre, 24 novembre, 29 dicembre 2018 | Teatro Niccolini di Firenze
Fondazione Teatro della Toscana
VIAGGIO NEL COCOMERO
di e con iNuovi
Il Teatro Niccolini di Firenze è uno dei teatri più antichi d’Europa. È qui, nel palazzo dell’antica Via del Cocomero, che a partire dal Seicento l’Accademia degli Infuocati cominciò ad allestire spettacoli. Oggi ammiriamo un piccolo gioiello architettonico, rinnovato da un recente restauro, in cui c’è ancora tutto il fascino di una sala teatrale che ha attraversato i secoli. Una sala che è pronta a raccontarsi attraverso le storie che lo hanno animato, i personaggi che hanno fatto sentire la propria voce, i segreti di un edificio storico. Un viaggio guidato e spettacolarizzato da iNuovi ci porta a scoprire un luogo nato per raccontare storie.
Fondazione Teatro della Toscana
in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole
MEZZANOTTE A TEATRO CON EDGAR ALLAN POE
a cura di Sabrina Tinalli
costumi e maschere Giancarlo Mancini
musiche Vanni Cassori
con (in ordine alfabetico) Marcello Allegrini, Fabio Baronti, Luca Cartocci, Sabrina Tinalli, Silvia Vettori
8 – 10 / 22 – 24 novembre, 13 – 15 dicembre 2018 | Teatro della Pegola
I RACCONTI DEL TERRORE (I-IV serie)
10 – 12 / 24 – 26 gennaio, 7 – 9 / 21 – 23 febbraio, 7 – 9 / 21 – 23 marzo, 4 – 6 aprile 2019 | Teatro della Pergola Prima Nazionale
I GIALLI DI POE (V serie)
Gli assassinii di rue Morgue
Nella parte più nascosta e notturna della Pergola rivivono le ossessioni, i tormenti e gli incubi dell’animo umano. Mezzanotte a teatro con Edgar Allan Poe è un percorso affascinante nei meandri del teatro e del mistero.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole.
Mezzanotte a teatro con Edgar Allan Poe è lo spettacolo itinerante proposto dalla Compagnia delle Seggiole nelle ‘segrete’ che creano la bellezza sulla scena del massimo teatro fiorentino.
Guida del percorso Poe e tutti i pensieri che stanno tra il sonno e la veglia, tra la vita e la morte, tra la realtà e la fantasia. Con i racconti da brivido del principe della letteratura dell’orrore e del giallo poliziesco si indagano le pieghe più nascoste e gli incubi dell’uomo, tematiche poi affrontate dall’indagine psicologica moderna.
9 – 18 novembre 2018 | Teatro della Pergola
Zocotoco, Teatro di Roma, Fondazione Teatro della Toscana
Luisa Ranieri
THE DEEP BLUE SEA
di Terence Rattigan
con (in o.a.) Maddalena Amorini (iNuovi), Giovanni Anzaldo, Francesco Argirò (iNuovi), Alessia Giuliani, Aldo Ottobrino, Luciano Scarpa
scene Carmelo Giammello
costumi Chiara Ferrantini
regia Luca Zingaretti
Luca Zingaretti dirige Luisa Ranieri in The Deep Blue Sea, capolavoro di Terence Rattigan, uno dei più popolari drammaturghi inglesi del XX secolo.
Una straordinaria storia d’amore e di passione con uno dei più grandi ruoli femminili mai scritti nella drammaturgia contemporanea; una riflessione su cosa un uomo o una donna sono capaci di fare per inseguire l’oggetto del loro amore.
Una produzione Zocotoco, Teatro di Roma, Fondazione Teatro della Toscana.
Sir Terence Mervyn Rattigan (10 giugno 1911 – 30 novembre 1977) nasce a Londra, nel quartiere di South Kensinghton, da una famiglia di estrazione protestante. Suo nonno era Sir William Henry Rattingan; suo padre, Frank, era un diplomatico. Non stupisce, quindi, che i suoi lavori siano ambientati in quella che potremmo definire la ‘upper middle class’. Sir Rattingan si definiva un ‘omosessuale inquieto’ e un outsider. Nelle sue pièce amava trattare ‘problemi di frustrazione sessuale, relazioni fallite e adulteri’ e rappresentare un mondo di repressioni e reticenze.
The Deep Blue Sea è una pièce sulle infatuazioni e gli innamoramenti che sconvolgono mente e cuore; l’amore folle che tutto travolge, a cominciare dal più elementare rispetto di se stessi. Cosa siamo capaci di fare per inseguire l’oggetto del nostro amore? E com’è possibile che, pur di raggiungerlo, siamo disposti a sacrificare qualunque cosa? È una storia di strade perse e ritrovate, di fatalità e indeterminatezze che risolvono, ma, soprattutto, una storia sulla casualità delle vite umane.
Rattingan disegna personaggi di potenza straordinaria e forza assoluta. In mezzo a loro emerge, come una regina, la protagonista, Hester Collyer Page, che incarna l’essenza stessa della capacità di amare, resistere e rinascere delle donne.
La storia, che si svolge durante l’arco di un’unica giornata, inizia con la scoperta, da parte dei suoi vicini di appartamento, del fallito tentativo di Hester Collyer di togliersi la vita con il gas. La donna ha lasciato il marito, facoltoso e influente giudice dell’Alta Corte, perché innamorata del giovane Freddie Page: un contadino, ex pilota della Raf, ormai dedito all’alcool. La relazione, nata sull’onda della passione e della sensualità, si è, però, andata raffreddando. Le difficoltà economiche (Freddie è da tempo disoccupato) e le differenze di età e ceto hanno logorato il rapporto, lasciando Hester sfinita e disperata.
Lo shock per il tentato di suicido di Hester e la discussione che ne segue non migliorano le cose. A complicare il tutto, nel pomeriggio, arriva la notizia che Freddie ha, finalmente, trovato lavoro come collaudatore di aerei: dovrà, però, trasferirsi in South Carolina. Alla fine della giornata, grazie all’intercessione di Mr. Miller (un inquilino del palazzo, ex dottore, radiato dall’albo per ragioni sconosciute) Hester, per continuare a vivere, sarà costretta a prendere una decisione particolarmente difficile.
Questi due reietti, emarginati dalla società per il loro eccesivo “amare”, si scopriranno legati da una curiosa e commovente solidarietà.
20 – 25 novembre 2018 | Teatro della Pergola
Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Teatro della Toscana
Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino
JOHN GABRIEL BORKMAN
di Henrik Ibsen
versione italiana Danilo Macrì
scena e costumi Guido Fiorato
musiche Andrea Nicolini
luci Marco D’Andrea
regia Marco Sciaccaluga
Marco Sciaccaluga dirige Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino, in John Gabriel Borkman di Henrik Ibsen.
Un’analisi lucida, filosofica e poetica, ma anche concretamente feroce e tragicomica del destino che fa di ognuno un prevaricatore, un umiliato e offeso, che fa di ogni affermazione vitale anche un gesto di violenza.
Una produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Teatro della Toscana.
Edvard Munch lo definì “il più potente paesaggio invernale dell’arte Scandinava”. Ma il freddo dell’inverno, in questa vicenda scabrosa e claustrofobica, è tutto interiore, dell’anima.
John Gabriel Borkman è un self made man: per lui conta la carriera, a tutti i costi. Ha rubato, ma non per sé. Lo ricorda lo storico del teatro Roberto Alonge: ruba «perché si sente il portavoce del progresso, è l’angelo sterminatore del vecchio mondo precapitalistico». Condannato al carcere per i suoi affari poco chiari, Borkman è tornato libero ma si chiude in casa, in attesa di una “grande occasione”. Piero Gobetti descrisse il teatro di Ibsen come «l’itinerario dell’eroe in cerca del suo ambiente»: e qui l’ambiente è condiviso da due sorelle, entrambe presenti nella vita dell’uomo. La moglie, in un matrimonio freddo, aspro e irrisolto; e il primo amore cui Borkman ha rinunciato per interesse. È uno scontro fra femminile e maschile, è un abisso. Afferma ancora Alonge: “è l’universo della Cultura (che vuol dire repressione) contro la vita dell’istinto, della carne, della felicità”.
John Gabriel Borkman ha attratto i maggiori registi al mondo: è un’opera complessa, austera, inquieta, e di raffinata bellezza per quei ritratti umani, per i dialoghi che possono essere attualissimi e al tempo stesso eterni. Affidati all’interpretazione di tre grandi attori, a partire da Gabriele Lavia come protagonista, con Federica Di Martino e Laura Marinoni, il Borkman, nelle sue “scene da un matrimonio” che sarebbero state care a Bergman, fa ancora esplodere le ambizioni di un secolo, l’Ottocento, intriso di superomismo e idealismo, di simbolismo e psicopatologia, ma già svela, in nuce, quelli che saranno i grandi traumi del Novecento. E forse di oggi.
4 – 9 dicembre 2018 | Teatro della Pergola
Teatro Stabile di Verona, Fondazione Teatro della Toscana, Estate Teatrale Veronese
Massimo Venturiello
MISURA PER MISURA
di William Shakespeare
traduzione Masolino d’Amico
con (in o.a.) Alessandro Baldinotti, Federica Castellini, Camilla Diana, Simone Faloppa, Francesco Grossi (iNuovi), Marco Morellini, Luca Pedron (iNuovi), Roberto Petruzzelli, Federica Pizzutilo, Simone Toni
scene e Immagini Antonio Panzuto
costumi Luigi Perego
movimenti di scena Monica Codena
luci Nevio Cavina
musiche Antonio Di Pofi
regia Paolo Valerio
Paolo Valerio dirige Massimo Venturiello in Misura per misura di William Shakespeare.
Una commedia cupa e attuale, immersa nell’attrazione del male e nella fascinazione dell’ambiguo. In scena un mondo fuori di sesto, contagiato da un virus segreto che ammalia e ammorba la società e i rapporti.
Una produzione Teatro Stabile di Verona, Fondazione Teatro della Toscana, Estate Teatrale Veronese.
La carne è scoperta, i corpi nascosti ed esibiti con desiderio, come pazienti e modelle.
Nel gioco macabro di Misura per misura, ogni personaggio segue una sua storia, tra superficialità e ipocrisia.
La macchinazione e il travestimento sono i semplici inganni del testo, per raccontare il Sacro e il Rozzo del teatro elisabettiano, che diventano quelli del mondo di oggi, continuamente confusi e sovrapposti.
Ed in questo circolo vizioso, il tempo presente e il tempo passato, forse presenti nel tempo futuro, segnano un mondo immobile, destinato a perdersi o a salvarsi.
Questo malessere umano, oltre tutti i limiti possibili, oltre la farsa, oltre l’ironia, diventa gioia e dolore di un luogo immaginario ma così reale e vicino, dove la forza dell’amore e della bellezza silenziosa forse trionferanno sulla schiavitù della paura e dell’istinto.
Per ritornare a sognare, nonostante tutto.
Paolo Valerio
27 dicembre 2018 – 6 gennaio 2019 | Teatro Niccolini di Firenze
Fondazione Teatro della Toscana
in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole
L’ACQUA CHETA
di Augusto Novelli
con Fabio Baronti, Sabrina Tinalli, Carolina Pezzini, Beatrice Faldi, Luca Cartocci, Andrea Nucci, Carlo Martelloni, Claudio Spaggiari, Marcello Allegrini, Brenda Potenza, Giovanna Calamai, Anna Collazzo
costumi Giancarlo Mancini
aiuto regia Giovanna Calamai
assistente ai costumi Pino Crescente
direttore di scena Daniele Nocciolini
regia Claudio Spaggiari
Torna L’acqua cheta della Compagnia delle Seggiole, il capolavoro di Augusto Novelli, senza dubbio la commedia più conosciuta e più rappresentata nei teatri di tutta l’Italia del vernacolo fiorentino. Un lavoro che rappresenta per fiorentini e non quella Firenze che esisteva prima dei turisti, dell’alluvione, prima di ciò che le ha cambiato i connotati per sempre.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con La Compagnia delle Seggiole.
L’acqua cheta ha festeggiato 100 anni. Infatti, nella notte di capodanno del 1908 al Teatro Alfieri di Firenze si festeggiava con un banchetto il grande attore Andrea (Dreino) Niccòli che si preparava a partire in America con la sua compagnia per una tournée. Il commediografo Augusto Novelli che si trovava a passare di là fu invitato sul palco a parlare e riuscì a persuadere l’attore a tentare la fortuna con un nuovo progetto teatrale: una commedia che portasse in America il teatro popolare in vernacolo, impegnandosi a scrivere un atto prima della partenza della compagnia. La commedia, in tre atti, debuttò il 29 gennaio, con il titolo L’acqua cheta. Fu un successo clamoroso, travolgente.
Da allora la commedia ha avuto innumerevoli rappresentazioni, sia come lavoro in prosa, sia come operetta (l’adattamento musicale di Giuseppe Pietri è del 1920) e nel corso della sua storia sulla scena ha subito un’evoluzione che ne ha modificato notevolmente la forma, il linguaggio e la stessa gerarchia dei personaggi.
Confermando le intenzioni del Novelli che voleva realizzare attraverso essa la propria idea di teatro popolare, il pubblico e le compagnie che nel corso degli anni l’hanno messa in scena l’hanno fatta propria intervenendo sul testo, sulle scene e sui personaggi con tagli e aggiunte nate dall’improvvisazione degli attori e dal gradimento del pubblico, trattandola di fatto come un prodotto di cultura orale. Nella pratica teatrale oggi non esiste una sola ‘Acqua Cheta’ ma tante e diverse. E come con ogni lavoro di cultura popolare ci troviamo di fronte da un lato a un gran numero di varianti che la rendono proteiforme, dall’altro a delle consuetudini nella rappresentazione delle singole scene così note ed amate dal pubblico che, per quanto non siano ‘scritte’, non è privo di rischi intervenire su di esse per modificarle o rinnovarle.
19 – 20 gennaio 2019 | Teatro Era Prima Nazionale
> 29 gennaio – 3 febbraio 2019 | Teatro della Pergola
Compagnia Mauri Sturno, Fondazione Teatro della Toscana
Glauco Mauri, Roberto Sturno
I FRATELLI KARAMAZOV
di Fëdor Dostoevskij
regia Matteo Tarasco
Matteo Tarasco dirige Glauco Mauri e Roberto Sturno ne I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij.
Un inferno dantesco, una “comédie humaine” alla russa, dove bestie umane si agitano sulla scena del mondo, dove il denaro, il fango e il sangue scorrono insieme. Un capolavoro che ci restituisce il coraggio di essere nuovamente eloquenti e profondamente umani.
Una produzione Compagnia Mauri Sturno, Fondazione Teatro della Toscana.
I fratelli Karamazov è l’ultimo romanzo scritto da Fëdor Dostoevskij. È ritenuto il vertice della sua produzione letteraria, un capolavoro della letteratura dell’Ottocento e di ogni tempo. Pubblicato a puntate su Il messaggero russo a partire dal gennaio 1879, fu completato solo pochi mesi prima della morte dello scrittore.
La trama del romanzo si sviluppa attorno alle vicende dei membri della famiglia Karamazov, al contesto in cui matura l’assassinio di Fëdor, il capofamiglia e al conseguente processo nei confronti di Dmitrij, il figlio primogenito accusato di parricidio; a un livello più profondo è il dramma spirituale scaturito dal conflitto morale tra fede, dubbio, ragione e libero arbitrio.
“Dostoevskij non giudica mai: racconta la vita anche nei suoi aspetti più negativi con sempre una grande pietà per quell’essere meraviglioso e a volte orrendo che è l’essere umano.
La famiglia Karamazov devastata da litigi, violenze, incomprensioni, da un odio che può giungere al delitto, oggi come oggi appare, purtroppo, un esempio di questa nostra società così incline all’incapacità di comprendersi e di aiutarsi. Anche il sentimento dell’amore spesso viene distorto in un desiderio insensato di violenza.
Così sono i Karamazov. Così siamo noi? Ma Dostoevskij è un grande poeta dell’animo umano e anche da una terribile storia riesce a donarci bellezza e poesia”.
Glauco Mauri
5 – 10 marzo 2019 | Teatro della Pergola Prima Nazionale
Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana
Luigi Lo Cascio, Sergio Rubini
DRACULA
di Bram Stoker
adattamento teatrale di Sergio Rubini e Carla Cavalluzzi
scene Gregorio Botta
progetto sonoro G.U.P. Alcaro
regia Sergio Rubini
Sergio Rubini dirige e affronta con Luigi Lo Cascio, forti del grande successo di Delitto/Castigo, una nuova riscrittura, a cura dello stesso Rubini e di Carla Cavalluzzi: Dracula di Bram Stoker, l’ultimo grande romanzo gotico. Un viaggio notturno verso l’ignoto, che ci offre l’opportunità di scoperchiare il mostro che si cela in ognuno di noi, mettendoci a confronto con i nostri più profondi e ancestrali misteri.
Una produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana.
Dracula è prima di tutto un viaggio tra lupi che ululano, grandi banchi di foschia, e cavalli dalle narici infuocate. Ai bordi della strada numerose croci. A compiere il viaggio è il giovane procuratore londinese Jonathan Harker, incaricato di recarsi in Transilvania per curare l’acquisto di un appartamento a Londra da parte del Conte Dracula.
Il giovane avvocato non sa la sciagura che lo attende, ma immediatamente, appena ha inizio il suo viaggio, si ritrova avvolto in un clima di mistero e di scongiuri. Quando giunge a Castel Dracula si ritrova al cospetto di un uomo vestito di nero, dagli occhi sporgenti e troppo rossi, dai denti troppo bianchi e aguzzi, dalle mani troppo grandi e le dita così affilate che sembrano artigli. Un pallore eccesivo che lo fa assomigliare più a un morto.
È proprio in questo clima di illusione, di oscurità e paura che sarà calato colui che si accosta al cancello del suo castello, come chi sopraggiunto nell’Ade comprende a poco a poco di essere finito in una tomba. Ed è quindi questo il fulcro della rappresentazione: da una monumentale scala posta al centro della scena i personaggi scenderanno in un luogo frastagliato da ombre e disseminato di specchi che non riflettono immagini, ma solo paure.
Una dimensione dove il buio prevarrà sulla luce, il chiarore ferirà come una lama lo sguardo, il cupo battere di una pendola segnerà il tempo del non ritorno, uno scricchiolio precederà una caduta e il silenzio l’arrivo della bestia che azzanna e uccide. Una realtà malata dove sarà impossibile spezzare la tensione e da cui sembrerà impossibile uscirne vivi. Perché di quell’oscurità ogni individuo è portatore.
9 – 10 marzo 2019 | Teatro Era Prima Nazionale
> 12 – 17 marzo 2019 | Teatro della Pergola
Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana
Luca Lazzareschi, Laura Marinoni
I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA
di Giovanni Testori
con iNuovi (in o.a.) Filippo Lai, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Erica Trinchera
scene Gianmaurizio Fercioni
regia Andrée Ruth Shammah
Andrée Ruth Shammah dirige Luca Lazzareschi, Laura Marinoni e iNuovi Filippo Lai, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Erica Trinchera ne I Promessi Sposi alla prova di Giovanni Testori. Sei personaggi-cardine, messi di fronte alle loro scelte fondamentali, guidati liberamente dal maestro, per mostrare il ‘sugo della storia’. Un magnifico esempio di rilettura.
Una produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana.
In tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, chiedere a un testo importante come I promessi sposi alla prova di Testori di aiutarci a ritrovare il senso del nostro fare teatro, ma anche quello di essere uomini, diventa una scelta quasi necessaria, uso questa parola che ormai viene usata tanto e male, ma non ne trovo una più adatta. Se si pensa poi che il progetto è nato quando la Fondazione Teatro della Toscana mi ha chiamata a fare una sorta di laboratorio con i giovani attori diplomati divenuti iNuovi, il senso dell’operazione risulta ancor più chiaro. Infatti nel testo sono dei giovani attori che vengono accompagnati dentro il capolavoro manzoniano da un maestro, che è poi Testori, che li guiderà alla scoperta di se stessi confrontandosi con i personaggi della vicenda.
Voglio qui segnalare una piccola coincidenza che credo potrà diventare importante in questa nuova edizione: Luca Lazzareschi, in uno stato di grazia, che interpreta il ruolo del maestro nello spettacolo, che fu di Franco Parenti, ha avuto nella sua vita come maestro Orazio Costa e la scuola da dove provengono questi giovani attori è dedicata appunto ad Orazio Costa. Un bel punto di partenza, no?
C’è poi il ruolo che nello spettacolo è dell’amante del maestro che appare da una botola per far rivivere la Monaca di Monza in una scena di bellezza e potenza difficilmente descrivibile, che verrà interpretato da Laura Marinoni, al culmine della sua maturità artistica.
Che dire? Non vedo l’ora di preparare per il pubblico della Pergola uno spettacolo intenso e divertente, istruttivo ma non serioso, vibrante, variegato e potente, vero e sorprendente, straziante e dolcissimo, come la vita.
Andrée Ruth Shammah
19 – 24 marzo 2019 | Teatro della Pergola
> 26 – 27 marzo 2019 | Teatro Era
Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana
Alessio Boni, Serra Yilmaz
DON CHISCIOTTE
adattamento Francesco Niccolini
liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra
con Marcello Prayer
drammaturgia Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Prayer e Francesco Niccolini
regia Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer
Alessio Boni è Don Chisciotte e Serra Yılmaz è Sancho Panza nel Don Chisciotte adattato da Francesco Niccolini dal romanzo di Cervantes e diretto da Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer su drammaturgia di Boni, Aldorasi, Prayer e Niccolini. Il dissolvimento dell’antico mondo e la contraddittorietà del presente come materia di trasformazione parodistico-fantastica.
Una produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana.
“Chi è pazzo? Chi è normale?
Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici. Di più: forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici.
La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani.
L’animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L’uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire?
Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l’ha reso immortale.
È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano? Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete – avvalendosi del sogno, della fantasia, dell’immaginazione – sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte”.
Alessio Boni
26 – 31 marzo 2019 | Teatro della Pergola Prima Nazionale
Fondazione Teatro della Toscana, ErreTiTeatro30
Pino Micol
MARCO POLO
La straordinaria avventura del Milione
adattamento teatrale Maurizio Scaparro e Felice Panico
regia Maurizio Scaparro
Maurizio Scaparro dirige Pino Micol in Marco Polo – La straordinaria avventura del Milione. È una cronaca, tra fantasia e realtà, del grande viaggio compiuto da Polo dalla leggendaria Via della Seta – migliaia di chilometri tra l’impero romano e quello cinese attraverso l’Armenia, la Persia, l’Afghanistan, la valle del Palmir, il deserto dei Gobi – fino alle grandiose città nella Cina di Kublai Khan, nipote di Gengis Khan, nel XIII secolo.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, ErreTiTeatro30.
Quasi a sottolineare il legame che negli anni mi ha unito e mi unisce a Venezia e al suo Mediterraneo, mi è venuto spontaneo dedicare questo mio nuovo progetto, voluto dalla Fondazione Teatro della Toscana, alla figura, ormai quasi mitica, di Marco Polo, alla incredibile scoperta di un mondo nuovo straordinariamente avvenuta grazie all’avventuroso viaggio di un giovane veneziano mercante di seta e al suo sorprendente incontro con l’imperatore mongolo Kubilai Kahn (“Egli sia il benvenuto e molto mi piace”).
Ho voluto raccontare questa visione, destinata a mutare la storia dei nostri secoli, attraverso quell’incredibile diario di viaggio che è Il Milione. In questo mio nuovo spettacolo ne ho rigorosamente rispettato l’autenticità, ma anche e soprattutto la volontà di Marco Polo veneziano, tornato nella sua città (ove morirà), di raccontare agli amici, grazie al Milione, le vicende che lo hanno visto straordinario protagonista, attraverso un percorso a “tappe” che lo ha portato da Venezia a Costantinopoli a Gerusalemme e da lì il grande salto nelle terre sconosciute dell’immenso Impero Mongolo, fino alla meta di Cambaluc (Pechino) e all’incontro, oserei dire mistico, col Gran Kahn. In mezzo la scoperta, per noi Europei, di legami imprevisti, di inaspettate emozioni e di infinite meraviglie.
Maurizio Scaparro
10 – 14 aprile 2019 | Teatro Era Prima Nazionale
Fondazione Teatro della Toscana
SVEGLIAMI
drammaturgia Michele Santeramo
musiche Ares Tavolazzi
regia Roberto Bacci
Svegliami, scritto da Michele Santeramo e diretto da Roberto Bacci, è una riflessione su un mestiere prezioso, il teatro, che ci offre l’occasione di sembrare vivi, e poi di provare ad esserlo davvero.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
“Eppure sembriamo tutti svegli. C’è chi rincorre denaro, chi parte per un fronte, chi lascia passare il tempo, chi prende a schiaffi un figlio. Sembriamo presenti, vivi, ecco: sembriamo vivi. Qui c’è qualcuno che si è reso conto, pienamente, che questo nostro sembrare svegli è in realtà l’abitudine al sonno. Nemmeno al sogno, semplicemente al sonno.
Qui c’è qualcuno che si è reso conto che non siamo svegli per niente, che abbiamo nel profondo qualcosa che sonnecchia e non sa dirsi, e quel qualcosa ha a che fare con la nostra più profonda natura, con il nostro essere più intimo.
Qui ci sono mestieranti di teatro, e uno tra loro ha capito che ci dev’essere qualcosa di più importante in questo mestiere, qualcosa che ha a che fare con questo svegliarsi. Alla fine di uno spettacolo, una sera, mi si è avvicinato un ragazzo. Ha detto, semplicemente: io ho sempre pensato che voi, quelli che fate questo mestiere dello spettacolo, siete gente che in fondo non vuole fare niente; stasera ho capito che fate: approfondite, cercate, per tanto tempo, e noi possiamo venire qua, guardarvi, e prenderci quel che avete capito; perché noi dobbiamo correre, fare i nostri mestieri; perché noi siamo treni, voi potete essere le stazioni.
Già, deve essere così, e siamo noi stessi a dovercelo ricordare ogni giorno: facciamo un mestiere prezioso, che ci offre l’occasione di sembrare vivi, e poi di provare ad esserlo davvero”.
Michele Santeramo
Date da definire | Teatro Era
Fondazione Teatro della Toscana
Focused Research Team in Art as Vehicle
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
THE UNDEGROUND: a Response to Dostoevsky
(IL SOTTOSUOLO: UNA RISPOSTA A DOSTOEVSKIJ)
regia Thomas Richards
In The Underground: a Response to Dostoevsky (Il sottosuolo: una risposta a Dostoevskij) la ricerca del Workcenter sulle arti performative si confronta con l’analisi di Dostoevskij della psiche umana. Una lotta tra narrazione, commedia, grottesco e arte come veicolo che dà vita a un approccio all’arte in cui il lavoro sul testo si riflette sull’interiorità dell’essere umano.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Sepolto in ognuno di noi esiste un territorio nascosto: un cimitero sotterraneo dove, in fermento, abitano bisogni non realizzati, azioni e reazioni. È come se la morte fosse giunta a casa nostra senza preavviso. Come ha penetrato nella nostra vita la sua ombra informe per allontanarci dai nostri desideri più profondi? La vita ci è scivolata dalle mani? E, se siamo diventati cadaveri, può aprirsi una crepa nel coperchio della nostra bara?
Qui le riflessioni di Dostoevskij risuonano come un’arma scagliata contro ciò che soffoca la trasformazione. Frammenti di Memorie del sottosuolo vorticano e si intrecciano, mentre testiamo i confini tra differenti approcci teatrali. L’analisi di Dostoevskij sulla psiche umana incontra la ricerca sulle arti dello spettacolo del Workcenter.
In The Underground: A Response to Dostoevsky il regista è sul palco e diventa parte della sua stessa creazione. I personaggi definiti si dissolvono e gli attori affrontano come individui le domande che gli pone il testo. Possiamo essere morti mentre viviamo?
Date da definire | Teatro Era
Fondazione Teatro della Toscana
Focused Research Team in Art as Vehicle
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
L’HEURE FUGITIVE
(L’ORA FUGGITIVA)
concepito da e con Cécile Richards
regia Thomas Richards
L’Heure Fugitive (L’ora fuggitiva), un lavoro pensato e interpretato da Cécile Richards, è la storia di una donna di fronte alla dismisura della sua rivoluzione.
In un bar, frutto delle sue fantasie, la donna attraversa stati di metamorfosi, incarnando voci di storiche poetesse di Francia, come Anna de Noailles, Cécile Sauvage, Louise Labé, Hélène Picard.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Una donna si trova faccia a faccia col proprio travolgente bisogno di rivoluzione. Ha voglia… di un incontro? Le sue fantasie diventano azione e lei attraversa delle metamorfosi, incarnando voci di poetesse francesi radicate nella storia. Viaggia, come anima ubriaca, nei suoi sogni, desideri, sensualità, diventando attrice dei suoi bisogni. Sbarazzandosi delle convenzioni e nell’anonimato, invoca un mondo dove l’uomo e la donna esistono come uno solo. La sua ‘ora fugace’ le permette di confrontarsi e domandarsi: “quale rivoluzione mi porterà al paradiso, pur restando ancora in piedi nei miei stivali?”
C’era una volta una donna, Madame M., interpretata da Cécile Richards. M., perché il suo nome può essere quello di una donna come un’altra.
Date da definire | Teatro Era
Fondazione Teatro della Toscana
Open Program
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
THE HIDDEN SAYINGS
(LE PAROLE NASCOSTE)
coordinato da Mario Biagini
The Hidden Sayings dell’Open Program del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards è una struttura compiuta, ma in continua evoluzione, un’esplorazione creativa sull’interazione fra canti del Sud degli Stati Uniti appartenenti alla tradizione afro-americana, e testi legati all’origine della Cristianità, tradotti principalmente dal copto e provenienti dalla regione comprendente l’Egitto, il Medio Oriente e la Grecia.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
I canti liturgici della tradizione nera presentano qualità che aprono possibilità di riscoprire vie di trasformazione e contatto. Come anche i testi della prima Cristianità, che ci chiamano come voci familiari, ma dimenticate.
The Hidden Sayings interroga i testi e i canti. Quale può essere per noi oggi la funzione di questi canti e di questi testi che sono entrambi, sebbene in modi diversi, alle radici mitiche della cultura in cui viviamo? Che cos’è per noi la natura a cui fanno eco? Quali sono i processi che essi mettono in moto e il senso dell’evento cui danno vita? Come può la qualità di questi processi circolare e raggiungere le persone che ci stanno intorno?
Il potenziale che questo lavoro esplora si manifesta attraverso elementi fondamentali, semplici e complessi a un tempo: azione, contatto, parola viva, canto, danza. Intuiamo che la natura di questo lavoro possa creare le condizioni perché un incontro possa avere luogo.
a seguire THE OPEN CHOIR
(INCONTRO CANTATO)
coordinato da Mario Biagini
The Open Choir, l’Incontro cantato, dell’Open Program del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards, coordinato da Mario Biagini, è un’occasione aperta a tutti. Crea un territorio propizio all’incontro e sfida la nozione occidentale di coro per interrogarsi sui nostri preconcetti e su che cosa siano comunità, appartenenza, identità, diversità, appropriazione culturale e spettacolo.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
L’Incontro cantato è un’esplorazione di ciò che consideriamo una forma d’arte dimenticata, che permette una partecipazione fluida e attiva da parte di tutti i presenti.
È un evento libero e gratuito, aperto a tutti, a cui ognuno è invitato delicatamente a prendere parte. Questo incontro, sostenuto da canti della Diaspora africana, e guidato da un nucleo di artisti preparati, permette alle persone di entrare in contatto l’una con l’altra, oltre che con loro stesse, attraverso il canto, la danza e la semplice presenza in un contesto partecipativo. Partecipanti con preparazione diversa diventano co-creatori di un’opera d’arte che va oltre le diversità culturali e sociali, favorendo la creazione di uno spazio condiviso di riconoscimento e interazione.
L’Incontro cantato sfida la nozione occidentale di coro e interroga i nostri preconcetti su che cosa siano comunità, appartenenza, identità, diversità, appropriazione culturale, spettacolo.
Durante un Incontro cantato, i canti cominciano tra i partecipanti, che si ritrovano di fronte a semplici scelte: essere testimoni, entrare nello spazio dove si svolge l’azione, seguire rimanendo da parte, cantare e danzare, o trovare la loro maniera di essere presenti e sostenere gli altri.
I canti stessi, i loro ritmi e le loro melodie, favoriscono il coinvolgimento. L’effetto dell’evento coinvolge tutti i presenti, mentre il gruppo aiuta i partecipanti guidandoli all’interno dello spazio con i canti e coinvolgendoli nella serata.
Negli ultimi quattro anni l’Open Program ha tenuto Incontri cantati in Europa, negli Stati Uniti e in Sudamerica. Inoltre, nello stesso periodo, l’Open Program ha formato un gruppo di artisti newyorchesi, il NYC Seed Group, che partecipano agli Incontri cantati tenuti regolarmente in vari luoghi della città, soprattutto nel Bronx.
Da gennaio 2017 Open Program si dedica anche, in collaborazione con cittadini, cooperative e associazioni di Pontedera, a un progetto che coinvolge stranieri arrivati da poco in Italia e richiedenti asilo, soprattutto di origine africana, con cui il gruppo dell’Open Program lavora regolarmente.
Data da definire | Teatro Era
Fondazione Teatro della Toscana
Open Program
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
KATIE’S TALES
(STORIA DI KATIE)
con Agnieszka Kazimierska
Un nuovo lavoro con Agnieszka Kazimierska dell’Open Program del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards. Katie’s Tales (Storia di Katie) racconta di un desiderio senza nome, dell’attesa di un ritorno. È la storia di un viaggio: dopo un fatto terribile, qualcuno è partito, e forse farà ritorno. E colei che aspetta è lei stessa in viaggio.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
La storia di una donna. E del suo amato. Di un ritorno. La storia di un giardino.
Tempi di attesa e tempi di divenire. Una giovane donna, accompagnata da una coppia di strani domestici, passa il suo tempo in un giardino delle meraviglie, aspettando. Ogni giorno riceve visitatori.
Storia di Katie racconta di un desiderio senza nome, dell’attesa di un ritorno. È la storia di un viaggio: dopo un fatto terribile, qualcuno è partito, e forse farà ritorno. E colei che aspetta è lei stessa in viaggio.
Stare di fronte alla storia e alle proprie luci e ombre può portarci a ricordare il luogo a cui apparteniamo, o spingerci a porci delle domande sul ruolo della nostra coscienza, nel flusso della storia.
TEATRO DELLA PERGOLA ’18/’19
14 ottobre, 4 novembre, 2 dicembre 2018, 13 gennaio, 10 febbraio, 10 marzo, 14 aprile 2019 Fuori Abbonamento
La Compagnia delle Seggiole
IN SUA MOVENZA È FERMO
da un’idea di Riccardo Ventrella
testi e regia Giovanni Micoli
20 – 21 ottobre 2018 Fuori Abbonamento
Compagnia Virgilio Sieni
PRÉLUDE À L’APRÈS-MIDI D’UN FAUNE
Autobiografia fisica
di Virgilio Sieni
23 – 28 ottobre 2018
Filippo Timi
UN CUORE DI VETRO IN INVERNO
di Filippo Timi
con Marina Rocco, Elena Lietti, Andrea Soffiantini, Michele Capuano
30 ottobre – 4 novembre 2018
BELLA FIGURA
di Yasmina Reza
con Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Anna Ferzetti, David Sebasti
e con Simona Marchini
regia Roberto Andò
8 – 10 / 22 – 24 novembre, 13 – 15 dicembre 2018, 10 – 12 / 24 – 26 gennaio, 7 – 9 / 21 – 23 febbraio, 7 – 9 / 21 – 23 marzo, 4 – 6 aprile 2019 Fuori Abbonamento
La Compagnia delle Seggiole
MEZZANOTTE A TEATRO CON EDGAR ALLAN POE
a cura di Sabrina Tinalli
costumi e maschere Giancarlo Mancini
musiche Vanni Cassori
con (in ordine alfabetico) Marcello Allegrini, Fabio Baronti, Luca Cartocci, Sabrina Tinalli, Silvia Vettori
9 – 18 novembre 2018
Luisa Ranieri
THE DEEP BLUE SEA
di Terence Rattigan
regia Luca Zingaretti
20 – 25 novembre 2018
Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino
JOHN GABRIEL BORKMAN
di Henrik Ibsen
regia Marco Sciaccaluga
27 novembre – 2 dicembre 2018
Gabriella Pession, Lino Guanciale
AFTER MISS JULIE
di Patrick Marber
regia Giampiero Solari
4 – 9 dicembre 2018
Massimo Venturiello
MISURA PER MISURA
di William Shakespeare
regia Paolo Valerio
11 – 16 dicembre 2018
LA TRAGEDIA DEL VENDICATORE
di Thomas Middleton
drammaturgia e regia Declan Donnellan
27 dicembre 2018 – 2 gennaio 2019
Emilio Solfrizzi, Paola Minaccioni
A TESTA IN GIÙ
L’envers du decor
di Florian Zeller
con Bruno Armando e Viviana Altieri
regia Gioele Dix
4 – 6 gennaio 2019 Fuori Abbonamento
Gitiesse Artisti Riuniti
in collaborazione con Festival Teatrale di Borgio Verezzi
Lucia Poli, Milena Vukotic, Marilù Prati
SORELLE MATERASSI
libero adattamento di Ugo Chiti dal romanzo di Aldo Palazzeschi
regia Geppy Gleijeses
8 – 13 gennaio 2019
Umberto Orsini, Massimo Popolizio e con Giuliana Lojodice
COPENAGHEN
di Michael Frayn
regia Mauro Avogadro
15 – 20 gennaio 2019
Maria Amelia Monti
MISS MARPLE, GIOCHI DI PRESTIGIO
di Agatha Christie
adattamento teatrale Edoardo Erba
regia Pierpaolo Sepe
22 – 27 gennaio 2019
Lunetta Savino, Luca Barbareschi, Massimo Reale
IL PENITENTE
di David Mamet
con Duccio Camerini
traduzione e regia Luca Barbareschi
29 gennaio – 3 febbraio 2019
Glauco Mauri, Roberto Sturno
I FRATELLI KARAMAZOV
di Fëdor Dostoevskij
regia Matteo Tarasco
5 – 10 febbraio 2019
Alessandro Haber, Lucrezia Lante Della Rovere
IL PADRE
di Florian Zeller
regia Piero Maccarinelli
12 – 17 febbraio 2019
Pierfrancesco Favino
LA NOTTE POCO PRIMA DELLE FORESTE
(La nuit juste avant les forêts)
di Bernard-Marie Koltès
regia Lorenzo Gioielli
19 – 24 febbraio 2019
Sebastiano Lo Monaco
IO E PIRANDELLO
di Sebastiano Lo Monaco
5 – 10 marzo 2019
Luigi Lo Cascio, Sergio Rubini
DRACULA
di Bram Stoker
adattamento teatrale Sergio Rubini e Carla Cavalluzzi
regia Sergio Rubini
12 – 17 marzo 2019
Luca Lazzareschi, Laura Marinoni
I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA
di Giovanni Testori
con iNuovi (in o.a.) Filippo Lai, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Erica Trinchera
regia Andrée Ruth Shammah
19 – 24 marzo 2019
Alessio Boni, Serra Yilmaz
DON CHISCIOTTE
adattamento Francesco Niccolini
con Marcello Prayer
regia Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer
26 – 31 marzo 2019
Pino Micol
MARCO POLO
La straordinaria avventura del Milione
adattamento teatrale Maurizio Scaparro e Felice Panico
regia Maurizio Scaparro
2 – 7 aprile 2019
Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase
REGALO DI NATALE
di Pupi Avati
adattamento teatrale Sergio Pierattini
regia Marcello Cotugno
9 – 14 aprile 2019
Compagnia del Teatro La Comunità
BARRY LYNDON
(Il creatore di sogni)
tratto liberamente dal romanzo di William Makepeace Thackeray
nella riduzione teatrale di Giancarlo Sepe
SPETTACOLI IN OSPITALITÀ
30 ottobre – 4 novembre 2018
Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo
Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Anna Ferzetti, David Sebasti e con Simona Marchini
BELLA FIGURA
di Yasmina Reza
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Gemma Mascagni
regia Roberto Andò
Roberto Andò dirige Bella Figura di Yasmina Reza con Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Anna Ferzetti, David Sebasti, e con Simona Marchini. L’autrice ha scritto il testo per il regista Thomas Osthermeier e la compagnia del teatro Schaubühne di Berlino.
Una produzione Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Un uomo e una donna, nel parcheggio di un ristorante fuori città. Lei, Andrea, madre single e impiegata in una farmacia, è ancora in macchina. Il suo amante, Boris, un piccolo imprenditore di verande, sta cercando di convincerla ad uscire, malgrado il passo falso che ha appena commesso: farsi scappare che quel ristorante gli è stato consigliato da sua moglie. Bella Figura esplora la notte che segue a quell’errore fatale. Poco dopo, una seconda coppia entra in scena: Eric e Francoise, insieme a Yvonne, la madre di Eric. In breve emerge che sono legati alla prima coppia da un segreto imbarazzante. La pièce si svolge quasi interamente all’aperto, mentre il giorno volge al termine. Nelle mie opere non racconto mai vere e proprie storie, dunque non dovrebbe sorprendere se lo stesso accade anche qui. A meno che non si consideri l’incerta e ondeggiante trama della vita, di per se stessa, una storia.
Yasmina Reza
27 novembre – 2 dicembre 2018
Teatro Franco Parenti
Gabriella Pession, Lino Guanciale
AFTER MISS JULIE
di Patrick Marber
scene Gianmaurizio Fercioni
luci Marcello Jazzetti
regia Giampiero Solari
Giampiero Solari dirige Gabriella Pession e Lino Guanciale in After Miss Julie di Patrick Marber. Trasposizione moderna, drammatica e sexy del classico di Strindberg La signorina Julie.
Marber trasferisce l’azione dalla Svezia originale del 1800 all’Inghilterra del 1945. Un dramma acuto e teso su sospetti e risentimenti di classe, lotta contro repressivi costumi sociali, con personaggi credibili e psicologicamente astuti, le cui parole hanno significato puntuale e mortale.
Una produzione Teatro Franco Parenti.
“Il luogo dove accade la vicenda è la cucina della villa di una famiglia dell’alta società inglese, dove Miss Julie, figlia dei proprietari, gioca a trasgredire socialmente e sessualmente. La vediamo che irrompe continuamente nella cucina provocando colpi di scena e finte casualità per sedurre John, autista e maggiordomo di famiglia, facendolo in maniera spudorata di fronte a Christine, cuoca e promessa sposa di quest’ultimo. La serata diventa una “macabra celebrazione”, oppure una “rimozione ironica” del successo del Partito Laburista; infatti, tra i valori espressi dallo stesso partito, ci sono l’emancipazione femminile e la liberazione sessuale. È la stessa Miss Julie che vuole fuggire dalla sua vita di agio ed ipocrisie; in realtà, lei è la vittima dell’eredità della sua anacronistica posizione, una outsider della nuova società inglese appena proclamata con la vittoria dei Laburisti.
Nello spettacolo, il punto di vista dello spettatore cambierà come in un piano sequenza, con un movimento lento e continuo, attraverso la rotazione dello spazio cucina. Questa spirale di distruzione è il luogo reale ricostruito psicologicamente da Julie e John, dove per paradosso la cuoca Christine rappresenta il desiderio di non mutare l’ordine sociale prestabilito. Marber costruisce un finale crudo e violento dove il sangue e il rosso diventano realtà e simbolo tragico del dramma”.
Giampiero Solari
11 – 16 dicembre 2018
Piccolo Teatro di Milano in coproduzione con ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione
LA TRAGEDIA DEL VENDICATORE
di Thomas Middleton
drammaturgia e regia Declan Donnellan
versione italiana di Stefano Massini
con Ivan Alovisio, Alessandro Bandini, Marco Brinzi, Fausto Cabra, Martin Ilunga Chishimba, Christian Di Filippo, Raffaele Esposito, Ruggero Franceschini, Pia Lanciotti, Errico Liguori, Marta Malvestiti, David Meden, Massimiliano Speziani, Beatrice Vecchione
scene e costumi Nick Ormerod
luci Judith Greenwood
Declan Donnellan dirige La tragedia del vendicatore di Thomas Middleton nella versione italiana di Stefano Massini. Dramma di vendetta, ha forti componenti di derivazione medievale nel senso della morte e della corruttibilità della carne, l’affascinato orrore per il peccato, l’uso di personaggi chiaramente simbolici.
Una produzione Piccolo Teatro di Milano.
Scritta nei primi anni del regno di Giacomo I, tra il dilagare della corruzione e del malcostume, La tragedia del vendicatore riflette una visione del mondo cupa e disperata: isolamento ascetico e rinuncia sembrano l’unica via per sfuggire all’azione inquinante del potere.
Contemporaneo di Shakespeare, era di sedici anni più giovane del Bardo, Thomas Middleton attribuisce ai personaggi della sua pièce nomi “parlanti”, così da connotarne fin da subito il ruolo e il comportamento: Vindice, Spurio, Supervacuo, Lussurioso, Ambizioso, Castiza…. Il piano posto in atto da Vindice, aiutato dal fratello Ippolito, per uccidere il Duca, reo di avergli avvelenato la casta fidanzata che non era riuscito a possedere, si svolge in una corte italiana.
Middleton e Shakespeare si affermarono in una Londra teatro di cambiamenti dirompenti. Era un tempo di boom economico e bancarotta; regnava un enorme malcontento, colpevolmente ignorato, che fu sul punto di distruggere il mondo dei due autori.
Leggendo Middleton si percepisce una minaccia incombente, che cresce come un tumore invisibile fino a scoppiare, alimentata dal rancore e dall’ingiustizia. Ci parla di un governo corrotto, invischiato in loschi affari, di un popolo che si compra al prezzo dei beni di consumo. Descrive una società ossessionata dal sesso, dalla celebrità, dalla posizione sociale e dal denaro, dominata dal narcisismo e da un bisogno compulsivo di auto rappresentarsi per convincere gli altri, ma soprattutto se stessi, di essere buoni e belli.
27 dicembre 2018 – 2 gennaio 2019
Roberto Toni per ErreTiTeatro30
Emilio Solfrizzi, Paola Minaccioni
A TESTA IN GIÙ
L’envers du decor
di Florian Zeller
con Bruno Armando e Viviana Altieri
scena Andrea Taddei
costumi Barbara Bessi
luci Carlo Signorini
regia Gioele Dix
Gioele Dix dirige Emilio Solfrizzi e Paola Minaccioni in A testa in giù di Florian Zeller.
L’interesse è meno su ciò che viene detto che su ciò che non lo è. Perché qui non esistono più le apparenze, le maschere cadono, l’individuo si trova faccia a faccia con la complessità del suo essere.
Il testo è stato portato in scena, nel gennaio 2016, al Théâtre De Paris, con Daniel Auteil nel ruolo di protagonista e regista.
Una produzione ErreTiTeatro30
Daniel invita a cena, contro il consiglio di sua moglie, Patrick suo migliore amico e la sua nuova partner Emma per la quale ha lasciato la moglie. Emma, giovane e carina provoca una tempesta negli animi dei commensali, scuotendo le loro certezze, risvegliando frustrazione, gelosia e invidia.
L’originalità di A testa in giù sta nel fatto che il pubblico è testimone dei pensieri dei personaggi che parlano in disparte. Grande gioco di attori che svelano con la tecnica del doppio linguaggio una verità comica, crudele e meravigliosamente patetica.
4 – 6 gennaio 2019 Fuori Abbonamento
Gitiesse Artisti Riuniti
in collaborazione con Festival Teatrale di Borgio Verezzi
Lucia Poli, Milena Vukotic, Marilù Prati
SORELLE MATERASSI
libero adattamento di Ugo Chiti dal romanzo di Aldo Palazzeschi
con Gabriele Anagni, Sandra Garuglieri, Gian Luca Mandarini, Roberta Lucca
scene Roberto Crea
costumi Ilaria Salgarella, Clara Gonzales, Liz Ccahua coordinate da Andrea Viotti – Accademia Costume&Moda, Roma-1964
musiche Mario Incudine
luci Luigi Ascione
regia Geppy Gleijeses
Geppy Gleijeses dirige Lucia Poli, Milena Vukotic, Marilù Prati, in Sorelle Materassi. Torna in scena il capolavoro di Aldo Palazzeschi del 1934 con l’adattamento originale di Ugo Chiti. Un dramma familiare a tinte ironiche, che rappresenta i temi cari all’autore: la parodia dello stile di vita e della visione del mondo borghese, il fascino per il nonsense e i giochi di parole, il gusto per l’irrisione dei formalismi.
Una produzione Gitiesse Artisti Riuniti in collaborazione con Festival Teatrale di Borgio Verezzi.
Sorelle Materassi è il capolavoro di Aldo Palazzeschi. Ambientato nei primi anni del XX secolo nel sobborgo di Firenze Coverciano, narra la vicenda di quattro donne che vivono una vita tranquilla e isolata. Tre di esse (Teresa, Carolina e Giselda), sono sorelle: le prime due sono nubili, la terza è stata da loro accolta essendo stata respinta dal marito. Teresa e Carolina sono abilissime sarte e ricamatrici e vivono cucendo corredi da sposa e biancheria di lusso per la benestante borghesia fiorentina. Giselda, delusa dalla vita, tende all’isolamento e si lascia tormentare da un rabbioso risentimento. Una dose di popolaresco ottimismo e di serena saggezza è introdotta nella vita familiare dalla fedele domestica Niobe che tranquillamente invecchia insieme alle padrone.
Tutto sembra scorrere su tranquilli binari quando nella casa giunge Remo, il giovane figlio di una quarta sorella morta ad Ancona. Bello, pieno di vita, spiritoso, il giovane attira subito le attenzioni e le cure delle donne i cui sentimenti parevano addormentati in un susseguirsi di scadenze sempre uguali.
Istintivamente, Remo si rende conto di essere l’oggetto di una predilezione venata di inconsapevole sensualità e approfitta della situazione ottenendo immediata soddisfazione a tutti i suoi desideri e capricci. Il sereno benessere della vita familiare comincia a incrinarsi: Remo spende più di quanto le zie guadagnino con il loro lavoro e le sue pretese non hanno mai fine. Giselda è l’unica a rendersi conto della situazione, ma i suoi avvertimenti rimangono inascoltati.
A poco a poco Teresa e Carolina spendono tutti i loro risparmi per soddisfare le crescenti esigenze del nipote, poi iniziano a indebitarsi e infine sono costrette a mettere in vendita la casa e i terreni che avevano ereditato dal padre.
8 – 13 gennaio 2019
Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma
in co-produzione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia
Umberto Orsini, Massimo Popolizio e con Giuliana Lojodice
COPENAGHEN
di Michael Frayn
scene Giacomo Andrico
costumi Gabriele Mayer
luci Carlo Pediani
suono Alessandro Saviozzi
regia Mauro Avogadro
si ringrazia ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione
Torna in scena Copenaghen di Michael Frayn con Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Giuliana Lojodice, nella storica regia di Mauro Avogadro.
Un “processo privato” a porte chiuse, che di continuo si aprono proiettando i personaggi verso azioni e luoghi mentali, forse, ma per noi tutti reali: la bomba atomica, il genocidio, la funzione positiva, e al tempo stesso pericolosa, della scienza.
Una produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma, in coproduzione con CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia.
In un luogo che ricorda un’aula di fisica, immersi in un’atmosfera quasi irreale, tre persone, due uomini e una donna, parlano di cose successe in un lontano passato, cose avvenute tanto tempo prima, quando tutti e tre erano ancora vivi. Sono Niels Bohr (Umberto Orsini), sua moglie Margrethe (Giuliana Lojodice) e Werner Karl Heisenberg (Massimo Popolizio). Il loro tentativo è di chiarire che cosa avvenne nel lontano 1941 a Copenaghen quando improvvisamente il fisico tedesco Heisenberg fece visita al suo maestro Bohr in una Danimarca occupata dai nazisti. Entrambi coinvolti nella ricerca scientifica, ma su fronti opposti, probabilmente vicini ad un traguardo che avrebbe portato alla bomba atomica, i due scienziati ebbero una conversazione nel giardino della casa di Bohr, il soggetto di quella conversazione ancora oggi resta un mistero e per risolverlo la Storia ha avanzato svariate ipotesi.
Tutto è umano, niente è assoluto. Si possono avere solamente risposte indeterminate e quindi la somma degli scenari possibili e ciò vale anche per quell’incontro tra i due fisici. Il Novecento, così come la vita umana sono fatti di tante zone grigie, di tanto silenzio, ma finché esisterà l’uomo si cercherà sempre, in mezzo al vuoto che ci circonda e alla polvere sollevata, la traccia rarefatta di una particella di chiarezza e di verità che, comunque, ci salverà.
Inutile dire che il grande valore del testo di Frayn, divenuto ormai un classico contemporaneo del teatro, non sarebbe emerso in modo così mirabile senza un trio di attori di grande spessore che sanno mettere in evidenza i diversi piani di lettura e interpretare i personaggi dando risalto alle loro infinite sfaccettature psicologiche.
15 – 20 gennaio 2019
Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo
Maria Amelia Monti
MISS MARPLE, GIOCHI DI PRESTIGIO
di Agatha Christie
adattamento teatrale Edoardo Erba
con Roberto Citran, Sabrina Scuccimarra, Sebastiano Bottari, Marco Celli, Giulia De Luca, Stefano Guerrieri, Laura Serena
scena Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Cesare Accetta
musiche Francesco Forni
regia Pierpaolo Sepe
Pierpaolo Sepe dirige Maria Amelia Monti in Miss Marple: Giochi di prestigio, la più famosa detective di Agatha Christie, per la prima volta su un palcoscenico in Italia.
Adattando il romanzo, Edoardo Erba riesce a creare una commedia contemporanea, che la regia di Sepe valorizza con originalità, senza intaccare l’inconfondibile spirito di Agatha Christie.
Una produzione Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Siamo alla fine degli anni ‘40, in una casa vittoriana della campagna inglese. Miss Marple è andata a trovare la sua vecchia amica Caroline, una filantropa che vive lì col terzo marito, Lewis, e vari figli e figliastri dei matrimoni precedenti. Di questa famiglia allargata, fa parte anche uno strano giovane, Edgard, che aiuta Lewis a dirigere le attività filantropiche. Il gruppo è attraversato da malumori e odi sotterranei, di cui Miss Marple si accorge ben presto.
Durante un tranquillo dopocena, improvvisamente Edgard perde i nervi: pistola in pugno minaccia Lewis e lo costringe a entrare nel suo studio. Il delitto avviene sotto gli occhi terrorizzati di tutti. Ma le cose non sono come sembrano. Toccherà a Miss Marple, in attesa dell’arrivo della polizia, capire che ciò che è successo non è quello che tutti credono di aver visto. Il pubblico è stato distratto da qualcosa che ha permesso all’assassino di agire indisturbato. Come a teatro. Come in un gioco di prestigio.
22 – 27 gennaio 2019
Teatro Eliseo, Fondazione Campania Dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia
Lunetta Savino, Luca Barbareschi, Massimo Reale
IL PENITENTE
di David Mamet
con Duccio Camerini
scene Tommaso Ferraresi
costumi Anna Coluccia
luci Iuraj Saleri
musiche Marco Zurzolo
suono Hubert Westkemper
video Claudio Cianfoni, Marco Tursi e Andrea Paolini
dramaturg Nicoletta Robello Bracciforti
traduzione e regia Luca Barbareschi
Luca Barbareschi dirige e interpreta Il penitente di David Mamet con Lunetta Savino e Massimo Reale.
Una tragedia moderna, un dilemma morale. Un uomo buono, la gogna mediatica e giudiziaria. Otto scene, otto atti di confronto tra marito e moglie, con la pubblica accusa e con il proprio avvocato. Fino al colpo di scena finale.
Una produzione Teatro Eliseo, Fondazione Campania Dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia.
Uno psichiatra affronta una crisi professionale e morale quando rifiuta di testimoniare in tribunale a favore di un paziente accusato di avere compiuto una strage. Il penitente, l’ultimo testo composto nel 2016 per il teatro dal drammaturgo statunitense David Mamet (Premio Pulitzer per Glengarry Glen Ross) descrive l’inquietante panorama di una società così alterata nei propri equilibri che l’integrità del singolo, anziché guidare le sue fulgide azioni costituendo motivo di orgoglio, diviene l’aberrazione che devasta la sua vita e quella di chi gli vive accanto.
Coinvolto da un sospetto di omofobia, ‘il penitente’ subisce una vera gogna mediatica e giudiziaria e viene sbattuto ‘in prima pagina’ spostando sulla sua persona la momentanea riprovazione di un pubblico volubile, alla ricerca costante di un nuovo colpevole sul quale fare ricadere la giustizia sommaria della collettività. L’influenza della stampa, la strumentalizzazione della legge, l’inutilità della psichiatria, sono questi i temi di una pièce che si svolge tra l’ambiente di lavoro e il privato del protagonista. La demolizione sociale di un individuo influisce inevitabilmente sul suo rapporto matrimoniale.
“Ho scelto questo lavoro di Mamet – spiega il regista Luca Barbareschi – perché è una lucida analisi del rapporto alterato tra comunicazione, spiritualità e giustizia nella società contemporanea. Il penitente è la vittima dell’inquisizione operata dai media. È ciò che accade all’individuo quando viene attaccato dalla società nella quale vive ed opera, quando la giustizia crea discriminazione per avvalorare una tesi utilizzando a questo fine l’appartenenza religiosa”.
5 – 10 febbraio 2019
Goldenart Production
Alessandro Haber, Lucrezia Lante Della Rovere
IL PADRE
di Florian Zeller
scene Gianluca Amodio
costumi Alessandro Lai
musiche Antonio Di Pofi
disegno luci Umile Vainieri
regia Piero Maccarinelli
Piero Maccarinelli dirige Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere ne Il Padre di Florian Zeller.
La forza di questa pièce consiste nel saper raccontare con ironia, delicatezza e intelligenza, lo spaesamento di un uomo affetto da Alzheimer, la cui memoria inizia a vacillare e a confondere tempi, luoghi e persone.
Una produzione Goldenart Production.
Andrea (Alessandro Haber) è un uomo molto attivo, nonostante la sua età, ma mostra i primi segni di una malattia che potrebbe far pensare al morbo di Alzheimer. Anna, sua figlia (Lucrezia Lante Della Rovere), che è molto legata a lui, cerca solo il suo benessere e la sua sicurezza. Ma l’inesorabile avanzare della malattia la spinge a proporgli di stabilirsi nel grande appartamento che condivide con il marito. Lei crede che sia la soluzione migliore per il padre che ha tanto amato e con cui ha condiviso le gioie della vita. Ma le cose non vanno del tutto come previsto: l’uomo si rivela essere un personaggio fantastico, colorato, che non è affatto deciso a rinunciare alla sua indipendenza…
La sua progressiva degenerazione getta nella costernazione i familiari, ma la sapiente penna di Zeller riesce a descrivere una situazione che, seppur tragica per la crescente mancanza di comunicazione causata dalla perdita di memoria, viene affrontata con leggerezza e con amara e pungente ironia. Tutto a poco a poco va scomparendo: i punti di riferimento, i ricordi, la felicità della famiglia. La perdita dell’autonomia del padre, Andrea, progredisce a tal punto che Anna è costretta a dover prendere decisioni al suo posto e contro la sua volontà.
Con grande abilità l’autore ci conduce a vivere empaticamente le contraddizioni in cui il nostro protagonista incappa, il quale perdendo a poco a poco le sue facoltà logico-analitiche e non riuscendo più a distinguere il reale dall’immaginario, ci coinvolge con grande emozione in questo percorso dolorosamente poetico.
12 – 17 febbraio 2019
Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo
Pierfrancesco Favino
LA NOTTE POCO PRIMA DELLE FORESTE
(La nuit juste avant les forêts)
di Bernard-Marie Koltès
traduzione Crico – Favino
adattamento teatrale Pierfrancesco Favino
luci Marco D’Amelio
sound designer Sebastiano Basile
regia Lorenzo Gioielli
Lorenzo Gioielli dirige Pierfrancesco Favino ne La notte poco prima delle foreste di Bernard-Marie Koltès.
I temi assoluti di questo autore prematuramente scomparso a quarant’anni affiorano in un poema per voce sola che sconta i problemi dell’identità, della moralità, dell’isolamento, dell’amore non facile. Poco prima del punto di non ritorno della nostra umanità.
Una produzione Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo.
Essere stranieri. Abbordare un nuovo e giovane amico sotto la pioggia. Avere in cuore una ragazza notturna, un ectoplasma da lungofiume. Odiare gli specchi. Amare le puttane matte. Distinguere il ‘nervosismo’ dei macrò usciti dritti dritti dalle gonne di mamma. Farsi un’idea di qualcuno solo se te lo scopi. E però poi filarsela, senza discorsi. Denunciare la divisione in zone di lavoro settimanale, in zone per le moto, o per rimorchiare, o per le donne, o per gli uomini, o per i froci, e avvilirsi per zone della tristezza, della chiacchiera, dei venerdì sera.
L’intelaiatura di quest’opera è un paradigma straordinario, un testo fluentissimo e irto nella sua prosa vertiginosa, aliena da punteggiatura ferma, tutta pervasa di anacoluti e biasimi come un romanzo-pamphlet di Céline.
19 – 24 febbraio 2019
SiciliaTeatro
Sebastiano Lo Monaco
IO E PIRANDELLO
di Sebastiano Lo Monaco
Io e Pirandello è un recital interpretato e voluto fortemente da Sebastiano Lo Monaco. La vita dell’attore siciliano e quella dello scrittore Luigi Pirandello si incontrano, si contaminano, si intrecciano. Spiritualmente insieme sul palcoscenico per raccontarci di un teatro vissuto visceralmente.
Una produzione SiciliaTeatro.
Sebastiano Lo Monaco ci trasporta in una Sicilia lontana, ma non dimenticata, per farci riassaporare i sapori e gli odori della sua infanzia e della sua adolescenza: gli aneddoti della sua storia personale sono il filo conduttore per raccontarci l’incontro con il teatro attraverso la tragedia greca (numerose le citazioni e le interpretazioni di autori come Sofocle ed Euripide), che lo porteranno poi, in età matura, all’incontro spirituale con Luigi Pirandello.
Una somiglianza oramai anche fisica, quella tra l’attore e l’autore, che li ha portati a condividere idealmente le gioie e i dolori della vita. Pirandello un uomo infelice, una vita segnata dalla depressione, male del nostro secolo, dalla quale però può nascere la bellezza: questo accomuna questi due uomini di teatro che si sono succeduti nel ‘900.
Ecco che allora emerge un Pirandello poco conosciuto, un Pirandello delicato, intimo, a tratti ironico. L’autore siciliano prende forma davanti allo spettatore per mostrarsi nei panni di un uomo come gli altri, capace però di mettere su carta le sfumature della realtà. E attraverso di lui anche Lo Monaco si mette a nudo, si racconta intimamente per la prima volta sul palcoscenico, per mostrare la sua “maschera nuda”, il suo volto segnato, ma capace di trasmettere passione e calore.
2 – 7 aprile 2019
La Pirandelliana
Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase
REGALO DI NATALE
di Pupi Avati
adattamento teatrale Sergio Pierattini
scenografie Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Pasquale Mari
regia Marcello Cotugno
Marcello Cotugno dirige Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, nell’adattamento teatrale di Regalo di Natale di Pupi Avati.
La celebre notte di poker tra quattro amici racconta il trionfo del singolo sul collettivo, la metafora del successo di uno conquistato a spese di tutti, il simbolo di una teatralità doppia e meschina, amara una riflessione su come stiamo diventando o su come forse siamo già diventati.
Una produzione La Pirandelliana.
Originariamente ambientato negli anni ‘80, Regalo di Natale è stato trasposto nel 2008, anno in cui la crisi economica globale si è abbattuta sull’Europa segnando profondamente la società italiana. In risposta a recessione e precariato, il gioco d’azzardo vive una stagione di fulminante ascesa, e, dalle slot che affollano i bar e al boom del poker texano, si moltiplicano i luoghi e le modalità in cui viene praticato. I soldi facili sono la chimera inseguita anche dai nostri protagonisti, in un crescendo di tensione che ci rivela mano dopo mano come, al tavolo verde, questi uomini si stiano giocando ben più di una manciata di fiches.
Quattro amici di vecchia data, Lele, Ugo, Stefano e Franco, si ritrovano la notte di Natale per giocare una partita di poker. Con loro vi è anche il misterioso avvocato Santelia, un ricco industriale contattato da Ugo per partecipare alla partita. Franco è proprietario di un importante cinema di Milano ed è il più ricco dei quattro, l’unico ad avere le risorse economiche per poter battere l’avvocato, il quale tra l’altro è noto nel giro per le sue ingenti perdite.
Tra Franco e Ugo però, i rapporti sono tesi; la loro amicizia, infatti, è compromessa da anni, al punto tale che Franco, indispettito dalla presenza dell’ormai ex amico, quasi decide di tornarsene a casa. La sola prospettiva di vincere la somma necessaria alla ristrutturazione del cinema lo fa desistere dall’idea.
La partita si rivela ben presto tutt’altro che amichevole. Sul piatto, oltre a un bel po’ di soldi, c’è il bilancio della vita di ognuno: i fallimenti, le sconfitte, i tradimenti, le menzogne, gli inganni. È uno tra i più bei film di Avati, lucido, amaro, avvincente.
9 – 14 aprile 2019
Associazione Teatro La Comunità 1972, Teatro di Roma
BARRY LYNDON
(il creatore di sogni)
tratto liberamente dal romanzo di William Makepeace Thackeray
riduzione teatrale Giancarlo Sepe
con (in o.a.) Massimiliano Auci, Sonia Bertin, Gisella Cesari, Silvia Como, Tatiana Dessi, Turi Moricca, Vladimir Randazzo, Federica Stefanelli, Giovanni Tacchella, Guido Targetti, Pino Tufillaro, Gianmarco Vettori
scenografie e costumi Carlo De Marino
musiche a cura di Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team
luci Guido Pizzuti
organizzazione Grazia Sgueglia
Giancarlo Sepe dirige con gli attori della Compagnia del Teatro La Comunità in Barry Lyndon tratto dal romanzo di William Makepeace Thackeray.
Il lavoro prende le sue emozioni dal grande film di Kubrick. Il romanzo è servito a delineare caratteri, situazioni, indicare paesaggi e storie lontane, ma forti e indimenticabili. In scena ci si vuole avvicinare ancora di più alla favola nera che racconta la vita avventurosa, tra amori e guerre, del signor Redmond Barry di Barry du Barry.
Una produzione Associazione Teatro La Comunità 1972, Teatro di Roma.
Lo spettacolo si lega alle modalità del sogno, delle cose desiderate ma solo immaginate nella notte, nel guardar le stelle, come se tutto il divenire della vita, prima di mutarsi in realtà, fosse stampato nel firmamento per essere desiderato da chi lo scruta. Anche la guerra, non certo cosa buona e desiderabile, è solo sognata e prende il suo avvio tragico e geometrico nel paesaggio fatto di nebbia e ombre.
Barry Lyndon è la rappresentazione dove si parla di cose giuste e di cose ingiuste, del sacro e del profano, tutto per entrare nella vita e coglierne il meglio da perfetto arrampicatore sociale: Barry s’innamora della donna che, da borghese campagnolo, lo trasformerà nel conte di Lyndon, senza remore e tentennamenti, varca le soglie dell’aristocrazia e scompagina una realtà che non conosce, solo con il preteso ‘buonsenso’ delle persone comuni. Il suo nuovo mondo gli appare magico e spettrale come se gli altri personaggi fossero fantasmi nel buio e invece sono i nobili che lo detestano perché non appartiene alla loro casta.
Le musiche diventano l’esemplificazione degli stati d’animo dei personaggi, le loro parole prendono forma come in un gioco da teatro delle ombre, fatto di luci che attraversano lo spazio buio della notte tra immagini che sono solo e sempre le proiezioni dei desideri di Barry stampate nel firmamento e che non diventeranno mai una realtà da vivere fino in fondo, ma un incubo da cui fuggire per poi ricadere in qualcos’altro che assomiglia ad un trionfo, ma che altro non è che una nuova sconfitta.
La forza di questo personaggio millantatore è che mostra le sue incapacità nel trasformare la sua vita in qualcosa di bello e travolgente sin dalle prime battute, sin dal suo amore sfortunato per la cugina avida e civetta, che da quel momento lo costringerà ad una discesa agli inferi ineluttabile e drammatica: una rappresentazione teatrale fatta di carne e vaghezza, in cui campeggiano i fatti dell’amore, ma anche quelli del tradimento e della seduzione.
TEATRO ERA ’18/’19
10 ANNI TEATRO ERA
11 – 14 ottobre 2018
Leviedelfool
YORICK
Un Amleto dal sottosuolo
drammaturgia, regia e con Simone Perinelli
13 – 14 ottobre 2018
Michele Santeramo
STORIA D’AMORE E DI CALCIO
di Michele Santeramo
regia documentario Vito Palmieri
16-21 ottobre 2018
QUASI UNA VITA. Scene dal Chissàdove
drammaturgia di Stefano Geraci, Roberto Bacci
con Giovanna Daddi, Dario Marconcini, Elisa Cuppini, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Tazio Torrini
regia Roberto Bacci
18- 27 ottobre 2018
Andriy Zholdak
LABORATORIO DI CREAZIONE PER ATTORI
28 ottobre 2018
SESSIONE DI LAVORO APERTA AL PUBBLICO
20-21 ottobre 2018
Vittorio Continelli
NEL LABIRINTO. DISCORSO SUL MITO
di e con
musiche Ares Tavolazzi
27 – 28 ottobre 2018
LA RESA DEI CONTI
atto unico di Michele Santeramo
con Daniele Russo, Andrea Di Casa
regia Peppino Mazzotta
31 ottobre 2018
TRI(o)KALA
CONCERTO
con Rita Marcotulli (Pianoforte)
Ares Tavolazzi (Contrabbasso)
Alfredo Golino (Batteria)
31 ottobre 2018
FOCUS ENZO MOSCATO
COMPLEANNO
di e con Enzo Moscato
2 novembre 2018
FOCUS ENZO MOSCATO
RITORNANTI
di e con Enzo Moscato
con Giuseppe Affinito
3 novembre 2018
FOCUS ENZO MOSCATO
INCONTRO CON ENZO MOSCATO
3 / 4 novembre 2018
OKT – Oskaras Koršunovas Theatre
IL GABBIANO
di Anton Čechov
regia Oskaras Korsunovas
spettacolo in lituano con sopratitoli in italiano
STAGIONE 2018/2019
23 novembre 2018
Federico Buffa
A NIGHT IN KINSHASA
Muhammad Ali vs. George Foreman. Molto più di un incontro di boxe.
di Federico Buffa e Maria Elisabetta Marelli
con Alessandro Nidi pianoforte
Sebastiano Nidi percussioni
regia Maria Elisabetta Marelli
1 – 2 dicembre 2018
SCENE DI LIBERTÀ
di Jan Friedrich
traduzione Serena Grazzini e Francesca Leotta
con Giulia Gallone, Glora Carovana, Giacomo Masoni, Marco Fiorentini, Saverio Ottino
regia Francesco Cortoni
8 – 9 dicembre 2018
SICILIA
testo e interpretazione Clyde Chabot
Data da definire
Pierfrancesco Favino
LA NOTTE POCO PRIMA DELLE FORESTE
di Bernard-Marie Koltès
regia Lorenzo Gioielli
11 – 12 gennaio 2019
LA RAGIONE DEL TERRORE
di Michele Santeramo
con Michele Cipriani e Anna Chiara Ingrosso
regia Salvatore Tramacere
19 – 20 gennaio 2019
Glauco Mauri
Roberto Sturno
I FRATELLI KARAMAZOV
di Fëdor Dostoevskij
regia Matteo Tarasco
26 gennaio 2019
TANGO GLACIALE RELOADED
(1982 → 2018)
progetto, scene e regia Mario Martone
riallestimento a cura di Raffaele Di Florio e Anna Redi
con Jozef Gjura, Giulia Odetto, Filippo Porro
2 febbraio 2019
Compagnia Virgilio Sieni
CHUKRUM
con Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Andrea Palumbo
coreografie e spazio Virgilio Sieni
lo spettacolo è introdotto da
Compagnia Virgilio Sieni
PETRUŠKA
con Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Andrea Palumbo
coreografie e spazio Virgilio Sieni
16 febbraio 2019
Davide Enia
L’ABISSO
di Davide Enia
23 febbraio 2019
Sonia Bergamasco
L’UOMO SEME
racconto di scena ideato e diretto da Sonia Bergamasco
2 marzo 2019
LA SCORTECATA
liberamente tratto da Lo cunto de li cunti
di Giambattista Basile
con Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola
testo e regia Emma Dante
9 – 10 marzo 2019
Luca Lazzereschi, Laura Marinoni
I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA
con iNuovi (in o.a.) Filippo Lai, Nadia Saragoni, Sebastiano Spada, Erica Trinchera
regia Andrée Ruth Shammah
16 marzo 2019
LE RELAZIONI PERICOLOSE
Conto aperto tra la marchesa di Merteuil e il visconte di Valmont ovvero lettere raccolte tra un gruppo di persone e pubblicate a scopo d’istruirne alcune altre
con Elena Bucci, Marco Sgrosso, Gaetano Colella
progetto ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia Elena Bucci
con la collaborazione di Marco Sgrosso
26 – 27 marzo 2019
Alessio Boni, Serra Yilmaz
DON CHISCIOTTE
adattamento Francesco Niccolini
con Marcello Prayer
regia Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer
6 aprile 2019
MACBETTU
di Alessandro Serra
tratto da Macbeth di William Shakespeare
con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino
regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra
10 – 14 aprile 2019
SVEGLIAMI
drammaturgia Michele Santeramo
musiche Ares Tavolazzi
regia Roberto Bacci
3 – 4 maggio 2019
REPARTO AMLETO
scritto e diretto da Lorenzo Collalti
con Luca Carbone, Flavio Francucci, Cosimo Frascella, Lorenzo Parrotto
—
Date da definire
Focused Research Team
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
THE UNDEGROUND: A RESPONSE TO DOSTOEVSKY
(IL SOTTOSUOLO: UNA RISPOSTA A DOSTOEVSKIJ)
regia Thomas Richards
Date da definire
Focused Research Team
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
L’HEURE FUGITIVE
(L’ORA FUGGITIVA)
concepito da e con Cécile Richards
regia Thomas Richards
Date da definire
Open Program
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
THE HIDDEN SAYINGS
(LE PAROLE NASCOSTE)
coordinato da Mario Biagini
a seguire THE OPEN CHOIR
(INCONTRO CANTATO)
coordinato da Mario Biagini
Date da definire
Open Program
Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards
KATIE’S TALE
(STORIA DI KATIE)
con Agnieszka Kazimierka
SPETTACOLI IN OSPITALITÀ
18 – 27 ottobre 2018 | Teatro Era, 10 anni Teatro Era
Andriy Zholdak
LABORATORIO DI CREAZIONE PER ATTORI
28 ottobre 2018
SESSIONE DI LAVORO APERTA AL PUBBLICO
Andriy Zholdak (nato nel 1962) è un regista e light designer ucraino. È stato allievo di Anatolij Vasiliev a Mosca. Ha un interesse per il cinema (Fellini, Bergman, Paradžhanov, Tarkovskij) e l’arte pittorica; arti che hanno avuto un impatto significativo sul suo stile registico.
Le sue performance sono state premiate diverse volte con i Premi per il Teatro per la miglior performance e per il miglior regista in molti paesi, come con Anna Karenina in Finlandia, Le metamorfosi in Germania, l’opera Eugene Onegin in Russia, Otello in Romania, Elektra in Macedonia e Zholdak è stato insignito del prestigioso premio Unesco per il suo contributo allo lo sviluppo delle arti performative.
I suoi spettacoli sono state presentati in oltre 30 paesi in Europa, in Asia e in America, in occasione di festival prestigiosi.
Dal 2004, vive e risiede a Berlino in modo permanente e lavora nei principali teatri di Germania, Russia, Romania, Finlandia, Svezia, Belgio, Svizzera, ecc. Ha molti anni di esperienza sul campo alle spalle ed è impegnato nello sviluppo di una teoria del teatro come “Artista Universale” e del “Significativo Teatro del Futuro”. Negli ultimi anni, ha tenuto conferenze sulla teoria e workshop pratici in Regno Unito, Olanda, Spagna, Germania, Finlandia, Francia, Giappone, Brasile, Russia.
27 – 28 ottobre 2018, 10 anni Teatro Era
Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia
LA RESA DEI CONTI
atto unico di Michele Santeramo
con Daniele Russo, Andrea Di Casa
scene e costumi Lino Fiorito
disegno luci Cesare Accetta
aiuto regia Angela Carrano
regia Peppino Mazzotta
Con La resa dei conti, un testo di Michele Santeramo diretto da Peppino Mazzotta e interpretato da Daniele Russo e Andrea Di Casa, l’autore cerca di dare risposta a una serie di interrogativi senza tempo: come si relaziona l’uomo con se stesso e con gli altri? Cos’è la fiducia e, in definitiva, chi è l’uomo? In scena i protagonisti si confrontano sulla loro condizione di essere umano cercando di trovare un modo per affrontarla.
Una produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia.
Peppino Mazzotta dirige Daniele Russo e Andrea Di Casa ne La resa dei conti, un testo originale di Michele Santeramo. La pièce parte da un interrogativo senza tempo: di che pasta sono fatti gli uomini? Possono avere fiducia gli uni negli altri? “La domanda – osserva Peppino Mazzotta – è sempre attuale. Ognuno se la pone quotidianamente a proposito delle persone che incontra e prima ancora, a proposito di sé stesso. Di fronte alla scelta tra il bene e il male come ci comportiamo? Perché all’uomo capita di scegliere il male? Anche il proprio male?”. Si portano in scena questi interrogativi attraverso un lungo dialogo tra due uomini che si confrontano sulla propria condizione cercando di trovare un modo per affrontarla. “In un luogo preparato ad arte – conclude il regista – come si potrebbe fare a teatro, cercano una possibilità altra, un’occasione di salvezza. Tentano di inventare una fede a proprio uso e consumo, che renda possibile credere che l’uomo può guarire l’uomo”.
“Chi è l’uomo? Se ne può avere fiducia? La domanda è sempre attuale. Ognuno se la pone quotidianamente a proposito delle persone che incontra e prima ancora, a proposito di se stesso. Di fronte alla scelta tra il bene e il male come ci comportiamo? Perché all’uomo capita di scegliere il male? Anche il proprio male? Perfino quando vorrebbe scegliere il bene? Cosa comporta la libertà di scelta? Che condanna sarebbe se ci rendessimo conto che siamo liberi senza esserne capaci? E se Gesù, decidesse oggi, di tornare sulla terra, come quella volta a Siviglia ai tempi della Santa Inquisizione, verrebbe come allora, arrestato e condannato al rogo per aver concesso alle proprie creature una libertà che non potevano gestire? O verrebbe accolto amorevolmente come il salvatore? A e B, nel dramma di Michele Santeramo, affrontano tutte queste gravose domande provando disperatamente a dare delle risposte o più semplicemente, cercando, con commovente candore, di inventare un rimedio che li aiuti a sopportare la loro condizione. In un luogo preparato ad arte, come si potrebbe fare a teatro, cercano una possibilità altra, un’occasione di salvezza. Tentano di inventare una fede a proprio uso e consumo, che renda possibile credere che l’uomo può guarire l’uomo.”
Peppino Mazzotta
31 ottobre 2018, 10 anni Teatro Era
TRI(O)KÀLA
con Rita Marcotulli pianoforte, Ares Tavolazzi contrabbasso, Alfredo Golino batteria
Il TRI(O)KÀLA è il trio jazz formato da Rita Marcotulli al pianoforte, Ares Tavolazzi al contrabbasso e Alfredo Golino alla batteria. Una creazione originale che con grande sensibilità ha riunito i tre artisti d’eccellenza. La musica si mischia all’amicizia, le note si intrecciano con i sentimenti, ed è così che nasce il TRI(o)KÀLA.
Dopo anni di palcoscenici vissuti insieme a formazioni che li hanno visti accompagnare grandi artisti, Rita Marcotulli, Alfredo Golino e Ares Tavolazzi si presentano insieme per divertirsi e regalarci forti emozioni.
Il TRI(o)KALA è un discorso sul Pop che si trasforma magicamente in jazz; il Trio interpreta grandi brani pop rivisitati in chiave unica, con sonorità nuove che solo tre artisti di questo calibro riescono a dare.
31 ottobre 2018, 10 anni Teatro Era
FOCUS ENZO MOSCATO
Compagnia Teatrale di Enzo Moscato/Casa del Contemporaneo
COMPLEANNO
(ante-Compleanno: testimonial Giuseppe Affinito)
di e con Enzo Moscato
scena e costumi Tata Barbalato
voce su chitarra Salvio Moscato
organizzazione Claudio Affinito
testo e regia Enzo Moscato
Compleanno è lo storico lavoro di Enzo Moscato dedicato alla memoria di Annibale Rucello, In una commistione di assenza e delirio la scena si svolge in una stanza scarna, con un tavolo, due sedie, un attaccapanni verticale. Dolorosa, ma allo stesso tempo ironica, è la celebrazione della mancanza.
Una produzione Compagnia Teatrale di Enzo Moscato/Casa del Contemporaneo.
Dedicato alla memoria di Annibale Ruccello, giovane drammaturgo tragicamente scomparso nel 1986, Compleanno sviluppa il doppio tema incrociato dell’assenza e del delirio, intesi entrambi come produzioni fantasmatiche fatte di parole, suoni, visioni, gesti, e mirati a colmare il vuoto, l’inanità dell’esistenza. O del teatro. Una specie di esercizio quotidiano del dolore, del controllo e di elaborazione della pulsione di morte, senza assumerne, però, le condotte autodistruttive, ma sorridendone, talvolta godendone come una festa, un ciclico ricorrere di affinità elettive, di sconvolti, teneri ricordi.
Afferma Enzo Moscato: “Emotivamente, ho sempre “rifiutato” la morte di Ruccello. L’ho rimossa, negata, sin dai primi istanti successivi alla incredibile, terribile notizia, datami per telefono quella sera del 12 settembre 1986. E questo rifiuto, questa rimozione, questa negazione del suo svanire fisicamente dal mondo e da questa città (che, in verità, non l’ha mai amato, come non ama nessuno che voglia cambiarla o aiutarla a cambiarsi) continua a persistere in me, ancora tuttora, con una caparbietà e una tenacia infantili che, sono certo, dureranno fino a che avrò respiro, fino al giorno in cui anch’io, suo amico e suo complice a teatro, sarò chiamato a raggiungerlo là dove credo si è rifatto un’altra bella carriera. Qualcosa di avventuroso, ma che nulla ha a che fare coi teatranti. Me lo immagino ora, un trafficante d’armi, come Rimbaud dopo la grande stagione all’inferno della sua poesia, o cacciatore di tenebre esotiche, come i migliori eroi di Conrad”.
2 novembre 2018, 10 anni Teatro Era
FOCUS ENZO MOSCATO
Compagnia Teatrale di Enzo Moscato/Casa del Contemporaneo
RITORNANTI
di e con Enzo Moscato
e con Giuseppe Affinito
regia Enzo Moscato
Enzo Moscato, affiancato da Giuseppe Affinito, presenta Ritornanti, che mette in luce gli aspetti più significativi del teatro di Moscato, una contaminazione di linguaggi, una lingua originale al tempo stesso arcaica e moderna.
Una produzione Compagnia Teatrale di Enzo Moscato/Casa del Contemporaneo.
Spiega Enzo Moscato: “Ri-tornare, ri-percorrere, ri-sentire, ri-pronunciare, è, forse, l’atteggiamento che pratico di più’, e più spesso, con le mie cose di teatro.
Soprattutto all’indomani della prima di un nuovo spettacolo, quando, magari, (e miracolosamente) mi sia riuscito di mettere a punto qualche significativa svolta, formale o tematica, lungo il mio, non sempre lineare, camminare drammaturgico: qualche nuova rottura, qualche nuovo azzardo, qualche inedito desiderio di ferita o salto, linguistici, nell’ignoto vuoto dell’espressivo (rubo, con piacere, questo termine, ad Anna Maria Ortese).
Del resto, nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro. Nessun movimento, nessun gesto, nessun respiro, già vissuti, dovrebbero venir considerati finiti, de-finiti, esautorati. Morti.
Il nomadismo della ricerca, lo spostamento continuo del limite attraverso i suoi territori, non dovrebbe esser disgiunto mai dal rassicurante, naturale, portarsi appresso sempre le proprie cose, il proprio passato, le proprie masserizie, ideologiche o grammaticali: passi già percorsi, sentieri già battuti, contagi e mali già esperiti, o, magari, chissà? Per quale grazia o imperscrutabile sventura, già scampati, mai avuti.
Non per riproporli, certo, così come sono o come sono stati, bensì per fare esattamente il contrario: farli agire, respirare, dibattersi, accanto o dentro un nostro spirito cambiato, nuovo; accanto o dentro un nostro differente modo di capirli o percepirli, e, con essi, con questi “altri” sentimenti, investirli, nutrirli, vivificarli. In una parola: ri-amarli.
E, attraverso noi, sperare che anche il pubblico sia colto dallo stesso, medesimo, irresistibile “coup de foudre”.
3 novembre 2018, 10 anni Teatro Era
FOCUS ENZO MOSCATO
INCONTRO CON ENZO MOSCATO
3 – 4 novembre 2018 | Teatro Era, 10 anni Teatro Era
OKT – Oskaras Koršunovas Theatre
II GABBIANO
di Anton Čechov
con Nele Savicenko, Martynas Nedzinskas, Darius Meskauskas, Gelmine Glemzaite, Agneska Ravdo,
Vytautas Anuzis, Kirilas Glusajevas, Airida Gintautaite, Rasa Samuolyte, Darius Gumauskas, Dainius Gavenonis, Kirilas Gulsajevas, Giedrius Savickas
musiche Gintaras Sodeika
video Aurelija Maknyte
luci Eugenijus Sabaliauskas
costumi Dovile Gudaciauskaite
regia, scenografia Oskaras Korsunovas
spettacolo in lituano con sopratitoli in italiano
Proseguendo il percorso di ricerca già intrapreso con Amleto e i Bassifondi, il noto regista lituano Oskaras Koršunovas presenta Il gabbiano di Anton Čechov per diagnosticare le malattie del nostro tempo, la gotta della nostra anima. Con questo lavoro Koršunovas vuole recuperare la passione, l’amore, la gelosia e l’odio presente nelle opere di Čechov con l’obiettivo di cogliere il cuore dell’opera, che spesso è nascosto sotto costumi, decori, scenografie sontuose e intonazioni trascinanti. In questo processo creativo, lo spettatore diventa parte integrante dell’opera stessa.
Una produzione OKT – Oskaras Koršunovas Theatre.
Il gabbiano è nato nello spazio laboratorio dello studio OKT, spazio aperto, intimo, disadorno e autentico. Per Koršunovas c’è una relazione molto stretta tra Il gabbiano, Amleto e Bassifondi e così dichiara: “Questa è una grande opera per sperimentare. Fin dall’inizio, è stata condannata per le sue esplorazioni. Con Il gabbiano, continuiamo a esplorare i temi presenti anche in Amleto e Bassifondi, quelli del teatro contemporaneo, dell’attore contemporaneo e dello spettatore contemporaneo. Il gabbiano è la terza parte del trittico. Tutte e tre le opere sono unite da un focus speciale sugli attori. Ne Il gabbiano vogliamo dare l’impressione che il pubblico sia incluso nella storia. Tale interattività non è autotelica, già quindici anni fa, il nostro teatro formulava uno dei suoi motti principali, cioè di mettere in scena i classici come opere contemporanee, rendendoli un’esperienza interpersonale anziché una digressione storica. Pertanto, cerchiamo il coinvolgimento dello spettatore nel processo creativo dell’opera.”
Il gabbiano ha ricevuto due Premi Golden Cross: Martynas Nedzinskas (Trepliov) è stato premiato come miglior attore, mentre Nelė Savičenko (Irina Arkadina) è stata premiata come miglior attrice. Inoltre, l’interpretazione di Koršunovas ha vinto il premio principale al 36° Festival Primaverile del Teatro Lituano. Con il suo debutto internazionale al festival Kontakt di Torun, la Polonia ha ricevuto cinque premi: il terzo premio, il premio come miglior regista a Oskaras Koršunovas, il premio come miglior giovane artista a Martynas Nedzinskas (Trepliov), il premio come migliore attrice a Rasa Samuolytė (Masha) e il premio della stampa.
23 novembre 2018
Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano
Federico Buffa
A NIGHT IN KINSHASA
Muhammad Ali vs George Foreman
Molto più di un incontro di boxe
un progetto Mismaonda
di Federico Buffa e Maria Elisabetta Marelli
con Alessandro Nidi pianoforte, Sebastiano Nidi percussioni
musiche Alessandro Nidi
regia Maria Elisabetta Marelli
Nell’autunno del ’74 in Africa, a Kinshasa, il dittatore Mobutu regalò ai suoi sudditi il match di boxe del millennio per il titolo mondiale dei massimi tra lo sfidante Muhammad Ali e il detentore George Foreman. “È un incontro epocale che va al di là della boxe, un incontro che parla di riscatto sociale, di pace, di diritti civili”. Da qui parte A night in Kinshasa, il racconto di Federico Buffa, giornalista sportivo che si è imposto all’attenzione del pubblico per la capacità di trasmettere le storie dei campioni e degli eventi sportivi. All’interno della cornice visionaria della regista Maria Elisabetta Marelli, oltre a Buffa, in scena ci sono Alessandro Nidi al pianoforte e Sebastiano Nidi alle percussioni.
Una produzione Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano e un progetto Mismaonda.
Autunno del 1974, Kinshasa, Zaire. Il dittatore Mobutu regala ai suoi sudditi il match di boxe del millennio per il titolo mondiale dei massimi, tra lo sfidante Muhammad Ali (Cassius Clay, prima della conversione all’Islam) e il detentore George Foreman. Ali ha 32 anni, l’altro 25. Sono entrambi neri afroamericani, ma per la gente di Mobutu, Ali è il nero d’Africa che torna dai suoi fratelli, George è un nero non ostile, complice dei bianchi. Tanta gente assedia lo stadio dove ci sarà il match e grida «Alì boma yé», Alì uccidilo.
“E nella consueta sinfonia di contraddizioni che è la storia di Muhammad Ali, il paradosso è che l’incontro simbolo della libertà, ha luogo in un paese oltraggiato prima dal colonialismo, poi da una dittatura che sarebbe durata trent’anni e poi ancora dalla guerra. Ali torna nella terra dei suoi avi, a riscoprire le sue origini: “Sono africano, l’Africa è la mia terra. Da lì veniamo”.
Sta nelle strade, va negli ospedali, incontra i bambini. Decide di poter trasmettere quello che ha visto ai neri d’America, agli emarginati, a quelli senza sussidi che non hanno coscienza di se stessi. Vuole stare in mezzo ai drogati, ai disperati, alle prostitute. Questo racconta ai giornalisti.
Ali dopo quella lunga notte a Kinshasa si sente finalmente libero, ha un sogno nuovo in cui credere.
È libero perfino di rappresentare l’America: l’America è tutta per lui. Il mondo intero lo è.
La storia della dittatura di Mobutu sarà ancora lunga, ma all’alba di quel nuovo giorno i congolesi festeggiano come in una purificazione, colmi di speranza e grati a quell’uomo che da solo aveva sconfitto il sistema”.
Federico Buffa
1 – 2 dicembre 2018
Compagnia Pilar Ternera, Nuovo Teatro delle Commedie
SCENE DI LIBERTÀ
di Jan Friedrich
traduzione Serena Grazzini e Francesca Leotta
collaborazione artistica Elena De Carolis
con Giulia Gallone, Glora Carovana, Giacomo Masoni, Marco Fiorentini, Saverio Ottino
musiche Autoban
luci e audio Gabriele Bogi
regia Francesco Cortoni
Francesco Cortoni dirige Giulia Gallone, Glora Carovana, Giacomo Masoni, Marco Fiorentini, Saverio Ottino in Scene di libertà di Jan Friedrich. Cinque giovani berlinesi, protagonisti del dramma, hanno piena libertà sia nel muoversi che nel fare esperienze anche sessualmente estreme, ma non riescono ad amare e ad amarsi.
Una produzione Compagnia Pilar Ternera – Nuovo Teatro delle Commedie.
Il testo è per la prima volta tradotto e messo in scena in Italia.
Scene di libertà è un pugno nello stomaco. Stordisce da quanto è lucido e diretto.
Nonostante si componga di un’architettura drammaturgica complessa fatta di atti, o quadri, che non si prestano ad un ordine consequenziale logico, i protagonisti ricompongono una storia che non è finalizzata a raccontarci com’è andata ma a far emergere loro stessi come individui alla ricerca di senso e relazioni significative.
I cinque giovani berlinesi, protagonisti del dramma, hanno piena libertà sia nel muoversi che nel fare esperienze anche sessualmente estreme, ma non riescono ad amare e ad amarsi. Il tutto diventa ancor più reale se si pensa che a scrivere è un giovanissimo drammaturgo berlinese nato nel 1992 che dà voce alla propria generazione.
Senza retorica, l’autore, ci restituisce una generazione di ventenni con un profondo bisogno d’amore e che si incantano dinanzi alla possibilità di prendere uno Shuttle e abbandonarci su questa terra.
8 – 9 dicembre 2018
La Communauté inavouable
SICILIA
testo e interpretazione Clyde Chabot
scenografia Stéphane Olry
traduzione Camilla Brison
Clyde Chabot dirige e interpreta Sicilia. La protagonista francese intraprende un viaggio fisico, con la figlia, alla ricerca dei luoghi della Sicilia di cui erano originari i suoi nonni, alla scoperta di una lingua che non si perdona di non saper parlare e delle tradizioni delle quali, in un impasto di modernità e arcaismo, conserva delle tracce.
Una produzione La Communauté inavouable.
“Intraprendere il movimento inverso. Ricostruire. Riunire. Provare a…” Si apre così, con una dichiarazione di intenti, il testo Sicilia di Clyde Chabot.
Partendo da sporadiche informazioni sulla sua famiglia, la protagonista intraprende un viaggio verso la terra dalla quale vuole fortissimamente discendere, a discapito della fatica d’integrarsi dei nonni migranti: è questo il movimento inverso di cui parla e nel quale ci accompagna. Allo sforzo erculeo di lasciare le proprie tradizioni per fare proprie quelle di una nuova terra, risponde con la ricerca e l’esaltazione delle cose piccole di una tradizione perduta: nomi, oggetti, cibi, luoghi che galleggiano nella sua memoria senza trovare una collocazione ordinata.
Quasi per supplire l’assenza di una vera pista per ricostruire un’identità famigliare frammentata, la protagonista intraprende un viaggio fisico, con la figlia, la sua moderna e francese discendenza, alla ricerca dei luoghi della Sicilia di cui ha sentito parlare, della lingua che non si perdona di non saper parlare, delle tradizioni delle quali, in un impasto di modernità e arcaismo, conserva delle tracce: un anello di fidanzamento, delle lenzuola, un frullatore.
Un viaggio, come spesso accade, per perdersi: la bellissima scena conclusiva del picnic con la figlia sulla tomba degli antenati, è la sintesi che la protagonista riesce a fare in assenza di risposte dai vivi: un dialogo muto con quei morti ai quali cerca di tendere la mano e che enigmatici la guardano da una fotografia ingiallita.
Data da definire
Pierfrancesco Favino
Compagnia Gli Ipocriti Melina Balsamo.
LA NOTTE POCO PRIMA DELLE FORESTE
di Bernard-Marie Koltès
regia Lorenzo Gioielli
11 – 12 gennaio 2019
Cantieri Teatrali Koreja
LA RAGIONE DEL TERRORE
testo di Michele Santeramo
con Michele Cipriani e Anna Chiara Ingrosso
assistente alla regia Giulia Falzea
scene e luci Bruno Soriato
sonorizzazione Giorgio Distante
realizzazione scene Mario Daniele
regia Salvatore Tramacere
Salvatore Tramacere dirige La ragione del terrore di Michele Santeramo, con Michele Cipriani e Anna Chiara Ingrosso. L’ambiente è un paesaggio fatto di grotte abitate da persone e non nella preistoria, ma nell’Italia di pochi decenni fa. In uno di quei posti in cui i sogni sembrano veri. Una storia sull’apparente inevitabilità di certe conseguenze.
Una produzione Cantieri Teatrali Koreja.
C’è un uomo che ha bisogno di farsi perdonare qualcosa. E chi non è in una condizione simile? Ha bisogno di farsi perdonare un fatto grave, qualcosa che lei, la donna, proprio non riesce a dimenticare. Per farlo, ha bisogno di raccontare quel che è successo a un pubblico, perché ciascuno tra i presenti comprenda la ragione del terrore.
Sembra un destino connaturato all’uomo: si reagisce al male subito con il male, in una spirale che sembra essere senza soluzione. Se hanno distrutto la città in cui vivevi, se hanno ammazzato i tuoi, se ti hanno costretto a lasciare tutto e scappare, come vuoi reagire? Come ti aspetti che reagisca una persona in questa condizione?
Tutto, secondo Vittorini, è profondamente nell’uomo. Il male non esisterebbe se non fosse nell’uomo, nel singolo uomo. E allora, se è così, anche la soluzione al male deve essere nell’uomo. Lo spettacolo prova a ragionare su questi temi, per capire se esiste una ragione al terrore provocato, al dolore, alla violenza. C’è una ragione? E se sì, è condivisibile? Un racconto sull’apparente inevitabilità di certe conseguenze, perché ci sono storie che nella loro linearità sembrano semplici. E poi non bisogna stupirsi quando deflagrano, perché era prevedibile.
Questo è un paesaggio fatto di grotte abitate da persone. È un racconto accaduto in Italia pochi decenni fa e non è ambientato nella preistoria. In posti come questo i sogni devono essere veri. Che poi, i sogni, se non fossero vita vera, perché ci farebbero sudare, palpitare ed emozionare? E qui, sono rimasti solo i sogni a dare speranza alle giornate.
Riflettendo intorno a questi temi, abbiamo scoperto che c’è una soluzione umana, profondamente umana: forse si chiama stanchezza, forse codardia, forse solo necessità di sottrarsi, di farsi da parte; c’è, forse, una maniera per scardinare ogni ragione del terrore.
26 gennaio 2019
Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Bellini, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto
TANGO GLACIALE RELOADED
(1982 → 2018)
progetto, scene e regia Mario Martone
riallestimento a cura di Raffaele Di Florio e Anna Redi
elaborazioni videografiche Alessandro Papa
con Jozef Gjura, Giulia Odetto, Filippo Porro
interventi pittorici / design Lino Fiorito
ambientazioni grafiche / cartoons Daniele Bigliardo
parti cinematografiche / aiuto – regia Angelo Curti, Pasquale Mari
elaborazione della colonna sonora Daghi Rondanini
costumi Ernesto Esposito
riallestimento nell’ambito del Progetto RIC.CI Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni Ottanta/Novanta (Ideazione e direzione artistica Marinella Guatterini)
in coproduzione con Fondazione Ravenna Manifestazioni
con il sostegno di Torinodanza festival | Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
in collaborazione con Amat – Associazione Marchigiana Attività Teatrali / Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee/ Fondazione Teatro Comunale di Ferrara /Teatro Pubblico Pugliese – Consorzio Regionale per le Arti e la Cultura / Fondazione Toscana Spettacolo onlus/ Fondazione Milano – Civica Scuola di Teatro “Paolo Grassi”
Mario Martone riallestisce lo storico spettacolo Tango Glaciale, che ha debuttato nel 1982 al Teatro Nuovo di Napoli, in scena c’erano Andrea Renzi, Tomas Arana e Licia Maglietta, tutti esponenti di Falso Movimento, il collettivo di artisti che in quegli anni cambiava la storia della sperimentazione teatrale italiana. L’operazione di rimettere in scena il lavoro compiuta oggi a distanza di trentacinque anni conferma il carattere assolutamente rivoluzionario del progetto.
Una produzione Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Bellini, Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto.
“Mi sembrava interessante mettere il lavoro alla prova di una generazione che era lontana dall’essere stata concepita quando lo spettacolo nasceva: gli interpreti di questa versione reloaded sono nati tutti e tre ben dopo il 1982. Tutto è diverso, sono diversi i corpi, il rapporto col genere (che in Tango Glaciale, due uomini e una donna, si rimescola e si trasfigura continuamente), le mitologie di riferimento (il cinema, la new wave); è interessante vedere quel che accade a questi attori scaraventati, diversamente da me, da noi di Falso Movimento e dagli spettatori di allora, ma pur sempre scaraventati anch’essi, nella macchina del tempo che è questo Tango Glaciale reloaded. Noi veniamo scaraventati nel passato, stranamente loro nel futuro. Era pur sempre uno spettacolo di fantascienza, Tango Glaciale, come certi racconti di Ray Bradbury. C’è un ragazzo che, nel chiuso della sua stanza, vede la casa improvvisamente trasfigurata in ogni ambiente, il salotto, la cucina, il tetto, il giardino. A spingere, secondo lui, sono forze che stanno trasformando il mondo (this is the ice age cantano Martha and the Muffins alla fine dello spettacolo), che lo stanno portando al di là delle frontiere dove tutti i riferimenti saltano e si ricombinano tra loro, si vola tra le stelle, si comunica attraverso parole esplose. Solo l’immaginazione salva, pensa quel ragazzo (e continuerà a pensarlo per tutta la vita). Solo una relazione vitale salva, pensava Pasolini, e anche questo era vero per quel ragazzo (e lo è ancora oggi). Con quel ragazzo ci sono infatti tre compagni di scuola che coltivano le sue stesse passioni, Angelo, Pasquale e un diciottenne che sarà il suo primo attore feticcio, Andrea; un pittore, Lino, che sente esplodere anche lui la tela su cui dipinge; il conduttore di una radio libera che trasmette magicamente proprio la musica che ama quel ragazzo, il suo nickname è Daghi. C’è una giovane e meravigliosa donna, l’unica del gruppo, Licia, e c’è un formidabile straniero, Tomas: viene dagli Stati Uniti ma è l’unico scugnizzo tra questi napoletani. Insomma, abbastanza per un racconto di avventura e di fantascienza. Il racconto di Tango Glaciale. Tra i collaboratori che avrò la gioia di rivedere in occasione di questa ripresa (Daniele Bigliardo, Ernesto Esposito…), mancheranno alcuni amici che non ci sono più, li voglio ricordare: Bruno Esposito e Giancarlo Coretti dei Bisca, il gruppo che ha composto lo straordinario tango esploso che ascolterete nello spettacolo, e con loro il grande Dario Jacobelli, i suoi versi erano illuminazioni continue. Gigi D’Aria era il più amato tra i nostri amici-supporter, ciao Gigi, che il tuo sonno sia sereno. Infine l’artista a cui desidero dedicare Tango Glaciale reloaded, Annibale Ruccello. Mi sono imbattuto da poco in una sua intervista che non conoscevo: “ho un piccolo sogno, fare uno spettacolo con Mario Martone”, diceva, “io mi sento più vicino a lui che non ad altri artisti”. Io scrivevo con le immagini e col gesto, lui con le parole, quelle di un genio. Se solo la macchina del tempo potesse davvero farci tornare indietro e da lì tutto potesse venire ricaricato, reloaded… Chiudiamo gli occhi, e viaggiamo”.
Mario Martone
2 febbraio 2019
Compagnia Virgilio Sieni
PETRUŠKA
musica Igor Stravinsky
interpreti Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Andrea Palumbo
costumi Elena Bianchini
luci Mattia Bagnoli
allestimento Giovanni Macis
coreografia e spazio Virgilio Sieni
Compagnia Virgilio Sieni
in collaborazione con Teatro Comunale di Bologna
CHUKRUM
Si ringrazia la Fondazione Isabella Scelsi per la gentile concessione rilasciata alla Compagnia Sieni di utilizzare l’opera Chukrum per la coreografia di Virgilio Sieni
Virgilio Sieni rilegge Petruška di Igor Stravinskij, ispirata alla tradizione popolare russa della marionetta, per creare un lavoro in cui riprende il rapporto tra la marionetta e tragedia. Si trascende l’esistenza stessa dell’uomo per identificarsi con il gesto liberatorio e le sue molte anime si moltiplicano dando vita all’interpretazione dei sei danzatori. Petruška è anticipato e introdotto da Chukrum.
Una produzione Compagnia Virgilio Sieni.
“Petruška getta un legame con l’impossibile. Tra noi e il vuoto, tra noi e il nascosto.
Petruška è una marionetta e non è una marionetta, convive nei due mondi, nelle due visioni ed esperienze, trascendendo l’esistenza stessa dell’uomo per identificarsi con il gesto liberatorio. Non un semplice scatenamento, ma ascensione per cadere nuovamente nell’esperienza dell’umano. La vita come palestra verso la natura intrecciata da una geografia di sentimenti che ci indica quanto essa, la vita, vada vissuta per quello che è: un travasare inarrestabile da un’esperienza all’altra, e allo stesso tempo esperienza trascendentale, dove il corpo è messo in opera nella sua essenza archeologica, capace di creare un’infinità di gesti e posture figurali secondo un sistema di combinazioni articolari.
Petruška è qui in cammino tra lazzi e innamoramento, tra gioco e tragedia, si dimentica della sua incorporeità e da angelo delle fiere e del divertimento apre uno squarcio nella vita. Ci permette di penetrare in quel tratto dell’immaginario dove l’essere marionetta ci guida nel vissuto: marionetta che disattiva con le sue movenze e le danze, l’inesorabile decadimento. Dunque, danzare fino alla fine del mondo, fin dal primo momento che già assapora di tragedia nonostante il clima festoso.
Qui la coreografia vuole rimanere fedele al mito di Petruška così come amiamo alla follia le infinite fuoruscite di Pulcinella che donano leggerezza alla gravità delle azioni.
Lo spettacolo si sviluppa intorno alla relazione tra marionetta e tragedia, gioco e archeologia: un ciclo di azioni sentimentali sulla natura del gesto e l’abilità di stare al mondo”.
Virgilio Sieni
Lo spettacolo Petruška è anticipato da Chukrum. Afferma Sieni: “La composizione musicale sembra addentrarsi nel ‘notturno del corpo’ svelando piani percettivi che richiamano alla notte rivelatrice di un mondo di forze ancestrali, dell’origine.
Il brano coreografico si pone in relazione col Petruška, con quello che sta prima e dopo, l’uomo nella sua ricerca continua dell’origine ma anche della leggerezza che segna il suo passaggio. Chukrum propone quattro quadri che introducono un altro punto di vista del fantoccio Petruska e delle sue vicende ‘umane’: uno sguardo sulla natura dell’uomo, dove il lato oscuro non è altro che l’essenza del corpo nel suo mostrarsi orfano di orpelli.
Tutto il brano allude alla nascita, non solo dell’uomo ma del bagliore che lo genera, del gesto che lo determina. Sembra che ogni avvento avvenga per via della luce, di aloni ed energie che formano una materia che rimane indeterminata, accennando al materializzarsi del corpo. Allo stesso tempo il respiro che risuona in queste apparizioni sembra avere un’ampiezza maggiore rispetto alla capacità data all’uomo di assorbire e restituire l’aria attraverso il suo organismo. L’ampiezza nel suo sostanziarsi attraverso la lentezza molecolare e indicibile dell’origine, introduce la figura del Petruška”.
16 febbraio 2019
Teatro di Roma, Teatro Biondo Stabile di Palermo, Accademia Perduta/Romagna Teatri
in collaborazione con Festival Internazionale di Narrazione di Arzo
Davide Enia
L’ABISSO
di Davide Enia
musiche composte ed eseguite in scena da Giulio Barocchieri
Spettacolo tratto da Appunti per un naufragio (Sellerio Editore)
Davide Enia con il gesto, il canto, il cunto nel nuovo lavoro L’Abisso affronta il mosaico di questo tempo presente, la crisi, e racconta ciò che sta accadendo a Lampedusa, punto di incontro tra geografie e culture differenti. Lampedusa appare come metafora di un naufragio, personale e collettivo. Enia attinge ai suoi Appunti per un naufragio (Premio Mondello 2018) per raccontare un’esperienza indicibile: lo spaesamento, la sofferenza e la rabbia che affiorano difronte alla tragedia contemporanea degli sbarchi sulle coste del Mediterraneo.
Una produzione Teatro di Roma, Teatro Biondo Stabile di Palermo, Accademia Perduta/Romagna Teatri.
“Il primo sbarco l’ho visto a Lampedusa assieme a mio padre. Approdarono al molo in tantissimi, ragazzi e bambine, per lo più.
Io era senza parole. Era la Storia quella che ci era accaduta davanti. La Storia che si studia nei libri e che riempie le pellicole dei film e dei documentari.
Ho trascorso molto tempo sull’isola per provare a costruire un dialogo con i testimoni diretti: i pescatori e il personale della Guardia Costiera, i residenti e i medici, i volontari e i sommozzatori. Rispetto al materiale che avevo precedentemente studiato, in quello che stavo reperendo di persona c’era una netta differenza: durante i nostri incontri si parlava in dialetto. Si nominavano i sentimenti e le angosce, le speranze e i traumi secondo la lingua della culla, usandone suoni e simboli. In più, ero in grado di comprendere i silenzi tra le sillabe, il vuoto improvviso che frantumava la frase consegnando il senso a un’oltranza indicibile. In questa assenza di parole, in fondo, ci sono cresciuto. Nel Sud, lo sguardo e il gesto sono narrativi e, in Sicilia, «‘a megghiu parola è chìdda ca ‘un si dice», ovvero la miglior parola è quella che non si pronuncia.
Ne L’abisso si usano i linguaggi propri del teatro (il gesto, il canto, il cunto) per affrontare il mosaico di questo tempo presente.
Quanto sta accadendo a Lampedusa non è soltanto il punto di incontro tra geografie e culture differenti. È per davvero un ponte tra periodi storici diversi, il mondo come l’abbiamo conosciuto fino a oggi e quello che potrà essere domani. Sta già cambiando tutto. E sta cambiando da più di un quarto di secolo”.
Davide Enia
23 febbraio 2019
Teatro Franco Parenti / Sonia Bergamasco
L’UOMO SEME
racconto di scena ideato e diretto da Sonia Bergamasco
da L’uomo seme di Violette Ailhaud (traduzione di Monica Capuani)
drammaturgia musicale a cura di Rodolfo Rossi e del Quartetto vocale Faraualla
con Sonia Bergamasco, Rodolfo Rossi, Loredana Savino, Gabriella Schiavone, Maristella Schiavone, Teresa Vallarella
scene e costumi Barbara Petrecca
luci Cesare Accetta
cura del movimento Elisa Barucchieri
assistente alla regia Mariangela Berardi
elettricista Domenico Ferrari
fonico Paolo Casati
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
si ringrazia per la collaborazione Triennale Teatro dell’Arte e il Comune di Lucera
L’uomo seme è un inno alla vita, un racconto ideato, diretto e interpretato da Sonia Bergamasco. Uno spettacolo corale ideato in forma di ballata, in cui racconto, canto e azione scenica cercano un punto di equilibrio essenziale. Una storia sconvolgente, verosimile, narrata con una lingua così concreta e sapiente da farci dubitare dell’identità dell’autrice e dell’autenticità del ‘manoscritto’.
Una produzione Teatro Franco Parenti, Sonia Bergamasco.
“Questo piccolo libro racchiude per me una storia nella storia.
Alla sua prima uscita in Italia, nella traduzione di Monica Capuani, me lo regalò un’amica. Lo lessi in un soffio. Un’altra amica, poco dopo, me lo segnalò nuovamente, convinta che fosse una storia ‘per me’. Di che cosa si trattava, in effetti? L’uomo seme si presenta come un memoriale – e dunque una storia vera – raccontata dalla protagonista della vicenda, a molti anni di distanza dai fatti. Una donna ottantaquattrenne ci guida alla scoperta di una piccola comunità montana della bassa Provenza, aspra e ventosa, dove l’insurrezione repubblicana del 1851 prima e la Grande Guerra poi hanno falciato tutti gli uomini. Una comunità di sole donne è costretta per ben due volte a fronteggiare il presente con sentimenti alterni e contrastanti, ma con la determinazione invincibile di ripristinare il quotidiano, di dare di nuovo un futuro al villaggio.
Violette Ailhaud, l’autrice del memoriale, torna all’epoca dei suoi sedici anni, quando la rivolta repubblicana aveva per la prima volta spazzato via gli uomini del villaggio, e ci racconta di come, nei lunghi mesi di attesa, di resistenza, di lavoro e di solitudine, le donne stabiliscono uno straordinario patto per la vita. Il primo uomo che arriverà, sarà l’uomo di tutte, per ridare vita alla comunità. L’amore non c’entra. Si tratta di riaffermare la vita. E così avviene.
Una storia sconvolgente, verosimile, narrata con una lingua così concreta e sapiente da farci dubitare dell’identità dell’autrice e dell’autenticità del ‘manoscritto’.
Ma che cosa c’entro io, in effetti, con quelle donne di un villaggio francese del XIX secolo? Che cosa mi spinge a rappresentarle, a dare loro voce?
Prima di tutto, un’intuizione musicale. Nel libro La guerra non ha un volto di donna, Svetlana Aleksievic – premio Nobel 2015 per la letteratura – racconta di villaggi di sole donne dove la sera ci si riunisce per parlare di figli, mariti e padri assenti, di amore, di desiderio, di dolore. “La guerra la raccontano le donne – scrive la Aleksievic. Piangono. O cantano, ma è anche questo un pianto”.
Il canto, dunque, come espressione primordiale. E le Faraualla – gruppo vocale pugliese con una lunga e gloriosa storia alle spalle – mi sono sembrate da subito le protagoniste ideali del racconto. L’unica figura maschile, ‘l’uomo seme’ appunto, è un maniscalco, e Rodolfo Rossi, musicista, didatta e percussionista di valore ne è per me l’interprete perfetto. Ho subito immaginato nascere questo racconto di scena attorno a un grande albero teatrale. Un albero-casa, un albero sonoro, un’invenzione di paesaggio attraversata dalla luce. Barbara Petrecca è l’artista-artigiana che l’ha realizzato. Successivamente, ho scoperto che il luogo di nascita e di morte di Violette Ailhaud, Saule-Mort, significa – letteralmente – salice.
Infine, alla ricerca di un gesto teatrale esatto, concreto ed emotivo ho chiesto a Elisa Barucchieri, danzatrice e coreografa di grande sensibilità, di collaborare alla ricerca di questa lingua di scena. Le luci sono di Cesare Accetta, compagno di strada da molti anni”.
Sonia Bergamasco
2 marzo 2019
Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo Stabile di Palermo
in collaborazione con Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale
LA SCORTECATA
liberamente tratto da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile
con Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola
elementi scenici e costumi Emma Dante
luci Cristian Zucaro
assistente di produzione Daniela Gusmano
assistente alla regia Manuel Capraro
Emma Dante dirige La scortecata, una favola senza tempo, grottesca e affascinante, rivisitazione della celebre novella della raccolta Lo cunto de li cunti di Giovambattista Basile. È la storia di due ‘vecchie’, interpretate da due uomini, Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola e di un re che s’innamora della voce di una delle due e la invita a passare la notte con lui. Il sovrano appena si accorge dell’inganno, la butta giù dalla finestra, ma un incantesimo muterà le sorti dei protagonisti.
Una produzione Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo Stabile di Palermo.
Lo cunto de li cunti overo lo trattenimiento de peccerille, noto anche col titolo di Pentamerone (cinque giornate), è una raccolta di cinquanta fiabe raccontate in cinque giornate. Prendendo spunto dalle novelle popolari, Giambattista Basile crea un mondo affascinante e sofisticato partendo dal basso. Il dialetto napoletano dei suoi personaggi, nutrito di espressioni gergali, proverbi e invettive popolari, produce modi e forme espressamente teatrali tra lazzi della commedia dell’arte e dialoghi shakespeariani. Come una partitura metrica, la lingua di Basile cerca la verità senza rinunciare ai ghirigori barocchi della scrittura.
La scortecata è lo trattenimiento decemo de la iornata primma e narra la storia di un re che s’innamora della voce di una vecchia, che vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Il re, gabbato dal dito che la vecchia gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Ma dopo l’amplesso, accorgendosi di essere stato ingannato, la butta giù dalla finestra. La vecchia non muore, perché riesce a restare appesa a un albero. Una fata, lì di passaggio, fa un incantesimo e la trasforma in una bellissima giovane. Il re, allora, la prende in moglie.
In una scena vuota, due uomini, a cui sono affidati i ruoli femminili come nella tradizione del teatro settecentesco, drammatizzano la fiaba incarnando le due vecchie e il re. Basteranno due seggiulelle per fare il vascio, una porta per fare entra ed esci dalla catapecchia e un castello in miniatura per evocare il sogno. Le due vecchie, sole e brutte, si sopportano a fatica, ma non possono vivere l’una senza l’altra. Per far passare il tempo nella loro misera vita inscenano la favola con umorismo e volgarità, e quando alla fine non arriva il fatidico: “e vissero felici e contenti…” la più giovane, novantenne, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire dalla pelle vecchia la pelle nuova.
16 marzo 2019
CTB Centro Teatrale Bresciano
con la collaborazione artistica Le Belle Bandiere
LE RELAZIONI PERICOLOSE
conto aperto tra la marchesa di Merteuil e il visconte di Valmont
ovvero lettere raccolte tra un gruppo di persone e pubblicate a scopo d’istruirne alcune altre
dal romanzo omonimo di Choderlos de Laclos
con Elena Bucci, Marco Sgrosso Gaetano Colella
progetto ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci e Marco Sgrosso
assistenza all’allestimento Nicoletta Fabbri, Sara Biasin
luci Loredana Oddone
drammaturgia del suono Raffaele Bassetti con la collaborazione di Franco Naddei
consulenza ai costumi Ursula Patzak
sarta Marta Benini
parrucche Denia Donati
collaborazione alle scene Carluccio Rossi
macchinismo e direzione di scena Viviana Rella
regia Elena Bucci
con la collaborazione di Marco Sgrosso
Le relazioni pericolose è la nuova elaborazione drammaturgica di Elena Bucci e Marco Sgrosso, artisti uniti da un lungo sodalizio nella compagnia teatrale Le Belle Bandiere. Lo spettacolo è tratto dall’omonimo romanzo epistolare di Pierre-François Choderlos de Laclos, autore settecentesco a suo tempo celebre per lo scandalo generato dalla pubblicazione di questo romanzo, oggi considerato un classico della letteratura grazie alle sue riflessioni argute e amare sulla natura dei rapporti di potere, sulla volontà di potenza che si rivela alla fine fallimentare, producendo morte e follia.
Una produzione CTB Centro Teatrale Bresciano con la collaborazione artistica Le Belle Bandiere.
“È davvero una pericolosa tentazione, affrontare il romanzo epistolare di Laclos, generale, scrittore, inventore, giacobino, amico del Duca D’Orléans, segretario governativo per Danton, governatore sotto Napoleone, capace di danzare con la storia, con le arti e con tutti i poteri che si sono avvicendati in quel secolo straordinario.
Siamo immersi in un gioco di specchi, falsari e finte chiavi, dove balenano verità sempre diverse, velate e disvelate dalle armi dell’intelligenza e dell’ironia più amara. Attraverso fiumi di lettere di personaggi affascinanti e crudeli, fidenti ed amorosi, ma sempre clamorosamente teatrali, si snoda l’abile strategia che rivela la matematica spietata dei rapporti e il mutevole duello tra vittima e carnefice, per arrivare, come in un meccanismo ad orologeria, alla grande esplosione finale.
Merteuil e Valmont sono vampiri allo specchio, assetati di linfa vitale, arditi nelle mosse di un gioco al massacro, vigliacchi nell’esperire i sentimenti, paurosi di perdere il controllo, assediati dal desiderio di potere. Tourvel, Cécile e Danceny vengono evocati dalla voce dello stesso autore, usati, immolati, succhiati, svuotati. Lo stesso Laclos diventa protagonista e testimone dei segreti e delle esecuzioni, conosce e favorisce tutte le trame. Ma qualcosa sfugge alle strategie, l’ingranaggio si inceppa, gli specchi rimandano immagini inattese, si spezza il legame tra i complici.
La mossa finale è sbagliata e il conto tra vincitori e vinti resta aperto.
Quest’opera geniale, attraverso le storie di amore e sesso di qualche singolare individuo, traccia il ritratto di un’intera epoca alla vigilia di una rivoluzione che ha cambiato la storia, con le sue aperture al futuro, le sue trappole, le limpide utopie, le paure, la cecità.”
Elena Bucci e Marco Sgrosso
6 aprile 2018
Sardegna Teatro
in collaborazione con compagnia Teatropersona
con il sostegno di Fondazione Pinuccio Sciola, Cedac Circuito Regionale Sardegna
MACBETTU
di Alessandro Serra
tratto da Macbeth di William Shakespeare
con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino
traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
musiche pietre sonore Pinuccio Sciola
composizioni pietre sonore Marcellino Garau
regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra
Macbettu, vincitore del premio UBU 2017 come miglior spettacolo dell’anno, prende spunto da un lato dal Macbeth di William Shakespeare, dalla sua universalità e la pienezza di sentimenti, dall’altro dall’ispirazione del regista Alessandro Serra di fronte ai carnevali della Barbagia. Un lavoro, recitato in sardo, con una forza arcaica e con l’interpretazione solo maschile di Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino. Ogni oggetto – i costumi, le pietre, il sughero, i campanacci – è elemento coerente e contribuisce alla costruzione di uno spazio visionario ed evocativo, in cui gli attori si muovono, seguendo precise traiettorie coreografiche.
Una produzione Sardegna Teatro.
Macbettu di Alessandro Serra s’incunea in un crocevia: da un lato le intuizioni geniali del Macbeth di Shakespeare, dall’altra l’ispirazione del regista di fronte al Carnevale barbaricino. Della vicenda scespiriana si recupera l’universalità e la pienezza di sentimenti, millimetricamente in bilico sul punto di deflagrare. Di fronte ai carnevali sardi una visione: uomini a viso aperto si radunano con uomini in maschere tetre e i loro passi cadenzano all’unisono il suono dei sonagli che portano addosso. «Quell’incedere di ritmo antico, un’incombente forza della natura che sta per abbattersi inesorabile, placida e al contempo inarrestabile: la foresta che avanza» – così Serra descrive la suggestiva ascendenza da cui è scaturito il suo lavoro di contaminazione.
Macbettu traduce – e volontariamente tradisce – il suo riferimento testuale, valica i confini della Scozia medievale per riprodurre un orizzonte ancestrale: la Sardegna come terreno di archetipi, orizzonte di pulsioni dionisiache. La riscrittura del testo operata dal regista, trasferita poi in limba sarda da Giovanni Carroni, guarda a una interpretazione sonora: gli attori sulla scena – uomini, come da tradizione elisabettiana – decantano una lingua che è pura sonorità, si allontanano dal giogo dei significati per magnificare il senso.
Sardegna Teatro sperimenta una modalità produttiva: abbandonando le logiche di produzione seriale, il Teatro di Rilevante Interesse Culturale sardo ha accompagnato il lavoro nella ricerca specifica di ciascun interprete e nella promozione di un contesto di costruzione dello spettacolo con una tempistica lunga, proteggendo così la coltura dei frutti dell’arte.
Il risultato è uno spettacolo colmo di una meraviglia cupa, in grado di utilizzare elementi della tradizione, senza tuttavia fermarsi a una contemplazione statica, ma utilizzando i segni in modo schiettamente contemporaneo, quindi ambiguo, tragico, affascinante.
Macbettu at mortu su sonnu: Macbettu inquieta con l’atroce bellezza di un racconto senza parole, in grado – come da tradizione barbaricina – di dire senza rivelare.
3 – 4 maggio 2019
Teatro di Roma
in collaborazione con L’Uomo di Fumo – Compagnia Teatrale
REPARTO AMLETO
scritto e diretto da Lorenzo Collalti
con Luca Carbone, Flavio Francucci, Cosimo Frascella, Lorenzo Parrotto
Lorenzo Collalti, giovane regista e drammaturgo, scompone e attualizza Amleto per diventare un ingranaggio teatrale con Luca Carbone, Flavio Francucci, Cosimo Frascella, Lorenzo Parrotto. Reparto Amelto traspone la celebre vicenda ai giorni nostri, ambientandola in un ospedale dove il Principe di Danimarca si è recato in preda ad un attacco isterico vaneggiando e sostenendo di aver visto il fantasma del padre. Tra dialoghi travolgenti, botte e risposte entusiasmanti, si crea una situazione carica di ritmo e vivacità con citazioni filosofiche e battute esilaranti che trascineranno il pubblico in un vortice di risate e riflessioni.
Una produzione Teatro di Roma.
Ultim’ora. Amleto, principe di Danimarca, per lo meno è così che il giovane si è presentato, al suo arrivo in pronto soccorso quando, in preda ad un attacco isterico, vaneggiava sostenendo di aver visto il fantasma del padre. Ciò ha provocato non pochi disordini all’interno della struttura, dove un’importante equipe di esperti sta lavorando in queste ore per riportare la calma. Dopo una pesante dose di antidepressivi la situazione è stata normalizzata. Così il primario del reparto psichiatrico, dove il giovane è stato inserito, afferma: “Al momento la prognosi è riservata, non voglio sbilanciarmi, ma voglio tranquillizzare l’opinione pubblica: le minacce di parricidio lanciate contro lo zio potrebbero essere solo dovute ad effetti collaterali dei farmaci somministrati. Solo dopo un’accurata anamnesi potremo verificare la reale pericolosità dell’individuo e determinare una terapia adeguata”. Stravolto un infermiere: “Siamo in difficoltà, non lo si può nascondere, ma crediamo nell’istituzione. È in ottime mani”. Diversamente i portantini che lo hanno immobilizzato: “Col turno di notte questo e altro!”. Per maggiori sviluppi vi preghiamo di rimanere seduti.
“The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark è forse l’opera più rappresentata, rivista e interpretata della storia. Lo è a tal punto da scoraggiare chiunque nella sua messa in scena. È proprio da questa riflessione che parte l’idea del testo: se il personaggio di Amleto fosse stato svuotato dalle infinite rappresentazioni e fosse sprofondato in una pesante depressione? Se fosse in una crisi continua, sottoposto a diverse interpretazioni degli innumerevoli registi fino a non capire più chi sia realmente e quali siano i suoi obbiettivi? Non risulterebbe forse più umano e vicino a noi? Un Amleto talmente sfinito da farsi internare. Cos’è Amleto se non un ragazzino troppo piccolo per essere re, abbastanza grande da piangere la morte di un padre e con un compito più grande di lui da portare a termine? Il colossale, epico e inarrivabile mostro sacro del teatro, nella pièce viene presentato come un adolescente in preda ad infinite paure e debolezze che non si sente pronto per affrontare una sfida da uomo. Siamo poi così distanti dal testo del drammaturgo inglese? Tutto questo diventa un pretesto per rileggere l’opera shakesperiana mantenendone le parti strutturali ma arricchendole della consapevolezza del Novecento. Sono infatti un ritmo serrato, una costruzione paratattica delle scene e un’assurdità del linguaggio a trasformare Amleto nell’immagine moderna di una società di solitudine e alienazione: un uomo colpevole soltanto di esser nato per rimettere in sesto il mondo”.
Lorenzo Collalti
COME SON VIVE LE CITTÀ – La Fondazione Teatro della Toscana per la Città Metropolitana
Il progetto 2018 della Fondazione Teatro della Toscana per la Città Metropolitana utilizza in senso programmatico le esperienze fatte l’anno passato con Nelle contrade vaga la poesia. L’idea del “far viaggiare il teatro” che è stata espressa nella metafora del furgone come Carro di Tespi, ritorna quest’anno simbolicamente nel concetto del “redistribuire l’offerta qualificandola”, che è una delle azioni chieste anche dal MIBACT ai Teatri Nazionali in quanto soggetti particolarmente votati al presidio di un territorio vasto.
La Fondazione con il Festival d’Autunno si mette dunque in una relazione dinamica col territorio, affinché produzione e distribuzione possano essere fluidificate e circolare con maggiore facilità. Attivano sinapsi, per svelare geografie inedite. Come già nel 2017, sono attente anche alla capacità del teatro di incidere sulla società, di promuovere il benessere, di analizzare fenomeni e cambiamenti dell’aspetto urbano, di lavorare sulla bellezza.
Giovani, promozione, lavoro: sono tre parole d’ordine sempre presenti nell’azione della Fondazione, anche e soprattutto rispetto all’area metropolitana.
6 – 7 ottobre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’
Teatrodante Carlo Monni
IL BARONE RAMPANTE
di Italo Calvino
mise en éspace di Andrea Bruno Savelli
in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana
Andrea Bruno Savelli dirige la mise en éspace de Il barone rampante di Italo Calvino.
Una produzione Teatrodante Carlo Monni nel più ampio progetto Il barone rampante della Fondazione Accademia dei Perseveranti, Fondazione Teatro della Toscana, sostenuto da Città Metropolitana di Firenze, in collaborazione con Comune di Scandicci e Comune di Campi Bisenzio.
L’iniziativa coglie dunque le suggestioni e i tratti stilistici della poetica calviniana e li rielabora generando due iniziative che agiscono sul piano civile e culturale, basate su ciò che per Calvino era fondamentale: la ricerca continua di un proprio posto nel mondo.
La poetica di Italo Calvino risulta apparentemente semplice, ma nasconde un’intrinseca complessità: i suoi personaggi guardano al mondo con malinconia, con gli occhi disincantati di chi è consapevole della propria solitudine, alla ricerca perpetua di una risposta alle domande esistenziali che affliggono ogni uomo.
Proprio per questo i racconti di Calvino ci invitano ad adempiere al dovere morale di “sfidare il labirinto senza arrendersi… occorre cercare e saper riconoscere chi e che cosa in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Calvino, grazie alle sue opere, ci indica i valori da salvare: bellezza, bontà, giustizia e libertà, nel tentativo di rinnovare il modo di vedere e dire le cose, valorizzando le nuove conoscenze acquisite e spingendoci fuori dai confini per noi rassicuranti, verso nuove realtà extrafamiliari, extraterrestri, insomma cosmiche.
Egli cerca un nuovo stile, che renda immediata la comunicazione con il lettore, ma il suo tono narrativo caratteristico implica, insieme al realismo della descrizione analitica, una nota fantastica, quasi fiabesca, intessuta al tempo stesso di lirismo e di ironia.
Calvino sentiva il bisogno di vedere le cose attraverso situazioni fantastiche, ma i suoi racconti si ispiravano alla realtà e sono per questo intrisi di tematiche civili e sociali sempre attualissime. La gravità dei problemi è addolcita dall’ironia malinconica che non esclude mai del tutto la speranza, cioè l’amore, “perché un atto d’amore”, dice Calvino, “è forse l’unica forma di rapporto positivo che possiamo avere con gli altri”.
11 – 13 ottobre 2018 | Teatro Niccolini di Firenze
Compagnia Virgilio Sieni, Associazione Figli D’Arte Cuticchio
con la collaborazione di Fondazione RomaEuropa Festival
promosso da Comune di Palermo, Assessorato alla Cultura
Mimmo Cuticchio, Virgilio Sieni
NUDITÀ
di Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni
Nudità è l’incontro tra due mondi e due visoni. In scena insieme, Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni instaurano forme di relazione tra corpo e pupo, ascolto e tattilità. Il corpo del danzatore e della marionetta sono messi in dialogo in un incontro su elementi fondamentali dello stare al mondo: camminare, sedersi, cadere, voltarsi, toccare.
Una produzione Compagnia Virgilio Sieni, Associazione Figli D’arte Cuticchio, con la collaborazione di Fondazione Romaeuropa.
La relazione tra Danza e Opera dei Pupi rappresenta un elemento inedito e un primo modello che guarda alla trasfigurazione dell’uomo e alla natura del gesto. Corpo e marionetta, trasmissione e tattilità, corpo articolare e gravità, sono gli elementi di questo viaggio nel gesto: una rappresentazione di come l’umano affiori in ogni fragilità del corpo e del pupo messi in relazione tra loro.
I due artisti hanno lavorato sull’anatomia della marionetta e sulle possibilità che il corpo del danzatore ha di appropriarsi di tecniche e azioni artistiche considerate superficialmente ‘non umane’.
Con l’arte della marionetta le leggi naturali del mondo emergono cristalline tra sospensione-orizzontalità e gravità-verticalità, richiamandoci in ogni istante alla ‘risonanza’ quale fonte dei nostri spostamenti e della nostra postura di abitanti del mondo. Le storie qui narrate cercano, nei meandri dell’incontro tra i due uomini, il gioco della trasmissione che ‘sbriciola’ la loro maestria.
13 – 14 novembre 2018 | Teatro Niccolini
ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione
IL GIARDINO DEI CILIEGI
Trent’anni di felicità in comodato d’uso
ideazione e drammaturgia Kepler-452
con Annalisa e Giuliano Bianchi, Paola Aiello, Nicola Borghesi, Lodovico Guenzi
scene e costumi Letizia Calori
luci Vincent Longuemare
suoni Alberto “Bebo” Guidetti
video Chiara Caliò
foto Luca Del Pia
regista assistente Enrico Baraldi
assistente alla regia Michela Buscema
regia Nicola Borghesi
Si ringraziano per l’ospitalità e la disponibilità ATER Circuito Multidisciplinare dell’Emilia Romagna, Teatro Comunale Laura Betti e Teatro dell’Argine
Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso della compagnia bolognese Kepler-452 nasce dall’incontro tra i componenti di Kepler-452 (Nicola Borghesi, Paola Aiello ed Enrico Baraldi) con due personaggi “immaginari” realmente esistenti, Giuliano e Annalisa Bianchi, ossia Ljuba e Gaev dell’omonimo dramma di Čhecov. Un modo per interrogarsi su che cosa significhi perdere un luogo dell’anima per ragioni economiche.
Una produzione ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione.
Nel dramma Il giardino dei ciliegi Anton Čhecov immagina che in un anno non definito di fine Ottocento il giardino dei ciliegi di Ljuba e Gaev, proprietari terrieri nella Russia prerivoluzionaria, vada all’asta per debiti insieme alla loro casa. Ad acquistarlo è Lopachin, ex-servo della gleba arricchitosi dopo la fine della schiavitù, rampante rappresentante della borghesia in ascesa. Il centro del dramma è la scomparsa di un luogo magico, profondamente impregnato delle vite di chi lo abita, che in questa rilettura dell’opera di Čechov diventa il luogo della coppia.
Nicola Borghesi, Paola Aiello ed Enrico Baraldi hanno cominciato così, come sono soliti fare, a sbirciare nelle pieghe della loro città, Bologna, alla ricerca del loro Giardino dei ciliegi. «Tra i moltissimi incontri che abbiamo fatto nel corso della nostra indagine – racconta la compagnia − ce ne è stato uno che ha cambiato definitivamente il corso delle prove e, inaspettatamente, delle nostre vite: quello con Giuliano e Annalisa Bianchi, che per trent’anni hanno vissuto in una casa colonica concessa in comodato d’uso gratuito dal Comune nella periferia di Bologna. Giuliano e Annalisa Bianchi per trent’anni si sono occupati di due attività principali: il controllo della popolazione dei piccioni e l’accoglienza di animali esotici o pericolosi. Si attiva così un ménage strano, marginale, meraviglioso: convivono in casa Bianchi babbuini, carcerati ex 41-bis in borsa lavoro, una famiglia rom ospite, boa constrictor. Trent’anni, come ci dicono Giuliano e Annalisa, di pura felicità».
Finché nel 2015 si avvicina il momento dell’apertura, proprio di fronte al loro giardino dei ciliegi, di un grande parco a tema agroalimentare. In coincidenza con l’avvicinarsi dell’apertura del parco i Bianchi ricevono un avviso di sfratto. La magia di questo contemporaneo Giardino dei ciliegi – gli animali, le relazioni, gli affetti – cessa improvvisamente di esistere in una mattinata di settembre. Una storia così lontana nel tempo e nello spazio da quella di Gaev e Ljuba eppure così simile nella sua essenza.
Nicola, Paola ed Enrico hanno trascorso molto tempo con i Bianchi, cercando di capire che cosa fosse successo e quale sia la loro posizione rispetto alla vicenda che li ha travolti, provando a innamorarsi senza perdere la lucidità. Dopo un lungo corteggiamento sono riusciti a convincerli ad andare in scena, a vestire i panni di Ljuba e Gaev e a raccontare, insieme agli attori, la storia dello sgombero e del loro incontro.
Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso vuole essere un’indagine su dove oggi si sia posata la dialettica tra illuminismo e magia, tra legge e natura, e su dove ci troviamo noi. Forse, più semplicemente, è la storia di un incontro.
24 – 28 novembre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ Prima Nazionale
Gogmagog
GIOVANNI PER CAMPARE DIGIUNAVA
progetto curato da Stefano De Martin
ideazione e drammaturgia Virginio Liberti
con Cristina Abati, Carlo Salvador, Rossana Gay, Tommaso Taddei
illustrazioni originali Marco Ferro
elaborazioni video Ines Cattabriga
disegno luci Antonella Colella
tecnici Antonella Colella, Francesco Margarolo
regia Tommaso Taddei
con il sostegno di Regione Toscana – Sistema Regionale per lo spettacolo, Città Metropolitana di Firenze, Fondazione Teatro della Toscana, Comune di Scandicci
Gogmagog presenta Giovanni per campare digiunava un progetto curato da Stefano De Martin, ideazione e drammaturgia Virginio Liberti, con Cristina Abati, Carlo Salvador, Rossana Gay, Tommaso Taddei. Lo spettacolo si alimenta degli esiti di un laboratorio lungo un anno con oltre 90 adolescenti di due istituti superiori di Scandicci. La scintilla scatenante è stata la lettura de Il digiunatore di Franz Kafka, nonché la conoscenza ravvicinata di uno dei più affermati digiunatori di fine ‘800, Giovanni Succi da Cesenatico, scomparso 100 anni fa a Scandicci.
Una produzione Gogmagog.
Nel 1922 fu dato alle stampe Ein Hungerkünstler scritto da Franz Kafka che, gravemente ammalato, morirà anoressico due anni dopo. Narra di un digiunatore di professione che, non trovando il cibo adatto a lui, si lascia morire nella gabbia in cui era stato rinchiuso per la sua esibizione. Il modello ispiratore potrebbe essere stato lo stravagante e internazionale Giovanni Succi.
Incredibile è stata la vita di Succi che nello spettacolo prenderà la forma di una grafic novel agita dal vivo: utilizzando una tecnica narrativa nella quale il linguaggio della scena dialoga e si interseca con altre forme di espressione artistica fondendo il lavoro dell’attore con la narrazione a fumetti, con l’illustrazione animata, con frammenti di video e foto d’epoca e con la musica per rendere a pieno la magia, la meraviglia e lo stupore estetico propri degli spettacoli da baraccone dei primi del novecento.
I manifesti che ne annunciavano le imprese, le fotografie e i filmati delle città in cui si esibiva, le musiche, le affabulazioni da imbonitore, le dichiarazioni altisonanti, le invettive e le lettere inviate a monarchi e scienziati si mescolano alle tavole realizzate appositamente per la scena che ripercorrono le gesta e le crisi, le sconfitte e le vittorie, i viaggi, gli affari, gli incontri e gli scontri, del grande Giovanni Succi. Il lavoro si snoda come uno straniante documentario fedele alla vita dell’artista e ai canoni estetici e rappresentativi del suo tempo, in modo da restituire tutta la carica di avventura, di epicità, di mistero e di meraviglia propri di quelle esperienze.
6 dicembre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’
Fondazione TPE, Nordisk TeaterLaboratorium, Gitiesse Artisti Riuniti
in collaborazione con Centro Coreografico Korper
Lorenzo Gleijeses
UNA GIORNATA QUALUNQUE DEL DANZATORE GREGORIO SAMSA
regia e drammaturgia Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses, Julia Varley
suono e luci Mirto Baliani
consulenza drammaturgica Chiara Lagani
spazio scenico Roberto Crea
gli oggetti coreografici sono frutto di una serie di incontri con Michele Di Stefano
nell’ambito del progetto 58° Parallelo Nord
Lorenzo Gleijeses mette in scena la vicenda di un immaginario danzatore omonimo del protagonista de La Metamorfosi: Gregorio Samsa. Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa è un progetto di creazione che mette in crisi il ruolo monocratico dell’artista demiurgo, procedendo per tappe che portano sopra di sé i “segni” evidenti dell’incontro stesso con particolari compagni di viaggio.
Una produzione Fondazione TPE, Nordisk TeaterLaboratorium, Gitiesse Artisti Riuniti, in collaborazione con Centro Coreografico Korper.
Dalla primavera 2015 il progetto 58° Parallelo Nord ha riunito, in una sorta di cantiere teatrale aperto, Eugenio Barba e Julia Varley (Odin Teatret), Luigi De Angelis e Chiara Lagani (Fanny & Alexander), Michele Di Stefano e Biagio Caravano (mk), chiamati a intervenire attivamente in sessioni separate su alcuni materiali performativi proposti da Lorenzo Gleijeses e dal musicista Mirto Baliani.
Da questa prima fase di esplorazione, hanno avuto origine due progetti produttivi autonomi, che vedono protagonista Gleijeses, accompagnato dalle musiche originali eseguite dal vivo da Mirto Baliani. Da un lato la performance Corcovado, diretta da Michele Di Stefano e Luigi De Angelis, con debutto previsto per la primavera 2019. Dall’altro, lo spettacolo teatrale, Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa, diretto da Eugenio Barba insieme a Julia Varley e allo stesso Gleijeses, e prodotto da Fondazione TPE, Nordisk Teaterlaboratorium e Gitiesse Artisti Riuniti. La fase di allestimento dello spettacolo avrà un ulteriore momento di apertura al pubblico in occasione del Napoli Teatro Festival Italia, a giugno 2018, quando verrà presentata Mente Collettiva: masterclass di Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley, focalizzata sugli interventi concreti del Maestro nella fase finale del processo di prove. Lo spettacolo, dopo l’anteprima al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci debutterà in prima assoluta al Teatro Astra di Torino a gennaio 2019.
In scena assistiamo alla vicenda di un immaginario danzatore omonimo del protagonista de La Metamorfosi: Gregorio Samsa. Lo osserviamo svolgere la sua routine quotidiana mentre interagisce con una tecnologia pervasiva che sembrerebbe fagocitare qualsiasi tentativo di relazione umana. Lo scopriamo prigioniero della continua ripetizione dei propri “materiali performativi” da memorizzare in vista di un imminente debutto. Gregorio è convinto che attraverso una ripetizione ossessiva delle sue partiture sia possibile arrivare ad un alto livello di precisione tecnica e di qualità interpretativa ma, di contro, il suo perfezionismo lo catapulta in un limbo in cui si erodono i confini tra reale e immaginario, lavoro e spazio intimo, tra teatro e vita quotidiana, mondo esterno e inner space.
Gregorio ripete le sue sequenze coreografiche, come un novello Sisifo, per una pulsione psicopatologica? Oppure è semplicemente mosso dal desiderio di spingere al massimo i risultati del suo lavoro? Dove è – se esiste – il confine tra voglia di migliorarsi e deriva ossessiva?
Gregorio è inglobato in una “macrocoreografia panica” che continua a riprodurre permanentemente, come un ragno che non può evitare di tessere la propria tela. I movimenti che prova senza posa sono frutto di un lavoro di concezione minuzioso tale da acquisire un peso specifico, una ponderatezza, un equilibrio che le azioni della sua vita reale non riescono neanche lontanamente a intravedere. La sua ricerca artistica doppia la sua stessa vita, acquisisce una ricchezza labirintica a scapito di una quotidianità sempre più piatta, erosa da una monotonia indotta dalla sua ricerca maniacale.
18 – 19 dicembre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’
Pupi e Fresedde/Teatro di Rifredi, Il Giardino di Archimede
Samuele Picchi, Fabio Magnani
LA MATEMATICA IN CUCINA
Un cabaret matematico-culinario
dall’omonimo libro di Enrico Giusti
riduzione e regia Angelo Savelli
elementi scenici Mirco Rocchi
Angelo Savelli dirige Samuele Picchi e Fabio Magnani ne La matematica in cucina dall’omonimo libro di Enrico Giusti. Lo spettacolo altro non è che un cabaret matematico-culinario. Come dire: Pitagora sul palco di Zelig.
Una produzione Pupi e Fresedde/Teatro di Rifredi, Il Giardino di Archimede.
Un’opera curiosa dove la matematica si diverte ad apparire dove meno ci si aspetterebbe di trovarla: nella cucina di casa nostra. Perché, a guardar bene, anche in questo regno dei profumi e dei sapori, dietro al getto d’acqua del rubinetto o ad una patata da sbucciare, possono emergere insospettate alchimie matematiche, a volte tutt’altro che elementari.
L’importante è sapersi porre delle domande. Così, durante la preparazione di un’insalata e di un piatto di spaghetti, ci si può chiedere perché il rollè cuoce più in fretta dell’arrosto e perché il getto d’acqua che esce dal rubinetto si restringe scendendo verso il basso. Ogni oggetto può diventare lo spunto per una scoperta matematica calata nella realtà, sfatando la leggenda di una disciplina evitata da molti perché troppo astratta.
In una cucina così piena di sorprese, non stupirà che la trattazione della materia scientifica venga affidata non a degli esimi professori ma ad una scalcagnata coppia di comici da avanspettacolo: l’imbranato letterato Pinotto, che si ritiene un principe dei fornelli, e l’aitante ma petulante matematico Gianni, costretti dalla loro condizione di scapoli a condividere due camere con cucina nei pressi dell’Università.
Tratto dall’omonimo libro di Enrico Giusti, esimio professore di Storia delle Matematiche, e trasformato in spettacolo da Angelo Savelli, regista da diversi anni interessato ai rapporti tra Scienza e Teatro, “La matematica in cucina”, tutto ambientato tra pentole e fornelli, apriscatole e caffettiere, si propone come una gustosa ricetta scientifico/culinaria per tutti quelli che la matematica hanno sempre stentato a digerirla.
19 – 20 febbraio 2019 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’
Pupi e Fresedde/Teatro di Rifredi
Andrea Bruno Savelli, Francesco Franzosi, Nicola Pecci, Marzia Risaliti
UNO, NESSUNO E CENTOMILA… PIRANDELLO
conferenza/spettacolo di Angelo Savelli
Angelo Savelli dirige Andrea Bruno Savelli, Francesco Franzosi, Nicola Pecci e Marzia Risaliti nella conferenza/spettacolo Uno, nessuno e centomila… Pirandello. Si affronta la teoria dell’umorismo di Luigi Pirandello – elaborata in un suo celebre saggio e incarnata in quasi tutte le sue opere – inserendola nel più generale contesto culturale europeo dell’inizio del nostro secolo, nel quale l’umorismo diventa un grimaldello per leggere una realtà completamente rivoluzionata nelle sue fondamenta.
Una produzione Pupi e Fresedde/Teatro di Rifredi.
Dopo Darwin, Freud, Marx, Einstein tutte le certezze diventano relative. L’individuo entra in crisi nel suo rapporto con la realtà oggettiva e con i valori che tradizionalmente avevano garantito la sua unità e integrità psicologica, trasformandosi da eroe romantico in individuo problematico. Nella letteratura Kafka, Proust, Beckett, Joyce testimoniano questa frantumazione non solo della personalità interiore ma anche del tempo, dello spazio e del senso.
L’umorismo che, come il cubismo, inserisce schizofrenicamente più punti di vista contemporanei sullo stesso oggetto, sembra allora diventare uno dei pochi modi possibili per raccontare l’uomo contemporaneo: “l’uomo senza qualità”, “il borghese piccolo piccolo”, “l’idiota”, “lo straniero”, il cinico brillante che si barcamena pateticamente tra vita e pensiero.
Dopo un sintetico, ma esaustivo e illuminante exursus biografico e artistico, la conferenza/spettacolo, utilizzando lo strumento tipicamente pirandelliano del metateatro, mette in scena una sintesi dell’ultimo grande romanzo di Pirandello del 1926: Uno, nessuno e centomila, la comica tragedia di un uomo qualunque che una mattina guardandosi allo specchio scopre di avere il naso storto e finisce al manicomio. Nel percorso verso questa rappresentazione s’inseriscono organicamente, e in maniera piana e piacevole, le riflessioni sull’umorismo, brani di novelle e spettacoli pirandelliani (La patente), spezzoni di futurismo e varietà, citazioni di autori contemporanei e personaggi vari in cerca d’autore.
8 – 10 marzo 2019 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’
mum&gypsy
in collaborazione con Fondazione Fabbrica Europa
con il sostegno di The Saison Foundation, Agency for Cultural Affairs, Arts Council Tokyo
IL MIO TEMPO
regia e testo Takahiro Fujita
performer Aya Ogiwara, Ayumi Narita, Satoshi Hasatani, Yuriko Kawasaki, Andrea Falcone, Giacomo Bogani, Sara Fallani, Camilla Bonacchi
direzione tecnica Susumu Kumaki
disegno luci Kaori Minami
suono Daisuke Hoshino
video Jitsuko Mesuda
costumi Takayuki Suzuki
produzione Kana Hayashi
organizzazione Shiori Koga
tour manager Miwa Monden
in italiano e giapponese con sottotitoli
mum&gypsy, la compagnia teatrale fondata nel 2007 da Takahiro Fujita, uno dei più brillanti e prolifici registi del teatro contemporaneo giapponese e della nuova generazione di registi e drammaturghi, propone Il mio tempo con Aya Ogiwara, Ayumi Narita, Satoshi Hasatani, Yuriko Kawasaki, Andrea Falcone, Giacomo Bogani, Sara Fallani, Camilla Bonacchi.
Una produzione mum&gypsy, in collaborazione con Fondazione Fabbrica Europa, con il sostegno di The Saison Foundation, Agency for Cultural Affairs, Arts Council Tokyo&gypsy.
Il mio tempo è ambientato in un hotel di periferia dove si mescolano diverse lingue e dove ogni giorno ci sono persone che arrivano e che partono. Le storie degli ospiti e dei clienti si intrecciano sulla scena. Dove si trova questo hotel? In quale anno si svolge la storia? Non lo sappiamo. Questo è l’hotel per chi è in cerca del proprio tempo.
La prima fase del lavoro, Il mio tempo. Different Shape, è stata prodotta dalla Fondazione Teatro della Toscana in collaborazione con Fondazione Fabbrica Europa e presentata al Teatro Era di Pontedera nel 2015. In seguito, il regista Takahiro Fujita ha riunito quattro membri del cast più consolidato delle sue produzioni precedenti e i quattro attori italiani per sviluppare il lavoro in due residenze presso il Sainokuni Saitama Art Theater di Tokyo dove lo spettacolo ha debuttato nel 2017.
Come nelle sue produzioni precedenti, il regista giapponese non è partito da un testo precostituito ma lo ha costruito giorno dopo giorno attraverso vere e proprie interviste agli attori, accompagnandoli a dettagliare e ricostruire ricordi d’infanzia, suggestioni e esperienze. Questi ricordi sono stati poi elaborati e spogliati da riferimenti autobiografici, mixati e montati insieme fino a ottenere quello che lo spettatore vedrà poi nella performance.
Il mio tempo è stata un’opportunità per gli attori italiani e per quelli giapponesi di trovare una nuova modalità di comunicazione sulla scena, andando oltre quelli che sono i limiti linguistici e le differenze culturali.
mum&gypsy è una compagnia teatrale fondata nel 2007 da Takahiro Fujita, uno dei più brillanti e prolifici registi del teatro contemporaneo giapponese e della nuova generazione di registi e drammaturghi venuta alla ribalta dopo il 2000, influenzata dalle ricerche del maestro Oriza Hirata.
Partendo dalle teorie del maestro, Fujita ha maturato un suo personale stile drammaturgico basato su linee narrative che si sviluppano in parallelo attraverso un complesso intreccio di scene, ripetute come una sorta di refrain e presentate dalle prospettive dei diversi personaggi. Le scene sono mostrate al pubblico con una sequenza che ricorda un montaggio cinematografico, dove le linee temporali s’intrecciano, tra flashback e anticipazioni, mostrando i ricordi dei protagonisti e il loro universo interiore.
Nel 2011, all’età di 26 anni, Fujita ha vinto il 56° Kishida Drama Award con la trilogia The Signs to Return, Awaiting Dining Table, There, It is, The World to Throw Salt on.
La compagnia collabora con numerosi artisti giapponesi quali: Kan Sano (pianista), Takayuki Suzuki (stilista), Takashi Honma (fotografo) e Tatsuhisa Yamamoto (batterista), Yoshio Otani (musicista), Norimizu Ameya (regista), Machiko Kyo (illustratore), Hiroshi Homura (poeta) e Naoko Nakui (book designer). Nel 2016 Fujita scrive il testo Nina’s Cotton per il regista teatrale Yukio Ninagawa.
I lavori di mum&gypsy sono stati ospitati in prestigiose strutture e festival in Giappone e all’estero: Tokyo Metropolitan Theatre, Kyoto Experiment, Beijing Fringe Theater Festival (Cina), Fabbrica Europa (Firenze), GAM-Centro Gabriela Mistral (Cile), MESS International Theatre Festival Sarajevo (Bosnia), 24Hz Festival (Germania), Toyohashi Arts Theatre, Yamaguchi Center for Arts, ricca ricca*festa International Festival.
PROGETTI PER LE NUOVE GENERAZIONI
19 – 20 marzo 2019 | Teatro Niccolini di Firenze
Teatro di Roma, Teatro Stabile di Napoli, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus
in collaborazione con Teatro Stabile di Torino e The Co2 Crisis Opportunity Onlus
DIECI STORIE PROPRIO COSÌ
da un’idea di Giulia Minoli
drammaturgia Emanuela Giordano e Giulia Minoli
regia Emanuela Giordano
Dieci storie proprio così è parte integrante del progetto “Il Palcoscenico della legalità”
assistenti Giulia Agostini, Noemi Caputo, Tania Ciletti, Ilaria Meli
laboratori nelle scuole Emilia Lacroce e Marco Antonelli, Università di Pisa
il progetto è promosso da The Co2 Crisis Opportunity Onlus, Fondazione Pol.i.s, Fondazione Silvia Ruotolo, Libera, Fondazione Falcone, Centro Studi Paolo Borsellino, CROSS-Osservatorio sulla Criminalità Organizzata, Università di Pisa – Master in Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione, Larco – Laboratorio di Analisi e Ricerca sulla Criminalità Organizzata, DaSud, Italiachecambia.org
con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e del Ministero della Giustizia
con il sostegno di Fondazione con il Sud, SIAE, Eni spa, Poste Italiane
Dieci storie proprio così è una ‘ragionata’ provocazione contro quella rete mafiosa, trasversale e onnipresente, che vorrebbe sconfitta la coscienza collettiva, la capacità di capire e reagire. Scritto da Emanuela Giordano e Giulia Minoli e diretto dalla stessa Giordano, è lo svelamento dei complessi legami che si intrecciano tra economia “legale” ed economia “criminale”, legami che uccidono il libero mercato e minacciano gravemente il nostro futuro. Una produzione Teatro di Roma, Teatro Stabile di Napoli, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus, in collaborazione con Teatro Stabile di Torino e The Co2 Crisis Opportunity Onlus.
Emanuela Giordano e Giulia Minoli sono partite nel 2012 scavando nella memoria, per ricordare chi ha combattuto le mafie. Questo inizio costituisce l’ossatura imprescindibile della loro esperienza. Da allora hanno viaggiato in tutta Italia, approfondendo il tema della lotta alla criminalità organizzata grazie all’aiuto di alcune università italiane e ai tanti testimoni che hanno raccontato le loro storie. Per questa ragione hanno deciso di concentrarsi sul presente, su ciò che accade ora e su quello che ognuno di noi può realmente fare, assumendoci la responsabilità di un cambiamento faticoso, difficile ma irrinunciabile. Si è affrontato il tema della scelta. Storie e riflessioni che sintetizzano la complessità di un problema che non può più essere affrontato tracciando con sicurezza una linea di demarcazione tra chi è ‘contaminato’ e chi non lo è.
La criminalità organizzata si sta appropriando della nostra economia e noi non ce ne siamo accorti? È una forma di distrazione di massa o siamo complici? Cambia la logica del merito, del diritto, cambiano le regole del profitto e del mercato e siamo incapaci di reagire, ammutoliti e stanchi. Dieci storie proprio così traccia il profilo di personaggi collusi, grazie alla loro complicità le mafie hanno potuto infiltrarsi in tutti i settori dell’economia e non solo di quella.
Ma non è con il disincanto che possiamo combatterli. Non è l’assenza di impegno a salvarci. Per fortuna c’è chi si oppone, rischia, denuncia, indica alternative fattibili a questo degrado. C’è chi sceglie. Dieci storie proprio così vuole raccontare un’Italia poco conosciuta: il sindaco che combatte le logiche mafiose che intossicano la sua città, il commercialista che contrasta il rapporto tra aziende e denaro sporco, il giornalista, il collaboratore di giustizia, il testimone. Si intende far conoscere le strategie di impegno di un gruppo di liceali, la sfida di alcuni imprenditori, un’Italia viva di aziende, università, comunità che propongono un modo diverso di concepire le risorse economiche, gli spazi comuni, la nostra stessa esistenza. Possiamo farlo anche noi. Stare insieme, in teatro, può aiutarci a imparare.
Il progetto si rivolge soprattutto ai giovani. A tale proposito sono previsti dei laboratori di educazione alla legalità gratuiti, da svolgere in classe nei giorni precedenti lo spettacolo.
PRODUZIONI E COPRODUZIONI DEL TEATRO DELLA TOSCANA IN TOURNÉE
14 settembre 2018 | Teatro Paolo Grassi, Festival Tramedautore, Milano
15 – 16 marzo 2019 | Cantieri Teatrali Koreja, Lecce
19 – 24 marzo 2019 | Teatro Bellini, Napoli
Fondazione Teatro della Toscana
IL NULLAFACENTE
di Michele Santeramo
regia e spazio scenico Roberto Bacci
con Vittorio Continelli, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini
6 novembre 2018 | Nuovo Teatro delle Commedie, Livorno
In corso di definizione un progetto per il 2019 in collaborazione con gli Istituti Italiani di Cultura all’Estero
Fondazione Teatro della Toscana
Michele Santeramo
LEONARDO DA VINCI
L’opera nascosta
immagini Cristina Gardumi
luci Fabio Giommarelli
di e regia Michele Santeramo
Le storie, raccontandole, da vere diventano inventate e da inventate, vere.
Leonardo Da Vinci. L’opera nascosta è una storia inventata completamente, perché, come scrive Santeramo, “troppo spesso scambiamo le storie vere con quelle credibili”.
Michele Santeramo prosegue la collaborazione con Cristina Gardumi che cura le immagini di Leonardo Da Vinci con primi piani di una umanità che ha a che fare con Leonardo e la sua opera nascosta e dà vita a un mondo inventato, una distorsione della realtà, alla ricerca di un’altra verità possibile.
Come i sogni, che non esistono, ma che una volta sognati, eccoli lì palpitanti, a farci sudare e spaventare, ridere, emozionare. Seppure mai accaduti, eccoli attaccarsi al corpo come una qualunque cosa veramente successa.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Questa storia è tutta inventata.
Leonardo Da Vinci ne è il protagonista perché è uno dei pochi personaggi che, per tutta la sua sapienza e il suo ingegno e il suo genio, può risolvere, o almeno provarci, il più grande caso irrisolto che riguarda l’essere umano nella sua sfera artistica, scientifica, vitale: il passaggio tra la vita e la morte.
Già, proprio quello.
È l’unico al mondo a poterci riuscire.
Gli viene in mente di provarci in un pomeriggio di primavera, mentre guarda una battaglia nella quale un esercito usa le armi che lui ha inventato. Le sue opere diventano così un percorso di studio, il tempo nel quale vive diventa il contesto nel quale far attecchire la sua curiosità, per inventare un’altra realtà, che si specchi nell’arte e da quella prenda nuova coscienza.
Il racconto dialoga in scena con le immagini di Cristina Gardumi, primi piani di una umanità che ha a che fare con Leonardo e la sua opera nascosta.
Ovviamente, nessuno degli episodi che qui si raccontano sono accaduti veramente. Troppo spesso scambiamo le storie vere con quelle credibili; anzi, la credibilità delle storie è spesso legata al fatto che siano accadute veramente.
Ma se così fosse, se bastasse che un fatto sia accaduto per descrivere la realtà, allora la realtà sarebbe immutabile, non sarebbe mai messa in discussione, e le cose sarebbero semplicemente quello che sono. Non ci sarebbe scoperta, né invenzione, né arte, se non si potesse tradire la realtà inventandone una plausibile.
Preferisco pensare che “le storie, raccontandole, da vere diventano inventate e da inventate, vere”.
Come i sogni, che non esistono nella realtà ma che una volta sognati, eccoli lì palpitanti, a farti sudare e spaventare e ridere.
Michele Santeramo
8 novembre 2018 | Nuovo Teatro delle Commedie, Livorno
14 – 15 dicembre 2018 | Dialma Ruggiero, La Spezia
18 dicembre 2018 | Teatro India, Teatri di Vetro, Roma
Fondazione Teatro della Toscana, Gli Scarti, Leviedelfool
con il sostegno di NTC – Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno e ALDES
Leviedelfool
YORICK
Un Amleto dal sottosuolo
drammaturgia, regia e con Simone Perinelli
4 – 9 dicembre 2018 | Teatro Bellini, Napoli
Fondazione Teatro della Toscana
Leviedelfool
MADE IN CHINA
Postcards from Van Gogh
drammaturgia Simone Perinelli
con Claudia Marsicano e Simone Perinelli
aiuto regia e consulenza artistica Isabella Rotolo
musiche originali Massimiliano Setti
regia Simone Perinelli
Made in China – Postcards from Van Gogh è un lavoro attoriale a due, con Simone Perinelli e Claudia Marsicano, su una drammaturgia originale fortemente condizionata dall’opera del pittore olandese, non solo dalla produzione pittorica, ma anche da quella letteraria: le lettere a Theo, ma soprattutto quelle a Émile Bernard e alla sorella Wilhelmina.
Lo spettacolo si sviluppa attraverso quadri, il cui flusso è interrotto da episodi a se stanti che si esauriscono nel loro stesso compiersi.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Una cartolina dall’Olanda: saluti da Parigi! Sotto: una foto di Hong Kong.
Ecco il cortocircuito che prende vita e nella mente trasforma per qualche secondo un ombrellino cinese in un girasole in pieno stile “Van Gogh”. Due universi molto distanti, eppure vicino Hong Kong esistono fabbriche a cielo aperto interamente dedicate alla riproduzione di opere d’arte destinate al merchandising dei Musei. Tra le opere più gettonate “La Gioconda” di Leonardo da Vinci e “Dodici girasoli in un vaso” di Vincent Van Gogh.
Van Gogh, l’artista/operaio (846 tele, 1000 disegni, 821 lettere), e l’operaio/artista impiegato a Shenzhen. Da una parte il genio, la follia, il caso. Dall’altra la ricerca di un metodo infallibile per riprodurre miracoli su richiesta.
Entrambi specializzati in girasoli ma scommettendo su destini diversi.
Uno spettacolo su Van Gogh, ma soprattutto per Van Gogh.
Afferma Simone Perinelli: “Lo spettacolo si svilupperà attraverso quadri, il cui flusso verrà interrotto da episodi a sé stanti che si esauriscono nel loro stesso compiersi. La ricerca scenica punterà a trovare delle note nuove circa il lavoro attoriale a due, cercando di contrastare quelle che sono le garanzie, ma anche i cliché, del rapporto uomo-donna sulla scena. Lo stile del tutto sarà suggerito dal titolo dello spettacolo. Richiamerà quell’universo kitsch ed effimero proprio dell’oggetto cinese a basso costo. Un lavoro attoriale a due su una drammaturgia originale fortemente condizionata dall’opera del pittore olandese. La produzione pittorica, quella letteraria: le lettere a Theo, ma soprattutto quelle a Emile Bernard e alla sorella Wilhelmina.
Il lavoro nasce da un’attenzione meticolosa ai dettagli degli ultimi quadri, quelli dipinti durante il periodo di maggiore agitazione psicotica. Proprio da quei dettagli il testo prende vita e scorre attraverso suggestioni e richiami a quattro dipinti scelti: autoritratto con orecchio bendato, la sedia vuota, la notte stellata, la camera di Vincent ad Arles”.
15 – 20 gennaio 2019 | Teatro India, Roma
Fondazione Teatro della Toscana
QUASI UNA VITA
Scene dal Chissàdove
drammaturgia Stefano Geraci, Roberto Bacci
regia, scene e costumi Roberto Bacci
con Giovanna Daddi, Dario Marconcini, Elisa Cuppini, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Tazio Torrini
23 – 24 febbraio 2019 | Teatro dell’Unione di Viterbo Prima Nazionale
27 febbraio – 10 marzo 2019 | Tetro Strehler di Milano
13 – 31 marzo 2019 | Teatro Eliseo Roma
Fondazione Teatro della Toscana in coproduzione con Teatro Stabile di Torino, Teatro Biondo Stabile di Palermo
Gabriele Lavia, Federica Di Martino
I GIGANTI DELLA MONTAGNA
di Luigi Pirandello
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Antonio Di Pofi
regia Gabriele Lavia
Gabriele Lavia dirige e interpreta con Federica Di Martino I giganti della montagna di Luigi Pirandello. La vita è vento, la vita è mare, la vita è fuoco. Non la terra che s’incrosta e assume forma. Ogni forma è la morte. Il finale non scritto dell’opera, nelle intenzioni di Lavia, è una speranza, meglio, una certezza laica, che la poesia non può morire.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Stabile di Torino, Teatro Biondo Stabile di Palermo.
“Una compagnia di teatranti guidata dalla contessa Ilse arriva alla villa detta La Scalogna dove vive uno ‘strano’ mago che dà loro rifugio.
Cotrone, il mago, dice di essersi fatto ‘turco’ per il ‘fallimento della poesia della cristianità’…
Ma chi è questo ‘strano’ mago, mezzo vestito da turco, che vive nel ‘fallimento’, nella ‘caduta’ del mondo, ai margini della vita e ai confini del sogno?
Lo sanno tutti, è lo stesso Luigi Pirandello, agrigentino e nato, per una epidemia di colera da cui fuggire, in un ‘luogo a parte’ chiamato Caos, parola greca che vuol dire ‘spalancato, disordinato’.
Il suo contrario è Kósmos che vuol dire ‘ordinato, abbellito’, da cui, appunto, ‘cosmetico’.
E il Teatro di Pirandello, certo, non è ‘cosmetico’.
Ma Cotrone è anche qualcosa di più. È colui che vive rifugiato o emarginato nella propria illusione che il Teatro possa essere il Luogo Assoluto. Fuori da ogni contaminazione. Lontano da quei Giganti, da quelle ‘forze brute’, da quegli uomini (forse noi stessi!) che mettono paura solo a sentirli passare al galoppo!… I Giganti sono uomini che hanno dimenticato la coscienza della loro origine. Snaturati dal non voler conoscere se stessi. E dunque non possono far altro che continuare a uccidere la “poesia originaria” nata come specchio dell’uomo… uccidere il Teatro. Ma il finale ‘non scritto’ vorrei che fosse una speranza, meglio, una certezza laica, che la poesia non può morire”.
Gabriele Lavia
2 – 14 aprile 2019 | Teatro Carignano di Torino
15 – 17 aprile 2019 | Teatro Chiabrera di Savona
7 – 12 maggio 2019 | Teatro dell’Elfo di Milano
Fondazione Teatro della Toscana
Gabriele Lavia
I RAGAZZI CHE SI AMANO
uno spettacolo di Gabriele Lavia da Jacques Prévert
musiche Giordano Corapi
Gabriele Lavia torna in scena con il recital da Jacques Prévert I ragazzi che si amano. Un lavoro sull’amore giovanile e il rapporto degli innamorati con la realtà. Giovani che, estraniati dal mondo e dimentichi di tutto, non tengono conto della chiusura morale della gente verso la loro dolcezza.
Una produzione Fondazione Teatro della Toscana.
Due ragazzi si amano e si baciano al tramonto. La gente che passa, vedendoli, li disapprova indignata, ma loro non notano nulla, non ci sono per nessuno, vivono esclusivamente nel loro primo amore. Perché l’amore tra due giovani deve essere disapprovato, come se fosse qualcosa di proibito? Forse, perché i giovani hanno ancora il coraggio, che deriva dall’incoscienza o dall’innocenza dei loro anni, di manifestarlo liberamente, di viverlo come amore.
I ragazzi che si amano racconta un amore salvifico che dà l’unico senso possibile alla vita, un amore a cui aggrapparsi come naufraghi nel mare delle amarezze e ingiustizie dell’esistenza, un amore totalizzante che rigenera e crea un mondo in cui non c’è spazio per altri, in cui non esiste più niente se non i due giovani amanti. Ciascuno di noi può ritrovare echi e immagini della propria adolescenza.
L’amore e i giovani: niente e nessuno esiste più attorno a loro, poiché essi non appartengono più a questo mondo, ma a un altro, che vive nell’accecante calore del loro sentimento. Questo amore rigenera l’esistenza, rende unici e straordinari, crea un mondo e annulla gli altri, rende invisibili e senza paura. È un amore che libera.
Un percorso affascinante e coinvolgente, con una guida d’eccezione come Gabriele Lavia, attraverso le “nebbie”, non solo del porto del celeberrimo film di Marcel Carné (scritto dall’eclettico poeta), ma anche delle cave fumose in cui Juliette Greco cantava Le foglie morte (anche questa del Nostro) e delle immancabili sigarette Gauloises ‘papier mais’ tanto amate da Prévert.
Il Centro Studi della Fondazione Teatro della Toscana
Il Centro Studi della Fondazione Teatro della Toscana, con sede presso il Teatro della Pergola, si occupa della tutela e valorizzazione del patrimonio archivistico, librario e museale. Svolge inoltre un’intensa attività di ricerca e promozione culturale, con l’obiettivo di rendere accessibile a studiosi, spettatori ed appassionati di teatro il patrimonio della memoria custodito dai teatri gestiti.
> ATTIVITÀ CULTURALI
LIBRI A TEATRO
18 settembre 2018 | Teatro della Pergola
Presentazione dei volumi Glossario di regia. Cinquanta lemmi per una educazione sentimentale al teatro e Canovacci di Iconografia. La regia pensata: lezioni aperte verso una nuova disciplina teatrale di Arnaldo Picchi, a cura di Massimiliano Briarava (Firenze, La casa Usher, 2015 e 2017).
26 settembre 2018 | Teatro della Pergola
Presentazione del volume Tra mare e terra. Commedia dell’Arte nella Napoli spagnola (1575-1656) di Teresa Megale (Roma, Bulzoni, 2017).
3 ottobre 2018 | Teatro Niccolini di Firenze
Presentazione del volume Dopo Eduardo. Trenta anni di Nuova Drammaturgia a Napoli, a cura di Luciana Libero (Roma, Apeiron, 2018).
12 ottobre 2018 | Teatro della Pergola
Presentazione del volume La penna perduta. Scritti (1919-1936) di Mario Castelnuovo-Tedesco, a cura di Mila De Santis (Roma, Aracne Editrice, 2017).
24 ottobre 2018 | Teatro della Pergola
Presentazione dei volumi Scenari per la Comédie-Italienne di Carlo Goldoni, a cura di Andrea Fabiano (Venezia, Marsilio, 2017) e La Comédie-Italienne de Paris et Carlo Goldoni. De la commedia dell’arte à l’opéra-comique, une dramaturgie de l’hybridation au XVIIIe siècle di Andrea Fabiano (Paris, PUPS, 2018).
14 novembre 2018 | Teatro della Pergola
Presentazione del volume L’acrobata dello spirito. I Quaderni inediti di Orazio Costa, di Laura Piazza (Pisa, Titivillus, 2018).
21 ottobre – 16 dicembre 2018 | Teatro della Pergola
Inaugurazione 20 ottobre
SPETTATORI
Il pubblico della Pergola nei secoli
In occasione dell’anniversario dall’apertura al pubblico pagante del Teatro della Pergola, avvenuta nel 1718 con la prima rappresentazione dello Scanderbeg di Antonio Vivaldi, la Fondazione Teatro della Toscana organizza una mostra originale dedicata al pubblico dei teatri, alle sue caratteristiche e alla sua evoluzione nel corso dei secoli.
27 Marzo 2019 | Teatro della Pergola
GIORNATA MONDIALE DEL TEATRO
Presentazione del volume Il Teatro di via della Pergola di Maria Alberti e dell’archivio digitale degli spettacoli 1942-1993.
4 maggio 2019 | Teatro della Pergola
LA PANCHINA DELLE FIABE – ANTEPRIMA
Dopo il successo della prima edizione, torna l’evento per famiglie che trasformerà il teatro nel magico scenario di fiabe e racconti, narrati dagli studenti delle scuole superiori ai giovani spettatori, in un percorso itinerante tra luoghi conosciuti e spazi segreti. La Panchina delle fiabe è parte del progetto di alternanza scuola lavoro Ambasciatori dell’Arte, promosso da Gallerie degli Uffizi, Musei del Bargello, Polo Museale della Toscana, Opificio delle Pietre dure, Comune di Firenze, Musei Civici, Mus.e in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana, Biblioteca Medicea Laurenziana e Opera Medicea Laurenziana e con il contribuito di Unicoop Firenze.
> ATTIVITÀ PER LE SCUOLE
Le proposte didattiche della Fondazione Teatro della Toscana nell’area fiorentina seguono quest’anno il filo rosso della ‘scoperta del teatro’. Spettacoli, attività e progetti che, in questo momento di forte cambiamento per la scuola e per il teatro, partono dalla tradizione per rinnovarsi e sperimentare diversi metodi e linguaggi al fine di rispondere alle esigenze educative della realtà che ci circonda.
21 settembre 2018 | Teatro della Pergola
PRESENTAZIONE DEI PROGETTI “PER LA SCUOLA”
Venerdì 21 settembre presenteremo ai docenti delle scuole primarie e secondarie della Città metropolitana di Firenze le proposte didattiche dei teatri gestiti dalla Fondazione Teatro della Toscana: dalle matinée agli spettacoli itineranti ai progetti di alternanza scuola-lavoro. Interverranno la Vicesindaca Cristina Giachi, il Maestro Gabriele Lavia e il Direttore Generale della Fondazione Teatro della Toscana Marco Giorgetti.
21 settembre 2018 | Teatro della Pergola
LAVIA LEGGE LE TROIANE
26 ottobre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
MOVING STORIES
18 dicembre 2018 | Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
LA MATEMATICA IN CUCINA
19 – 20 febbraio 2019 |Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
UNO, NESSUNO E CENTOMILA… PIRANDELLO
20 – 22 febbraio 2019 | Teatro della Pergola
INGEGNI TEATRALI
Uno spettacolo per le scuole itinerante attraverso le menti e le vite di coloro che alla Pergola hanno pensato, costruito e sperimentato gli “ingegni teatrali”, dalle macchine dei rumori ottocentesche, al tubo acustico di Antonio Meucci, dalle macchinerie di Cesare Canovetti agli apparecchi illuminanti di Mario Baroni.
19 – 20 marzo 2019 | Teatro Niccolini di Firenze
DIECI STORIE PROPRIO COSÌ
3 maggio 2019 | Teatro della Pergola
I MESTIERI DELLO SPETTACOLO
Evento conclusivo dei progetti di alternanza scuola-lavoro 2018.2019 della Fondazione Teatro della Toscana. Per un intero pomeriggio il Teatro sarà animato da visite guidate, mostre, performance e progetti multimediali curati dagli studenti stessi, alle quali si aggiungerà una tavola rotonda di feedback sull’esperienza svolta, per dare vita tutti insieme ad una ‘occupazione creativa’.
4 maggio 2019 | Teatro della Pergola
PERGOLA AWARDS
La serata dedicata ai giovani, con i premi assegnati dalla giuria di under26 agli spettacoli della stagione appena terminata e ai migliori progetti didattici.
ABBONAMENTI
> Teatro della Pergola
Pergola Completo
Abbonamento a 21 spettacoli a posto fisso
Platea € 340 ● Posto palco € 264 ● Posto palco di III € 230 ● Galleria € 187
Pergola x 7
3 pacchetti abbonamento di 7 spettacoli ciascuno
A – Un cuore di vetro in inverno; John Gabriel Borkman; La tragedia del vendicatore; Miss Marple, giochi di prestigio; Il padre; Dracula; Marco Polo – La straordinaria avventura del Milione
B – Bella figura; After Miss Giuly; A testa in giù; Il penitente; La notte poco prima delle foreste; I promessi sposi alla prova; Regalo di Natale
C – The Deep Blue Sea; Misura per misura; Copenaghen; I fratelli Karamazov; Io e Pirandello; Don Chisciotte; Barry Lyndon (Il creatore di sogni)
Platea € 160 ● Posto palco € 127 ● Galleria € 90
SCEGLIPERGOLA x 10 – in vendita dal 24 settembre
10 spettacoli a scelta su tutto il cartellone: Platea € 236 ● Posto palco € 193 ● Galleria € 145
SCEGLIPERGOLA x 5 – in vendita dal 1° ottobre
5 spettacoli a scelta su tutto il cartellone: Platea € 135 ● Posto palco € 106 ● Galleria € 76
PERGOLA26 – in vendita dall’8 ottobre
Carta a consumo riservata ai giovani nati dopo il 1°gennaio 1992.
Per 5 spettacoli € 60
Per 3 spettacoli € 36
…Passa al Completo…
Per la stagione 2018-2019 gli abbonati che passeranno alla formula Completo da un altro pacchetto o da uno Sceglipergola potranno usufruire di una riduzione sul prezzo dell’abbonamento.
…Porta un amico…
Chi porta un “amico” potrà usufruire di una riduzione sul prezzo dell’abbonamento (per le formule a POSTO FISSO), valida anche per il nuovo abbonato.
N.B. condizione valida per ogni nuovo abbonamento sottoscritto contestualmente alle conferme degli abbonamenti della passata stagione. Si ha diritto a un abbonamento ridotto per ogni nuovo abbonato.
PREZZI:
Completo: Platea € 307 ● Posto palco € 238 ● Posto palco di III € 209 ● Galleria € 169
Pergola per 7: Platea € 144 ● Posto palco € 114 ● Galleria € 81
…Ridotto giovani under 35
I giovani fino a 35 anni di età potranno usufruire di una riduzione su tutte le formule di abbonamento. La riduzione è personale e applicabile solo su presentazione di un documento di identità presso la biglietteria del Teatro.
PREZZI:
Completo: Platea € 290 ● Posto palco € 225 ● Posto palco di III € 196 ● Galleria € 160
Pergola per 7: Platea € 137 ● Posto palco € 108 ● Galleria € 76
Sceglipergola x 10: Platea € 200 ● Posto palco € 165 ● Galleria € 124
Sceglipergola x 5: Platea € 115 ● Posto palco € 90 ● Galleria € 65
> Teatro Era
Le varie formule di abbonamento saranno in vendita a partire da settembre 2018. Tutte le info su www.teatroera.it
Gli abbonati al Teatro della Toscana hanno diritto alla riduzione sull’acquisto dei singoli biglietti degli spettacoli.