A.M.* – Cannes 2017, Polanski fra realtà e finzione

 

L’ULTIMO GIORNO IL CINEMA VINCE GRAZIE A POLANSKI


Convince tutti il thriller dove il maestro polacco mescola

piani di realtà e finzione.

Brave le protagoniste Emmanuelle Seigner ed Eva Green.

 


 

Il cinema vince ai supplementari. All’ultimo giorno di festival va a segno Roman Polanski, Grande Maestro fuori concorso, con D’après une histoire vraie tratto da un romanzo di Delphine De Vigan. E’ uno di quei film che piacciono a noi borghesi: ben girato, ben recitato, con un copione solido ma non solito (sceneggiatura di Olivier Assayas), molta suspense e quelche motivo non banale di riflessione.

La trama ruota intorno a Delphine (Emmanuelle Seigner), una scrittrice di successo in crisi di affetti e di creatività. Un’altra scrittrice, ma di quelle che scrivono i libri poi firmati dalle solite celebrità analfabete (la splendida Eva Green), si introduce nella sua vita e riesce a vampirizzarla. Finale mozzafiato con ribaltamento dei ruoli, tentato omicidio, tensione a mille, autocitazioni per cinefili e tanti interrogativi sul rapporto fra realtà e fiction: è stato vero o Delphine si è immaginata tutto? […]

Come ogni prodotto riuscito, anche questo film ha più di un livello di lettura. Come thriller sta in piedi benissimo, però non rinuncia a chiedersi in che modo l’arte riesca a risultare più vera della vita “vera”. Basta non farsi dominare dalla ricerca del “reale”, dall’ossessione dilagante per una realtà virtuale che diventa virale. Spiega Polanski: siamo bombardati dall’elettronica, sommersi dalle immagini cui ci affidiamo in cerca di verità. Ma oggi non ci si può più affidare alle immagini come documento, perché è facilissimo falsificarle. La realtà si può manipolare. Basta un piccolo gesto che viene replicato milioni di volte e diffuso in tutto il mondo. […] Non credo che il cinema sia in pericolo. La gente continuerà ad andarci. Si va al cinema non perché in sala il film si vede meglio, ma perché è un’esperienza collettiva, come il teatro greco.

*Alberto Mattioli (La Stampa)

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