Franco LA MAGNA- Pirandello rivisitato. Centomila, Uno, Nessuno (G. Pambieri al Piccolo Teatro della Città di Catania)

 

Lo spettatore accorto

 

 

CENTOMILA, UNO, NESSUNO

La curiosa vicenda umana di Pirandello- Giuseppe Pambieri (nella foto) al Piccolo Teatro di Catania

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Avviato speditamente verso la fine, il 2016 non sarà certo ricordato in Italia come l’anno dell’80° della morte di Luigi Pirandello, schiacciato dall’incredibile, martellante, ossessiva, campagna mediatica lanciata per l’ingombrante referendum costituzionale voluto (e perso) dall’ex primo ministro Matteo Renzi. Sic transit gloria mundi. Non sono tuttavia mancate nell’intera penisola le proposte teatrali tratte o ispirate dall’imponente corpus letterario lasciato dal grande drammaturgo agrigentino, Premio Nobel per la letteratura nel 1934.

Anche il Piccolo Teatro della Città di Catania in omaggio alla ricorrenza ha proposto, nei giorni scorsi in due repliche, “La curiosa storia di Luigi Pirandello”, monologo scritto e diretto da Giuseppe Argirò, letto e recitato da un effervescente Giuseppe Pambieri

Con un ncipit  forse non esente da retorica ma pur sempre efficace (“… io dunque sono figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché sono nato in una nostra campagna, che trovasi presso un intricato bosco, denominato Càvusu dagli abitanti di Girgenti: corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kàos)  “Centomila, Uno, Nessuno” di Argirò, riprende – mescolando con efficacia drammaturgica in un mélange intrigante e coinvolgente – tranche de vie, brani noti e meno noti delle opere dell’Agrigentino, percorrendone a balzelloni la “curiosa” esperienza esistenziale.

Illuminazioni,  dall’infanzia ai difficili rapporti con in genitori, in particolare con il padre (ex garibaldino) e la serva-governante (dalla quale ascolta stupito e terrorizzato racconti intramati dì ectoplasmi e streghe), alle lunghe peregrinazioni durante gli studi (da Palermo, a Roma, fino a Bonn, dove conobbe e s’innamorò d’una ragazza tedesca con la quale visse per qualche tempo), fino al matrimonio d’interesse con Antonietta Portulano, affetta da una gelosia paranoica che finirà per condurla in un ospedale psichiatrico, al crollo finanziario a causa dell’allagamento della miniera di zolfo del padre, all’ “innamoramento” per l’attrice Marta Abba, che diventerà la sua musa teatrale.

Molto poco spazio o quasi nulla dedica il lungo monologo di Argirò al successo planetario dell’opera di Pirandello, ai suoi intensi (e come sempre insoddisfacenti) rapporti con il cinema e soprattutto alla dichiarata e contorta adesione al fascismo (per quanto tormentati sarebbero stati fino alla fine i rapporti con il regime e Mussolini), giungendo infine quasi d’improvviso alla morte (1936): «Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi»

Scommessa vinta quella del monologo (sempre a rischio di tediosità), retto dall’istrionica performance di Giuseppe Pambieri, che modula repentini passaggi di registri recitativi, muovendosi sul palcoscenico con la studiata nonchalance di consumato attore teatrale (indimenticabile l’interpretazione televisiva del 1972 di “Sorelle Materassi”, che lo fece conoscere al grosso pubblico), ormai padrone della scena.

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“Centomila, Uno, Nessuno”, scritto e diretto da Giuseppe Argirò

Con Giuseppe Pambieri; videoproiezioni Claudio Amendola, Sara Angelucci; aiuto regista Stefania Chessa; luci e fonica Simone Raimondo

Author: admin

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