N. Dos.- Dorme sulla collina. Jonathan Demme, regista, sceneggiatore, produttore

Dorme sulla collina*

 

JONATHAN DEMME

Regista, sceneggiatore, produttore

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Jonathan Demme, 73 anni, e’ morto ieri a New York  per il riacutizzarsi del male non curabile che lo aveva aggredito tre anni fa.
Incline a raccontare storie drammatiche e anticonvenzionali, Demme ha segnato la storia del cinema con Il silenzio degli innocenti per poi raccontare vicende più intime, sempre molto attuali. Ha realizzato numerosi documentari dedicati al mondo della musica, della radio popolare e della politica. Un artista eclettico, uno dei grandi registi del cinema americano.

Figlio di un’attrice e di un albergatore, trascorre la sua infanzia a New York, poi a quindici anni si trasferisce a Miami assieme alla famiglia. Qui esordisce come critico cinematografico fino a quando conosce Roger Corman che lo vuole come collaboratore per le sue sceneggiature. Negli anni Settanta si cimenta così nella scrittura cinematografica e lavora con Joe Viola (Angels Hard as They Come e The Hot Box) ed Eddie Romero (Black Mama, White Mama). Queste esperienze lo spingono a confrontarsi con la regia: nel 1974 debutta dietro la macchina da presa con Femmine in gabbia, ritratto di un gruppo di donne all’interno di un carcere particolarmente violento e bizzarro. Il film non ottiene un grande successo ma Demme non si arrende e sfida il destino con Crazy Mama (1975), Fighting Mad (1976), con la commedia brillante Chroma Angel chiama Mandrake (1977) e il giallo Il segno degli Hannan (1979), film interessanti ma ancora un po’ acerbi, ricchi di dettagli e segnali di un vero talento agli esordi.

La vena noir del film precedente si riconferma in modo ancora più convincente in Una volta ho incontrato un miliardario (1980), ritratto anticonvenzionale del modello di vita americano che si ispira al cinema di Hitchcock e rivela la cifra stilistica del regista. Tutto quello che era stato anticipato nei primi lungometraggi sfocia poi in una serie di film intriganti che formano la strada per arrivare al capolavoro. Dopo pellicole buone ma minori come La commissaria (1982) e Tempo di swing (1984), produce e dirige due film molto importanti per la sua carriera: Stop Making Sense (1984) e Qualcosa di travolgente (1986).
Il primo mette in scena un concerto dei Talking Heads dandogli una struttura narrativa, il secondo è una commedia dall’humor nero, dissacrante e stravagante storia di formazione con Melanie Griffith e Jeff Daniels, qui coppia esplosiva e indimenticabile. Nel frattempo lavora un po’ in televisione, girando qualche film tv e dirigendo una puntata di Saturday Night Live e un episodio della serie Trying Times. Al cinema dà la parola all’attore Spalding Gray girando il documentario Swimming to Cambodia (1987) e ritorna sulla commedia con la farsa di una famiglia italo-americana in Una vedova allegra…ma non troppo (1988) con Michelle Pfeiffer e Matthew Modine.

L’Oscar de Il silenzio degli innocenti

Il capolavoro che gli ammiratori di Demme stavano aspettando, arriva nel 1991, quando il regista realizza Il silenzio degli innocenti, per il quale vince anche l’Oscar per la miglior regia dell’anno. La storia di Hannibal Lecter (Anthony Hopkins), ex psichiatra antropofago, e del suo rapporto con la giovane investigatrice FBI interpretata da Jodie Foster è un viaggio nei meandri della mente, ritmato da uno stile vibrante di emozioni che non lascia indifferenti. Ritorna al documentario on Mio cugino, il reverendo Bobby (1992) e l’anno successivo prende in mano il problema attuale dell’AIDS e su di esso costruisce il racconto di Philadelphia (1993) con Tom Hanks che vince l’Oscar come miglior attore protagonista, accompagnato dalle note della canzone omonima di Bruce Springsteen, anche lui premiato con l’Oscar.
Appassionato da sempre di musica, dirige il cortometraggio The Complex Sessions (1994) dedicato a Neil Young, Murder Incorporated (1995) con Bruce Springsteen e il documentario Storefront Hitchcock (1998), dove omaggia il famoso chitarrista inglese. Alla fine degli anni Novanta ritorna alla fiction con Beloved (1998) dove affronta la condizione degli afroamericani.

Conferma il suo talento con il remake di Sciarada che lui intitola The Truth About Charlie (2003), non del tutto riuscito ma comunque gradevole, poi riprende in mano l’amore per il documentario per raccontare la vita leggendaria di Jean Dominique nello splendido The Agronomist (2003), il ritratto di un uomo votato alla difesa della democrazia. Rimanendo poi legato a temi sociali, dirige The Manchurian Candidate (2004) con Denzel Washington e Meryl Streep dove riflette sull’abuso di potere da parte del governo in un film a tratti fantascientifico ma molto attuale.
Poi apre nuovamente una ricca parentesi dedita al documentario con Neil Young: Hearts of Gold (2006), New Home Movies From the Lower 9th Ward (2007) sulle conseguenze dell’uragano Katrina di New Orleans e Man From Plains (2007), uno sguardo lucido sulla vita politica e privata del presidente degli Stati Uniti d’America Jimmy Carter. Nel 2008 chiama Anne Hathaway per l’intenso family drama Rachel sta per sposarsi dove il ritorno a casa di una ragazza “interrotta” crea un po’ di scompiglio durante i preparativi delle nozze della sorella.
In seguito si dedica soprattutto al documentario musicale, riprendendo Neil Young (Neil Young Trunk Show), Enzo Avitabile (Enzo Avitabile Music Life), e nel 2013 porta al Festival di Roma la sperimentale rilettura di Ibsen Fear of Falling. Nel 2015 torna a lavorare con Meryl Streep in Dove eravamo rimasti per raccontare ancora una volta la storia di una famiglia che fa fatica a sentirsiersi e riconoscersi tale. (*Mymovies)


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