Umberto ROSSI- L’esteriorità di cartapesta (“Il casellante” di A. Camilleri al Teatro Stabile di Genova)

 

Lo spettatore accorto

 


L’ESTERIORITA’ DI CARTAPESTA

Il casellante

“Il casellante” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
Regia  Giuseppe Dipasquale
Interpreti  Moni Ovadia, Valeria Contadino, Mario Incudine, Sergio Seminara, Giampaolo Romania e i musicisti Antonio Vasta, Antonio Putzu
Scene  Giuseppe Dipasquale
Musica  Mario Incudine con la collaborazione di Antonio Vasta.
Luci  Gianni Grasso

Compagnia
Promo Music Centro d’arte contemporanea Teatro Carcano Comune di Caltanissetta. Di scena al Teatro Stabile di Genova

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“Il casellante” è il titolo di un romanzo di Andrea Camilleri (1925) pubblicato nel 2008 dell’editore Sellerio e ambientato nella Sicilia degli anni quaranta, dall’entrata in guerra voluta dal regime fascista sino allo sbarco degli americani tre anni dopo.

E’ la storia di Maruzza Musumeci, violentata da una casellante provvisorio che occupa l’edificio prossimo a quello in cui lei vive con il marito, perde il figlio che porta in grembo, rimane sterile per le botte subite e decide di trasformarsi in albero per dare finalmente frutti. Il racconto intreccia ricordi del passato, ironia sulla pseudo grandezza imposta dal regime, ricordi mitologici (Dafne che diventa alloro per sfuggire alle brame di Apollo).

Giuseppe Dipasquale  ha trasferito sul palcoscenico le pagine di questo romanzo con l’assistenza dello scrittore e, soprattutto, con la complicità di un gruppo di attori fra cui spiccano Moni Ovadia e Valeria Contadino, che ben assolve all’acre ruolo di Maruzza.

Ne nasce una sorta di musical armonioso e possente,  in cui i momenti canori s’intrecciano compiutamente con li ‘recitativi’, dando vita ad un quadro storico e umano di vidida, coinvolgete energia espressiva.

La storia e il dolore della protagonista diventano infatti sia la traccia di un calvario che va oltre l’esistenza della donna per configurare la sorte di milioni di altri esseri unami, sia l’identificazione di un’epoca triste e buia, in cui l’arbitrio va a braccetto con un’esteriorità di cartapesta.

L’aver saputo legare questi elementi, personali e storici, in un unico racconto è uno dei pregi di uno spettacolo in cui la pagina scritta non è strumentalizzata né semplicemente illustrata, ma diventa materia viva per un’opera autonoma e originalmente. In altre parole un’occasione per verificare come la trasposizione teatrale di un romanzo possa e debba essere qualche cosa di indipendente dalla pagina da cui trae spunto.

 

*Ringraziamo U. Rossi, collega di Cinemasessanta e direttore di Cinemaeteatro.com

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