Umberto ROSSI, Furio FOSSATI- Cinema Recensioni brevi (“Mal di pietre”, “Libere disobbedienti innamorate”)

 

Cinema   Recensioni brevi

 

 

DUE FILM RECENTI

Mal di pietre

“Mal di pietre”
Regia di Nicole Garcia
Sceneggiatura di Nicole Garcia, Jacques Fieschi
Interpreti: Marion Cotillard, Louis Garrel, Alex Brendemühl, Brigitte Roüan
Prod.Francia 2016

Nicole Gracia, un attrice passata alla regia, ha portato sullo schermo il romanzo Mal di pietre (2006) della scrittrice sarda Milena Agus (1955) traendone una lettura più melodrammatica che femminista. Lo scenario è spostato da Cagliari, alla Provenza francese e a una grande clinica svizzera, il tutto a cavallo fra la metà del secolo scorso e la fine dello stesso.

In questo lasso di tempo seguiamo Gabrielle, irrequieta e sensuale, il cui comportamento desta scandalo quando dichiara d’amare, non corrisposta, l’insegnante di lettere del villaggio. I genitori, per porre fine alle chiacchiere, la sposano con un bracciante spagnolo, fuggito da poco dalle persecuzioni franchiste, che accetta di prenderla in moglie senza amarla o pretendere di essere amato. I rapporti fra i due coniugi mimano una sorta d’amore mercenario, con tanto di passaggio di denaro, sino al momento in cui la donna perde il figlio che porta in grembo a causa dei calcoli di cui è afflitta (il cosiddetto mal delle pietre). Spedita in un sanatorio svizzero vi conosce un ufficiale dell’armata impegnata nella guerra d’Indocina, qui in cura per una grave ferita a una gamba. Altro grande amore e nuova gravidanza.

Solo anni dopo, quando ha già dato alla luce un figlio ora adolescente e particolarmente dotato nel suonare il pianoforte, scopre che si è trattato di un sogno e che a mettertela incinta è stato il marito mentre lei dormiva. La storia gronda melodramma da ogni inquadratura e la regista non fa nulla per arginarne gli effetti più viscerali, limitandosi a citare – nelle note distribuite alla stampa al festival di Cannes – il ruolo di questa donna quale persona che si trova all’incrocio fra un’epoca arcaica e una in cui urgono maggiori libertà. Peccato che di tutto questo nel film non ci sia quasi traccia.

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Libere, disobbedienti, innamorate – In Between

“Libere disobbedienti innamorate”
Regia e sceneggiatura di Maysaloun Hamoud
Interpreti: Mouna Hawa, Sana Jammelieh, Shaden Kanboura, Mahmud Shalaby, Riyad Sliman.
Prod. Israele, Francia 2016

Cinema israeliano anche in lingua araba è un buon inizio per tentare di abbattere le barriere culturali, religiose e politiche che non permettono di confrontarsi a popoli che convivono a stretto contatto in una realtà a dire poco esplosiva. Eppure, è possibile tentare il dialogo, quantomeno tra gente comune, tra persone che sanno giudicare e giudicarsi per essere umani e non per quello che potrebbero rappresentare per il mondo esterno.

Scritto e diretto da Maysaloun Hamoud, giovane autrice qui al suo primo lungometraggio, vuole raccontare di giovani normali, di persone che potremmo incontrare per strada, di figure che fanno sperare in un futuro migliore. Senza volere essere troppo buonista, forse con un occhio troppo di riguardo per le donne rendendo gli uomini non esattamente dei vincenti, racconta con uno stile leggero e piacevole senza volere insegnare nulla e, tutto sommato, senza prendere posizione nei confronti delle scelte dei suoi tre personaggi.

Giunto dopo tre interessanti corti conosciuti soprattutto dai frequentatori di Festival – Shades of Light (2009), Scent of Morning (2010) e Salma (2012) – dimostra che la sua preparazione cinematografica, conseguita con la Laurea alla Minshar Film School di Tel Aviv, le evita errori tecnici come spesso accade in opere interessanti ma ancora immature per l’inesperienza di chi le realizza. Libere, disobbedienti, innamorate vuole, e riesce, nel intento di fare conoscere le emozioni, le paure, le gioie, la fiducia, le delusioni di donne che non riescono più a sopportare il peso di una Storia e di una società che le costringerebbe a comportarsi in maniera reazionaria, senza potersi sentire realmente vive.

E’ un film pregevole anche grazie ad una ricca e bella colonna sonora che spazia dal hip hop della bravissima cantante libanese Yasmine Hamdan, punta di diamante di un genere, l’indie electro folk arabo, che sta conquistando un suo spazio anche in occidente. Più che tutto il resto, alla regista interessa raccontare una storia di amicizia, un rapporto bello tra persone che si rispettano senza volere giudicare, di due donne che sapranno rendere adulta e più sicura la timidissima nuova coinquilina. Nel film non succede nulla e tantissimo, si ride e si pensa, ci si confronta con realtà di cui si conosce più l’esteriorità e si vedono certe situazioni di disagio in maniera nuova. Non è certo poco per un’opera prima in cui tutto funziona più che bene, con varie scene che rimarranno nella memoria.

Due giovani già emancipate vivono a Tel Aviv un’esistenza esagerata fatta di serate in discoteca, ubriacandosi e utilizzando droga in attesa dell’alba. Laila lavora come avvocato, è sicuramente priva di eccessivi freni inibitori, amante delle canne, attende l’uomo giusto che forse mai incontrerà. Salma lavora come dj, è lesbica e ha genitori devoti alla tradizione che non mettono in discussione nulla di quello che per loro è giusto ad oltranza.

Vivono intensamente e, quando a loro si unisce una terza coinquilina, la trasformano quasi come loro nonostante Nour sia molto diversa: studentessa, timida, impacciata con gli uomini, insicura in tutto e l’unica che porta il velo. Nasce una coesione perfetta, diventano amiche vere e, assieme, affronteranno il mondo cercando di non soccombere

*Ringraziamo U. Rossi e F. FOssati, colleghi di Cinemasessanta e curatori di Cinemaeteatro.com

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