Palazzo dei Convegni, Jesi: un libro del poeta Marco Bordini sul vernacolo jesino (26 marzo)

 

UN LIBRO DEL POETA MARCO BORDINI SUL VERNACOLO JESINO

Presentazione di Jesi ieri al Palazzo dei Convegni (Jesi, 26 marzo)

L’Associazione Culturale Euterpe di Jesi, di cui il poeta dialettale Marco Bordini è Socio Onorario, ha organizzato per domenica 26 marzo, alle 17.30, “un evento declinato alla popolarità e al rimestare felice della memoria”, attraverso l’incontro, come spiegano gli organizzatori, con il poeta vernacolare Marco Bordini, “l’ultimo, dopo Lello Longhi, Martin Calandra e Livio Cirilli, vero e autentico depositario e monumento della fiera jesinità”.

Patrocinata dal Comune di Jesi, allestita nella Sala Maggiore del Palazzo dei Convegni, l’iniziativa è condotta dal dott. Lorenzo Spurio, presidente dell’Associazione Euterpe nonché poeta e critico letterario. L’occasione è il nuovo lungo e faticoso lavoro di Bordini, il volume Jesi ieri (Le Mezzelane, 2016), che contiene dizionario, grammatica, usi idiomatici e poesie dialogate.

Saranno presenti Stefano Bardi, cultore locale e collaboratore della rivista di letteratura “Euterpe”, e Rita Angelelli, responsabile della Casa editrice Le Mezzelane di Santa Maria Nuova. Letture poetiche a cura dello stesso Bordini.

 

Info:

www.associazioneeuterpe.com

ass.culturale.euterpe@gmail.com

Tel. 327 5914963

 


Dalla Prefazione di Lorenzo Spurio al volume Jesi ieri di Marco Bordini:

Marco Bordini, forse ultimo vero cultore, amante e promotore del dialetto jesino, con il suo manuale fa un’operazione assai importante: ci fornisce il dialetto jesino nella sua purezza linguistica, vergine dalle storpiature d’oggi, nella sua autenticità oratoria e scrittoria, per intenderci è il jesino originario ed originale, primigenio, potremmo dire addirittura “genetico” di un ampio arco temporale che, se non è tramontato del tutto, sembra approssimarsi ad atteggiamenti di indifferenza verso il passato. Non è raro, allora, che nel nutrito dizionario del dialetto jesino che Marco Bordini ha compilato trovare lemmi mai ascoltati dai propri familiari e dei quali risulta addirittura incomprensibile il significato. Si tratta, allora, di forme linguistiche di una lingua che si contraddistingue come “desueta” e per la quale, nella contemporaneità, il dialetto ha sostituito con altre forme o, come avviene nella maggior parte dei casi, ha lasciato praticamente “scoperte” queste parole nella forma dialettale tanto che, anche chi parla il dialetto, spesso deve ricorrere all’italiano per esprimere certi concetti che in dialetto non riesce a trovare.

Marco Bordini, da fiero sampiedrino, è un forte baluardo che si batte giorno dopo giorno contro la possibilità che un fatto culturale come il dialetto scompaia e nessuno se ne occupi con la giusta attenzione. Il suo animo è mosso da un profondo attaccamento alla terra, alle radici, nelle quali non può in nessuna maniera scindere l’evocazione, l’affratellamento, la stima e il vero e proprio amore verso un mezzo linguistico che, come nessuno altro, riesce contemporaneamente ad esprimere un significato e a trasmettere un sentimento. Potenzialità, questa ultima, che la lingua di norma non ha dovendo relegare un messaggio in una struttura codificata, con sue leggi e forme, rispondendo a modelli formativi determinati mentre il dialetto coniuga la spontaneità con la creatività dell’uomo.

Chi parla il dialetto non solo comunica qualcosa ma è come se costruisse con le parole. Ci figuriamo una scena, un accaduto, una persona in maniera assai più vivida ed efficace quando il nostro interlocutore si esprime con il dialetto che, in effetti, è una lingua plastica, assai materica tanto da esser capace di dar forma e struttura a un pensiero, a una riflessione a una descrizione. Si percepisce nel dialettoparlante un’enfasi naturale e partecipata con il contenuto del suo racconto, una partecipazione emotiva disarmante, una gioia connaturata che si rinnova continuamente. Marco Bordini nel nostro oggi è sicuramente la punta di diamante di questo orgoglio jesino che poco mi sembra di percepire nei nostri ambienti dove –come già detto- permane una sorta di soggezione o timore al pregiudizio per chi ne fa ampio uso.

La ricchezza di questo volume sta nel fatto che esso compendia gli usi più vari del dialetto jesino: dalla poesia al proverbio, dalla grammatica alla lessicografia resa dal suo ampio dizionario. Si struttura, così, una storia della lingua jesina fatta per conversazioni informali, forme idiomatiche, canti lirici, ricerca fedele delle tipicità, una sorta di compendio di discipline socio-etno-antropologiche assai diffusi nei primi del ‘900 attraverso i quali era possibile avere una descrizione puntuale e confacente alla realtà di un luogo, delle persone di quel luogo, del loro comportamento e delle loro abitudini. Per questo dobbiamo senz’altro rendere merito a Marco che, dopo lunghi anni di amore verso il dialetto al quale mai è venuto meno, oggi ci consegna questa pietra miliare sul jesino: non solo sul dialetto jesino ma anche sullo jesino come abitatore di questa città fortificata celebre nei libri di storia per aver dato i natali, nell’anno 1194, all’imperatore Federico II di Svevia.


 

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