Caterina BARONE- Un’evanescente realtà (“Sogno d’autunno” di Fosse. Regia di Valerio Binasco)

 

Il mestiere del critico

 


UN’ EVANESCENTE REALTA’

Foto di Bepi CaroliFoto di Bepi Caroli

“Sogno d’autunno” di Jon Fosse. Regia di Valerio Binasco. Con Giovanna Mezzogiorno e Michele Di Mauro- Teatro Verdi di Padova (Produzione del Teatro Stabile di Torino)

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Mettono a dura prova regista, attori e anche il pubblico le pièces di Jon Fosse, drammaturgo norvegese di successo, capace di scandagliare la vita dell’uomo con sguardo lucido e penetrante, ma scomodo e implacabile. Una freddezza tutta nordica, la sua, ma densa di passioni raggelate, che Valerio Binasco ha affrontato più volte come regista. Con Sogno d’autunno, un testo del 1998,  Binaco è alla sua quinta esperienza e ancora una volta dimostra la sua capacità di accostarsi al mondo di Fosse con sensibilità personale e insieme con rispetto.

La vicenda rappresentata è quella di un Uomo e di una Donna (l’autore non gli dà un nome) che si amano. Si incontrano per caso in un cimitero, dopo una lontananza di anni, e in un cimitero, anni dopo, concludono la loro parabola esistenziale. Ma quello che vediamo sulla scena non è un racconto temporale di fatti e azioni, bensì una sorta di sogno, appunto, che a tratti sembra sfociare nella realtà, salvo poi riprendere la sua fisionomia indefinita e  indecifrabile.

Intorno all’Uomo e alla Donna gravitano tre personaggi: la madre, il padre e l’ex moglie di lui, più un suo figlio, che però non compare mai. Non sappiamo con certezza se davvero l’Uomo e la Donna hanno vissuto insieme, causando dolore intorno a loro. Così sembrerebbero indicare le recriminazioni della madre, la sofferta indifferenza del padre, il pianto disperato della prima moglie, Guy.

Validi tutti gli interpreti: da Giovanna Mezzogiorno che torna al teatro dopo un’assenza di 12 anni, muovendosi con rigore e versatilità in un genere di spettacolo che non è il suo, a Michele Di Mauro, che disegna un profilo di uomo  incerto e titubante, ma in ultimo capace di compiere scelte difficili. Da Milvia Marigliano, madre ossessiva e tutta presa dalle proprie frustrazioni, a Nicola Pannelli, padre debole e chiuso in se stesso, e a Teresa Saponangelo, che ben restituisce l’angoscia di chi si sente abbandonato e non ha altri appigli, se non il passato, a cui sostenersi.

Alla scenografia prevista dal testo, quella di un cimitero, qui fatto di sedie su cui poggiano lumini e fiori finti (creazione di Carlo De Marino), Binasco accosta un interno: la cucina dei genitori, che evoca lo spazio famigliare nel cui ambito si consumano tensioni e incomprensioni irriducibili.Le luci di Pasquale Mari e le musiche cadenzate di Arturo Annecchino chiudono il cerchio di un’ambientazione straniante e sospesa.

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In programmazione al Teatro Verdi di Padova fino a domenica 19 marzo e al Teatro Franco Parenti di Milano dal 21 marzo al 2 aprile.

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