Le Baruffe goldoniane
Al Teatro Stabile di Torino
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“Anch’io posso dire finalmente di aver visto una commedia! Hanno rappresentato oggi al Teatro di San Luca ‘Le Baruffe Chiozzotte’ (…). I personaggi, tutta gente di mare; abitanti del luogo, con le rispettive mogli, sorelle, e figliuole. I soliti chiassi di questa gente, nei momenti di gioia come nell’ira, i loro pettegolezzi, la vivacità, la bonomia, la volgarità, l’arguzia, il buonumore, la libertà dei modi, tutto è egregiamente rappresentato. Anche questo lavoro è di Goldoni; da parte mia vi ho assistito con immenso piacere, tanto più che proprio ieri ero stato a Chioggia e gli orecchi mi ronzavano del vocio di quei marinai e di quegli scaricanti e i loro gesti mi stavano innanzi agli occhi. Qualche allusione particolare mi è certo sfuggita, ma nel complesso ho potuto tener dietro il lavoro benissimo (…). Non ho mai assistito in vita mia a un’esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con naturalezza. E’ stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine ”.
Il commento di Goethe a Le Baruffe Chiozzotte, la commedia di Goldoni che il poeta e drammaturgo tedesco vide a Venezia nell’ottobre 1786 al Teatro di San Luca, durante il suo viaggio in Italia, è inequivocabile. E’ stata riproposta dal Teatro Stabile di Torino in una nuova produzione firmata da Jurij Ferrini, regista e attore, che ha scelto di rivisitare questo classico straordinario in modo convincente.
Tra le ultime produzioni del commediografo veneziano, è una pièce corale impregnata di realismo e di vita popolare, sullo sfondo dell’ambiente mercantile che l’autore stesso aveva conosciuto quando lavorò come “coadiutore aggiunto” presso la cancelleria criminale di Chioggia, alle dipendenze del podestà Francesco Bonfandini.
Prende avvio dall’atteggiamento malizioso di un giovane battelliere, Toffolo Marmottina, che approfittando dell’assenza degli uomini in mare, offre a Lucietta, la fidanzata di Titta Nane, e a Donna Pasqua, sua cognata, un pezzetto di zucca abbrustolita (la succa barucca) per far ingelosire la giovane Checca, sorella di Orsetta e ancora libera. L’episodio accende subito gelosie e rivalità tra le donne che si moltiplicano all’inverosimile quando gli uomini fanno ritorno e vengono a conoscenza dell’antefatto: avrebbe dovuto rimanere segreto ma il veleno del pettegolezzo femminile ha la meglio generando litigi e colpi di scena, litigi, botte e risposte.
Il disegno drammaturgico è lineare e sobrio: i caratteri, l’ambiente e gli individui si fondono in un quadro plebeo, dalle pennellate comiche e divertenti, che è sostenuto dall’intrigo scenico e dal realismo spiccato della rappresentazione.
Per evidenziare la fluidità del testo goldoniano e il ritmo serrato delle battute, Ferrini ha scelto di ridurre al minimo l’allestimento scenico, composto da assi di legno parallele, cornici di diversa grandezza, che evocano finestre, porte e balconi di villaggi di pescatori, in cui – come nei piccoli borghi – si esce da casa propria e quasi ci si trova in casa d’altri. Efficace e coerente l’idea di trasformare lo spazio teatrale in una prova aperta, senza costumi, per mettere in risalto lo sviluppo dialettico del testo. Che non è stato adattato o rimaneggiato ma tradotto ex novo dal chioggiotto – dialetto ancora più stretto del veneziano e quindi più difficilmente comprensibile.
Il lavoro di trasposizione, affidato a Natalino Balasso, ha unito il tono dialettale originario alla scansione ritmica della lingua italiana. Efficace l’inserimento di tre personaggi, portavoce di espressioni linguistiche “fuori contesto”rispetto al tono corale complessivo: Fortunato parla uno strano grammelot, inventato al momento, farfugliando e rendendo le parole comprensibili; Paron Vincenzo rievoca toni smaccatamente partenopei; Toffolo Marmottina ha un’inflessione che potrebbe essere quella di un immigrato. Suoni di un’umanità che – ancora oggi come allora – vive nelle periferie delle nostre città, nelle zone più degradate.
Non ci sono genitori in questa commedia, interpretata da un gruppo di attori che lavorano insieme da quattro anni: sono tutti giovani fratelli e sorelle, le cui azzuffate hanno una brutalità molto lontana dalla violenza mediatica cui siamo abituati ad assistere. Goldoni ha uno sguardo amorevole verso questi personaggi, la sua è un’osservazione profondamente umana, poetica, che li comprende e li mostra nella loro verità, nel loro essere anche divertenti e comici. Non dimentichiamo che i personaggi in scena sono anche gli spettatori delle sue commedie. Lo scrive lui stesso: “I teatri d’Italia sono frequentati da tutti gli ordini di persone; e la spesa è sì mediocre che il bottegaio, il servitore, il povero pescatore possono partecipare di questo pubblico divertimento”. Non si può dire che oggi sia ancora così, purtroppo.
Un altro elemento che connota Le Baruffe Chiozzotte, messo in evidenza dalla regia di Ferrini, è la celebrazione della femminilità nelle sue variegate implicazioni : “donne, danno, inganno, malanno” scrive Goldoni. Femminilità declinata in un mix di sensualità, passionalità amorosa e pettegolezzo. Che nasce dalla furia, la rabbia, la vanità, la gelosia, l’orgoglio: sono questi sentimenti che animano le azzuffate, che si smorzano e poi si riaccendono ancora più energiche, magari per una parola appena sussurrata.
E’ un’edizione, certo, molto lontana da quella che Strehler fece negli Anni Sessanta, fatta con mezzi scenici all’avanguardia e costosi allestimenti, che rimase in tournée per un trentennio circa. Lo ha ammesso Ferrini stesso: “Noi siamo il funerale di quel teatro, creiamo delle atmosfere, oggi lo facciamo con altri mezzi”. Nonostante tutto, a distanza di più di due secoli, Goldoni continua a trionfare.
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“Le Baruffe chiozzotte”
Di Carlo Goldoni
Traduzione di Natalino Balasso
Interpreti e personaggi
Elena Aimone / Donna Pasqua
Martteo Alì / Titta Nane
Lorenzo Bartoli / Padron Toni
Iurij Ferrini / Isidoro
Christian Di Filippo / Menola, Comandador
Sara Drago / Checca
Barbara Mazzi / Orsetta
Raffaele Musella / Toffolo
Rebezza Rossetti / Lucietta
Michele Schiano Di Cola / Padron Vincenzo
Marcello Spinetta / Beppo
Angelo Tronca / Padron Fortunato
Beatrice Vecchione / Donna Libera
Regia di Jurij Ferrini
Scene Carlo De Marino
Costumi Alessio Rosati
Luci Lamberto Pirrone