Sala Squarzina del Teatro Argentina- Dall’8 marzo, “Mura” ideato e diretto da Riccardo Caporossi

 

Teatro di Roma

 

Sala Squarzina del Teatro Argentina

MURA

ideazione, progetto, messa in scena, esecuzione Riccardo Caporossi

con Vincenzo Preziosa

Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale

dall’8 marzo al 1 aprile 2017

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Dopo la ricostruzione di Forme la scorsa estate al Teatro India, torna nella cornice della Sala Squarzina del Teatro Argentina, dall’8 marzo al 1 aprile, il teatrante-artigiano della scena Riccardo Caporossi con Mura, spettacolo che compone il dittico di creazioni dedicato a un vero e proprio protagonista della ricerca teatrale italiana. Lo spettacolo, una produzione Teatro di Roma, ricrea in scena un quadro visivo, una “scatola teatrale” completa e autonoma con circa 50 mattoni che vanno a comporre un muro, dietro il quale c’è una superficie su cui si proiettano ombre che si concretizzano in forme: mani, scarpe, cappelli, scale, bottiglie, cannocchiali, bastoni, ombrelli.

Mura rimuove gli ostacoli attraverso l’immaginazione, smantella quelle barriere che ancora oggi sono motivo di divisioni, quelle cortine immateriali e invisibili fatte di odio, paura, mancanza di immaginazione, e quelle costruzioni mentali e costrizioni sociali che rendono prigionieri e separano gli uomini per razza, religione, cultura e ricchezze. Si parla ora dell’Europa dei “muri”, frontiere che sbarrano mettendoci di fronte ad “un vicolo cieco”. Una vera e propria ricerca di significato sui gradi di conoscenza tra immagine rappresentata e la sua vera natura: il muro ne è lo spartiacque e può svelare qualcosa che altrimenti rimane nascosto.

Note di regia

Nel 1977 ho realizzato insieme a Claudio Remondi lo spettacolo Cottimisti in cui costruivamo, in scena, un muro: vero; con 1000 mattoni, veri. Operai visionari. Altri tempi, per valutare il senso dello spettacolo. Dietro quel muro, “manu-fatto” vero, apparivano un paio di mani che con l’alfabeto dei sordomuti lanciavano un messaggio oltre il confine. Mura è un “dettaglio” di quel muro; è un “primo piano” di memoria che vuol dire conoscenza, appello della mente. È una pagina, una tela, uno schermo: frammento di ciò che può esserci, di qua o di là del muro. Altri tempi, per valutare il senso dello spettacolo. Alla fine calava una grande sfera di metallo, sospesa tra il pubblico e il muro. Una provocazione. Un suggerimento per abbatterlo. Di lì a 12 anni fu abbattuto il muro di Berlino. Quelle mani giocavano con dei segni scritti nell’aria, senza necessariamente chiedere soccorso, ma spronavano a immaginare. Quelle mani tornano ad affacciarsi di là del muro. Portano il segno del tempo, non ancora livide e nodose, agiscono nell’invisibile mondo dell’immaginazione. Altri muri da abbattere. Il tempo presente, per valutare il senso dello spettacolo. Il tempo presente, per far sbocciare una nuova immaginazione.

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Ufficio stampa a cura di Amelia Realino

tel. 06. 684 000 308 I 345.4465117

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