Al servizio del Potere
“La fabbrica del consenso” di Eliana Silvia Esposito
Una produzione Teatro Stabile di Catania in collaborazione col Teatro del Canovaccio
Note di regia di Eliana Silvia Esposito
Siamo sicuri di essere noi i soli artefici della nostra vita? Siamo sicuri che tutte le nostre scelte, dalle più futili alle più importanti, quello che consumiamo, quello che mangiamo siano dettati veramente da un nostro effettivo bisogno? Siamo sicuri che tutte quelle che consideriamo conquiste siano effettivamente frutto della nostra evoluzione?
Non abbiamo risposte da dare, questo è solo uno studio in chiave umoristica su alcune tecniche di persuasione di massa attraverso i mezzi di comunicazione da sempre al servizio del potere. Uno studio sulle tecnologie d’ingegneria sociale come The Hallin’s spheres, the Overton Window o le strategie della manipolazione smascherate da Noam Chomsky.
Una riflessione su come il potere, attraverso i mezzi di comunicazione, sia in grado di manipolare, condizionare, modificare i nostri pensieri, farci accettare, con una sequenza ordinata di passaggi, qualsiasi cosa; anche un’idea inconcepibile ma utile al sistema e, talvolta, per pura coincidenza, chissà, anche alla società stessa. Ognuno, all’interno di questi “passaggi”, contribuisce senza saperlo alla causa e agevola l’avanzamento alla fase successiva, i giornalisti, per esempio, sono in cerca di scoop, i conduttori TV vogliono ascolti, gli artisti vogliono popolarità, i politici vogliono voti e tutti noi siamo in cerca di un “like” per affermare il nostro ego; ed ecco che la macchina della propaganda si autoalimenta, non ha più bisogno di gas.
Il potere ci vuole consumatori avidi, inermi, acritici, ipnotizzati e comodi per attuare indisturbato i suoi piani e metterci inconsapevolmente al suo servizio come utili idioti.
Questo studio non si domanda perché, quando e a chi possano essere utili tali accettazioni, descrive semplicemente come funziona “la fabbrica del consenso”. L’argomento scelto per mettere a nudo queste tecniche di ingegneria sociale è volutamente sgradevole. È una metafora ovviamente ma anche una provocazione perché pochi sembrano ormai gli argomenti capaci di suscitare indignazione.
Pasolini che come tutti i geni riusciva a vedere oltre la soglia del suo tempo, aveva profetizzato e denunciato i pericoli del “nuovo potere”, della società dei consumi e dell’omologazione, del totalitarismo massmediatico che dietro la garanzia di una finta libertà è in grado “di manipolare i corpi e trasformare le coscienze”. “La “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere – diceva – è la peggiore delle repressioni della storia umana”. Certo è scoraggiante scoprire che probabilmente nessuna rivoluzione sia forse partita veramente dal basso, ma per cambiare è necessario sapere e avere l’umiltà di riconoscere che tutti siamo manipolabili, perché come diceva Goethe: “Nessuno è più schiavo di colui che crede di essere libero”, perché non vedrà mai le sue catene.