Mario SAMMARONE- L’incontro. Pietrangelo Buttafuoco e il “Feroce saracino” (edito da Bompiani)

 

L’incotro*

 

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E “IL FEROCE SARACINO”

 

Lo scrittore siciliano firma un libro “per fare luce sulle tenebre” di alcune false opinioni

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Nel suo ultimo libro “Il feroce saracino” (Bompiani, 2015) Pietrangelo Buttafuoco, firma di primo piano del giornalismo italiano nonché scrittore singolarmente ispirato dalle Muse, cerca di far luce sulle tenebre delle false opinioni – i greci direbbero doxa, modo alquanto più chic per voler dire ignoranza – che oggi descrivono l’islam fino ad averne alterato il disegno che era nell’immaginario collettivo di noi italiani e di tutto l’Occidente. Temendo che l’odierna disinformazione possa distorcere la capacità di distinguere il vero dal falso, Buttafuoco spiega ai suoi pazienti lettori quello che lui ha imparato a riscoprire da tempo, la via dell’islam, operando una singolare archeologia della tradizione e mostrando come essa sia in netto contrasto con i misfatti perpetrati dai fondamentalisti islamisti, che ne hanno tradito l’insegnamento e dimenticato lo spirito.

“Più che la scimitarra le forbici” scrive Buttafuoco, “così l’islam – e neppure troppi anni fa – è nell’immaginario degli italiani”. Per molti, e soprattutto per i nati prima degli anni ’80, più che rievocare l’immagine del Saladino, restauratore di Antiochia ai tempi della terza crociata o re illuminato nel film “Le crociate” di Ridley Scott, l’Islam fa rammentare le forbici cucite sul Fez del Turco napoletano, magistralmente interpretato da Totò nella commedia di Felice Sciosciammocca, o ancora l’immagine dell’eunuco che custodisce gelosamente le porte dei ginecei orientali. In fondo, almeno fino al tragico attentato delle Torri gemelle, “la sola rabbia araba a noi conosciuta è di matrice politica prima che religiosa”, con l’attentato alla delegazione israeliana alle Olimpiadi di Monaco.

Certo, l’ora è tarda e l’orologio dell’Occidente segna “cinque minuti alla mezzanotte” – scrive il filosofo di stato francese Bernanrd Henry Levy. La minaccia del Califfato sembra bussare alle porte del vecchio continente, tangibile almeno quanto lo era alla vigilia della battaglia di Lepanto (solo che allora c’era una flotta ottomana che incrociava per le acque del Mediterraneo), nel momento in cui un altro nemico, di certo più silenzioso ma assai più feroce ha già conquistato le strade e le piazze della vecchia Europa, il nichilismo e quell’assenza di valori, se non quelli dell’economia, che minaccia di spogliarci della nostra identità di cittadini europei. Ed in questo tempo di crisi, in cui è in gioco l’identità e il futuro dell’Occidente così come lo conosciamo, è in corso una guerra – ci spiega Buttafuoco – ennesima trasposizione di quel Grande Gioco ottocentesco in cui le potenze coloniali si disputavano il dominio dell’Asia e con questo del mondo, un conflitto che oggi si combatte tra due fazioni, quella dell’egemonia unipolare occidentale contrastata dalle forze regionali emergenti.

Buttafuoco, lei scrive che l’islam è stato fino ad oggi misconosciuto in Occidente, perché da sempre confinato nell’indistinta marea dei molteplici “orienti”, ma che è riuscito a riscattarsi dalla sua condizione di “culto residuale” solo dopo la fine della storia. Se l’Occidente è la terra della sera, l’occidentale Abend-land, il luogo in cui tutto è destinato a concludersi ma da cui tutto può ancora rinascere, cosa rappresenta l’islam per la storia dell’essere?

È uno dei raggi di una stessa luce che è la tradizione. Ovviamente, nella storia dell’essere, del cammino del divino presso l’umano, diverse e tante sono le forme dello Splendore. Noi abbiamo avuto la luce della “paganitas” e poi con il Medioevo l’avvento del cristianesimo e della sua tradizione che ha avuto il suo influsso e il suo massimo splendore per tutto il Medioevo. Con l’islam va a compimento il percorso che collega i discendenti della tradizione spirituale primeva con quella greco-romana, più di quanto si creda.

Nel Feroce Saracino lei ha parlato di una vera e propria demonizzazione dell’islam, diventato un simbolo del male assoluto. Nel suo libro si legge: “Tagliare con l’accetta i confini del bene e del male (…) potenzia il Nemico facendone un totem trash facile da individuare per infettare così le nostre giornate con l’arma della paura e dell’ignoranza”. Non pensa che dietro la demonizzazione dell’Islam – lei riporta l’esempio dell’odio che si prova per un nazista assimilabile a quello verso un fondamentalista islamico – vi sia in agguato il nichilismo che ha conquistato strade e cuori dell’Occidente, il quale è incapace di creare nuove idee e prospettive per il futuro?

Il crollo dei valori spirituali si ha sia in Occidente che nel mondo islamico, molto spesso, tant’è vero che le forme di fondamentalismo e di fanatismo corrispondono esattamente alla stessa spinta nichilista, che è quella che porta all’annientamento dell’uomo. Io non credo che si possa fare una sorta di paragone geografico tra gli uni e gli altri, tra un vuoto e un pieno, semplicemente la situazione attuale vive la tragedia di una guerra civile globale che investe tutto il pianeta e che offende, ferisce e tradisce sia un mondo che l’altro, sia l’Occidente fondato sulla tradizione cristiana quanto l’Oriente, in questo caso islamico, che conosce al proprio interno la tragedia immane della fitna.

La fitna è uno dei temi cruciali del suo libro. Può parlarcene?

La fitna è una categoria teologica che da sempre accompagna il cammino dell’islam. È la discordia che affligge quel mondo e che mette le varie fazioni in lotta l’una contro l’altra. È una vicenda assai antica, nata con la fondazione stessa dell’islam, che si perpetua e ritorna, ma è un sentimento che trascende ogni tempo perché fa parte della natura stessa dell’uomo. E oggi, nel grande gioco in corso, è diventata ancora più drammatica, perché ci sono tante fazioni in campo, senza contare che l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa diffonde la sua eco e ne amplifica l’azione.

E invece lei scrive che l’islam dovrebbe essere wasat, la via di mezzo, concetto che ricorda molto la medietas dei latini e del poeta Orazio.

La ricerca della via di mezzo è alla base dell’insegnamento islamico ed è la distanza da qualunque rigidità prescrittiva. Dalla notte di al-Isra, il Viaggio notturno, se ne ricava un apologo che ben spiega il concetto. Oggi più che mai, è una visione che dovrebbe essere riscoperta ed accolta da tutti gli uomini di buona volontà.

Negli ultimi anni la Siria è stata al centro di lotte feroci tra gli uomini del governo di Assad e le forze rivoluzionarie islamiste Nel Feroce saracino lei ricorda la grande importanza strategica, metafisica e perfino escatologica di quella terra, osservando come tutto sia destinato a compiersi nella Siria. Perché è così importante per il mondo islamico?

Secondo l’escatologia islamica, la Siria è il luogo in cui tutto ha avuto il suo inizio e la sua fine. Secondo l’escatologia islamica, il Mahdi si recherà in Siria alla fine dei tempi accompagnato da Gesù, per portare la storia al suo compimento. In tempi più recenti, René Guenon, il filosofo francese convertitosi all’islam, parlò dell’importanza della Siria come centro spirituale. Del resto anche gli antichi Romani conoscevano il suo valore strategico: la provincia siriana era infatti al confine con l’Impero Persiano e da essa dipendeva il destino di tutto l’Oriente romano.

Lei ha criticato la scelta di Nicolas Sarkozy di attaccare la Libia per rovesciare il regime di Gheddafi, senza risparmiare critiche a Bernard Henry Levy “il cui ultimo trattato teoretico noto è il proclama di sostegno alla guerra in Libia”. Come giudica quella scelta?

Meglio un’ingiustizia che il caos, scriveva Friedrich Nietzsche – rispondo così. Del resto nel Feroce Saracino scrivo: meglio l’ingiusto Assad che qualunque ribelle. Meglio sarebbero stati gli ingiusti Gheddafi, Saddam e Mubarak al caos seguito alle loro capitolazioni. Tra la Sicilia e Sirte ci sono soltanto 400 km e a differenza di un tempo i terroristi non mercanteggeranno.

E allora quali sarebbero le misure che l’Italia e l’Europa dovrebbero prendere per riportare ordine in Libia e governare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, che si propone tragicamente all’attenzione della cronaca?

Usare l’intelligence. Oggi esiste una formidabile organizzazione criminale, più potente e ricca di qualunque mafia, che controlla e che sfrutta l’immigrazione clandestina. Occorre andare in quei paesi con i servizi segreti, individuare i responsabili e i padroni di questa cupola criminale ed eliminarli uno ad uno.

Una delle prime vittime del fondamentalismo e dell’estremismo islamico è la tradizione. Lei scrive che il califfo non è Cristina Campo e che la tradizione universale è il bersaglio numero uno dei tagliagola. I fondamentalisti hanno tradito l’islam?

Le faccio un esempio, il video in cui i fondamentalisti hanno decapitato e sparato ai cristiani della chiesa coopta di Al Minya, in Egitto, è la prova, atroce, di come il fondamentalismo abbia dimenticato il legame con la tradizione. Nell’uccidere quei cristiani hanno ucciso anche uno dei fondamenti dell’islam, perché quando  la comunità musulmana, ai tempi del profeta Maometto, venne minacciata, i suoi membri ebbero una chiara indicazione dallo stesso profeta. Maometto disse loro di recarsi in Abissinia per cercare protezione dal re cristiano del posto. Il re cristiano dette loro asilo e sostegno e davanti alla comunità riunita prese una spada, tracciò una linea sulla sabbia e disse: “Ecco, la differenza tra me e voi non è superiore al tracciato di questa piccola linea”. Il fatto di andare ad ammazzare i rappresentanti di quella chiesa, proprio di quel sovrano che dette protezione ai primi musulmani, è la controprova di come i fondamentalisti abbiano tradito la loro tradizione e dimenticato la storia.

Nel suo libro ha parlato del suicidio di Dominique Venner, avvenuto il 21 maggio 2013 in un luogo altamente simbolico, la basilica di Notre-Dame di Parigi. Lei scrive che il gesto di Venner è stato ignorato, letteralmente “schifato dal bel mondo”, in conseguenza di un vizio d’origine: Venner è stato un reazionario, uno studioso legato alla Nouvelle Droit di Alain De Benoist e perfino, “per aumentare il disgusto delle anime belle”, un ex parà. Oggi in Europa sono in grande aumento i suicidi, crede che l’aumento dei suicidi sia dovuto al nichilismo che ha conquistato le strade del vecchio continente?

Venner non si è suicidato perché depresso, ma per compiere un’azione definitiva come l’avrebbe potuta fare Jan Palach o Yukio Mishima. Il suo è un gesto sicuramente totale, inaudito ovviamente – facciamo molta fatica a comprenderlo – costruito nel segno di uno sfinimento. le cui ragioni sono riportate nella sua ultima lettera. È stato un segno di protesta contro la morte dell’Europa intesa come identità spirituale.

L’Occidente corre oggi il rischio di perdere la sua identità?

Ma come? C’è quella donna con la barba, Conchita Wurz… ha aperto anche i lavori del Parlamento europeo, più identità di questa…

Nel suo libro ha rivelato il suo nome saraceno, Giafar Al-Siquili in onore dell’emiro di Sicilia, la sua terra. Cosa può dirci in proposito?

Non si tratta di una conversione, ma di un ritorno, uno scavo nella profondità della propria identità. Incontrando l’islam non ho perso nulla del passato, ho solo esplorato e recuperato la storia della mia terra. Del resto anche Sciascia, con la maschera di Giufà, osserva come l’identità della Sicilia sia sfacciatamente islamica. Ma non sono affatto uno spretato, ho solo riconfermato la mia identità.

Un altro dei punti, o meglio dei misfatti su cui Pietrangelo Buttafuoco punta il dito è il tradimento della tradizione da parte dei fondamentalisti islamici, portando gli esempi dei molti crimini perpetrati ai danni del patrimonio storico e archeologico nei paesi dove l’Isis ha imposto il suo dominio. “In nome di una dottrina più vera del vero”, gli uomini dello sceicco del terrore Al-Baghdadi hanno demolito, ad esempio, la storica tomba dell’imam Al-Nawawi nel sud della Siria o ancora distrutto i resti dell’antica città persiana di Hatra. “La demolizione dei Buddha di Bamiyan, nei primi di marzo del 2001, in Afghanistan, a opera dei talebani, è un episodio minore rispetto alla devastazione messa in atto ai nostri giorni” egli scrive. Oggi che l’Isis è arrivato in Libia, anche i resti romani di quell’antica provincia corrono il rischio di essere inghiottiti dall’oblio nel nome del fanatismo.

La tradizione non è di certo alleata degli estremisti anche se neppure i cosiddetti arabi moderati, i wahabiti dell’Arabia definiti da Buttafuoco “nemici della tradizione”, hanno raso al suolo antichi siti di grande importanza come la casa del primo dei califfi, Abu-Bakr, e quella della moglie del Profeta, per costruire rispettivamente un hotel Hilton e un bagno pubblico. Ma in fondo la tradizione non apppartiene a questo mondo, se ne sta beata e imperturbabile nel suo cielo azzurro se, come osserva Buttafuoco, “non si pone mai il problema biblico di raddrizzare il legno storto dell’umanità”. Infatti, “la Tradizione non è biblica e soprattutto non ammira Churchill. Piuttosto contempla il Sole. E il carro di Krishna”. Tutto il resto è fitna. (*IlGarantista)

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