Cinzia BALDAZZI – “Niente sesso, siamo in Grecia” (di Cinzia Berni, a favore di “Raggio di sole” – Sala Umberto, Roma)

 

Il mestiere del critico

 

NIENTE SESSO, SIAMO IN GRECIA



Sulle orme della Lisistrata di Aristofane, il testo di Cinzia Berni mette in scena una parodia della ”lotta di classe” combattuta tra i sessi, con agganci e battute di attualità. Incasso a favore della onlus Raggio di Sole. Roma, Teatro Sala Umberto.


La platea del Teatro Sala Umberto è affollata, mentre aspetto si apra il sipario su Niente sesso, siamo in Grecia, scritto da Cinzia Berni con la sua regia e la coreografia di Gianluca Bessi, ispirato alla celebre komodìa di Aristofane Lisistrata del 441 a. C. e al molto più recente adattamento musicale di Garinei e Giovannini Un trapezio per Lisistrata. Il titolo è invece tratto – forse per suscitare un ulteriore, piacevole gioco di sottintesi ludico-erotici – dalla scatenata farsa inglese No sex Please, We’re British di Alistair Foot e Anthony Marriott del ‘71.

Appena il palcoscenico è illuminato, compare un variopinto Coro – così è presentato, siamo appunto nel V secolo a.C. – costituito da quattordici vivaci e attive abitanti di Atene e Sparta (poi traslitterate Athenai-Athina e Sparte-Sparti): onorando i canoni tradizionali, vestite con eleganza conviviale, alcune racconteranno gli eventi ai quali assisteremo, altre li interpreteranno “in diretta”. Nelle opere di Aristofane, del resto, il parodo (l’entrata dei coreuti dopo il prologo) istituisce una stretta connessione con le vicende posteriori, dialogando con i protagonisti negli agoni, per rendere avvincente, nell’immediato, la rete dello schema narrativo.

Raggiungo il teatro già abbastanza rassicurata: non solo dal sapere che parte del ricavato della vendita dei biglietti, in questa gamma di incontri annuali di volontariato “tra le quinte”, verrà destinato alla onlus “Raggio di sole” impegnata nella pratica riabilitativa. Sono, inoltre, psicologicamente confortata in quanto l’idea principale e la forma di tal genere comico contengono in sé l’energia per superare la crisi dell’ordine politico, sociale e culturale in cui, nei risultati migliori, sono radicate. Dunque, considerati i tempi attuali, pur compiendo un bel salto a ritroso di circa duemila e quattrocento anni nello status ellenico, valuto allettante l’offerta dello spettacolo. Attenzione, non sono ovunque, come dire, “rose e fiori”, perché, con lo sfondo di un’enorme diapositiva dell’eccelsa Acropoli al tramonto, su un divano stile “modernista”, scorgo subito la coppia spartana di Dimitrione (Giovanni Trimarco) e la consorte Clio (Rosanna Barbati) argomentare se occupare il sabato sera in intimità o recarsi a vedere la commedia La Pace, anch’essa di Aristofane.

Di conseguenza penso, tentando di condividere l’animo dei personaggi dinanzi ai miei occhi, come non sia nemmeno per loro un periodo di grande tranquillità: ecco Dimitrione – nella camaleontica performance di Trimarco – discutere con incredula ironia la decisione, nella contemporaneità di allora, di identificare la tematica precisa di un qualsiasi allestimento con un sostantivo emblema della concordia appunto tra la “perla” dell’Attica e l’antico regno dell’omerico e pragmatico atride Menelao: essendo evidente a tutti che l’armonia avrebbe avuto breve spazio.

La battuta del determinato e volitivo rappresentante della combattiva polis situata tra i rilievi del Parnone e del Taigeto è assai appropriata. Ricordo in effetti di aver studiato la commedia La Pace come la prima dove l’autore adotta la categoria dell’assurdo – tipica del komos originario – in quanto, nella seconda guerra del Peloponneso, la tregua del trattato di Nicia del 421 a.C. (firmato a pochi giorni dal debutto aristofaneo alle Feste dionisiache), al quale il testo è dedicato, dalla maggioranza era giudicato piuttosto precario, concludendosi, infatti, nel 414 a.C., ben in anticipo sul cinquantennio previsto: quindi, sulla ribalta del nostro spettacolo, la calma, l’intervallo di quiete, sia per la gente di Atene che di Sparta è un’illusione infranta.

Mentre nella Lisistrata ispiratrice siamo, dunque, in pieno conflitto, nella trama-intreccio di Niente sesso, siamo in Grecia lo scontro è al suo esordio. Sagace e notevole è parsa, in questo arcaico saturday night (con il brillante sound di Staying Alive sui passi di John Travolta), dopo il parodo e gli agoni concentrati in “singolar tenzoni” matrimoniali, la scelta di inquadrare le polis tormentate da una “lotta di classe” tra sessi in un convincente première plan: ottenuto per mezzo di ingressi e uscite, in un rapido ed efficace mix di esibizioni recitate, cantate e ballate, di altre quattro coppie di coniugi preparati a godersi la serata e la notte. Arrivano, indaffaratissimi, gli sposi ateniesi Samio (Guglielmo Carabba) e Iris  (Leontina Pallavicino), Achillos (Edgardo Valentini) e Helene (Stefania Cianfrocca), i  fiancées spartani Isidoros (Pietro Ruffo) e Sophia (Eugenia Pulci). Tra loro emerge Lisi (il ruolo è ricoperto da Lavinia Rebecchini), moglie di Euro.

L’atmosfera è allegra e divertente, alimentata da una gaudente ricerca di sollievo e bramosia, anche nel cibo. È chiara l’ammonizione a limitarsi in tale campo: «Ho fatto quindici giorni di dieta», «E quanto hai perso?», «Quindici giorni». E non è un costume o uno stimolo casuale della libido poiché, ad esempio, nell’elogio declamato ad Athenai dall’illustre stratega Pericle in onore dei caduti nelle ostilità del Peloponneso, lo storico Tucidide gli attribuisce parole così espressive: «Molte occasioni di svago dai travagli della vita abbiamo creato per lo spirito, istituendo giochi e feste sacre che si succedono dall’inizio alla fine dell’anno».

Da sinistra entrano ed escono i cittadini di Sparta, da destra quelli di Atene. Nella casa di Dimitrione (valorizzato dalla sposa con fantasiosi appellativi, tipo «l’orso del Peloponneso») giunge, inatteso, un nunzio a comunicare lo sbarco non amichevole di un gruppo di soldati della Lega Attica: è stato violato il trattato di pace ed è il momento di ripristinare scudo e spada, pronti a combattere. Euro prova invano a mediare, ma con scarsi mezzi.  Lisi raduna nel piazzale le donne di entrambe le città: per protesta unanime, è deciso lo “sciopero” di ogni attività erotica ad oltranza, da sospendere solo dopo aver obbligato mariti e compagni al “disarmo” (nell’originale Lisistrata, si arriva addirittura a impossessarsi dei mezzi finanziari custoditi nell’Acropoli, centro del potere economico, esecutivo e bellico).

In Niente sesso, siamo in Grecia, la spinta principale dell’impulso comico costruisce un mondo iperbolico orientato a enfatizzare vizi e lacune in un interpretare specifico o allargato del vero e delle potenzialità relative. Il volenteroso Euro si appella a una gag socratica: «Se trovi una buona moglie, sarai felice. Se ne trovi una cattiva, diventerai filosofo».  Grazie a una cura (in chiave figurata) “omeopatica” – imposizione contro violenza – applicata per intraprendere un’autentica lettura dei singoli dati arbitrari nella prospettiva di distinti orizzonti reali, le strutture empiriche nella komodìa risultano stravolte: divengono all’altezza di affidare all’umanità un veicolo di immissione in esse, per via di una dimensione inserita nell’immaginario o nella competenza concreta, morale, politica ed estetica circostante.

L’iniziativa è dichiarata coralmente e attuata nel personale: le nostre proto-femministe, per arricchire il messaggio, sono ben coordinate da Cinzia Berni e brave a scattare avanti e indietro, dentro e fuori, danzando e cantando, affiancate da una musica apprezzabile e coerente, compattando il nucleo della commedia in sé. D’altronde, l’iter della forma “antica” aristofanea (per quella “nuova” di Menandro il tragitto creativo sarà diverso) è coincisa con un periodo di rilevanti sconvolgimenti nella storia della civiltà di origine, presenti in varie fasi dello sviluppo dell’intreccio: sono mutamenti assai più significativi delle modifiche avvenute nella tragedia, cui sopravviverà a lungo nell’atto della scrittura.

Sul palco, seguiamo anche la riunione dei contendenti, vittime di un audace ricatto, ossia costretti a uno scambio non gradito tra armi deposte e appagamento libidico: di qua lo spartano Dimitrione, di là l’ateniese Achillos, nello spazio intimo cercano di persuadere la consorte a tradire l’impegno assunto contro la guerra. L’ottimista Achillos mette addirittura in campo un diamante per riconquistare la complicità “fisica” di Helene, dovendo però accettarne il rifiuto. Il punto nodale della mise-en-scène alla Sala Umberto è l’insoddisfazione generatrice del concetto basilare espresso in una critica fondamentale e seria all’uno e all’altro fenomeno della realtà contemporanea: «Pindaro ha scritto una canzone», lo apprendiamo in una frase ironica, «e l’ha mandata al Festival di Patrasso»: un semplice porto dell’Acaia!

L’espediente promosso e ideato dai protagonisti, in primis dalla mitica Lisi, possiede un carattere paradossale, fonte di episodi buffi, matrice propria della comicità. Alcuni esponenti del sesso forte, sugli abiti moderni indossano una specie di clamide, o claina, cioè un corto mantello di tessuto leggero, di utilizzo militare, fissato sulle spalle o intorno alla gola da un fermaglio o da un bottone. Dopo un’astinenza di sette giorni trovano una statuetta nature, proveniente dalla Gallia, che rammenta loro le fattezze delle “mogli nude”, ormai intransigenti a svelarsi: nell’ammirarla, tentando di “affrontare” in modalità dignitose il souvenir, prendono aria sollevando la claina, per un “sudore” improvviso e imbarazzante.

In una nuova “assemblea” femminile convocata dalla disinibita Lisi, qualche amica ha paura di cedere, ma il patto è rinnovato: anzi, riceve consensi dalle donne dell’Etruria, della Gallia, dell’Iberia, della Magna Grecia, e omaggi dalla Persia. Infine, è d’obbligo per i maschietti firmare la tregua. Del resto, nella Lisistrata (ricca, peraltro, di una tematica sessuale discussa in maniera esplicita secondo il costume, accolto dalle cultuali “falloforie”, di abbinare oscenità alla sfera del sacro) il messaggio enunciato è connesso a una sconsolata certezza: di poter incitare il pensiero e la sensibilità umana a rinsavire non più privilegiando la ragione, né l’ambito dell’onore, o del bene patriottico; piuttosto, premendo sulla genuina e lecita animalità dell’istinto di perdurare riproducendosi. Convergono quindi nell’evento rappresentato elementi frutto di progetti dipendenti da un coefficiente politico e collettivo esaminati in misura dialettica: nondimeno in Niente sesso, siamo in Grecia è apprezzato il progredire dell’ingegno, risolto in tono burlesco ed esilarante, spronato dallo scopo di rivendicare i diritti intoccabili del deformare e trasgredire il verosimile sulla base di uno svincolato e arbitrario gioco di inventiva.

Dunque, riconoscendo la solidarietà imposta dalla storia condivisa di “digiuno” forzato, gli uomini delle polis antagoniste si riconciliano con le compagne in un esultante corteo tra canti e balli, al quale partecipa il cast al completo di attori-interpreti della vicenda: una sorta di parafrasi dell’esodo dove il Coro celebrava il trionfo e la prosperità dell’impresa, provocando il piacere e la soddisfazione di vedere utopicamente ristabilito un sistema materiale ingiusto, squilibrato o precario, mediante la resa (a volte, la caduta) di chi l’ha violato, o in virtù della libera fantasia: essa pure testimone eloquente del reale da tutti vissuto.

 

Ringrazio Adriano Camerini per la collaborazione alla stesura del pezzo.


Niente sesso, siamo in Grecia

scritto e diretto da Cinzia Berni

coreografie Gianluca Bessi

aiuto regia Sara Santini

con Giovanni Trimarco (DIMITRIONE, spartano), Rosanna Barbati (CLIO, moglie di DIMITRIONE, spartana), Guglielmo Carabba (SAMIO, ateniese  marito di IRIS), Leontina Pallavicino (IRIS, moglie di SAMIO, ateniese),      Edgardo Valentini (ACHILLOS, ateniese, marito di HELENE), Stefania Cianfrocca (HELENE, ateniese, moglie di ACHILLOS), Andrea  De Sanctis    (EURO, neutrale, marito di Lisi), Lavinia Rebecchini (LISI, moglie di EURO),     Pietro Ruffo (ISIDOROS, spartano, fidanzato di SOPHIA), Eugenia Pulci (SOPHIA,  fidanzata di ISIDOROS), Fabienne Pallamidesi (POLIPAIDE,  Ateniese), Pierto Gallo Messagero (NICOLAS, spartano), Elena Finestauri  (ELESTORIA,  ateniese), Giulia Ciapparoni  (CATIUSCIEDE, ateniese),  Maddalena Speziali (SONIADE, ateniese), Paola Salomon (MARILINDE, ateniese), Bianca Galimberti (ZORINA, spartana), Ginevra Carrassi (GINERICA, spartana), Lucrezia Frescobaldi (MAMIDE, spartana), Chiara Angiussola (CAROLIDE, spartana)

 

Aristofane

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