Rassegna “Le Cine-Apéritif”, a cura di Ugo G. Caruso- 10 aprile ore 20, “Paris qui dort” di René Clair (1925)

 

 

Cineclub

 

“PARIS QUI  DORT” (1925), CAPOLAVORO DEL MUTO SEGNA L’ ESORDIO DI RENÉ CLAIR

René Clair in un’immagine del 1933

E INAUGURA LA RASSEGNA “LE CINE-APÉRITIF” IDEATA DA UGO G. CARUSO

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L’APPUNTAMENTO È PER LUNEDÌ 10 ALLE ORE 20 IN UN’ABITAZIONE DEL CENTRO DI ROMA E VI SI ACCEDE SECONDO LA MODALITÀ TIPICA DEL “TEATRO D’APPARTAMENTO” MOLTO DIFFUSA A PARIGI. LA SERATA SARÀ APERTA DA UN APERITIVO IN UN CLIMA CORDIALE E INFORMALE.

A SEGUIRE, ILFILM SARÀ PRESENTATO DA UGO G. CARUSO CHE HA VOLUTO DAR VITA AD UN ESPERIMENTO DI “CINEMA IN APPARTAMENTO”. L’INGRESSO È DI 5 €, I POSTI SONO LIMITATI E PERTANTO SI CONSIGLIA LA PRENOTAZIONE PRESSO IL PROFILO FB DI UGO G. CARUSO IN COMUNICAZIONE PRIVATA O PER MAIL, SCRIVENDO ALL’INDIRIZZO virginia123@abv.bg

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“Paris qui dort”, esordio nel mediometraggio del grande regista francese dopo il grande successo di “Entr’acte” fu girato durante l’estate del  1923 ma restò per molti mesi in attesa di distribuzione prima di uscire finalmente nelle sale solo nel 1925.

Accolto favorevolmente sia dalla critica che dal pubblico, il film vide accrescere la sua popolarità e la considerazione da parte degli storici del cinema fino ad assurgere nel corso dei decenni al rango di capolavoro.

Assimilabile per certi versi ad alcuni titoli molto noti appartenenti al filone allora in voga del feuilleton fantastique o ésotérique inaugurato nel decennio precedente da Louis Feuillade, “Paris qui dort” trae in effetti spunto da un topos del genere – quello del solito savant fou che grazie ad una prodigiosa macchina di sua invenzione mette in atto una minaccia contro il mondo – ma per virarne da subito il registro in commedia e celebrare in forma di metafora quell’invenzione ancora giovane che allora era il cinema.

Uno scienziato pazzo ha inventato un raggio misterioso che sperimenta su Parigi, facendo addormentare tutta la popolazione cittadina. E così le persone rimangono congelate, immobili come statue.
Albert, il guardiano di notte della Torre Eiffel, rimasto immune assieme alla nipote dello scienziato grazie all’altitudine, si accorge al suo risveglio che la capitale è paralizzata. Solo cinque persone arrivate in aeroplano sono sfuggite all’incantesimo e camminano per la città deserta.

Interpretato da un plotone affiatatissimo d’attori che comprende un campionario di varia umanità rimasto poi a modello di tanti film che verranno, il film vede nel cast un giovane Albert Préjan, già asso dell’aviazione durante la Grande Guerra, destinato a divenire attore popolarissimo del cinema francese più volte diretto da René Clair e a vestire i panni del commissario Maigret negli anni quaranta.

È stato detto che “Paris qui dort” si presenta come un vero e proprio repertorio di tecniche e procedimenti cinematografici: la stasi e il movimento, il rallentato, l’accelerato, l’inversione. Una specie di manifesto-catalogo di tutte le possibili regole grammaticali e sintattiche che il cinema, svincolato dalla letteratura e dal teatro, poteva utilizzare.

E infatti il raggio dallo straordinario potere può essere considerato una metafora della capacità propria del cinema di inventare e rielaborare la realtà

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