Chiara CATALDO- Comprati e venduti (delude “Il prezzo” di Miller, regia di Popolizio, al Piccolo Teatro di Milano)
Lo spettatore accorto
COMPRATI E VENDUTI
foto di Marco Caselli Nirmal
“Il prezzo” di Miller, regia di Popolizio (quasi un supplizio)- Di scena al Piccolo Teatro di Milano
****
Sere fa, un gremito Piccolo Teatro Strelher di Milano ha accolto, come da cartellone, “Il Prezzo” di Arthur Miller, per la regia di Massimo Popolizio e frutto del lavoro della Compagnia Umberto Orsini .
Al lato destro del palco una montagna di mobili coperti da un telo grigio incombe sulla scena e sembra inghiottire sedie, tavoli, cassettoni e poltrone mentre sulla sinistra si scorge una scala che porta all’esterno e un corrimano arruginito.
In proscenio c’è un giradischi e una dozzina di LP. Questi pochi elementi fanno da scena alla trama, anch’essa lineare: Victor (Massimo Popolizio) è un poliziotto che vuole vendere “la solita vecchia paccottiglia” che apparteneva alla sua famiglia, spinta dalla moglie (Alvia Reale), una donna che disprezza la sua casa – “E’ così brutta casa nostra”- e non perde occasione per svilire il marito – “Hai sempre l’aria di scusarti, non prendi mai un’iniziativa” .
Victor non parla con il fratello Walter (Elia Schilton) da sedici anni, quest’ultimo medico in carriera spaccone e arrivista che, a dirla con Wilde “conosce il prezzo di tutte le cose e il valore di nessuna”, tanto da quantificare in denaro persino dei calcoli alla cistifellea. Walter si ripresenta a casa sua per riscattare ciò che gli è dovuto, facendogli un’offerta allettante.
E poi c’è Salomon (Umberto Orsini), mercante ed ebreo- come lo stesso Miller- che al contrario di quello shakespeariano sorride sempre e propone a Victor una modica cifra per la vendita dell’intero mobilio. Solomon è un Lucignolo, un giullare che pur essendo “tutto uno sketch” è concreto quando dice che “Chi ha il potere si fà anche voler bene” e giura che nella vita moderna tutto è sostituibile .
“Il Prezzo”- parola nominata tante volte a scapito del termine “valore”, mai citato – è la storia di Caino e Abele, di un padre che ha distrutto la vita di un figlio e quella della sua compagna, di risentimenti fraterni infondati, e di scelte ‘etiche ed estetiche’, per dirla alla Kierkegaard. La verità si scopre solo alle ultime battute.
Aldilà del conto in banca infine, nessuno è felice: quella montagna di mobili sembra cadere tutta su Victor, schiacciato come una catastrofe dalla sua “apostolica rassegnazione”.
“Il prezzo” di Popolizio appare –purtroppo, e diversamente dal previsto- uno spettacolo deludente, recitato, ostentato e con troppi fronzoli, insoddisfacente ancor più perché il classico di Miller invece coinvolge da subito. La messa in scena risulta più credibile alla fine, quando nel crescendo di rabbia repressa si sfogano le antiche frustrazioni . Nel complesso è una performance fredda, un esercizio di stile ineccepibile che è artefatto e non ha nulla di naturale: gli attori sono sempre personaggi, sempre affettati, mai persone.
Victor e Walter poi calcolano ogni minima mossa – specialmente la voce, e ‘come’dire le battute : a dirla con Carmelo Bene “sono parlati, non parlano”. Lo spettacolo sembra una stanca ripetizione di un copione arci-noto, forse perché si trattava della decima giornata di spettacolo di fila o perché gli attori temevano di essere giudicati dai palati troppo fini del Piccolo: triste il fatto che molti dei presenti in sala guardavano l’orologio convulsamente.
Vincente la scelta di Orsini di restare come legato ai fili invisibili di una marionetta in ogni gesto perché impersonava Salomon che è “acrobata dall’inizio del mondo”: sorridiamo al goffo balletto finale e al continuo gioco con il cappello che incarna la metafora delle acrobazie che tutti fanno per sopravvivere. Se la scelta di restare marionette doveva essere corale e non singolare, ciò è appena accennato dalla camminata di Walter a gambe larghe e mani in tasca e dall’ andatura rapida e civettuola di Esther: nulla più.
Al momento degli applausi i quattro sul palco non sembravano troppo contenti, specialmente Alvia Reale. Questo “Prezzo” è un po’come il commento fatto dal turista medio dopo aver visitato Venezia: “Bellissima, ma non ci vivrei”.
Il Prezzo (The Price)
di Arthur Miller, traduzione Masolino D’Amico
scene Maurizio Balò, costumi Gianluca Sbicca, luci Pasquale Mari
regia Massimo Popolizio, direzione artistica Umberto Orsini
con Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Alvia Reale, Elia Schilton
produzione Compagnia Orsini