Barbara POLVORA- Il Teatro e le distopie di Burgess (“Arancia meccanica” all’Eliseo di Roma)

 

La sera della prima



IL TEATRO E LE DISTOPIE DI BURGESS

Arancia Meccanica, all'Eliseo la versione teatrale:

“Arancia meccanica”, regia di Gabriele Russo, all’Eliseo di Roma

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Equilibrato, raffinato e a tratti peccando di modestia, Gabriele Russo partecipa (tramite la Fondazione Teatro di Napoli) alla stagione dell’Eliseo di Roma con “Arancia Meccanica”, in replica sino al 15 maggio. Impresa ardua confrontarsi con il testo di Anthony Burgess, e (indirettamente) anche con l’omonimo, celeberrimo film di Kubrick. Quantunque le vicissitudini di Alex, interpretato da Daniele Russo, danno vita ad uno spettacolo ritmato e armonico condito con un’ultraviolenza  dai ‘segni’ e dal ‘senso’ che volge all’allegorico\metafisico.

Espressività e  linguaggi  sono  fedeli  accattivanti rispetto alla ‘distopia’ prospettata da Burgess in merito alla degenerazione (tema attualissimo) d’una civiltà ‘post.occidentale’ uniformata al pensiero unico: preventivo e repressivo, nelle sue ipotesi (non poi tanto) fantascientifiche. Ed una   attenzione particolare va alla scenografia e all’uso  simbolico,  onirico delle luci che creano un connubio ansiogeno e psichedelico con i suoni.

La gestualità è concisa ‘sur’ o ‘congelata’, le scene, rallentate e stranianti, danno vita a un’atmosfera distaccata in cui la violenza non genera pathos   ma viene descritta nella propria essenza ideale.

Nelle prime immagini i drughi sono ammassati in una teca intenti a leccare del liquido bianco che cola da una parete. Con tutta probabilità si tratta di moloko, “latte” in gergale, arricchito da diversi tipi di droghe. Giovani dipendenti da stupefacenti i drughi, aggressivi e senza scrupoli, la cui esistenza è dedicata a compire atrocità di ogni genere sino alle sevizie con omicidio.

Scempio gratuito, o forse dovuto alle alterazioni allucinogene (in stati progressivi di ‘efficacia’), sulle note della musica di Ludwig Van Bethoveen, rivisitato in chiave contemporanea da Morgan non senza una loro coerenza ed efficacia pluritonale (misurabile in alti decibel).

Il tema del ‘narrato’ è, in verità, più sottile e profondo, poichè  a  noi sembrano la banalità, la bestialità umana e la (eterna?) dialettica tra bene e male i veri protagonisti della trasposizione teatrale apprezzata all’Eliseo (tenuto conto che lo stesso Burgess, dopo il film di Kubrick, firmò un adattamento mai arrivato in Italia) .

E quindi: l’aggressività, la rabbia, la violenza devono essere estirpate, Alex sarà  punito per le sue azioni e la sua redenzione affidata a un magistrato in abito da sera giallo limone e occhiali da sole, ritratto grottesco di giustizia e fiducia, che ordina di far  purgare il malfattore attraverso una raffica di immagini brutali fino a suscitargli la nausea.

Alex viene programmato per ‘essere buono’, quindi pupazzo robotizzato,  marionetta manipolata dal Sistema\Potere che difende se stesso  ‘a fin di bene’ A questo punto, numerosi sono i dilemmi: è ammissibile essere crudeli ma liberi di scegliere? Il bene non perde la propria essenza quando non emerge più dalla coscienza dell’uomo, ma deriva da un algoritmo  di valori codificati e costruiti a tavolino?

“Arancia Meccanica” è di certo uno spettacolo da consigliare e vedere (non solo ad un pubblico giovanile),  in cui una resa estetica decisamente permeabile mitiga la lieve freddezza dell’interpretazione concettuale che è scelta poetico- iconografica  del regista.

Gabriele Russo si dimostra comunque  capace di accogliere la sfida dell’opera letteraria, riportando alla luce degli interrogativi assolutamente attuali in un’ epoca in cui si parla troppo spesso di pluralismo di valori e di bene e male senza comprenderne a pieno la valenza ma soprattutto senza avere davvero il coraggio di vedere che lottare per la libertà fisica e spirituale degli individui significa accettare, e in alcuni casi accogliere, anche ciò che non ci va a genio.

Author: admin

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