Progetti Alice e Pinocchio Liberati. A Roma e Cassino, due spettacoli di Laura Jacobbi e Paola Iacobone (dal 13 giugno)

  

Stagione teatrale 2017 | 2018

Teatro della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia

14 giugno 2018

ALICE Nel paese delle meraviglie?

di Laura Jacobbi

regiaFrancesca Rotolo

conAlina, Annamaria, Cristina, Claudia, Claudia, Laura, Lucia, Nadia

e con la partecipazione delle studentesse dell’IISS Charles Darwin

Casa Circondariale di Cassino

14 giugno 2018

PINOCCHIO

tratto da Le Avventure di Pinocchio di Collodi

regia di Paola Iacobone

con Younes Benrhahhou, Pasquale Cifonelli, Paolo De Marchi,  Antonio Donniacuo, TahaaEldahis, Antonio Galimo, Antonino Macri, Silvio Mascetti, Vincenzo Strafile, Samuel Tega

e la partecipazione straordinaria di Stefania Cocuzzo

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Nell’ambito del progetto teatrale Alice e Pinocchio Liberanti vincitore del Bando Officine di Teatro Sociale – Assessorato alla Cultura della Regione Lazio, l’associazione MAST – Officina delle Arti presenta due importanti appuntamenti il 14 giugno: ALICE Nel paese delle meraviglie? scritto da Laura Jacobbiper la regia di Francesca Rotolo presso ilteatrodella Casa Circondariale Femminiledi Rebibbia e PINOCCHIO tratto da Le Avventure di Pinocchio di Collodi, per la regia di Paola Iacobone presso la Casa Circondariale di Cassino.

ALICE Nel paese delle meraviglie?, vede protagoniste le detenute del laboratorio teatraledella Casa Circondariale Femminile di Rebibbia: Alina, Annamaria, Cristina, Claudia, Claudia, Laura, Lucia, Nadia.

Il tempo e lo spazio, due componenti importanti nella vita della nostra protagonista che si ritrova a vivere in un mondo in cui questi fattori non obbediscono alle leggi della vita reale. Ma chi è la nostra protagonista? Alice o Alina? Il tempo e lo spazio sono quelli del sogno di Alice o quelli della vita di Alina che si trova a vivere in carcere? Il sogno come il carcere: un mondo “altro”, in cui tutto è rappresentazione e rielaborazione della realtà.

 “Chi esser tu?” chiede il brucaliffo “Beh ecco, non lo so più nemmeno io chi sono, mi sono trasformata così tante volte” risponde Alice. In carcere il tempo è fermo, bloccato al tè delle cinque, come quel tè che Alice vorrebbe prendere con il cappellaio matto. Il tempo è fermo ma tutto intorno si muove, tutto si ripete identico a se stesso in uno spazio che determina l’azione del corpo: un corpo che si trasforma e che diventa o troppo grande o troppo piccolo in uno spazio che è o troppo stretto o troppo grande.

Ma sono anche altri i temi che in Alice possono ricondurci metaforicamente al carcere come ad esempio l’incontro con la Regina di cuori che porterà Alice a domandarsi cosa sia la Giustizia.

Bianconiglio: “siamo qui riuniti per il processo di Alice”

Regina: “Tagliatele la testa!”

Alice: “ma dovrebbe esserci prima una sentenza”

Regina: “esecuzione prima, sentenza poi”

Ma al di là dei punti in comune che si possono trovare tra il testo e la realtà in cui viene rappresentato  “Alice nel paese delle meraviglie?” è una commedia teatrale, nata per il teatro e non per il teatro in carcere e tale vuole rimanere anche nella messa in scena.  Il testo della Jacobbi riprende il capolavoro disneyano e lo rende attuale conferendo ai personaggi caratteristiche moderne. La costruzione registica: dall’ideazione scenica, ai costumi, dalle musiche, all’interpretazione attoriale, all’utilizzo di burattini tendono a sottolineare quanto il mondo onirico di Alice sia una rielaborazione di un mondo contemporaneo.

Per la prima volta anche la collaborazione di studenti dell’Istituito di Istruzione Superiore Charles Darwin di Roma, ragazze tra i 16 e i 18 anni che condividono con le detenute l’emozione del palco pur avendo provato separatamente.

“Credo nel potere educativo delle fiabe – scrive la regista Francesca Rotolo – con le loro parole semplici costruiscono nuovi immaginari. Nuove parole creano nuovi pensieri e quindi nuove identità. Giocare con le fiabe ci permette di ritornare a giocare con la nostra parte bambina, di prenderci meno sul serio, di ironizzare su noi stessi, la fiaba “smonta” l’adulto che abbiamo creato pieno di schemi e sovrastrutture e ci ricorda di essere semplici. Perché portare in scena una fiaba? Perché il 99% delle detenute sono madri e questo può essere un modo nuovo per condividere con i propri figli la gioia e il divertimento del teatro”.

PINOCCHIO  tratto da Le Avventure di Pinocchio di Collodi per la regia di Paola Iacobone, vede protagonisti i detenuti del laboratorio teatrale della C.C. di Cassino: Younes Benrhahhou, Pasquale Cifonelli, Paolo De Marchi,  Antonio Donniacuo, TahaaEldahis, Antonio Galimo, Antonino Macri, Silvio Mascetti, Vincenzo Strafile, Samuel Tega e la partecipazione straordinaria di Stefania Cocuzzo

Le Avventure di Pinocchio possono essere considerate una realtà parallela in cui è facile perdersi e da cui è molto difficile uscire. Un mondo fatto di parole, che ci riportano all’infanzia e che molto spesso divengono sinonimo del nostro essere, di immagini, mentali e non, di sensazioni ed emozioni. All’interno del testo di Collodi, come svela Giorgio Manganelli nel suo Pinocchio: un libro parallelo, pubblicato da Adelphi nel 2007, sono dunque racchiuse infinite possibilità che nel corso del tempo hanno preso vita in forme sempre nuove. L’essenza drammaturgica del testo e la sua naturale vocazione alla rappresentazione appare però quella più evidente e che inevitabilmente ha portato Le Avventure a innumerevoli ri-scritture sceniche. Personaggi, dialoghi, immagini e colori in Pinocchio richiamano infatti continuamente il mondo del teatro.

La sua stessa struttura, che non possiamo definire quella di una fiaba classica, non è infatti univoca e chiara ma ingloba al suo interno forme differenti che si sommano in una costruzione anomala e del tutto innovativa. Le fiabe sono infatti lineari, capaci di offrire ai loro piccoli lettori insegnamenti e morali che non abbiano valenze multiple, ma possano indicare un chiaro esempio da seguire. Le avventure di Pinocchio pongono invece continue ambivalenze e possibili letture che si ampliano all’interno degli stessi insegnamenti morali che presentano, fino a farli esplodere. All’interno di questa forma composita e capace di infinite letture si ritrovano tutte le esperienze passate dell’autore del testo, Carlo Lorenzini, che utilizzò lo pseudonimo di Collodi come affettuoso omaggio al paese natale della madre, che fu giornalista, critico, umorista, drammaturgo, traduttore di fiabe e scrittore di racconti per l’infanzia. Tutto è stratificato in una scrittura asciutta ed essenziale, evocativa nell’uso attento del toscano, realistica e al tempo stesso incoerente nelle descrizioni di luoghi mai conclusi e personaggi concreti nella loro irrealtà.

“Un testo che contiene in se tutto il necessario e che infatti durante il laboratorio abbiamo letto integralmente ognuno con il proprio libro e insieme ad alta voce nel corso delle prime sessioni – afferma la regista Paola Iacobone – Commentandolo, drammatizzandolo e facendolo nostro. Successivamente sono stati selezionati alcuni passi da portare in scena e sempre insieme abbiamo poi scelto gli interpreti per i diversi personaggi, provandoli e cambiandoli diverse volte. Cercando di mantenere intatto il filo narrativo originale, ma anche evidenziando la nostra personale interpretazione di quella fiaba che fiaba non è e di quel burattino, che poi è una marionetta e mai sarà solamente un bambino in carne ed ossa. Il nostro Pinocchio sbaglia e si rialza, nel suo continuo girovagare trova il senso del suo essere e alla fine si salva da solo. La fata c’è, non potrebbe non esserci lei, protagonista con Pinocchio del libro di Collodi, ma ha un ruolo molto ridimensionato soprattutto rispetto alla trasformazione del burattino.

È sorella, amica e madre che consiglia, protegge e solo grazie alla sua assenza dà a Pinocchio la possibilità di crescere e trasformarsi.Il nostro viaggio, come quello del burattino, è stato pieno di insidie e difficoltà. Il gruppo è cambiato diverse volte nei mesi, pur avendo dei membri fissi che hanno fatto da filo conduttore per i nuovi arrivati, per poi prendere una forma definitiva da marzo e affrontare insieme le giornate fondamentali di incontro con i mastri burattinai. Fulvio e Stefania Cocuzzo ci hanno portati in quella realtà tanto vicina alla favola collodiana e imprescindibile per la comprensione del mondo parallelo di Pinocchio; con loro i partecipanti al laboratorio hanno costruito burattini, visto il loro adattamento delle Avventure e animato i burattini in uno spettacolo per i figli degli altri detenuti della casa circondariale di Cassino. Un’esperienza cruciale anche nell’incontro con la nostra Fata e nella costruzione del nostro spettacolo. Una scrittura scenica realizzata sessione dopo sessione, con esercizi fisici e vocali, improvvisazioni a partire dal testo collodiano ma al cui interno inevitabilmente ci sono i corpi, le parole, le storie di ognuno dei partecipanti. Una rilettura del testo collodiano, che ne svela significati nuovi e al tempo stesso offre la possibilità agli attori in scena e al pubblico che parteciperà alla nostra performance finale di scoprire un nuovo Pinocchio e soprattutto un qualcosa di nuovo di sé stessi”.

 

Ufficio Stampa a cura di Maya Amenduni_____________________________

Author: Redazionale

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