Giancarlo SEPE- Diario di uno spettatore. La donna che visse due volte…a teatro
Diario di uno spettatore*
LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE…A TEATRO
Non solo Hitchcock, ma anche Woolrich, Boileau, Narcejac
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Questo per me è tempo di grandi peregrinazioni… La messa in scena di Sudori freddi (titolo francese Sueurs Froides de La donna che visse due volte di Hitchcock, una volta tanto un nostro titolo cambia la prospettiva di lettura di un film) di Pierre Boileau e Thomas Narcejac, comporta un viaggio, non ancora finito su tutto il noir. Al contrario di quel che dice Morandini, per me il romanzo dei due francesi, autori dello script de I diabolici, a cui Hitch si rivolse per una storia tutta per lui (titolo del romanzo D’entre les morts che poi per il film divenne Vertigo, che cosa intricata i titoli!!!), non è un brutto romanzo e non è neanche da buttar via come narrazione dell’intimo maschile che si mette alla ricerca del desiderio dell’amore inappagato proprio per un suo senso di inadeguatezza che racconta ogni volta che può e che gli ha impedito di trovare una compagna. Questo Alfred Hitchcock lo comprende appieno mettendo accanto all’uomo comune americano (James Stewart), quindi neanche un sottile intellettuale vittima di tesi autolesioniste, una donna, Midge, interpretata da Barbara Bel Geddes, che non solo lo ama a perdifiato, ma è sistematicamente rifiutata da Scottie, il personaggio interpretato da Stewart.
Scottie preferisce l’amicizia che ella può darle e non altro, c’hanno provato molto tempo fa a mettersi insieme, ma niente, con grande dolore di lei e nessun problema per lui, anzi egli vede in Midge una specie di compagna di giochi, una confidente a cui arriva finanche a parlare della sua donna fantasma. (vedere subito lo straordinario film di Robert Siodmak tratto dal romanzo di Cornell Woolrich con lo pseudonimo di William Irish, quanti nomi per celarsi agli altri e a se stessi!!! Un vero capolavoro, un regista che con macchina sofisticatissima, luci e ombre e un senso del ritmo straordinari ti avvince dalla prima all’ultima scena, come fosse fatto ‘ieri’ appunto, perché oggi non c’è nessuno né come Hitchcock, né come Siodmak: l’America che colloquia con i fantasmi della cultura europea espressionista, un godimento totale ed una vera suspence.
Tornando a parlare del personaggio maschile di Vertigo, è chiaro che i suoi problemi con le donne sono di genere, come fosse un omosessuale ‘coperto’(leggere Hitchcock e l’omosessualità di Theodore Price), che ama l’eterea e scenografica immagine di una donna che forse non esiste e che è talmente sofisticata per il poveretto, che non riesce nemmeno a toccarla, e un dubbio ci rimane quando la salva dall’annegamento, e nella scena seguente, a casa sua con il caminetto acceso, vediamo lo sguardo quasi da fidanzato miracolato di Stewart che sta facendo dormire nuda nel suo letto l’inconsapevole scioccata Madeleine-Novak dopo averle tolto gli abiti bagnati messi ad asciugare vicino al forno, in cucina. Sarà stato consumato l’atto d’amore con la donna-fantasma, e svenuta? Questa mia ironia, credetemi, non vuole deprezzare il capolavoro del Maestro, anzi, andrebbero santificate le sue perversioni sessuali per farne un trattato di psicologia a favore di chi di sesso, genere e annessi non ne capisce un bel niente.
Tornando al romanzo, accanto a Scottie, che qui si chiama Flavières, e già perché a sorpresa la storia di Boileau&Narcejac non si ambienta nel seducente ‘sali e scendi’di San Francisco degli anni Cinquanta, ma bensì nella Parigi del 1939/40, in piena guerra, con la possibilità – si respira nell’aria – che salti tutto, insieme alle cose i cuori devastati dall’amore, come quello di Flavières per Madeleine. Tutto o quasi, sparisce per Scottie-Flavières, che dopo il finto suicidio della finta Madeleine, morso dai sensi di colpa deambula per la città disperato e refrattario alla gente ‘comune’, e così, spesso e volentieri, ripara in un cinemino di periferia, dove non si cura di niente e di nessuno, sprofondato nel buio solo con i suoi fantasmi prediletti e risanatori di una sessualità, la propria, del tutto inespressa, prima.
Le immagini scorrono sullo schermo ridondanti e lui non vede, o vede quello che vuole, così durante la proiezione di un cinegiornale che documenta l’arrivo del generale De Gaulle a Marsiglia, riconosce tra la folla festante il volto della sua Madeleine, che per un attimo addirittura, guarda in macchina. E’ lei! E’ viva! E’ a Marsiglia! Lui rivede il cinegiornale tutte le volte che può, poi decide di raggiungere quel porto di mare dove, ostinatamente tra marocchini, spagnoli, italiani e tedeschi cercherà il ‘corpo’ di Madeleine! Che colpo di scena, signori, da restare a bocca aperta! Lui è solo, e nel romanzo non ha neanche un’amica che lo consoli, amandolo in segreto, nessuno: un ago in un pagliaio chiamato Marsiglia.
Non vi rivelerò il finale, che ovviamente è diverso e tranchant, ma vorrei ricordare il mistificante problema della trasposizione infedele, che serve ai critici solo per vendicarsi di qualche regista o attore antipatico. Il problema non c’è, semplicemente… è solo nella testa di chi non si lascia andare ai sentimenti della ‘pancia’, ben più significativi di quelli di un cervello mortificato dal quotidiano. La letteratura è la letteratura, serve a dare agli sceneggiatori altre idee, quelle rimaste sono da super8, il cinema ha bisogno di quegli spunti, e li usa come può e come sa, il teatro è il vero terminale di tutto quel che si muove nella testa di un uomo, che fa vedere palpitante in scena uno che agisce e che parla, e che si distrae e che si concentra, che forse in modo sincero, piange e ride, forse…(Cinemasessanta)
*Ringraziamo Giancarlo Sepe, noto regista teatrale e (meno noto quale) esperto di cinema