Gianni ROSSI*- Voilà Macron. Per una Francia in “mono marcia” (primo Presidete pret-à-porter)

 

Da Parigi*

VOILA’ MACRON, PER UNA FRANCIA IN “MONO MARCIA” 

Si inaugura l’epoca del Presidente pret-à porter-Il Paese, intimorito, gli affida un assegno in bianco- E la destra lepenista è comunque sdoganata per le elezioni politiche di giugno

Macron? Un bianco d’uovo, non  sa di niente, ma lo digerisci in fretta… (G. Depardieu)

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Emmanuel Macron, le “Bébé” ce l’ha fatta con il 66% circa dei voti a varcare la soglia dell’Eliseo, dopo una passeggiata trionfante sulla spianata del Louvre al suono dell’Inno alla gioia di Beethoven: l’Europa viene prima della Marsigliese! Un vero scorno per la nostalgica Marine Le Pen, “figlia d’arte” e tenace euroscettica.

Con quasi 20 milioni di voti, il più giovane Presidente nella storia della repubblica, ha sommerso l’arrabbiata e irritante Le Pen, la candidata della Francia neofascista, razzista, sovranista e negazionista, fermatasi al 34% (9 milioni e 700 mila preferenze).

Nonostante i turbamenti degli elettori della sinistra radicale, che hanno portato ad un discreto successo Mélenchon, leader de “La France insoumise” (2/3 si sono astenuti o hanno votato scheda bianca, mentre un terzo ha indicato Macron), e l’erosione dei suffragi dei Repubblicani, ex-gollisti e centrodestra che avevano preferito Fillon al primo turno, il nuovo presidente, inventore appena un anno fa di un “non-partito” dall’imperativo nome “En marche!” è riuscito a catalizzare 10 milioni di voti “non suoi”, mentre la sconfitta ne ha intercettati solo 2 milioni.

Certo, preoccupa anche l’alto numero di astensioni, quasi 11 milioni di elettori (25%), che insieme al milione circa di schede bianche e nulle, fanno degli oppositori all’establishment e al sistema politico e finanziario il secondo partito in Francia. Un problema enorme da qui alle legislative di Giugno, che farà passare notti insonni a tutti i leader dei vari schieramenti.

Un campanello di allarme, che per un mese martellerà gli staff sia del vittorioso Macron, sia dei raggruppamenti usciti sconfitti al primo turno. Di certo non potranno sentirsi tranquilli i tormentati Repubblicani, divisi al loro interno in almeno tre tronconi (i fedeli di Juppé, centrista con inclinazioni solidaristiche, il conservatore Fillon e l’eclettico Sarkozy); così come i liquefatti socialisti, che avevano cercato un’anima più di sinistra con Hamon e hanno invece trovato una delusione cocente dovuta ai 5 anni inconcludenti del grigio presidente Hollande.

Ma anche i reduci del socialismo “duro e puro”, gli “Indomiti”, quelli del “Ni-NI” aggrappati all’ultimo faro della sinistra radicale, Mélenchon (meglio non votare “la peste o il colera”, ovvero Macron e Le Pen, per non consegnare i loro destini nelle mani del “banchiere” e neppure della “razzista”), sono rimasti in mezzo al guado. E ora gli Indomiti rischiano di perdere anche parte dei consensi ricevuti da Mélenchon, alle legislative di Giugno, visto come alcune zone “rosse” hanno invece votato per Macron a Parigi e dintorni (tra l’80 e il 90%) e nelle maggiori città del Centro e del Nord.

Macron dalla sua dovrà riuscire in pochi giorni ad indicare un primo ministro che non scontenti l’elettorato centrista né quello di sinistra. Al momento il più accreditato è il suo estimatore ed alleato fin dagli inizi, il liberaldemocratico François Bayrou. Una lunga carriera nei governi passati, ben visto dagli ex-gollisti, ma anche da parte dei socialisti che si sono schierati apertamente per Macron.

Potrebbe, però, una figura del genere confliggere con le aspirazioni dell’elettorato dei “Camminatori”, l’anima operosa e tenace di “En marche!”: per lo più giovani, allergici agli esponenti della “casta”, portatori di valori e tendenze “glocal”, spesso alle prime esperienze lavorative, ancora studenti o senza lavoro; ma anche commercianti, piccoli imprenditori alle prime armi, liberi professionisti, pensionati esasperati dalle tassazioni eccessive decise dall’amministrazione Hollande. Questa platea composita, alla quale vanno aggiunti i “separatisti” e battaglieri agricoltori e allevatori della Bretagna, fin da subito schierati con Macron per via delle sue scelte per una nuova Unione Eruopea, al dunque rischia di suddividersi nel voto di giugno e di farsi ammaliare dalle sirene dei leader locali, che magari sono ancora legati ai vecchi partiti di centrodestra e di sinistra.

E poi, come farà Macron, appena eletto presidente, impegnato a sbrogliare il nodo gordiano della scelta del primo ministro, a formare anche le liste con una miriade di candidati per lo più ignoti al grande pubblico e senza una struttura partitica alle spalle?

Altra considerazione da fare è il danno culturale e ideale provocato proprio dalla leadership della sinistra radicale, che per la prima volta non aderendo al “barrage”, allo “spirito repubblicano” contro la Le Pen, facendo votare come in passato per lo sfidante antifascista ed europeista (così fu ai tempi di Chirac contro Le Pen padre), ha di fatto sdoganato il Front National, dandole parvenza di forza politica democratica e rispettabile.

Il processo di “dédiabolisation” della Le Pen e delle sue idee ha prodotto una sorta di oblio presso l’opinione pubblica della storia recente della Francia: si sono così messi in archivio il collaborazionismo del generale Petain durante la repubblica filo-nazista di Vichy; i rastrellamenti e le deportazioni delle migliaia di francesi di religione ebraica; l’antisemitismo strisciante, che ha prodotto negli anni vittime tra gli ebrei e attacchi ripetuti alle sinagoghe, ai cimiteri, ai negozi e ad altri simboli semitici (in Francia la comunità ebraica conta oltre 600 mila persone); la crescente xenofobia contro i migranti, provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente; l’anti-islamismo ottuso e violento (la popolazione islamica conta più di 5 milioni di persone, quasi tutti di nazionalità francese).

Che una parte, seppure non enorme dell’elettorato di Mélenchon ha dichiarato pubblicamente di votare per la Le Pen, che quest’ultima si sia sentita legittimata a confrontarsi con gli altri candidati democratici nei dibattiti televisivi, sono il segno di un “lavaggio del cervello” generalizzato dell’opinione pubblica, che sembra oramai dimenticarsi appunto l’insegnaento della memoria storica e quindi l’annullamento dei fondamenti sui quali si è ricostruita alla fine della Seconda guerra mondiale la Repubblica francese e poco più tardi si è creato il nucleo portante della Comunità Europea.

A questa ennesima falla, dovuta alla banalizzazione politica da parte della sinistra, dovranno in qualche modo riparare sia Macron sia quel che è rimasto della sinistra moderata e radicale. Altrimenti, la vittoria odierna potrebbe tramutarsi in una vittoria di Pirro alle prossime elezioni legislative, dando vita ad un “presidente azzoppato”, sotto ricatto della “coabitazione” e ancor peggio con una nutrita presenza di parlamentari del FN, “lepeniani duri e puri”. (*Aticolo21.org)

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