Francesco SEVERINI – Vagabolario “E” (“La casa delle parole perdute”)

 

Io scrivo


Vagabolario “E” – La casa delle parole perdute


Francesco Severini, Capolettera “E”, gouache, china e tempera su carta, cm 27×39



Ecco che una semplice descrizione (fatta appunto di parole) dà origine ad una piccola squisita leggenda.

La misteriosa Casa del Capitano, per i ragazzi di Faeto, ormai si è rivelata per quella che è: un Museo, l’amichevole depositario di tutti i ricordi francoprovenzali raccolti da Vincenzo nel corso di una vita. Gli oggetti qui accumulati parlano ai ragazzi oltre che del lavoro degli uomini anche della casa e dell’ambiente famigliare dove le donne hanno saputo conservare i segni più caldi e confortanti della tradizione.

La leggenda vuole che i ragazzi, ai quali non era mai successo di dover entrare in quel luogo poiché di giorno la porta era sempre chiusa, una volta riuscirono a penetrarvi.

– Ma che posto è questo! Che cosa è tutta questa roba?

– Mio nonno dice che qui abitava il capo dei briganti.

– Ma no! Questa era la casa più importante: vi abitava il Governatore del paese.

– Ma chi abita qui dentro? E tutte queste robe da dove vengono?

– Una come questa c’è anche a casa di mio zio, in campagna!

– Zitti, zitti! Guardate!

Chi era quell’uomo che li fissava? Forse, era il padrone di tutte quelle cose? Egli cominciò a parlare e raccontò di quella casa misteriosa e la storia di tutti quegli oggetti che sembravano accumulati a caso, l’uno sull’altro, senza nessun senso; invece erano la storia di Faeto: avevano nomi antichi che non si pronunciano più.

Quella era la casa delle “parole perdute” e lui era tutta la vita che le stava ritrovando.



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