Francesco NICOLOSI FAZIO- Teti (ispirato alla pittura di L. Liberatori)

 

Io Scrivo


 

TETI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Componimento ispirato all’opera pittorica di Loris Liberatori

°°°°

Placide acque, laguna tropicale. Immergersi d’essere rilancia, come risacca, al remoto momento, non ancor nascita a-vita.

Amniotico liquore, calde materne acque che, del primordiale fluido, salinità esatta corrisponde. Dolce terra di Francia e poesia, che col medesimo dire invochi la madre e il mare solchi, perché stessa natura avverti. Questo cerchiamo, nei pochi-tanti anni a venire, dall’alto destinati a contarli, vorremmo calma e silenzio, o soltanto ovattato rumore, come di cantilena, che materno ventre ottunde. Poi natura ci chiama e gridando varchiamo del mistero la soglia, della vita porta l’amore, onda calda e sanguigna, ci consegna esistenza, così per il resto dei giorni sempre aggiunge tempesta a battaglia, solo nel peggiore momento, cade solitario silenzio, che precede e conclude, beffardo, notti, veglie e furori dolori.

Scorgo, profondo mare insonne, che sull’onda crespa e vibrante, racconta, scabra marea della luna, col suono-soltanto, viaggi e guerre odierno Odisseo, nocchiero anche lui d’Adamo stirpe, naufràghi entrambi, di sogni, regni  e religioni. Perché noi restiamo, per sempre, sofferenti ed indegni, figli d’Eva e d’Ulisse. Meno lieti saranno, color tra noi, che più di un morso diedero al frutto che, aspro sapore, ci demarca, entro  le coscienze, il vago confine, tra il bene e l’opposto. Sorge conflitto di masse e di maree che cercano ancora, e sempre, di sormontare fluide colline, placide e impervie, come dune sabbiose di blu-mare deserto, dove vaga sentimento sperduto.

L’aria, sormonta e accavalla relitti di pensiero, l’acqua, d’onda che dal fuoco, lontano sole mossa a vento, infrange terra, infrange e traccia anche duro granito immoto. Negli abissi profondi in te nacque la vita, forse divino disegno, mistero antelucano. Laggiù nell’anfratto segreto, avvenne primordiale contatto, dove anima riunisti per sempre, con l’alito di fiamma divina, quattro elementi ottusi,. amorfi, altrimenti.

Come restare indenni, dalla forte vision d’onda scatenante motivi, di passioni e sconfitte. Muggita tempesta, fluido pensiero ci cinge le tempie che, solo per questo, ci fanno come schiuma imbiancare, prima degli anni. Nell’attimo fugge l’istantanea scultura, che forze irruenti ci spostano in ere lontane, quando, nocchieri di noi stessi, navigammo liberi e sicuri, come “fera” di mare.

Salsedine salmastra sentiamo col solo sguardo, mentre cristalli antichi di sale saggio brillano al volto, cuoio crespo e svogliato, relitti noi stessi dell’ennesimo naufragio. Richiami di sirene riusciamo a definire, ancor nel furor di tempesta, note eccelse, disperate e contente, che non per sempre configurano a noi, final voglia d’abisso.

Mente. Mano. Pennello. Solo se natura segui, conosci la tua via, che il divino conduce, nostra scelta in porto.

Navigare in tempesta, acquieta il core.

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