Elena D’ALESSANDRI- Ma il cast non basta (“The dinner”, un film di Oren Moverman)

 

Casa d’altri*

 

MA IL CAST NON BASTA

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Sugli schermi “The Dinner”, un film di Oren Moverman

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Un’opera certamente elegante quella che ci propone Oren Moverman – “The Dinner”, in sala dal 18 maggio distribuito da Videa – anche se, nonostante il cast d’eccezione che porta intorno ad un tavolo Richard Gere, Laura Linney, Steve Coogan e Rebecca Hall, stenta a decollare. Girato essenzialmente in un interno, con uno spirito quasi teatrale, il film, tratto dall’omonimo romanzo di Herman Koch – cui si era già ispirato, e con maggiore fortuna, Ivano De Matteo con “I nostri ragazzi” (2014) – mantiene una struttura troppo legata al romanzo.

E l’esperimento stenta a funzionare. Da una parte l’eccessiva lentezza con cui il regista ci conduce nell’introspezione psicologica dei quattro commensali, dall’altra una sceneggiatura piena di sbalzi temporali che creano smarrimento nello spettatore, che dopo più di un’ora potrebbe non aver ancora compreso il filo narrativo. Alla cena, che dà il titolo all’opera, partecipano due fratelli con rispettive mogli. Il primo è Paul Lohman, interpretato da uno straordinario Steve Coogan, ex professore di storia, cinico, che si scoprirà pazzo.

Il fratello Stan è invece un rigido (e un po’ declinante) Richard Gere, politico impegnato in battaglie civili. La sua candidatura a governatore è a rischio, proprio per il tema cardine che dovrebbe essere discusso durante la cena. Interessanti anche le personalità delle due mogli: Katelyn (seconda moglie del politico) e Claire, storica coniuge di Paul.

Il quadretto familiare prende vita in un ristorante a cinque stelle dove ogni portata segna un diverso capitolo della storia, proprio come avviene nel romanzo. La segmentazione in capitoli – e quindi una narrazione lineare – se funziona nell’opera letteraria, stenta a raggiungere gli effetti sperati nello sviluppo del lungometraggio, caratterizzato da una segmentazione narrativa dovuta ai continui flashback.

I temi “messi sul piatto” sono troppi, finanche per una cena succulenta: la pazzia di Paul, l’irrisolto rapporto tra i due fratelli, il rapporto coniugale e con i rispettivi figli… E sono proprio quei figli la ragione della cena. In una sera d’inverno hanno dato fuoco ad una clochard che dormiva affianco allo sportello di un bancomat. Un gesto di incomprensibile crudeltà, determinato più dalla noia e dall’inconsapevolezza adolescenziale che da una reale crudeltà.

Stan ritiene che i figli debbano pagare per quello che hanno fatto, comprendere l’immoralità profonda del loro gesto, ma Claire gli si avventa contro con una forza e delle ragioni così aliene (e comuni) da apparire la scena più meritevole del film, specchio di un pensiero purtroppo assai diffuso. Il risultato è una feroce rappresentazione della natura umana, celata da convenzioni e ipocrisia borghese. Sorta di “dramma di famiglia in un interno”, il film stimola riflessioni interessanti, ma mischia troppi ingredienti senza  mai mettere a fuoco quello che dovrebbe essere il tema cardine. Lungo, lento e alquanto deludente (*opinione.it)

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