Lu. Mar. – Livori in corso (appunti critici su “Boomerang” di A. Longoni, Sala Umberto, Roma)
Lo spettatore accorto
LIVORI IN CORSO

Appunti critici su “Boomerang” scritto e diretto da Angelo Longoli- Di scena alla Sala Umberto di Roma
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Quattro personaggi, e un funerale, si raccontano in un interno familiare, ove ciascuno (dei componenti) è diverso da quello che vuole apparire, spinto dalla molla del rancore- sottaciuto, cupo ‘sentimento’ che regola le dinamiche dei loro rapporti.
“Livori in corso”, come chiama i litigi di famiglia uno dei protagonisti, si riversano in ‘liquido’ cinismo e colpi di scena mediante un meccanismo drammaturgico cinetico, di cui è autore e regista Angelo Longoni, diffondendosi in un crescendo tragicomico da “blackcommedy”.
Due fratelli Maxe Luca, ambedue responsabili di aziende operanti nella sanità pubblica, l’uno come chirurgo plastico l’altro come odontotecnico, Monica, la moglie di Luca, giornalista televisiva che ha fatto carriera su raccomandazione del suocero, il defunto, luminare della medicina senza scrupoli dedito ad accumulare danaro e potere e Francesca, sua badante sposata in seconde nozze, sono gli emblematici interpreti di un moderno, pregnante ‘racconto morale’: parabola dell’opportunismo, unico cemento (antisismico?) fra le ‘poche’ (ma non pochissime) famiglie che detengono il potere economico del nostro (strampalato, iniquo) paese degli eterni balocchi.
Momento, parole topiche della commedia? Quando Max si rivolge a Luca: “Noi siamo solo soci, così ci ha fatto nostro padre. Lui ha lanciato un boomerang ed ora il boomerang è tornato…papà ha distrutto la sua famiglia e ora lei (rivolgendosi a Francesca) ha distrutto la nostra“
Giocano in collaudata sintonia i loro ruoli, quindi tutti da applaudire in equanime, corale encomio:
Simone Colombari (Luca) in un brillante e sorprendente trasformismo umorale.
Amanda Sandrelli (Francesca), tanto simpatica e sgrammaticata matrigna quanto decisa e tenace vendicatrice di soprusi subiti.
Eleonora Ivone (Monica), calcolatrice e fragile, dalle battute pungenti, come quando si rivolge ai due fratelli“…siete due criceti che correte sulla gabbia del fisco”.
Giorgio Borghetti, (Max) consapevole e convinto esponente di una società basata sull’intrigo e sulla frode in cui il potere è monopolizzato da poche famiglie.
A chiusura della rappresentazione, l’elogio funebre dei familiari rivolto agli spettatori, che assumono il ruolo di “conoscenti del caro estinto”, toccando in tal guisa, volenti o nolenti, l’acme dell’ipocrisia e dell’avidità.
La scenografia, sviluppandosi su due piani, s’inserisce pertinente e funzionale a sottolineare una partitura dialogica che si rimescola fra reale e apparente.
Serata di fitti, convinti applausi, noi fra tanti, nella storica Sala Umberto di Roma. Meglio di così?