Cristiana MARCHETTI- Due serate al Teatro India, Roma (“Strategie fatali” e “L’apparenza inganna”)

 

Lo spettatore accorto

 

STRATEGIE SFATABILI E APPARENZE INGANNEVOLI

L’apparenza inganna al Teatro India

Due serate al Teatro India, Teatro di Roma- Prevale indubbiamente il magnetismo drammaturgico di Bernhard (foto di scena in alto)

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Tanti, troppi, gli argomenti, gli stimoli emotivi e spunti di riflessione che si mischiano ed affastellano nella nuova drammaturgia teatrale scritta a due mani da  Lino Musella  e  Paolo Mazzarelli.
Un investigatore e il suo aiutante buffo e sordomuto che aprono la scena, una compagnia, il cui attore di punta , misantropo ed impegnato  attende l’arrivo del mal sopportato vecchio collega di Accademia,di fama nazionalpopolare e nome di richiamo da botteghino, per  risollevare le sorti di un  progetto teatrale su Otello, che un regista fumoso e strampalatovorrebbe stravolgere e modernizzare con oniriche fantasie assurde e grottesche.

Per completare il quadro già di per sè piuttosto articolato una zingara,un attore elettricista  e il suo amante nordafricanonel bunker teatro in cui si è rifugiato e dal quale una rappresentanza ecclesiastica lo vuole espropriare,un adolescente alla scoperta del sesso,irretito dalla pornografia e dall’ossessione per il video di una biondina che si rivelerà essere la fidanzata del moderno Otello e sulla cui vicenda il piano tra teatro e realtà si sovrapporranno nella storia ma  fortunatamente non nell’epilogo.

Attori frizzanti, bravi, energici, credibili, musica splendida  in  una storia pero ’troppo intricata’, fumosa,  dalla cui trama potrebbero scaturire molte altre rappresentazioni.
Si toccano i temi dell’omosessualità, della gelosia, del linciaggio mediatico, dell’antitesi tra teatro impegnato e commerciale, del terrorismo, in una miscellanea che per l’abilità degli attori  risulta piacevole da seguire, ma gira su se stessa disperdendo nel suo tragitto intensità e bersaglio.

Sarebbe anche solo bastato focalizzare la drammaturgia  sulla reinterpretazione dei rapporti di gelosia e  possesso alla luce di un sentire contemporaneo  o sugli intrecci atavici eppure modernissimi tra amore,vendetta , malvagità che rendono Shaekespeare un genio assoluto atemporale ed universale,sarebbe bastata la denuncia agli eventi tristemente attuali di un web che schiaccia e toglie dignità a volte fino alle estreme conseguenze.

Sarebbero stati esaustivi la recitazione puntuale, il ritmo serrato dei bravissimi attori per tornare a casa con l’animo alla ricercadi risposte,mentre  resta invece  l’impressione  di dover epurare troppe immagini, anche se  piacevoli e teatralmente riuscite, per coglierne  la vera essenza ed il vero ‘messaggio’ scenico.
Un ‘operazione quindicheavrebbe avuto un sicuro giovamento dal sottrarre  ma in cui l’impegno e la bravura attoriale riescono a far perdonare l’aver voluto forse andare oltre per un eccesso di ispirazione o per un volontà di stupire ad ogni costo.


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Sempre al Teatro India, da martedi scorso, la drammaturgia di Thomas Bernhard torna in scena a distanza di qualche anno dalla sua prima edizione con” L’apparenza inganna” interpretato e diretto da Federico Tiezzi e Sandro Lombardi.

Un autore complesso, ossessivo, scomodo come  Bernhard è, puo’ solo suscitare sentimenti contrastanti di profondo coinvolgimento o estremo rifiuto.
La vicenda parte sempre dalla narrazione  di giorni apparentementi tutti uguali in cui due fratelli Karl,un giocoliere un tempo famosissimo  e Robert, un vecchio attore ormai ritiratosi dalle scene hanno l’abitudine di incontrarsi il martedi e il giovedi’nelle reciproche abitazioni e che porteranno il pubblico  a cambiare sala ed incamminarsi alla fine del primo atto a casa di Robert seduti in eleganti divani rossi vicinissimi e quasi  incombenti sul proscenio.

E’ la notte di Natale e Karl tra vecchie fotografie e mobili datati attende l’arrivo del fratello con insofferenza e fastidio rivolgendosi al canarino Maggi, sua sola compagnia ed eredità dalla moglie appena morta al quale sussurra ”Noi prendiamo una donna per l’eternità, contraiamo un obbligo con lei per sempre, e lei ci abbandona nel momento meno adatto”

L’ex giocoliere detesta le reciproche visite, anticipa la figura di Robert che comparirà in seguito,Times sotto braccio, per evocare un passato di gloria ed un presente decadente e pesante da tollerare.
Lo stile deldrammaturgo austriaco affascina sempre riuscendo ad evocare con un linguaggio ripetitivo, ossessivo, tutta la soffocante pesantezza dei legami familiari, cosi’ altalenanti tra voglia di condivisione e rifiuto del proprio sangue,.tra ricordi comuni  e reciproche accuse.
I testi  frammentari spaziano tra considerazioni semplici e approfondimenti culturali, tra la musica di Schonberg e le forbici per tagliare le unghie in quel modo geniale di comprendere nell’esistenza la piu’ speculativa e astratta spiritualità e la piu’ banale e mortificante umanità.

Lo snodarsi degli eventi è descritto da un flusso di coscienza secco,interrotto,ripetitivo ,che solo una grande maestria recitativa puo’ rendere intelligibile e decifrabile  e che entrambi gli interpreti riescono ad utilizzare con successo sia nei monologhi, sia nel dialogo che piu’di una volta suscita ilarità.

Si rincorrono ricordi di fasti e celebrità ormai tramontati,di risentimenti per la casetta del weekend  lasciata in eredità dalla moglie di Karl  a suo cognato,il quale a sua volta tenta quotidianamente di memorizzare la parte di Re Lear in un carosello di ambizioni fallite e legami offuscati da intrecci alterati e curiosi.

Uno degli autori  teatrali piu’ geniali del novecento (certamente quello più in grado di esemplarci, con distacco, raffinata cultura e scetticismo, un universo ontologico-esistenziale “chiuso”, compiuto, “incurabile) viene qui esaltato dall’interpretazione di  Tiezzi e Lombardi: valorizzato  attraverso quei piccoli tic, quelle  piccole manie, quelle sottili ironiche rimostranze che sottendono l’enorme universo nascosto di disperazione e domande della condizione umana, dei finali Bernardiani che non si chiudono mai, che lasciano sempre aperta, quasi spalancata ogni possibilità di senso o di non senso della vita.

La famiglia è l’origine di ogni sventura, ogni dolore, che Bernhard ne l’Origine  descrive magistralmente.”Noi siamo procreati, ma non educati: i nostri procreatori procedono contro di noi con assoluta ottusità, con una sprovvedutezza che distrugge qualsiasi umanità, e già nei primi tre anni di vita rovinano tutto nel nuovo essere umano del quale non sanno nulla e neppure di aver commesso in tal modo il piu’ grande di tutti i crimini.”

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-“Strategie fatali” di Lino Musella e Paolo Mazzarelli

-“L’apparenza inganna” di Thomas Bernhard

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