Umberto ROSSI- Cinema. Recensioni brevi (“Tutto quello che vuoi”, “On the milk road”)

 

 

Cinema   Recensioni brevi

 

 

 

DUE FILM RECENTI

 

Tutto quello che vuoi

Tutto quello che vuoi

Regia e sceneggiatura di Francesco Bruni.

Interpreti: Giuliano Montaldo, Andrea Carpenzano, Donatella Finocchiaro, Emanuele Propizio, Antonio Gerardi, Raffaella Lebboroni, Arturo Bruni, Andrea Lehotska, Carolina Pavone. Prod. Italia 2017

-“Tutto quello che vuoi”, terza regia del pluripremiato sceneggiatore Francesco Bruni, ha al centro la figura di un anziano magistralmente resa dall’attore e regista Giuliano Montaldo. Giorgio è un poeta oltre la soglia degli ottantacinque anni, affetto da un principio di demenza senile per cui necessita di un’assistenza continua.

La figlia individua in Alessandro, un ventiduenne di Trastevere ignorante e mascalzoncello, il badante che fa al caso. L’incontro tra i due e gli amici del ragazzo, non meno incolti e opportunisti, ha tutte le premesse per trasformarsi in scontro generazionale e culturale. Le cose esplodono quando i giovani credono di scoprire che durante la seconda guerra mondiale, un evento che loro non sanno neppure collocare negli anni, l’anziano ha nascosto assieme ad alcuni militari alleati un tesoro ai piedi di una croce di montagna.

Quasi lo sequestrano e partono con lui alla ricerca del mitico bottino che si rivelerà una cassetta con dentro solo un paio divecchi scarponi militari. È l’ultima botta di vita per l’anziano poeta, quasi una sorta di addio ad un mondo di cui non rimangono più neppure le tracce. In questo il ruolo di Giuliano Montaldo dà consistenza e simbologia a una figura che rasenta sempre il patetico senza cadervi mai dentro.

Il film si trasforma così in una sorta di apologo – scontro fra due generazioni e due mondi che sembrano non avere tratti in comune, ma che trovano nella (assenza di) cultura (tutta da reinventare) un possibile terreno d’incontro. La figura di questo vecchio poeta, di cui neppure i giovani universitari conoscono il nome, diventa così il simbolo di un mondo annientato dall’ignoranza, nonostante le nuove tecnologie, e dalla mancanza di memoria. Un testo malinconico e inquietante da assaporare con gusto e nostalgia.

On the milk road

Regia e sceneggiatura di Emir Kusturica

Interpreti  Monica Bellucci, Emir Kusturica, Sergej Trifunovic, Bajram Severdzan.
Prod. Serbia, Gran Bretagna, Usa 2016

-Emir Kusturica ha debuttato con grande successo alla Mostra del cinema di Venezia trentacinque anni or sono. Era il 1981, lui stava facendo il servizio militare, la Iugoslavia era ancora un paese unito e il film che portava la sua firma s’intitolava Sjecas li se Dolly Bell? (Ti ricordi di Dolly Bell?).

La sua ultima fatica s’intitola On the Milky Road (Sulla Via Lattea) ed è una sorta di summa del cinema di questo autore. La storia parte dagli ultimi giorni della guerra sul territorio della ex Iugoslavia e i combattimenti vanno avanti, feroci ma secondo una sorta di prassi stabilita da tempo. Arriva la pace e con essa un gruppo di mercenari piombati dal cielo alla ricerca di un’italiana, la nostra Monica Bellucci, che ha avuto l’ardire di accusare il marito, un potente gerarca che vive a Londra, di un omicidio.

Ora il criminale è uscito di prigione (c’è un parallelo evidente fra fine degli scontri e ritorno alla normalità delinquenziale) e vuole vendicarsi. La donna si è innamorata di uno dei combattenti, interpretato dal regista stesso, contendendolo ad una ragazza del posto, sorella di un militare crudele e dalle maniere decisamente spicce. Al momento delle nozze, forzate, arrivano alcuni mercenari nerovestiti inviati dal potente che vive in Gran Bretagna e compiono un massacro ancor più crudele di quelli che quelle terre hanno visto sino a poche settimane prima.

L’italiana e il suo innamorato sopravvivono e s’imbarcano in una difficile fuga con i mercenari alle calcagna. Dopo alterne vicende la donna morirà dilaniata da una mina, mentre l’uomo sopravvivrà. Sono passati molti anno ora lui si è fatto prete e sta ricoprendo di pietra i campi minati per renderli inoffensivi. Il film allinea quasi tutti gli stilemi cari a quest’autore, dalla mescolanza fra tragedia ed ironia, al ruolo quasi umano degli animali a cui è assegnato un peso fondamentale nell’economia del racconto.

Sarebbe ingeneroso valutare negativamente il film, ma non ci si può esimere dal constatare come il cineasta copi sé stesso, facendo ricorso a materiali, stilemi e temi che, se trentacinque anni or sono, avevano destato meraviglia e ammirazione, oggi appaiono datati.

 

*Ringraziamo U. Rossi, collega di Cinemasessanta e direttore di Cinemaeteatro.com

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