Mario SAMMARONE- Scaffale. Il pianeta segreto (un libro di M. Livi Bacci)

 

Scaffale


 

IL PIANETA STRETTO

Un libro di Massimo Livi Bacci, edito da Il Mulino

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Una delle sfide che l’umanità dovrà affrontare, e vincere nei prossimi decenni, se vorrà dare a questo nuovo secolo e al pianeta Terra un equilibrio basato su sostenibilità e coesistenza pacifica, sarà trovare una maniera armonica e razionale per governare le risorse di cui dispone. In un mondo dalle risorse finite, ma in cui la popolazione è in costante aumento – nel 1800 vi era un miliardo di esseri umani sulla Terra, passati a 6,3 miliardi nel 2000 e destinati a crescere dagli attuali 7,3 (fine 2015) ai 9,7 previsti per il 2050 (secondo le stime dell’Onu) – ci siamo accorti come il nostro pianeta sia diventato improvvisamente più stretto e come le risorse, o anche quell’antica terra da cui proviene il sostentamento per l’uomo e per le specie animali, debba essere governata in maniera più giusta.

È questo uno dei temi di fondo de “Il pianeta stretto” (Il Mulino, 2015) di Massimo Livi Bacci, libro quanto mai importante (e attuale) che discute problemi legati allo sviluppo demografico nelle varie parti del mondo. Professore emerito di scienze demografiche all’università di Firenze, Livi Bacci ci fa ricordare come nel prometeico, e moderno mondo della tecnica, in cui una grossa parte di umanità è stata svincolata dalla fatica e dalla spietatezza delle forze naturali, da quel dominio che i Greci antichi ascrivevano alla brutale hyle – la pesantezza della materia –, il fattore demografico, e umano è ancora al centro e determina, e lo farà ancora di più in futuro, il nostro modo di vivere. “Perché mai come oggi” osserva l’autore, “la geo-demografia, parente stretta della geopolitica, attraversa acque turbolenti”.

Tesi del libro è che le dimensioni e la crescita di una popolazione, o la stagnazione demografica, siano legati ai problemi economici, e dunque alla potenza di una nazione, alla stabilità sociale e ai fenomeni di migrazione che sono sempre – come scrive l’economista John Kenneth Galbraith – la maniera migliore per un individuo di fuggire dalla povertà. Sotto la spinta di un alto tasso di crescita, popolazioni eccedenti, che non riescono a trovare in casa le risorse, tendono a emigrare verso nuovi paesi alla ricerca di benessere un migliore avvenire. È accaduto in passato, ad esempio, per milioni di italiani o irlandesi che si imbarcarono per il Nuovo Continente sotto la spinta di un forte sviluppo demografico; sta accadendo oggi decine migliaia di persone che bussano alle porte dell’Europa, fuggendo da guerre e miseria, rischiando la vita e cercando di attraversare il Mediterraneo, vero limes del nostro tempo.

Con Il pianeta stretto Livi Bacci pone una questione etica legata allo sviluppo e alla forte disparità di crescita tra parti diverse di umanità. L’ultimo secolo e mezzo ha visto un poderoso sviluppo della popolazione umana, reso possibile dalle conquiste della scienza e della medicina che hanno debellato malattie in passato mortali e prolungato la speranza di vita. Ma come tutti sanno questo trend di crescita si è esaurito nei paesi più ricchi, in cui da qualche decennio si fanno sempre meno figli – in Italia si partoriscono 1,4 neonati in media per donna, lontani dai 2 figli che assicurerebbero il ricambio generazionale, per non parlare dei 5 figli per donna attuale tasso di natalità nei paesi dell’Africa sub-sahariana.

Al di là dei discorsi etici sull’opportunità di fare figli o meno, al di là degli scenari di sostenibilità di un paese composto da molti anziani e pochi giovani (che dovranno pagare ai loro padri e ai loro zii la previdenza lavorando fino a tarda età), se questo trend sarà confermato ci sarà un inevitabile contrazione della popolazione italiana, che si ridurrà, secondo le onnipresenti stime dell’Onu, a meno di 45 milioni nel 2050. Un fenomeno che potrà essere contrastato solo da una massiccia immigrazione esogena, a meno di una nuova politica per la famiglia che però, come avverte l’autore, potrebbe avere un costo molto alto.

Uno scenario simmetrico e contrario è pre-visto da Livi Bacci per Pauperia, paese immaginario dall’alto tasso di crescita contrapposto alla ricca e un po’ indolente Tycoonia. Si pensi innanzi tutto ai paesi dell’Africa sub-sahariana dove si ha un tasso di crescita pari al 2% annuo che, se rimarrà invariato fino al 2050, porterà la popolazione dagli attuali 960 milioni di abitanti a 2,1 miliardi, dunque più che a raddoppiare. L’insieme di queste persone, unite a quelle degli altri paesi in via di sviluppo, in cui è concentrato il 98% dello sviluppo demografico dei prossimi decenni, si tratta di circa due miliardi in più di persone. Donne e uomini, come ricorda l’autore, a cui potrebbero essere negate le risorse e quel sostentamento minimo capace di favorire lo sviluppo personale, senza contare che uno sviluppo di questo genere comporterà “maggiore densità umana e maggiore consumo del suolo, per costruzioni e coltivazioni, maggior consumo di energia, più gas serra nell’atmosfera e più inquinamento delle acque”.

E così “l’agenda post-2015”, o anche il testamento morale del libro, sarà frenare i tassi di natalità dove questa è molto alta, attraverso la redistribuzione del benessere e la propagazione della cultura che contrastano la spinta demografica, ma anche pensare a come non far diminuire le popolazioni dei paesi europei a bassa crescita demografica. E allora una delle parole chiavi del libro è sostenibilità, concetto più che mai attuale dopo il successo di Expo, la Conferenza sul clima di Parigi e l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco. L’autore ricorda il Rapporto Brundtland del 1987 che definì la sostenibilità come quel tipo “di sviluppo capace di assicurare i bisogni della generazione presente, senza compromettere le possibilità delle generazioni future”.

Oggi la sempre più massiccia antropizzazione del pianeta, in cui le città con più di un milione di abitanti sono passate da 239 nel 1950 alle 415 di oggi, ha messo in evidenza i rischi di uno sviluppo che non tiene conto della variabile ambientale; ma tutto ciò ha un rischio, basti pensare agli studi di Jared Diamond che ha mostrato come quelle civiltà che non hanno amministrato le risorse in maniera razionale sono andate incontro alla decadenza e poi al collasso.

Accadrà tutto questo nel 2050? Difficile dirlo, naturalmente, si tratta pur sempre di stime. Ma come diceva il poeta latino Lucrezio i problemi si possono risolvere quando vengono compresi e affrontati in maniera razionale. E allora anche la sfida delle risorse e della coesistenza pacifica tra i popoli sul nostro pianeta, anche nell’era del “pianeta stretto” che però rimane sempre uno solo, il nostro, a meno di non far trasferire mezza umanità su Marte, può essere vinta attraverso un atteggiamento razionale. Dunque, sarà necessario, come chiede l’autore, un impegno etico dei governi e dei decisori politici internazionali nell’amministrare il pianeta, cominciando a rispettare la terra e gli equilibri ambientali, ed eliminando gli sprechi.

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