C.U.* – Cannes 2017, “D’après une histoire vraie” di Polanski

 

Cannes, ‘D’après une histoire vraie’, è il giorno di Roman Polanski:

“Il thriller è il mio terreno”

 

Fuori concorso, ispirato al romanzo di Delphine de Vigan, vede come protagoniste Emmanuelle Seigner ed Eva Green: “Al giorno d’oggi qualsiasi cosa può essere manipolata o falsificata, la formula ‘tratto da una storia vera’ non ha più alcun significato”

“Non possiamo più contare su un concetto certo di realtà, oggi che qualsiasi fotografia può essere manipolata, che scopriamo che le informazioni avute ieri oggi risultano false, la formula ‘tratto da una storia vera’ non ha più alcun significato”. Alla fine di una conferenza stampa piuttosto vivace, in cui si è parlato principalmente di cinema e letteratura, nessun riferimento alle sue questioni processuali, il regista premio Oscar Roman Polanski (83 anni) svela il senso profondo del film D’après une histoire vraie dal romanzo di Delphine de Vigan, fuori concorso.


Un thriller psicologico ambientato nel mondo letterario con protagoniste Emmanuelle Seigner nei panni di una scrittrice di successo alle prese con un nuovo romanzo che fa fatica a scrivere e Eva Green in quelli di una ghost writer, sua grande ammiratrice che si insinua nella sua vita per convincerla a scrivere un libro ancor più intimo del precedente, più personale. È stata Emmanuelle Seigner ad aver letto per prima il romanzo e aver pensato potesse essere nelle corde del marito: “Leggendolo ho pensato ai primi film di Roman, L’inquilino del terzo piano, Repulsione, gli ho regalato il libro e infatti gli è piaciuto”.

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Fuori dallo schermo le due attrici tornano ai loro colori naturali Eva Green nero corvino e Emmanuelle Seigner bionda mentre nel film piano, piano diventano una lo specchio dell’altra, stesso pettinatura, stesso trucco. Per Eva Green, sprofondata in questo ruolo di dark lady, si tratta del primo film girato nella sua lingua materna. “Lavorare con Roman Polanski, tra i più grande registi del pianeta, è stato esaltante. E poi ero attratta dal personaggio di Elle, mi è piaciuta l’estraneità alla realtà del personaggio. Per tutto il film ci si interroga se lei esiste o non esiste, se si tratta di un fantasma. La sfida era dare carne a questo ruolo un po’ lunatico e pericoloso”.


Polanski ha scelto di adattare il romanzo con l’aiuto di Olivier Assayas, nel modo più fedele possibile “da ragazzino tante volte sono rimasto deluso dai film tratti dai miei libri preferiti”, interessato alla dimensione del thriller “che è un po’ il mio terreno” e “all’opposizione tra i personaggi che per la prima volta nel mio cinema erano due donne”. Quest’ossessiva ricerca di storie ispirate alla vita reale raccontata nel film secondo Polanski è un po’ una malattia dei nostri tempi. “La ragione di questo risiede nel bombardamento elettronico che viviamo, circondati da troppe immagini cui noi ci appoggiamo in cerca di verità.  Ma è tutta un’illusione dal momento che la realtà ormai si può manipolare. Oggi puoi cambiare il destino di una nazione con un semplice gesto che viene amplificato milioni di volte, diffuso in tutto il globo”. Ed è chiaro il riferimento ai social media quando categorico dice: “Non ho Facebook, me ne tengo alla larga”.

Infine il regista, una vita consacrata al grande schermo, dà la sua opinione sulla fase che il cinema sta vivendo: “Qual è la tendenza attuale tra televisione, serie e grandi operatori sul mercato è un’analisi che va al di là delle mie capacità. Però io non credo che esista una vera e propria minaccia per il cinema; sono convinto che le persone vadano in sala non per una miglior proiezione o un miglior suono ma per partecipare ad un’esperienza collettiva come è stato il teatro greco, i giochi dell’epoca romana. Quando sono stati inventati i walkman qualcuno ha detto: nessuno andrà più ai concerti ma non è accaduto. Il pubblico vuole vedere i film circondati da altre persone, non è certo la stessa cosa vedersi il film Borat a casa propria o in una sala affollata che ride”.

*Chiara Ugolini (www.repubblica.it)


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